Votes taken by send nudes .

  1. .
    edward moonarie
    bad
    royal deluxe
    i made the devil run
    i broke so many bones
    but none of them
    were ever my own

    c'era un che di ironico, nella bestemmia a seguire: alla Sagra della Salsiccia, edward moonarie rischiava di essere l'unico normale.
    in apparenza, ovviamente. cadere nella trappola non era poi così difficile, se ci si fermava all'involucro esteriore, senza scavare sotto la scorza — aveva una superficie piacevole, Eddie. un po inquietante, appena ci si fermava un attimo ad osservare; terribilmente sbagliata, quando finalmente lo sguardo incrociava il suo. ma a quel punto, ed è una storia che si ripete senza mai imparare dai propri errori, era tardi.
    quel giorno però, in mezzo alla fauna locale, persino il ghigno tutto denti aguzzi del moonarie passava quasi in sordina. nessun bambino si era ancora messo a piangere al suo passaggio, i chihuahua con cui era solito litigare quando Barbie lo portava a fare un giro [meme dell'omino che tiene al guinzaglio l'altro] se ne stavano instupiditi tra le braccia dei loro padroni; fissavano altro, con quei loro occhi grandi e vuoti (vale sia per i bambini che per i cani): nello specifico, strani personaggi vestiti come fossero ad una festa in maschera.
    nessuno, Richard Quinn compreso, sembrava essere mai stato ad una sagra della salsiccia — magari qualcuno di loro si, ma Edward immaginava fosse una salsiccia diversa. good for them. era inevitabile quindi che i partecipanti forzati attirassero le attenzioni di chi tra quel profumo di carne suina fatta alla griglia e boccali stracolmi di birra c'era andato volontariamente; era anche difficile non spiccare in mezzo a tutte quelle giacche da boscaioli e cappelli da modern cowboy au. Eddie stesso ne aveva indossato uno, la tesa appena sollevata sulla fronte ad adombrare il resto del viso.
    nel caso non fosse già chiaro, non si trovava lì perché aveva ricevuto un invito.
    non gliene fregava un cazzo di meno neanche dei Nickelback (anche se la tristezza intrinseca delle loro canzoni e la chiara depressione dipinta sul volto del cantante aveva un che di captivating).
    era in missione.
    e non certo per conto di dio.
    aveva un appuntamento da rovinare — svariate modalità ed elevate probabilità di successo. se solo dick avesse fatto meno il misterioso, tenendolo aggiornato sui suoi scambi epistolari perversi, forse lo avrebbe lasciato stare; tutto sommato, ciò che Eddie voleva era sentirsi coinvolto: nel modo un po ossessivo e morboso con cui invadeva la vita delle persone e rubava spazi mai concessi. era troppo chiedere di potersi fare i cazzi di Richard, metaforicamente e non?
    domanda retorica.
    non solo era suo diritto farsi i cazzi di Richard, ma pure un dovere.
    una questione di vita o di morte, se vogliamo; non che il concetto di una o dell'altra avesse davvero piantato radici nella mente del moonarie. le affrontava entrambe allo stesso modo, senza pensare neanche per un secondo che le sue azioni avessero il potere di influenzare entrambe. non esistevano conseguenze, nell'au psicotico di Eddie, tranne quelle che voleva lui. tutto il resto capitava e subito gli scivolava addosso, incapace di penetrare attraverso la pelle e i muscoli e arrivare al cuore.
    sempre ammesso ne avesse uno: il giorno che morirà (mai), sentitevi liberi di sezionare e studiare.
    «oh mio dio» suore che si fanno il segno della croce «vedi anche tu quello che vedo io?» afferrò swag per la collottola, ignorando il principio di soffocamento causato nell'altro da un boccone di panino con la porchetta andato di traverso. il perché si fosse portato dietro il ragazzo era talmente banale e scontato che non andrebbe nemmeno spiegato, ma qui bisogna arrivare almeno alla scroll quindi ve lo dico: esisteva forse un'occasione migliore della Sagra della Salsiccia per fare incetta di portafogli e borsette? probabilmente si, ma non stiamo qui a spaccare in due il capello. nel non ricevere risposta gli diede anche una pacca in mezzo alle scapole, osservando il pezzo di porchetta volare fuori dalla bocca dello svervegese con distaccato interesse — stava succedendo qualcosa di troppo bello perché potesse distrarsi con altro «dai smettila di strozzarti swag, non è il momento. GUARDA»
    e glielo indicò.
    swag: 💀
    Eddie:
    swag: 💀💀
    «che palle che sei» ma affectionate, le dita della mancina a scompigliare i capelli del jattelik piegato in due su se stesso nell'intenso tentativo di riprendere fiato. tentativo al quale Eddie non aveva alcuna intenzione di assistere; infatti lo mollò sul posto, saltellando via come un bambino al Luna Park scapperebbe dal controllo non proprio ferreo dei genitori. ecco perché, esattamente come il moonarie, anche le piccole bestiole andrebbero portate in giro legate.
    l'uomo a cui si avvicinò, di soppiatto e con un sorriso troppo ampio dipinto sul volto, non lo aveva mai visto; a meno che Frederick non avesse frequentato il BDE, ma non è che Eddie tenesse a mente tutti i clienti. nel caso, peggior per il professore: fin troppo facile beccare un gelato o uno yogurt corretto, di questi tempi. ma il Mangiamorte al minore lo conosceva benissimo — era una star, Freddie. «tu sei— ohmiodioaiuto» giggling, twirling my hair. con le mani premute sulle labbra e gli occhi lucidi per l'emozione, Edward si era appena trasformato nella più entusiasta delle fangirl «sei quello del video! » oh, si.
    il video.
    il video che Eugene Jackson aveva mandato in loop al BDE per almeno un mese, dopo l'oblinder. e che ogni tanto riproponeva, per sottolineare e ricordare al pubblico un unico, profondo e imprescindibile concetto: «COMACOLLA FOR THE WIN!»
    COMACOLLA for the win.

    psycHOTic_
    i'm gonna identify as a fucking problem

    gifs: NOMEBLOG.tumblr.com
    i panic! at (a lot of places besides) the disco
    i see it, i like it, i want it, i got it
  2. .
    edward moonarie
    QUOTE
    QUOTE
    QUOTE
    QUOTE

    Eddie aveva rispettosamente glissato sul discorso medium, ma non perché non fosse interessato.
    trovava sempre il modo di girare una situazione a proprio vantaggio, il moonarie, e non sceglieva mai le sue (vittime) pedine a caso: certo che una persona con quel tipo di potere tra le mani poteva fargli comodo. la Gang del Bosco aveva sempre dei posti liberi che attendevano solo la mente giusta - psicolabile? forse. - per venire occupati. ma bisognava meritarselo — rendersi utili alla causa non era sufficiente. bisognava che ci fosse prima di tutto un certo feeling, a pelle: nell'osservare fitz durante gli scontri (lasciandola quasi morire dopo essersi perso nel suo au, un classico) Eddie aveva avvertito qualcosa.
    una possibilità, a solleticare la superficie.
    non era ancora sufficiente, però.
    bisognava scavare a fondo, toccare i nervi scoperti; e capire fino a che punto le loro somiglianze fossero reali o solo il frutto di uno sforzo ben elaborato da parte della ragazzina. cosa potesse spingerla a fingersi qualcosa che non era, solo per attirare la sua attenzione, non rientrava nelle priorità del Mangiamorte.
    «Nessun conto in sospeso» le labbra dell'uomo si piegarono leggermente verso il basso, un evidente dispiacere a dipingersi sul volto raggiungendo gli occhi chiari; non aveva un filtro e mentiva di rado, Edward Moonarie, considerando le bugie uno spreco di tempo. il fatto che nikita fosse stata sincera, senza girare troppo attorno alla domanda per cercare una risposta più interessante, giocava a suo favore, ma non voleva dire che non ci fosse rimasto male. niente vendetta? nessun conto personale irrisolto da chiudere con una falce conficcata nel cranio?
    ma dove andremo a finire.
    «penso solo che tenere separati mondo babbano e mondo magico sia stupido, e ancora più stupido sia pensare che gli special siano inferiori ai maghi» questa volta, invece di usare il cacciavite per grattarsi il mento, Eddie ne spinse la punta contro la superficie delicata del mobile in legno, lasciando un segno «quindi mi stai dicendo che sei davvero convinta questa guerra abbia cambiato le cose» il sopracciglio inarcato non rappresentava una presa in giro. non era ironico, il trentaseienne, nel chiedere alla ragazza una cosa per lui assolutamente ovvia — niente cambiava davvero. forse le persone come fitz avrebbero trovato conforto nel sapere di aver vinto, perché su qualche piano astrale che non lo riguardava affatto quella era stata una vera e propria competizione.
    un gioco, se vogliamo.
    dove il vincitore (rob) non può fare a meno di bullarsi, mentre allo sconfitto (suo nipote) rimane solo da chinare il capo e piangere lacrime silenziose.
    niente di tutto questo toccava o anche solo sfiorava la mente di Eddie. non esistevano vittorie, cause, motivazioni più grandi; pensava solo a se stesso, e il fatto di essere un mago purosangue anziché uno special vissuto tutta la vita nel terrore della segregazione fisica e sociale per lui non cambiava una beata minchia «tu, piuttosto?» il sorriso del maggior tornò a farsi più esteso, le labbra tese abbastanza da scoprire i denti. al primo segno sul mobile ne aveva aggiunto un altro, e un altro ancora, formando delle lettere direttamente intagliate nel legno malleabile. l'idea di disegnare un pene gli aveva sfiorato la mente rapida come il battito d'ali di un colibrì, ma con gli strumenti a disposizione rischiava di fare un lavoro poco accurato.
    e Eddie odiava essere poco accurato quando si trattava di disegnare organi genitali maschili come simbolo di libertà ed espressione.
    «mi annoiavo a morte» alzata di spalle obbligatoria, e uno sguardo fugace in direzione di fitz — non tanto per carpire la reazione della ragazza ad una risposta che molti avrebbero trovato surreale, ma per essere certo lo stesse ascoltando e non si fosse fatta distrarre da altro. i vestiti lasciati dai padroni di casa defunti, per esempio «se dall'altra parte fossero stati fighi e divertenti come il signor Abby non avrei avuto problemi a cambiare fazione. ci ho anche pensato, ad un certo punto» flashback di rob che voleva mandarlo in entrambi i gruppi senza ottenere il permesso :( diede un ultimo colpetto con la punta del cacciavite, fermandosi ad osservare la propria opera compiuta: la frase, tracciata con la grafia semplice di una lettera minatoria con richiesta di riscatto, sarebbe rieccheggiata in un futuro non troppo lontano tra le mura di un appartamento torinese — STO CAZZO E STO CAZZONE
    «ma non potevo abbandonare barbie» una conclusione che nikita poteva interpretare a piacere. e probabilmente nel modo sbagliato.
    lungi dall'ex Serpeverde sottolineare intendesse lasciar vivere barbie e non stargli accanto per proteggerlo; rimaneva tra lui e Satana. rimise la foto nel cassetto dove l'aveva trovata, seguendo fitz con lo sguardo mentre si muoveva tra mobili che nessuno avrebbe più spolverato — almeno fino all'arrivo di nuovi coinquilini: quando faceva comodo al Ministero la burocrazia funzionava perfettamente «e tuo padre? è morto anche lui? » non aveva opinioni sulla morte, il moonarie. non lo spaventava né la agognava, come certi gen z (o Barbie e dick); rappresentava solo una tappa sul percorso, che Eddie aveva intenzione di raggiungere solo ed esclusivamente potendo renderla plateale e un peso per chiunque altro attorno a lui. un po come qualunque altra cosa facesse: se le sue azioni non si ripercuotevano sulle persone, che gusto c'era? «sarebbe una storia divertente da raccontare ai falò sulla spiaggia» non che fitz avesse l'aria di farne molti.
    ma chi era Eddie per giudicare — nemmeno lui sembrava il tipo, eppure di falò ne aveva fatti. tanti.
    e bruciato un sacco di cose.

