if you ever feel safe, please remember that im out there

ft. swag | pq10

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    the 'fun' in 'funeral'

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    «non lo so, swaggy. penso che manchi qualcosa» il tono del moonarie era greve, concentrato.
    lo sguardo, ghiaccio a fondersi in acqua bollente, rimase ancorato sul marciapiede pur rivolgendosi direttamente al giovane apprendista.
    non padawan, perché aveva poco del Consiglio Jedi, la gang del bosco.
    non possiamo nemmeno dire che Eddie si sentisse un Palpatine qualunque, perché — ed è canon: palpatina non palpa nessuno, cit. rimosso questo evento traumatico, rimaneva il fatto che edward si desse discretamente da fare quando l'occasione lo richiedeva, palpate comprese, ma non era quello né il momento né il luogo (o la compagnia. scusa swag non sono quel tipo di daddy).
    e comunque preferiva infierire in altri modi.
    si portò una mano sotto il mento, sfiorando la barba ramata e sottile, la fronte corrugata; di fronte a lui, accucciato nello stesso identico modo sulle ginocchia piegate, il jattelik lo imitò.
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    doveva essere una questione seria, di vitale importanza (no), per impegnarli entrambi in quel modo; ignari di quanto stesse per accadere a poche centinaio di metri di distanza. le iridi chiare del moonarie si accesero all'improvviso (che non era mai un buon segno), incisivi a spuntare dalle labbra «ma certo, come. ho fatto a non pensarci» troppe cose da fare, gelati in cui sputare, povera gente da far impazzire, una mads da circuire con occhi lucidi e moccio al naso. strinse tra i polpastrelli il gessetto ormai ridotto all'osso, appoggiando la punta bianca sulla superficie grezza del marciapiede — potevano esserci piani malvagi per la conquista del mondo, su quella mattonella; formule arcaiche per summonizzare qualche altro demone.
    eppure... non è così ;)
    era un pene.
    dettagliatissimo, eh. un'opera d'arte. ma sempre un pene rimaneva.
    con uno scatto Eddie allungò la mano libera e la premette sugli occhi di swag: era tardi per salvaguardare l'innocenza dello svedese, e comunque quel compito non poteva svolgerlo uno come il moonarie. semmai a lui toccava rincarare la dose e trascinarlo a forza verso il lato oscuro — un duro lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo. chiuse anche i propri, di occhi, perché non era uno scemo qualunque.
    alla cieca, ma sapendo perfettamente dove colpire (come un baby Allen qualunque. avverto un certo feeling), aggiunse sotto al ritratto (il suo? può essere. di dick? probabile) la scritta 'PIRLA CHI LEGGE' «non guardare» ammonì il suo apprendista, perché in fondo ci teneva: da qualcosa doveva pur proteggerlo, no? priorità. lo prese per la maglietta e tirò, costringendo swag ad alzarsi insieme a lui, spostando il ragazzino così che una volta aperti gli occhi non so trovasse costretto a leggere. capito quant'era buono? responsabile? BADGER?
    non sarebbe mai potuto essere un daddy™, Eddie — troppo gremlin, poco interessato a limonare duro sulle scrivanie, ma un mentore? (no swag scappa) il migliore.
    «adesso, per quanto riguarda l'operazione scippo —» una fiera a Hogsmade, come il paese dei balocchi, significava tanta gente riunita in un unico spazio, soldi che giravano, borsette incustodite. una manna dal cielo, nonché l'ennesima occasione per il Jattelik di affinare la sua tecnica «io mi prendo le vecchie» eh, aveva un kink, fategli causa. non era colpa sua se da quelle parti rubare la pensione alle nonne era tra le cose più divertenti da fare.




    yet.
    sbatté le palpebre una, due, tre volte in rapida successione, Edward.
    «amici come voi! E come tanti altri. Sapete cosa fanno gli amici?»
    mmmmmmmmh.
    intanto per cominciare, lui sapeva cosa avrebbe fatto ad Abby. si premette entrambe le mani sul naso, inspirando a fondo — hold on a second man. quelli erano i momenti in cui Richard gli mancava di più: quando appariva magicamente uno gnocco paura e non poteva chiedere al Quinn quale fosse la sua personale opinione sui threesome. ugh. «da oggi tutto cambierà.
    Sono tornato per riprendere in mano le vostre vite.
    Sì, perfino quelle dei maghi. Siete adorabili, non è vero? Carini carini, con quelle vostre bacchettine»
    ma cosa stava cercando di fare, eccitarlo??? anche meno abby, anche meno!
    sorrise, Eddie, e nemmeno quello era un buon segno.
    ci aveva capito qualcosa? no.
    gli importava? non particolarmente.
    ascoltò il resto del monologo (mort sei tu?) tenendo la mano destra sul coppino di swag, e all'ultima domanda dell'innominabile strinse un po di più, facendo cenno allo svedese di mettersi in marcia. fiutava il caos, eddie, e non ci volle molto perché la folla riunita per la fiera iniziasse ad entrare in modalità panico — si tolsero dalla piazza giusto in tempo prima di essere travolti, e fu con poca grazia che Eddie yeettò swag in un vicolo poco lontano «mio giovane apprendista» le iridi grigio azzurre si inchiodarono sul volto del ragazzo: avrebbe potuto dirgli di tornare a casa, mettersi al sicuro. o anche solo di fare una scelta, riflettere. ma sapeva solo manipolare, edward, portare allo sfinimento «piano B» che era uguale a tutti gli altri piani: fare un cazzo di casino.


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    Swag non aveva avuto un padre in vita, qualcuno che gli insegnasse ad allacciarsi le scarpe e andare in bicicletta – aveva un Padre, però, lì su nell’alto dei cieli e in ogni negozio ikea del mondo, e aveva trovato un Daddy, e ancora meglio questo non era uno di quei daddy a cui doveva mandare la foto dei piedi su onlyfans per avere soldi in cambio come gli aveva suggerito una volta Posh, ma uno di quelli che gli insegnavano le coseTM importanti: come sfilare il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni senza che la gente se ne accorgesse, come fingersi un povero orfanello (tecnicamente lo era per davvero) per fare l’elemosina ai signori che vogliono sentirsi benevoli e caritatevoli, e come sfruttare i suoi poteri per fingersi un mago illusionista con i babbani e intanto fargli posare i soldi, e un sacco di altri trucchetti importanti.
    Un mentore. Un maestro. Un modello, senza alcun dubbio.
    Quindi, un occhio sul sensei, un occhio all’asfalto sul marciapiede, portò la mano sotto il mento proprio come aveva fatto Eddie, ne imitò l’espressione e si fece subito più attento e dubbioso nel guardare l’opera d’arte del maggiore.
    Non voleva disturbare il momento di riflessione dell’altro – se si fosse trattato di chiunque altro non se ne sarebbe fregato un cazzo, ma Eddie gli aveva detto che quando pensava aveva bisogno di tanto silenzio (casino, intendeva casino, ma allo svervegese non l’aveva chiarito), e Swag ci teneva che il suo superiore fosse ben concentrato sulla missione, ma considerava comunque la sua opinione sacrosanta e soprattutto sacra: «secondo me ci devi scrivere Leroy Merlin» spostò il peso su una gamba per sporgersi verso il Moonaire e sussurrarglielo sopra la spalla – un invito che veniva direttamente dai piani alti, dal suo padre