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    1987
    deatheater
    bastard
  3. .
    november 16th, 2006fuck•face
    n. a person with a face that instantly pisses you off
    19 y.o.
    columbia sophomore
    that bitch™
    i'm not the good guy, remember? i'm the selfish one, i don't do the right thing

    «dobbiamo fermarla.»
    Eddie, che aveva appena seguito con interesse quasi scientifico la parabola discendente di sbrodolina ( si sarebbe trovata bene sul treno 104, piegata a fisarmonica sul sedile, con la bava alla bocca) fino alla parete, ruotò lentamente il capo. in slow motion, sì «dici? pensavo di chiederle se le va di succhiarmi l'uccello, ma magari hai ragione tu» mantenne un'espressione seria, il sopracciglio solo leggermente incaricato; dopo tutto, con Richard Quinn l'ironia andava spesso sprecata.
    soprattutto quando aveva quella luce a danzargli negli occhi chiari ormai ridotti a sola pupilla: terrorizzato, o eccitato, probabilmente un po di tutte e due; una o l'altra per eddie non faceva differenza, ma il mix? Quello lo apprezzava sempre. Soprattutto se rendeva il buon richard più touchy e little meow meow del solito.
    «con questo ti riferisci al fatto che ti vuole mangiare la faccia o che dovrebbe essere morta e invece pare parecchio arzilla?» si rigirò il vassoio tra le mani, Eddie, facendolo ruotare con un angolo premuto nel palmo. l'interesse del diciannovenne per la questione era ovviamente molto ridotto rispetto a quello che sembrava aver rianimato il volto di dick, ma era anche vero che della tipella non gli era importato sin dal principio. se fosse rimasta stecchita, come entrambi avevano pensato solo una manciata di minuti prima, le sue reazioni sarebbero state più o meno le stesse — forse con una percentuale maggiore di noia: un cadavere di per sé non era proprio la novità dell'anno.
    sbarazzarsene, men che meno.
    la zombie affamata di carne umana già aveva il suo fascino, ma non fu comunque l'idea di staccarle tutti i denti prendendola a randellate, a plasmare i lineamenti precisi del moonarie «credo sia stato il mio sangue.» oh, riccardo [affectionate] si prese il suo tempo, eddie, per osservare il viso di dick prima che i suoi movimenti potessero attrarre lo sguardo sulla pelle scoperta; preferiva studiare qualunque cosa ci fosse negli occhi altrettanto chiari del ragazzo, perchè nonostante gli sforzi per nasconderla lasciavano sempre intravedere uno spiraglio di verità.
    E la verità in questione era semplice.
    io non c'entro.
    me l'ha chiesto lei.
    quante cazzate.
    «sai, non pensavo sarebbe successo» fece un passo avanti, edward, allungando entrambe le mani per sostenere nei palmi il braccio che dick stava ancora mostrando, il taglio netto a vibrare sotto le luci al neon; delicato, l'ex serpeverde, nello stringere le dita attorno al polso e al gomito — sbrodolina in the background: ho visto film che cominciavano così «ma non ho mai voluto saltarti addosso come in questo momento» che un'allusione sessuale lo era di sicuro, ma si poteva tranquillamente prendere anche alla lettera. Dopotutto, quella per eddie la parte migliore di un rapporto, i suoi personalissimi preliminari: l'attesa nel buio, l'arrivo della vittima designata (sempre richard. Non era uno da fucks around and finds out, il moonarie), appollaiarsi come un gargoyle gremlin sulla testiera del letto e poi colpire alle spalle.
    Tutto ciò (chi, soprattutto) che veniva dopo, edward lo faceva più per il minore che per se stesso.
    Generoso, a modo suo.
    fiutando il sangue ancora fresco che inzuppava la benda strappata, sbrodolina mandò un uggiolio straziante, il corpo sfigurato a contorcersi sul pavimento; indecisa: l'istinto zombie la stava spronando ad attaccare come se non ci fosse un domani, cosa che per lei era alquanto probabile, mentre un'ultima reminescenza di umanità e raziocinio suggeriva timidamente di lasciare i due giovani ai loro intricate rituals e fuggire dalla finestrella aperta. Eddie le concesse giusto un'occhiata, mostrandole i denti di rimando asserting dominance, prima di piegare leggermente la schiena in avanti e posare un bacio sul taglio non ancora rimarginato, le labbra umide a sciogliere il sangue incrostato.
    Sperava davvero bruciasse come l'ira del signore.******«ma non ho mai volu********************************************************************************************************
    *
    \*** b**b**b********
    *to saltarti addosso come in questo momento»

    hm. no, abbasso la censura, ricominciamo.
    «però fammi capire una cosa, dickey—» nel premere il palmo della mancina sulla ferita, forte, tutta la gentilezza dosata sotto i polpastrelli andò a farsi benedire; era più bravo a crearlo il dolore, eddie, che a toglierlo. Con la consapevolezza, irremovibile, che uno come richard quinn a quella sofferenza non ci avesse soltanto fatto l'abitudine, ma la considerasse familiare: voleva gli mancasse, e fosse abbastanza disperato da chiederne ancora «più trasfusione o più intervista con il vampiro? c'è differenza» due parole che il diciannovenne sottolineò con un sorriso affilato, questa volta molto meno entusiasta.
    Più pericoloso.
    Un sospiro gli sfuggì dalle labbra, mentre allentava la presa e con i polpastrelli sporchi di sangue disegnava al minore un cuoricino sulla guancia destra «magari vuole solo assaggiarti di nuovo» diede un'ultima occhiata a quella che fino a poche ore prima doveva essere stata pure una bella ragazza, magari con qualche rotella fuori posto, e che adesso si ritrovava ingobbita contro il muro con la bava alla bocca, occhi scuri come pozzi senza fondo; e puntavano, a scanso di ogni equivoco, ancora sulla ferita aperta del quinn «ti capisco, amo. E' un delirio.» quello era il momento in cui avrebbe potuto fare qualcosa.
    Tipo tirare fuori il coltello a scatto che teneva nella tasca dei pantaloni e affrontarla di petto, tenendola inchiodata al pavimento; più o meno letterale, un po' alla van helsing
    ma il dado ha detto 1.
    e a eddie rimaneva solo quel sorriso divertito che divertito non era più, un passo indietro fino a raggiungere il bordo del bancone da lavoro per sedersi sopra con un saltello, lasciando dondolare i piedi «fammi divertire, dick» come agli incontri tra galli, capito?

    edward J. moonarie


    /r d10: 1

    oops.
  4. .
    edward moonarie
    QUOTE
    QUOTE
    QUOTE
    QUOTE

    «mi insegnerai a scassinare la porta?»
    non aveva assolutamente idea di come fossero finiti lì.
    o, meglio, Eddie sapeva come e perché i suoi passi lo avevano portati di fronte a quella casa, ma nel ruotare il capo in direzione di fitz, non poté fare a meno di chiedersi cosa ci facesse lei. si erano messi d'accordo? nel caso, aveva completamente rimosso. lo stalkerava? intrigued «alcuni segreti hanno un costo, Fitzgerald» prese dalla tasca un cacciavite a testa piatta, battendo la parte metallica contro il palmo della mano.
    sembrava apparentemente unbothered, Edward moonarie, insensibile al cambio radicale avvenuto nel mondo; ed era fottutamente così. non gliene poteva fregare di meno, e quello sarebbe rimasto il suo status quo finché avesse Lotito continuare a farsi i cazzi propri.
    era una persona semplice, eddie, con poche pretese.
    con dick e barbie ancora vivi, la lista delle sue priorità era arrivata rapidamente alla fine.
    «il prezzo varia di volta in volta, a seconda delle occasioni» le sorrise, a quel punto: una ragazzina di cui non sapeva assolutamente nulla, e che a sua volta non aveva idea della persona che si trovava di fronte. rischiava la sua giocata, Fitz, e questo per Eddie bastava e avanzava. a spuntare dalle labbra apparvero i denti, mai tanti quanti quelli del signor Abby, ma abbastanza, il cacciavite rigirato tra le dita.
    «oppure la facciamo esplodere e via!» hm.
    si bloccò sulla soglia, il Mangiamorte, iridi grigio azzurre sulla serratura e le spalle rivolte alla medium; la proposta di Fitz non era nella sua bingo card (per tutta una serie di motivi: certi lavori richiedevano silenzio e dare poco nell'occhio), ma accese comunque il suo interesse «cos'è tutta questa fretta adesso? non avevi detto che volevi imparare?» non fece nulla per mascherare il tono di sfida nella voce, Eddie, mentre sollevava la mano libera verso la ragazza e le faceva cenno di avvicinarsi; e quando Fitz fu sull'uscio, accanto a lui, il moonarie si prese persino la brigata di abbassare il tono, renderlo confidenziale «detto tra noi, adoro quando le cose esplodono»
    ci voleva poco a conquistare un Edward moonarie, dopotutto.
    un po di più, forse, a scavare un posto nel suo cuore [derogatory] in cui affondare senza possibilità di tornare in superficie — sabbie mobili.
    «ma non vogliamo attirare tutto il quartiere giusto?» chiese, senza aspettarsi davvero una risposta. mise la punta del cacciavite contro lo stipite della porta, all'altezza del chiavistello, il palmo della mano opposta a colpire il manico dell'attrezzo. quando la serratura cedette, il tonfo sordo della maniglia rotta dalla parte opposta della porta li avvisò entrambi che il più era fatto «dopo di lei, mademoiselle» ogni tanto dimentico che anche Eddie è francese derogatory e si spiegano molte cose (cosa).
    all'interno, lo accolse il buio.
    il moonarie non accennò minimamente ad accendere la luce.
    dopotutto, creature come lui preferivano muoversi nelle ombre, sogghignare saltellando dove nessuno poteva vederle; rumore di zoccoli, odore di zolfo and all «gia che siamo qui—» grattò distrattamente il mento con la punta piatta del cacciavite, osservando l'ambiente circostante con l'aria compunta di un critico gastronomico indeciso se dare o meno la stella Michelin «cosa ti ha convinto a stare dalla parte del signor abby?» in amicizia, si intende.
    sapeva che avesse un potere, figo, ma poteva benissimo non essere quella la motivazione; ad ognuno le sue, Edward non giudicava «un conto aperto con qualcuno?» curiosità, quella del Mangiamorte, ma anche realismo (del suo au personale): considerava validi tutti i tipi di vendetta, Eddie, e il rancore era un'ottima scusa per prendere qualunque decisione nella vita. SLAY!
    si appoggiò ad una cassettiera alta con il fianco, gomito a premere sulla superficie di legno mentre con due dita apriva uno dei cassetti e ci rovistava dentro, lo sguardo limpido a rimbalzare dal contenuto a Fitz e viceversa; evidentemente più interessato alla seconda che al primo.
    avevano beccato una casa di poracci???
    «ah, che tristezza» spingendo in fuori il labbro inferiore, prese una fotografia polaroid che spuntava tra quaderni e rubriche telefoniche, tenuta tra le dita così che anche nikita potesse vederla: l'ennesima coppietta felice che non ce l'aveva fatta «l'amore vince su tutto» lesse, ad alta voce, ripetendo parola per parola quanto scritto nello spazio bianco sul retro «non proprio tutto, a quanto pare» e si mise a ridacchiare, Eddie, la mano stretta attorno L manico del cacciavite ora rivolta alla oraria bocca per tentare di nascondere il sorriso incalzante.
    sì, si raccontava i jokes nella sua testa e poi rideva da solo — tutto fottutamente normale, keep going, non vi fermate.


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    1987
    deatheater
    bastard
  5. .
    edward moonarie
    any plans to stop?
    yes i intend to call it quits whan i'm dead

    raccontaci come vivono le persone normali, se ne sei capace.
    evidentemente, swag non lo era.
    capace, ma anche una persona normale.
    «dai, Eddie, sono il figlio di un dio, se muoio mi bastano tre giorni per risorgere» il sorriso del Moonarie si allargò, mettendo in mostra i canini. faceva quasi tenerezza, lo svervegese, se solo Eddie fosse stato in grado di riconoscere il messaggio in codice morse che gli restituiva ogni tanto il cuore contro la cassa toracica.
    cambiava, in base alla situazione
    (in base alle persone)
    ma aveva google traduttore impallato, Edward.
    il suo modo di dimostrare affetto risultava quantomeno peculiare; l'amore un concetto accartocciato nel palmo come la carta di una caramella: quelle che invece di gettare via metti distrattamente in una tasca, profumo di menta a diventare familiare. quasi non ci faceva caso, il moonarie — eppure lo faceva.
    dai palla basta con i feels, mi fa sentire sporca descrivere i sentimenti di Eddie, back on track.
    «lettura interessante, il vangelo» annuì, sfiorando la barba che gli cresceva morbida sul mento con i polpastrelli «ma preferisco la bibbia» che ne sapeva lui che swag si riferiva ai cataloghi Ikea? nel dubbio, all'ex Serpeverde piaceva sfogliare anche quelli: tutti quei tavolini, le scatole da montare, i piatti con le posare coordinate, le lucine appese ai muri; aveva un che di erotico (COPRIPIUMINI ANYONE???) con quei nomi impronunciabili e i prezzi da poracci.
    ma, proprio a causa di quell'effetto che chiaramente provava nei confronti del suo apprendista / figlio adottivo, decise di non dirglielo. magari i cataloghi Ikea eccitavano anche il Jattelik, discorso per un altro giorno. se fossero sopravvissuti entrambi, ovviamente. al contrario di swag, Eddie aveva sempre affrontato la morte con la consapevolezza di aver sempre rubato un minuto alla volta, come gli era sempre stato inculcato sin da bambino. sei vivo solo perché io ho deciso così, gli ripeteva sempre la sua adorata mammina, e Eddie sorrideva e annuiva — lo so, rispondeva, troppi denti sotto le labbra scoperte.
    poi uno deve crescere normale, oh.
    ascoltò l'elenco di swag senza fiatare, concentrato sulle sue parole, sul tono di voce, sul linguaggio del corpo; era incredibile, ma forse nemmeno così tanto, come Eddie avrebbe potuto fare la stessa identica lista, cambiando qualche nome. nessun addio, nessun abbraccio, nessun ultimo bacio: al massimo una foto osé da mandare a Richard, per tirargli su il murale e quant'altro «e il milanese...?» non si lasciava mai sfuggire una pausa, il moonarie. le captava tutte, fiutava I puntini di sospensione come un cane da caccia pronto a fiondarsi sulla preda. una pausa, nella sua visione del mondo, equivaleva a qualcosa di non detto, di nascosto.
    ed era di quello che si nutriva, Edward.
    ma soprattutto ora lo dici, merdina di uno svervegese infame.
    nell'attesa, il trentaseienne si accucciò a terra, la schiena contro il muro del vicolo e la testa piegata in modo da guardare oltre l'angolo; una via stranamente deserta, quella che si erano scelti. «credo abbiano spostato la festa verso dark street.» diede una rapida ravanata nelle tasche della giacca, trovando un portafogli (non suo), qualche monetina (perfette da lanciare addosso alla gente), un coltello a serramanico «sai qual è la cosa divertente, swaggy?» fece scattare la lama, rigirandosi l'arma nel palmo, prima di bucare la pelle di quello opposto, tagliando in diagonale. been there done that, sapete quanti rituali erano iniziati allo stesso modo? «che non mi hai chiesto se ho detto addio. se qualcuno sentirà la mia mancanza» non era un'accusa, quella del Moonarie. al contrario, gli stava facendo un complimento: di base era sempre consigliabile farsi i cazzi propri.
    regola che Eddie predicava, ma evidentemente razzolava male.
    «ma te lo dico lo stesso» due passi e tornò dal ragazzo, tendendo il braccio e la mano che ancora stringeva il serramanico, un invito a mostrare anche lui il palmo; quando swag lo fece, colmo di una fiducia evidentemente mal riposta, il Moonarie tagliò anche lui. in modo superficiale, ma sufficiente a spillare sangue. poi strinse le dita attorno alle sue «nessuno sentirà la mia mancanza» non provate un po di tristezza? non sentite un peso sul letto? un improvviso pizzicore agli occhi? la voglia irresistibile di abbracciarlo?
    no?
    giusto così.
    «perchè anche da morto troverò comunque il modo di perseguitarli. in eterno, sai.» le iridi azzurre mandarono un lampo che sapeva di terribile presagio, chiaramente una minaccia. per Richard, per Barbie — faceva ridere, ma anche riflettere, che entrambi stessero per rischiare la sua stessa giocata. meritavano entrambi un bacino in fronte, magari il quinn anche in limone. ne riparleremo.
    la presa si fece più salda, mentre il Jattelik vendeva la sua anima: che fosse figlio di dick, nessuno lo poteva mettere in discussione. manipolato o meno, si stava cacciando volontariamente in un casino più grande di lui «adesso siamo legati, swag. la missione è sempre la stessa» diede una bella shakerata alle loro mani giunte, poi sciolse la presa richiudendo il coltello con un click «fomentiamo il panico» ah, in quello Eddie era bravissimo.
    de-escalation sto cazzo.


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    1987
    deatheater
    2043!
  6. .
    gifs25 (ish)captain, thiefjohn cory silver
    currently playing
    sweet little lies
    bülow
    we can go and play pretend.
    you and me, in an empty room, they can't get in, only room for two. if you play your part and i play mine too, I'll never takes my eyes off you
    glielo stava offrendo, un lavoro?
    parve rifletterci sopra — solo un istante lungo come una vita. i denti a morsicare l'interno della guancia perché aveva la risposta, ma non poteva dargliela.
    si sentiva reale, cory; e si sentiva possibile, ma non così tanto da pretendere qualcosa che sapeva essere sbagliata. non esisteva mondo, dimensione, vita in cui avrebbe potuto tenere mood con sé, per quanto lo volesse.
    oh mio dio, come Casper.
    terribile, can't unseen, cosa ho fatto.
    «è più una vocazione» rispose, invece, masticando le parole con una fatica più che evidente — non gli importava. fece un tentativo di abbassare la testa, seguire con lo sguardo le dita di mood a sfiorargli il ventre, ma non oppose resistenza quando richiese la sua attenzione; ancora una volta, l'ennesima, le iridi verde acqua si lasciarono catturare da quelle ebano del Serpeverde. la fitta di dolore fu autentica, bruciava, come bruciava tutto il resto anche se il palmo lo stava premendo solo lì, sulla carne esposta; bastardo infame.
    una scossa che Cory sentì scorrere dalla ferita alla gamba fino al cervello, irradiandosi ed espandendosi, consumando in un attimo quel poco di ossigeno raccimolato tra un respiro teso e l'altro «fa male?»
    dovette sforzarsi di non ridere, il capitano, e alla fine lo fece comunque; un verso soffocato che sapeva di frustrazione e fame, e adesso però basta. una rabbia informe che avrebbe potuto mettere dei paletti, dei limiti — ripagare quel suo spingersi oltre con la stessa moneta
    «si, certo» ma fallo di nuovo. avrebbe potuto leggerglielo negli occhi chiari, mood, senza bisogno di dire niente; nemmeno di specificare che non fosse solo la ferita, a sanguinare. a non potersi rimarginare. c'era sempre stato un vuoto, per quanto ne sapeva Cory. uno spazio inviolato racchiuso nel petto, li dove il muscolo cardiaco si limitava a fare il suo sporco lavoro battendo ritmicamente contro la cassa toracica: era abituato a quel vuoto, il capitano, ne amava l'eco e la sensazione fantasma di un pezzo mancante.
    terribile, non consigliato, scoprire che qualcosa gli mancava davvero.
    la mano sulla schiena del bigh non si mosse, polpastrelli a premere contro la casacca cercando di creare un'immagine ben precisa nella mente: la linea della colonna vertebrale, il guizzo nervoso dei muscoli appena sotto la pelle. socchiuse gli occhi, mentre mood parlava, spostandosi irrequieto sulla superficie del barile; se voleva torturarlo — meritato, aveva trovato il modo giusto. in confronto, rigirare il coltello nella ferita (quite literally) era una dimostrazione di gentilezza.
    «per cosa, esattamente, mi vuoi?»
    ah, lui e questa fissazione di volersi sentir dire le cose.
    un sospiro tremulo abbandonò le labbra asciutte del pirata, calde come il sapore che avvertiva sulla lingua; metallico, per lo più. voleva aggiungere anche il suo, lasciare che si mischiassero creandone uno nuovo, ma evidentemente a mood le cose semplici non piacevano. forse perché non era destino che lo fossero. valeva lo stesso per loro due.
    «non hai capito» qualcosa si, ma non era quello il momento per alimentare l'ego di mood. sentiva di nuovo una rabbia sottile vibrare tra le ossa e i muscoli, insinuarsi sotto l'epidermide; era la ferocia istintiva di un cane fedele, ma mai addestrato. andava e tornava ad ondate, sollevandondogli il petto, per piantare i suoi paletti dove sapeva che avrebbe fatto più presa; ci si abbandonava raramente, Cory, perché la mancanza di controllo poteva rivelarsi una brutta bestia, ma ogni tanto sì «ti voglio e basta» non si poteva pretendere più sincerità, dal capitano. il tempo per ingannare anche solo se stesso non ce l'aveva e lo sapevano tutti e due.
    scese dal barile, non senza uno sforzo e una smorfia.
    anche quel dolore sembrava dannatamente reale.
    «voglio dirti qualcosa—» un sacco di cose, che si teneva sulla punta della lingua, cory. niente safe word, questa volta «e voglio di sicuro darti qualcosa» anche qui, più di una. fece un passo in avanti, ascoltando lo scricchiolio familiare delle assi sotto la sulla degli stivali — e come cazzo poteva essere familiare qualcosa che non aveva mai davvero sentito? riempì i polmoni di umidità e metallo, cercando di concentrarsi sui bottoni dorati della propria giacca piuttosto che cercare una risposta che tanto sapeva non avrebbe mai trovato. e che anche in caso si sarebbe premurato di ignorare «e voglio essere vivo, finché mi sarà possibile» osservò mood da sotto le palpebre socchiuse, sfilando l'indumento zuppo del suo stesso sangue non senza una smorfia; ma proprio un sectumsempra?
    le cattive intenzioni, la maleducazione.
    la lasciò cadere sul pavimento.
    le maniche della casacca, rimboccate fino ai gomiti.
    «ti basta, come risposta?» per pura curiosità, voleva chiedergli cosa avrebbe deciso, se fosse scaduto il tempo, ma qualcosa gli suggerì di tacere; perché poco ma sicuro avrebbe risposto 'ti ammazzo io', e a quel punto Cory sarebbe stato costretto a chiedergli di aspettare. forse persino a pregarlo — e se proprio doveva mettersi in ginocchio per qualcosa.. cioè, esistevano valide alternative.
    ridusse al minimo le distanze, ancora, ruoli invertiti: premendo contro il corpo adulto di thero, i capelli biondi cenere di nuovo a ricadere sulla fronte. non abbastanza però da nascondere all'altro quegli occhi che dicevano davvero tutto, senza filtri. avrebbe voluto averne, John Silver, ma era chiaro che cory non se ne sarebbe comunque servito «e tu?» non sapeva nemmeno il suo nome. la donna, quella con il fratello cockblocker, l'aveva chiamato mood; ma cory non chiese, limitandosi a far girare quell'unica parola sulle labbra senza dirla ad alta voce «vuoi andartene?» una mano a premere contro la sua nuca, creandosi uno spazio tra le gambe dell'altro che gli permettesse di stare più vicino.
    non voglio che te ne vada, gli aveva detto. ma cosa volesse davvero mood, cory non lo sapeva. poteva interpretare i segnali, riconoscerli come suoi, ma niente di più certo, sicuro.
    attese la risposta, paziente.
    per un secondo, ma attese.
    poi decido io — cit.
    cercò la bocca di mood e la trovò, sfiorando piano con la propria, labbra dischiuse.
    e poi il piano andò a farsi benedire: strinse le dita attorno ad una ciocca di capelli scuri, quelle della mano libera a scivolare sul torace del ragazzo slacciando bottoni che avrebbero richiesto più pazienza e concentrazione. non aveva nessuna delle due Cory. quello che rimaneva a Mood, invece, era ancora una volta l'occasione di fermarlo, probabilmente l'ultima.
    «mi aiuteresti?» chiese, soffiando sulle sue labbra, la voce un tono troppo basso che non mascherava affatto quanto fosse diventata ruvida, roca, frammentata; il mare in tempesta negli occhi lucidi, un breve sguardo alle labbra di mood prima di spostarsi sulla propria casacca, osservando i lineamenti dell'altro da sotto le ciglia.
    tw: moka freme cinese, ma con quattro (4 ) ore ininterrotte di monologo in the background. dovrebbero darmi un premio.

    sooner or later you're gonna tell me a happy story. i just know you are.
  7. .
    edward moonarie
    any plans to stop?
    yes i intend to call it quits whan i'm dead
    «non lo so, swaggy. penso che manchi qualcosa» il tono del moonarie era greve, concentrato.
    lo sguardo, ghiaccio a fondersi in acqua bollente, rimase ancorato sul marciapiede pur rivolgendosi direttamente al giovane apprendista.
    non padawan, perché aveva poco del Consiglio Jedi, la gang del bosco.
    non possiamo nemmeno dire che Eddie si sentisse un Palpatine qualunque, perché — ed è canon: palpatina non palpa nessuno, cit. rimosso questo evento traumatico, rimaneva il fatto che edward si desse discretamente da fare quando l'occasione lo richiedeva, palpate comprese, ma non era quello né il momento né il luogo (o la compagnia. scusa swag non sono quel tipo di daddy).
    e comunque preferiva infierire in altri modi.
    si portò una mano sotto il mento, sfiorando la barba ramata e sottile, la fronte corrugata; di fronte a lui, accucciato nello stesso identico modo sulle ginocchia piegate, il jattelik lo imitò.
    MV5BMjA0MTgwNTM5MV5BMl5BanBnXkFtZTgwOTgyODI4NjM_._V1_SX1777_CR0_0_1777_744_AL_.0
    doveva essere una questione seria, di vitale importanza (no), per impegnarli entrambi in quel modo; ignari di quanto stesse per accadere a poche centinaio di metri di distanza. le iridi chiare del moonarie si accesero all'improvviso (che non era mai un buon segno), incisivi a spuntare dalle labbra «ma certo, come. ho fatto a non pensarci» troppe cose da fare, gelati in cui sputare, povera gente da far impazzire, una mads da circuire con occhi lucidi e moccio al naso. strinse tra i polpastrelli il gessetto ormai ridotto all'osso, appoggiando la punta bianca sulla superficie grezza del marciapiede — potevano esserci piani malvagi per la conquista del mondo, su quella mattonella; formule arcaiche per summonizzare qualche altro demone.
    eppure... non è così ;)
    era un pene.
    dettagliatissimo, eh. un'opera d'arte. ma sempre un pene rimaneva.
    con uno scatto Eddie allungò la mano libera e la premette sugli occhi di swag: era tardi per salvaguardare l'innocenza dello svedese, e comunque quel compito non poteva svolgerlo uno come il moonarie. semmai a lui toccava rincarare la dose e trascinarlo a forza verso il lato oscuro — un duro lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo. chiuse anche i propri, di occhi, perché non era uno scemo qualunque.
    alla cieca, ma sapendo perfettamente dove colpire (come un baby Allen qualunque. avverto un certo feeling), aggiunse sotto al ritratto (il suo? può essere. di dick? probabile) la scritta 'PIRLA CHI LEGGE' «non guardare» ammonì il suo apprendista, perché in fondo ci teneva: da qualcosa doveva pur proteggerlo, no? priorità. lo prese per la maglietta e tirò, costringendo swag ad alzarsi insieme a lui, spostando il ragazzino così che una volta aperti gli occhi non so trovasse costretto a leggere. capito quant'era buono? responsabile? BADGER?
    non sarebbe mai potuto essere un daddy™, Eddie — troppo gremlin, poco interessato a limonare duro sulle scrivanie, ma un mentore? (no swag scappa) il migliore.
    «adesso, per quanto riguarda l'operazione scippo —» una fiera a Hogsmade, come il paese dei balocchi, significava tanta gente riunita in un unico spazio, soldi che giravano, borsette incustodite. una manna dal cielo, nonché l'ennesima occasione per il Jattelik di affinare la sua tecnica «io mi prendo le vecchie» eh, aveva un kink, fategli causa. non era colpa sua se da quelle parti rubare la pensione alle nonne era tra le cose più divertenti da fare.




    yet.
    sbatté le palpebre una, due, tre volte in rapida successione, Edward.
    «amici come voi! E come tanti altri. Sapete cosa fanno gli amici?»
    mmmmmmmmh.
    intanto per cominciare, lui sapeva cosa avrebbe fatto ad Abby. si premette entrambe le mani sul naso, inspirando a fondo — hold on a second man. quelli erano i momenti in cui Richard gli mancava di più: quando appariva magicamente uno gnocco paura e non poteva chiedere al Quinn quale fosse la sua personale opinione sui threesome. ugh. «da oggi tutto cambierà.
    Sono tornato per riprendere in mano le vostre vite.
    Sì, perfino quelle dei maghi. Siete adorabili, non è vero? Carini carini, con quelle vostre bacchettine»
    ma cosa stava cercando di fare, eccitarlo??? anche meno abby, anche meno!
    sorrise, Eddie, e nemmeno quello era un buon segno.
    ci aveva capito qualcosa? no.
    gli importava? non particolarmente.
    ascoltò il resto del monologo (mort sei tu?) tenendo la mano destra sul coppino di swag, e all'ultima domanda dell'innominabile strinse un po di più, facendo cenno allo svedese di mettersi in marcia. fiutava il caos, eddie, e non ci volle molto perché la folla riunita per la fiera iniziasse ad entrare in modalità panico — si tolsero dalla piazza giusto in tempo prima di essere travolti, e fu con poca grazia che Eddie yeettò swag in un vicolo poco lontano «mio giovane apprendista» le iridi grigio azzurre si inchiodarono sul volto del ragazzo: avrebbe potuto dirgli di tornare a casa, mettersi al sicuro. o anche solo di fare una scelta, riflettere. ma sapeva solo manipolare, edward, portare allo sfinimento «piano B» che era uguale a tutti gli altri piani: fare un cazzo di casino.


    gif code
    1987
    deatheater
    2043!
  8. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    edward moonarie
    34 14, deadeater, head empty, moon in bastard

    «s-s-sai che c-c-c’è? an-andata»
    confuso sotto molti aspetti, Julius/Sandwich sollevò il faccino innocente e imbrattato di sangue, iridi chiare a cercare quelle più scure di Barbie. lo guardava proprio con ammirazione, gli luccicava negli occhi e traspariva palese anche dai lineamenti così giovani, acerbi.
    era sempre stato un po' bruttino, ma l'espressione affascinata esaltava le lentiggini e lo rendeva quasi bello, nel modo dolce e delicato che solo la preadolescenza sapeva donare. non fosse stato per il sangue e le lacrime a rigargli il volto; non fosse stato per i denti che facevano capolino dalle labbra quando sorrideva: affilati, da squalo.
    non era un sorriso tenero, quello.
    era la lampada al neon che attirava le zanzare prima di friggerle.
    incrociò lo sguardo con Barbie, quando il ragazzo si piegò per essere alla sua altezza; per un istante, uno solo, nella mente combattuta del quattordicenne prese forma e spazio un'immagine piuttosto concreta: se stesso, in quel preciso momento, che tirava all'altro una testata. gli venne di nuovo da ridere, e lo fece soffocando il rumore nella maglietta che il Jagger stava usando per ripulirgli la faccia.
    quando la stoffa ricadde verso il basso, imbrattata di sangue e moccio, quel pensiero era sfuggito dalla sua testa e il sorrisetto svanito «andiamo a am-am-m-m-mazzare un f-f-figlio d-di p-p-puttana» avrebbe dovuto rimanere shock basito, Julius; scandalizzarsi doppiamente per la parolaccia e per l'intenzione. quello che fece invece fu annuire allegramente, le dita a stringersi attorno alla mano più grande del maggiore.
    era stato davvero li, Julius Winston: per pochi, intensi minuti, la botta in testa gli aveva permesso di essere se stesso — una versione non perfetta, ma sicuramente migliore. ma non poteva nulla contro il male che cercava di riemergere; che aveva già trovato la strada per la superficie, e non intendeva farsi ricacciare indietro. «d-d-dov’eri? F-f-fai strada» annuì di nuovo, più sandwich che altro, tirando il braccio del guaritore per trascinarselo appresso, verso l'ingresso del vicolo.
    dove si fermò di botto, rischiando di far inciampare anche il maggiore, gli occhi chiari a cercare per l'ennesima volta lo sguardo di Barbie: l'espressione perplessa, il labbro inferiore spinto in fuori, una sorta di consapevolezza fin troppo adulta a ridisegnare il volto «barbie? quindi siamo amici vero?» come se sapesse, che gli stava finendo l'autonomia.
    E DAGLIELA UNA GIOIA SANTO CIELO.
    per me è canon gli dica di si, ho deciso, tanto non se lo ricorderà.
    alla risposta POSITIVA del Jagger, Julius sorrise: bello, questa volta, sincero; gli occhi chiari a raggiungere il terreno e il sangue ad affluire fino alle guance creando due pomelli rosa sugli zigomi «ok» gli strinse la mano un po più forte, poi riprese a tirarlo — così forte, ad un certo punto, da far pensare che quella non fosse proprio la forza tipica di un ragazzino. usciti dal vicolo, li attendeva un'altra stradaccia dal nome strano, non proprio il luogo ideale per un quattordicenne con il moccio al naso «guarda, guarda quasi un sibilo quello che sandwich fischiò nelle orecchie di Barbie, appoggiandosi al muro e spingendo il maggiore a fare altrettanto.
    con un dito accusatore indicò tre persone losche, le teste tutte vicine e sguardi furtivi alle spalle per tenere d'occhio high street: nessuno di loro era il tizio che gli aveva dato una bottigliata in testa, e questo eddie lo sapeva bene, ma era tardi perché Julius potesse fare la cosa giusta. prese il portafogli che teneva nella tasca dei pantaloni troppo larghi; lo aveva rubato al bottigliatore folle, e la foto sui suoi documenti parlava chiaro. sospirò, sandwich. poi decise che era arrivato il momento di strafottersene «è quello! » aveva scelto una persona a caso? si.
    e dovendo scegliere una persona a caso, perché non un armadio di spacciatore con i suoi amici spacciatori? sulle labbra gli affiorò un ghigno, le dita intrecciate a quelle di Barbie con la presa solida di una morsa d'acciaio «EHI, PESACULI» in fondo, era un bambino — feral, selvaggio, figlio di qualche demone richiamato dall'oltretomba, ma sempre un bambino: ed era ciò che videro quelli, alzando lo sguardo già incazzato.
    lui, e un adulto badger da picchiare per compensare l'offesa subita.
    Barbie: hhh
    spaccini: «cerchi rogne?»
    ma che domanda era. «S̻ ah, l'entusiasmo dei giovani.
    si liberò all'istante della mano di Barbie, che se non era scemo stava già correndo dalla parte opposta, lanciandosi in avanti come la scimmietta idrofoba che era — troppo piccolo, e rapido come una faina, perché quelli capissero cosa stava succedendo prima che fosse troppo tardi.
    una frazione di secondi dopo, aveva già caricato il piede e colpito uno dei tizi con un calcio nelle palle, preciso e letale; al secondo, e qui vado contro il volere della palla perché è troppo on character per privarmene, riservò un morso alla mano destra, lasciandogli il segno dei denti sulla pelle. ti ha morso... un fucking bambino. magari si beccava la salmonella, ma diciamo la verità (a gran voce) : la bocca di Eddie era stata in posti ben peggiori.
    ciao dick!
    «tu, levati dal cazzo» mancava solo il terzo, ma sandwich gli passò sgusciando tra le gambe, trovandosi alle sue spalle. posizione ideale per notare che tutti e tre si erano più o meno raddrizzati, fiato pesante e pugni tesi, pronto a ridurlo ad una polpetta. «ok,si corre» e corse. Barbie lo lasciamo li? NO BARBIE CORRI CON ME, SE NO TI PUNTANO!!!!!!! via insieme nel sole, se il Jagger non se l'è filata prima (giustamente) lasciando al suo destino.

    i've done nothing wrong. except for all the atrocities. besides that I'm innocent.


    ciao freme scusa se ti ho appesa oer 4 mesi aiuto. ho /chiuso/ così se vuoi possiamo lasciare o fare salto temporale? ti porta la colazione ICE CREAM ARE COLD, SO AM I, o niente dimmi te ❤


    Edited by send nudes . - 3/4/2023, 15:18
  9. .
    november 16th, 2006fuck•face
    n. a person with a face that instantly pisses you off
    19 y.o.
    columbia sophomore
    that bitch™
    i'm not the good guy, remember? i'm the selfish one, i don't do the right thing

    «ne sai più di quanto dovresti.»
    Eddie ricambiò lo sguardo di Richard, occhi troppo grandi che fissavano quelli chiari del moonarie colmi di terrore, ma anche un po' più lucidi; il ceffone aveva sortito il suo effetto e forse, per il dispiacere del diciannovenne, non ne sarebbe servito un secondo «perchè, c'è un limite?» la domanda gli uscì dalla gola colma di una curiosità che non aveva niente di artefatto. del sarcasmo con cui Edward si era appena rivolto al compagno, non c'era traccia.
    era sinceramente interessato, attratto suo malgrado da quella moral compass priva di razionalità che sembrava stare tanto a cuore alle persone perbene: quelle normali, tanto per intenderci. Richard Quinn rientrava nella suddetta categoria, ma il Moonarie era convinto — sapeva — la sua fosse solo un'elaborata finzione per mescolarsi al resto della massa. quanto stava succedendo in quel laboratorio, quanto era già successo, dimostrava perfettamente la teoria di Eddie è smontava pezzo dopo pezzo l'immagine perfetta che l'altro si era costruito nella sua breve vita «sei qui, adesso.» aveva fatto di nuovo un passo avanti, ancora una volta accucciato di fronte al Quinn.
    il dito indice puntato contro il pavimento.
    poteva sembrare una frase astratta, simbolica, sei qui con me, ci siamo dentro insieme, ma non lo era: il 'qui' che intendeva Eddie era proprio il cemento sotto i loro piedi, il punto più basso — più giù di così poteva finirci solo scavando. e, cazzo, era esattamente dove l'ex Serpeverde lo aveva sempre voluto.
    al suo peggio.
    e, soprattutto, nel palmo della mano.
    sorrise, Eddie, le braccia appoggiate alle ginocchia e la schiena leggermente curva in avanti; forse non era il momento giusto in generale, ma era il momento giusto per lui: lo avrebbe afferrato per il bavero della camicia, allo scopo di tirarlo verso di sé, se dick non avesse fatto quella mossa per primo stringendogli il braccio «è sparita.» mh, ok. ci mancava solo il cadavere cockblocking. un sibilo di frustrazione scivolò dalle labbra del Moonarie, ma Richard avrebbe dovuto saperlo: anche quella era una montatura.
    il sorrisetto tutto denti che gli apparve sulla bocca un istante dopo, nel posare lo sguardo sul tavolo in acciaio, confermava una teoria vecchia di mille anni — Eddie era intoccabile. come gesù (.) non sembrava in grado di provare emozioni negative: persino quando rubava, terrorizzava, torturava, le prendeva, si vendicava, dentro gli scoppiettavano i fuochi d'artificio.
    tutto divertimento.
    la gente neurotipica avrebbe dovuto imparare da lui a godersi la vita, altroché.
    ruotò su sé stesso senza ancora alzarsi in piedi, iridi di un verde acqua fin troppo intenso ancora rivolte in direzione del tavolo; il rantolo sommesso gli fece piegare leggermente la testa di lato, per osservare la zona di pavimento visibile dietro il bancone. la finestra doveva essere stata aperta fin dall'inizio, perché la Palla ha detto che mortina sta ancora li con loro — ne intravide una mano, Eddie, dita contorte a graffiare la superficie sotto di lei scavando con le unghie. quasi la stessa cosa che Dick stava cercando di fare con il suo braccio, motivo per cui il Moonarie gli strinse a sua volta il polso per costringerlo a mollare la presa.
    poi afferrò il compagno per il bavero, come voleva fare sin dal principio, tirandolo verso di sé «dopo mi spieghi bene cosa cazzo hai combinato qui dentro, dickey. ma per adesso devi stare in silenzio» gli premette la mano libera dietro la nuca, perché non potesse tirarsi indietro. si stava approfittando di un giovine sotto shock e non aveva chiesto il permesso per invadere il suo spazio personale andando ad unire le loro bocche, ma sappiamo tutti che ci stava pensando anche Riccardino. e poi, insomma, rispettare i limiti sarebbe un tantino ooc. degno precursore di Rosa Chemic, Eddie a quel bacio ci aggiunse anche la giusta dose di lingua, perché — diciamocelo chiaramente — il rischio che potesse essere l'ultimo limone per entrambi c'era «capito? sta zitto» aggiunse, con una nota un po' troppo allegra nella voce, allontanandosi dal Quinn quel tanto che bastava per dargli un altro schiaffetto sulla guancia.
    più delicato, questa volta.
    nel rimettersi in piedi, fu raggiunto da un ulteriore rantolo, questa volta meno sommesso del precedente.
    «quiiiii, cucciola» Orazio che cerca i piccoli di dalmata per accopparli a randellate be like. Eddie non aveva uno sfollagente e non intendeva scuoiare la simpatica zombie/clicker (O MEO DEO. QUELLI DI TOTTINGTON. LI HA CREATI DICK. TUTTO TORNA!!! È LUI!!!! I connected the dots), ma nell'avanzare in direzione del tavolo di acciaio afferrò uno dei quei simpatici vassoi fatti dello stesso materiale, dove i rikki figli di papà con la passione della chimica appoggiavano provette e campioni di chissà quali schifezze: inox 18/10, alta resistenza termica, praticamente indistruttibili «vieni fuori, bubi. non ti faccio niente» cit. una qualunque madre italiana con già in mano la ciabatta di ordinanza.
    e quella, a differenza di un qualunque figlio italiano, invece di nascondersi venne fuori davvero — strisciando, rantolando, anche un po sbavando «ew. davvero, dick?» minchia se aveva abbassato l'asticella. «come sei caduto in basso» commentò, stringendo con più forza il vassoio tra le mani; di nuovo quel sorrisetto tutto punte e canini. e, quando Mostrilla tentò di alzarsi in piedi, ciondolando come un'ubriaca, Eddie la colpì in piena faccia, rispedendola culo a terra «ed è un fuoricampo!» mica la capiva la fissazione degli americani per il baseball, comunque.

    edward J. moonarie


    palla dice che:

    non è viva
    vuole mangiarsi dick
    per la vassoiata: d10 = 8
  10. .
    scottsdale & julius
    this one is for the lonely
    the one that seek and find
    only to be left down
    time after time


    2024, 2017 | madaway, winston
    this one's for the faithless
    the ones that are surprised
    they're only where they are now
    regardless of their fight

    se qualcuno avesse detto a Scott che un giorno sarebbe andata ad una festa in compagnia di un julius Winston in disguise nei panni di Taylor Swift, lei non ci avrebbe creduto.
    il ragazzo che le camminava accanto, vestito di tutto punto con un cravattino a spuntare dal colletto perfettamente inamidato della camicia bianca, sembrava incapace di compiere un atto tanto estremo come fingersi qualcuno che non era — o rubare, ingannare, uccidere e qualunque altra cosa facesse Edward Moonarie nel suo tempo libero «non era necessario, lo sai vero?» chiese, sollevando di poco lo sguardo verde bosco, sentendosi leggera come le capitava di rado; julius non possedeva alcun potere particolare, eppure aveva intuito come stavano le cose nel momento esatto in cui si erano incontrati fuori dalla sua porta: Scottsdale non sarebbe mai riuscita a partecipare ad una festa di quel tipo senza un piccolo aiutino. droghe leggere, niente di che.
    il maggiore le aveva rivolto uno sguardo indagatore e allo stesso tempo preoccupato, come faceva sempre quando i suoi bambini si lasciavano andare a comportamenti che rischiavano di metterli nei guai. ma era anche troppo indulgente, il Winston, troppo buono per mettere chiunque con le spalle al muro — figurarsi una ragazzina orfana «figurati, sono una chaperone nato. e poi devo vedere come sta sandrino (me l'ha corretto così, ora è canon)» gli occhi azzurri di julius — nato july the forth come la sua data di nascita, si illuminarono all'idea: tra tutti gli sgagni cui aveva fatto da baby sitter in gioventù, sander era sicuramente il suo preferito. almeno quello non era cambiato: Barbie era ancora il preferito di eddie, anche se le modalità per esprimere i propri sentimenti a riguardo non si potevano definite gli stessi.
    «non capisco davvero come fai» a fare il baby sitter, ma anche ad essere com'era: sempre gentile, mai una parola fuori posto, fin troppo generoso. conosceva la sua storia, Scott, lo sapevano tutti da dove arrivasse Julius, cosa avesse passato prima di essere spedito a calci nel culo davanti alla porta di un padre che non aveva mai conosciuto. eppure non c'era mai stata rabbia, o rancore, sul volto imberbe del ragazzo, mai un'oncia di cattiveria ad offuscare gli occhi azzurri. lì dove scottsdale madaway aveva somatizzato tutto il dolore per la perdita dei genitori, creandosi attorno una barriera, julius Winston sembrava aver abbracciato i suoi traumi trasformandoli in qualcosa di diverso. al suo posto, la telepate era certa che non sarebbe mai riuscita a perdonare la madre, ma lui lo aveva fatto «a stare dietro ai ragazzini, dico» si affrettò ad aggiungere, mani sprofondate nelle tasche della giacca pesante mentre si avvicinavano alla porta di casa wish.
    julius corrugó la fronte, pensieroso; nessuno gli aveva mai posto quella domanda, e lui stesso in primis non si era soffermato più di tanto a chiedersi perché «sono più facili da capire degli adulti, credo. e imparano tutto per la prima volta, è divertente» sorrise, di nuovo, uno dei tanti himbo™ presenti sulla faccia della Terra — non lo fosse stato, sopravvivere si sarebbe rivelato certamente più arduo. perché baby July the forth ci credeva davvero quando sua madre gli diceva che aveva molto da fare, che pensava al loro futuro, e per questo lo lasciava da solo a casa anche per una settimana intera quando aveva solo dieci anni e il frigo mezzo vuoto; la capiva, quando lo mandava al negozietto sotto casa a scommettere clandestinamente sui cavalli mentre lei intratteneva l'uomo di turno (il suo possibile futuro papà, come amava spesso ripetere). e non gliene aveva certo fatto una colpa quando, con un poche righe scritte frettolosamente su un biglietto spiegazzato lo aveva recapitato tipo pacco postale a casa di Mitchell Winston.
    certo, durante quei primi quattordici anni di vita si era sentito un po'di solo, ma aveva recuperato alla grande, no?
    a quel pensiero sorrise di nuovo, sistemando il papillon, ad un passo dalla porta che qualcuno aveva lasciato aperta: ah, ragazzini [affectionate] «BESTIES!!!» fortunatamente, wes e declan erano nani come lui, e questo rese a julius le cose più facili: apparve alle loro spalle circondando entrambi con le braccia, la testa spinta proprio nel mezzo «anche voi qui a tener d'occhio i bambini?» ce n'erano già parecchi, e tutti bisognosi di un adult badger™ che li tenesse lontano dai guai. anche se, conoscendo i due sopracitati, l'ex tassorosso dubitava fossero particolarmente preoccupati per la sorte degli sgagni «in ogni caso, buon nat-» gli occhi celesti e limpidi di julius Winston intercettarono il suo bambino e il cuore gli si sciolse in un istante «SANDRINO BELLO DE CASA!» la ragione ai sentimenti.
    scottsdale at some point: «ugh.» lo scatto di julius in avanti l'aveva lasciata sola sulla soglia di casa, ma non se ne fece un cruccio: conosceva bene quel posto, e le persone che la frequentavano — la sua famiglia. chi più, chi meno, secondo uno schema mistico creatosi in tempi troppo antichi. sollevò comunque la mano destra in una sorta di saluto generale, richiudendosi la porta alle spalle «una fantastica tequila con un verme! si dice che il verme abbia effetti allucinogeni, ma chissà. chi vuole essere la prima vittima?» era quasi del tutto certa che, se avesse potuto, abra avrebbe scelto di svuotare la suddetta bottiglia direttamente in gola al fratello, ma l'offerta valeva la distruzione di un sogno «mi sacrifico volentieri per la causa» non l'avrebbe pensata così, a pochi mesi da quel giorno, ma questa è un'altra storia.

    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    julius e scotts arrivano insieme!
    julius parla con wes e declan, poi si lancia da sander
    scotts si offre volontaria per la tequila
  11. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    edward moonarie
    34 14, deadeater, head empty, moon in bastard

    "perfino Julius, con uno stizzito linguaggio!, avrebbe colto quel sottile tentativo di umorismo tossico del Jagger"
    awww, come papà! ciao mitchell, ovunque tu sia, infamone ♡
    ma torniamo a noi, anzi, a loro: un ragazzino sanguinante e confuso e un ragazzo non sanguinante ma altrettanto confuso. se fossero state due persone diverse, Eddie e Barbie, di fronte a quella scena qualcuno avrebbe potuto persino intenerirsi — gli occhi del minore, troppo grandi nella penombra del vicolo, vedevano solo il jagger, la paura lo faceva pendere dalle sue labbra. e quando gli si aggrappó addosso, nascondendo per un attimo il volto nel petto di barbie, quel gesto fu così istintivo, intimo, che per un passante casuale non sarebbe stato difficile credere in un fratello maggiore intento a consolare il minore.
    era tutto il contesto ad essere terribilmente sbagliato.
    quella stradina puzzolente all'interno del più malfamato dei quartieri, i vestiti sgualciti e troppo grandi del ragazzino, il sangue a colargli dalla fronte, lo sguardo colmo di terrore del più grande ora che le braccina gli si erano strette intorno alla vita. quasi si aspettasse di venire accoltellato, o derubato — tutto, tranne che una richiesta di aiuto.
    eppure fu proprio quello che Barbie ottenne, perché mentre nascondeva il visetto bagnato di lacrime contro la divisa da gelataio, il quattordicenne non era Edward Moonarie, e tantomeno Sandwich Anidiot. non aveva idea di chi fosse, sebbene la botta in testa avesse riportato a galla briciole di un'esistenza ormai cancellata da tempo con un colpo di spugna forse un po' troppo frettoloso; poco accurato.
    «m-m-m-minchia eddie. s-s-se volevi un oscar c-c-c'erano m-m-modi m-meno r-r-rompicoglioni» il ragazzino sbatté rapidamente le palpebre, quasi seguendo il ritmo del tartagliamento: se gliel'avessero chiesto, avrebbe risposto che capiva tutte quelle parole prese singolarmente, ma gli sfuggiva il quadro completo. innanzitutto «chi è eddie?» tirò su con il naso moccioloso, dopo averlo strofinato sul petto di Barbie e aver così ripulito alla bell'e meglio una candela lacrimosa (per rimanere in tema horror, tratto da quotidiane storie vere. chissà se vale come vibe della settimana), grandi occhi verde acqua a cercare quelli del maggiore. ma senza lasciare la presa «tu sei oscar?» altra domanda fondamentale. fosse stato meno sconvolto e dolorante e confuso forse non sarebbe riuscito a trattenere l'impulso di aggrottare la fronte davanti a quell'uso così improprio dell'aggettivo rompicoglioni — o sorridere in modo affilato, privo di ironia, con una certa fierezza.
    gli estremi di uno spettro emotivo che non ammetteva vie di mezzo.
    tranne che in quel preciso momento. perché si trovava in un limbo, quel quattordicenne: non oppose resistenza sotto il tocco deciso di Barbie, ruotando il capo quando l'altro fece pressione con le dita, una smorfia di dolore a piegare le labbra. stava comunque facendo uno sforzo per darsi un contegno, il che spiegava perché avesse momentaneamente chiuso i rubinetti; qualcosa, nel recesso della memoria - una voce fastidiosa e acuta, colma di stizza - suggeriva un comportamento più da uomo. il dodicenne che fu Edward Moonarie aveva riso di fronte al sibilo di sua madre, ma quel ragazzino sanguinante in un vicolo non aveva niente da ridere. «s-s-se m-m-mi stai p-p-prendendo p-per il c-c-culo, l-l-lascio il bde» alla sola idea, gli occhi chiari del quattordicenne si sgranarono: Barnaby Jagger era diventato, nel giro di pochi millesimi di secondo, la sua unica certezza — non avrebbe MAI! potuto prenderlo in giro «no! te lo giuro! fa male davvero..» oh, quelle lacrime che minacciavano di traboccare, ancora; anche se forse, forse, in quelle iridi annacquate e innocenti qualcosa si era acceso.
    uno scintillio familiare, ma velato.
    per l'ennesima volta tirò su con il naso, le labbra strette una contro l'altra e il mento sollevato come farebbe qualunque bambinetto che tenta con poco successo di darsi un certo tono, anche se il guizzo frenetico sotto la pelle tesa della mascella mentre Barbie faceva qualunque cosa stesse facendo la diceva lunga sulla quantità di paura che provava. non tanto perché si sentisse piccolo e indifeso, dentro quegli abiti troppo larghi, o perché fosse ferito: era il non avere assolutamente alcuna idea di cosa stesse succedendo, a terrorizzarlo. eppure, quando il dolore si fece meno intenso e quel ritmico pulsare dentro la testa, che lo aveva accompagnato nell'ultima ora e mezza, cessó improvvisamente di martellargli tempie e timpani, baby eddie-sandwitch-julius riuscì comunque a strapparsi un sorriso estasiato — l'invidiabile resilienza dei /bambini/ «vabbe ma come hai fatto! mi sento già molto meglio!» e per dimostrarlo saltelló sul posto un paio di volte, tenendosi i jeans con una mano, del tutto ignaro del modo in cui Barbie li stava guardando.
    ma all'elenco delle info si fece più attento.
    guardingo.
    orecchie ben tese e sopracciglia inarcate.
    una smorfia a quel 'rompi il cazzo per vivere' che sembrava quasi nascondere un sorrisetto sottostante: involontario, anche questo. semplicemente un Eddie che tentava di riemergere in superficie «che c'entra sander adesso. lo so bene che non sei sander. sei barbie» le parole gli uscirono dalla bocca con un tono quasi spazientito — minchia questi adulti che peso; se ne stupì lui stesso per primo, spostando confusamente lo sguardo dal ragazzo al terreno e viceversa «é un po strano» il tono greve sottolineava l'assurdità della situazione, ma il quattordicenne scacciò via quella pesantezza con un'alzata di spalle «bah, secondo me siamo amici. mi hai aiutato, no? siamo amici per forza» di nuovo quel sorriso sghembo, quello con troppi denti; di nuovo, senza preavviso e senza chiedere permesso, strinse le braccia attorno alla vita di Barbie e lo guardò dal basso, con concentrata adorazione «ce l'ho anche io una divisa così????» eh, l'emozione di servire gelati in pantaloncini inguinali! sbatté un paio di volte le ciglia ancora di lacrime e sangue rappreso, scostando la testa con fare improvvisamente serio «mi hanno dato una bottigliata in testa» perplessità palpabile rapidamente sostituita con una ben meno opportuna allegria «BARBIE! QUEL CAZZONE MI HA DATO UNA BOTTIGLIATA IN TESTA!» non ci sarebbe stato niente da ridere, eppure il ragazzino rise lo stesso. piegato in due, mani premute sulle ginocchia «lo ammazzo»
    guardò il Jagger.
    smise di ridere.
    corrugó forte forte la fronte.
    «cosa?»
    cosa

    i've done nothing wrong. except for all the atrocities. besides that I'm innocent.
  12. .
    innanzitutto:

    quello È UN GIACOBBO SELVATICO.
    lui e le sue teorie sui viaggi nel tempo (di pochi secondi, all'indietro) sono diventate leggenda, pari solo a quelle sui mayali galattici. avrò modo e tempo (ahahah) di spiegarti tutto se vorrai addentrarti nel mistero.

    detto questo (le priorità), BENVENUTISSIMA HELL! hai fatto bene a presentati, meglio tardi che mai! io sono rob, millennials come te ma virante al boomer, pare io dimostri 20anni ma non è stato scientificamente provato il come. ho come te una dipendenza da caffeina, il problema è che non mi fa più assolutamente nulla e di solito inizio a dormire intorno alle otto di sera #34enonsentirli.

    PS. come fai a sopravvivere con dei suoceri? io ho solo mia madre e già vorrei morire

    :pray:

    HAI GIÀ QUALCHE IDEA PER *L* PG???
  13. .
    CODICE
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    </tr>
  14. .
    november 16th, 2006fuck•face
    n. a person with a face that instantly pisses you off
    19 y.o.
    columbia sophomore
    that bitch™
    i'm not the good guy, remember? i'm the selfish one, i don't do the right thing

    la prima volta che le iridi grigio verdi del sedicenne Edward Dubois erano state attirate dalla figura di Richard, non lo avevano fatto per la sua bellezza esteriore. non era tipo da soffermarsi su quel genere di frivolezze, il serpeverde, del tutto immune a bei visetti e sorrisi smaglianti; guardava oltre, scavava dentro, ignorava tutto il resto.
    ad attrarre Eddie era la disperazione.
    il disagio, la stranezza, il sentirsi fuori posto, l'essere patetico, i pesi portati sulle spalle, le debolezze, i bisogni nascosti nel profondo. le persone troppo felici erano noiose, con loro non ci si poteva né giocare né divertirsi — ma dick? dick sprizzava wet paper bag man (cit.) energy da tutti i pori... solo che quando si erano conosciuti non lo sapeva. gli serviva solo una piccola spinta per rendersene davvero conto, e forse quel momento era finalmente arrivato.
    nel vedere il minore accucciato sopra ad un cestino dell'immondizia, intento a rigettare anche l'anima, Eddie non poté fare a meno di sorridere: un sorriso mesto, velato dal rammarico — avrebbe voluto avere lui l'onore di riportare Richard con i piedi per terra, farlo sprofondare ancora più in basso finché non gli fosse stato impossibile rialzarsi. funzionava così, nella mente del moonarie: schiacciare e distruggere e soffocare erano le sue dimostrazioni di affetto, il suo love language «vuoi una mentina?» chiese, con un ghigno dipinto sulle labbra, ignorando il cadavere disteso a pochi passi da lui; non perché guardare il corpo della ragazza gli provocasse una qualche reazione emotiva, ma proprio l'opposto.
    gliene fregava così poco che un dick vomitino era di gran lunga più interessante.
    prese una scatolina dalla tasca della felpa (si, alla fine si era messo qualcosa addosso), lanciandola al compagno senza assicurarsi prima che fosse pronto ad afferrarla: magari prenderla in fronte gli avrebbe portato qualche beneficio «deve esserci un modo. non… possiamo segare un cadavere nel bel mezzo della notte.» gli occhi chiari di Eddie viaggiarono lentamente verso il soffitto del laboratorio, mani a sprofondare nelle tasche «quanto cazzo sei pesante, dickey» [affectionate] il sorriso sul volto del diciannovenne si fece un po' più morbido (non necessariamente una cosa positiva), mentre si avvicinava di qualche passo alla defunta e ne osservava i tratti con sguardo critico.
    qualunque cosa fosse successa lì dentro — e a Eddie dei dettagli fregava poco e un cazzo, non doveva essersene andata molto serenamente. good for her «in primis non avresti dovuto ammazzarla, but here we are» da un punto di vista emotivo e psicologico, Edward non era di nessun aiuto. ma dove stava scritto che avrebbe dovuto esserlo? rigirare il dito nella piaga era una sua specialità, praticamente era nato per cose come quella, e certo non avrebbe smesso solo perché nei casini ci era finito il buon Riccardo. a modo suo Eddie gli voleva bene, forse lo amava persino, ma la natura di certe persone non si può cambiare: this man can't be fixed, recitava quel pin (e sappiamo come prosegue :wink wink wink: ) «io non c’entro–me l’ha chiesto lei. ho seguito le indicazioni alla lettera. quindi perché. perché.» improvvisamente vigile, il serpeverde inarcó un sopracciglio.
    «cioé, stavi facendo sesso spinto con pratiche di BDSM e non mi hai chiamato?» che comportazione era quella «sei davvero un infame» e questa volta non era [affectionate], ma decisamente [derogatory]; suonava anche un po' fake — dick che faceva sesso? sus, però quella considerazione il serpeverde se la tenne per sé. poteva non sembrare, conoscendolo, ma anche lui possedeva una sorta di filtro tra il cervello e la bocca: il problema era metterlo in funzione. «cosa faccio.» con tutta calma, immagine speculare del giovane che aveva davanti a sé, Edward si piegò sulle ginocchia accucciandosi ad un passo dal Quinn, in perfetto equilibrio con l'intera pianta dei piedi poggiata per terra: leggenda narra che ci riuscissero solo due persone al mondo e una era proprio lui (l'altra era freme, ciao freme). l'espressione serafica sul volto del diciannovenne si addiceva ben poco alla situazione nella quale si trovavano, ma che nel caos Eddie trovasse la sua confort zone era risaputo; fece scattare rapido la mano in avanti, l'attacco improvviso di un serpente a sonagli, e nell'assestare a dick un sonoro ceffone in faccia provò la stessa soddisfazione dei vecchi che bucano i palloni in spiaggia «innanzitutto, ti dai una cazzo di regolata» povero dickey, era proprio un amatour «é il tuo primo omicidio, sei un po' scosso, ti passerà» non parlava esattamente per esperienza, il moonarie — lui scosso non lo era stato mai.
    «seconda cosa, la facciamo sparire» si rimise dritto sulle gambe, indicando il cadavere con un cenno del mento «qualcuno ti ha visto con lei?» quelle erano le basi!!!
    e se c'era da far fuori anche un paio di testimoni, chi era Eddie per tirarsi indietro? BEST WEEKEND EVER!

    edward J. moonarie


    ma in che senso sono passati 5 mesi aiuto scusa Lia ❤❤❤
  15. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    edward moonarie
    34, deadeater, head empty, moon in bastard

    «t-t-t-ti p-p-piacerebbe»
    quando la figura uscì dalla penombra del vicolo, e il trenta(tre? quattro? ho perso il conto)enne poté vederlo meglio nonostante la patina di sangue a velare lo sguardo, avvenne una cosa inaspettata: del panico a riempire gli occhi chiari minacciando di traboccare, improvvisamente non ci fu più traccia. al suo posto, sul volto imbrattato di Edward Moonarie apparve un cipiglio severo, addirittura mani chiuse a pugno e premute sui fianchi come una vera mamma™ — gli mancava la classica ciabatta da usare come arma contundente, ma l'effetto finale era lo stesso «sander.» con tanto di punto finale.
    lo aveva ripetuto mille volte, quel nome, like a mantra.
    e ogni volta il tono severo del quattordicenne era andato scemando in un sorriso, quello tutto fossette tipico di chi ad essere severo proprio non è in grado; non avrebbe mai dovuto fare il baby sitter, julius winston, perché gli sgagni se lo rigiravano inevitabilmente come una frittatina di soli albumi «sander!» ripeté, questa volta senza punto, questa volta con un distendersi di labbra che era del tutto prevedibile e inevitabile — la differenza stava nel fatto che quando sorrideva eddie, con quei canini esposti ed una luce febbrile ad illuminare le pupille, i vibes di tenerezza e affetto rimanevano lontani anni luce.
    un problema che comunque non toccava Barbie da vicino, perché la momentanea lucidità negli occhi del Moonarie svanì rapida come si era palesata: un attimo prima sorrideva, quello dopo gli tremava il labbro inferiore, schiena addossata al muro, iridi grigio verdi a schizzare irrequiete dal guaritore all'ingresso del vicolo «cosa succede?» una domanda non strettamente rivolta al suo nuovo interlocutore, ma ad un pubblico più ampio di bidoni dell'immondizia, calcinacci e serrande abbassate che non potevano dargli alcuna risposta. ah, se i muri avessero potuto parlare! avrebbero sicuramente riconosciuto quell'eddie che sfilava portafogli e raggirava i turisti con esperta leggerezza, lo stesso fin troppo spesso a minacciare piccoli criminali chiudendoli spalle al muro come topi in trappola.
    ma di quel giovane uomo addossato alla parete ruvida, tremolante e spaesato quanto un gattino bagnato, nemmeno loro sapevano niente.
    «s-s-sai quante d-d-dita s-s-sono?» quattro, tre, quattro, due «no» sconsolato, affranto — il moonarie si sarebbe limitato a scattare in avanti per mordere le dita del minore, ma per il momento la mano di Barbie era salva. con la propria Eddie tentò ancora una volta di levarsi il sangue dagli occhi, ma inutilmente: era diventato viscoso come colla, un fatto non del tutto negativo; almeno non zampillava più «o c-c-chi s-s-sei? T-ti aiuto: fa r-r-rima c-con b-b-bronzo» era davvero un peccato che le battute del jagger andassero sprecate in quel modo! meritavano in risposta un sorriso con troppi denti appuntiti, qualcuno che con fierezza sollevasse il mento e urlasse 'stronzo!' ai quattro venti; il mangiamorte ferito invece si limitò a sbattere più volte le ciglia, in evidente stato confusionale «non.. mi ricordo. o-oronzo?» si toccò la testa, con una smorfia di dolore quando le dita trovarono la ferita sulla tempia «fa male.. e ho-» si interruppe, all'improvviso, gli occhi nuovamente sgranati a fissare il buon Barbie «mr stark i don't feel so good» (cit.) e in effetti bene Edward non stava per niente, ma la botta in testa questa volta centrava poco. si era abituato a quella sensazione, il moonarie, come un risucchio all'interno dello stomaco, ma l'eddie cui era stata spaccata una bottiglia sulla crapa con conseguente trauma cranico e amnesia momentanea che ne poteva sapere — e comunque fu solo questione di un attimo.
    [meanwhile, king: ah shit, here we go again]
    come per magia (ahah), a navigare in una maglietta dalle spalle troppo larghe c'era un ragazzino emaciato e ricoperto di sangue; stessi occhi chiari, capelli biondi scuro incollati al cranio; sembrava stare su per miracolo, Sandwich, pronto a cadere alla prima folata di vento. solo che non era affatto così, giusto? «ho paura» stoico, tiró su con il naso e trattenne le lacrime li dove Barbie poteva comunque vederle, impedendo loro di traboccare oltre le ciglia «aiutami?» suonava effettivamente come una domanda, tanto per sottolineare quanto fosse perplesso, lui in primis. poi fece quello che avrebbe fatto Eddie, una mossa istintiva capace di trascendere persino la memoria stessa: un po incerto sulle gambe, il ragazzino si lanciò addosso al guaritore, stringendogli forte forte le braccia attorno alla vita, il faccino terrorizzato (che immagine surreale) premuto contro il suo petto.
    almeno non aveva ancora tentato di strozzarlo, sono passi avanti.


    i've done nothing wrong. except for all the atrocities. besides that I'm innocent.
60 replies since 17/12/2019
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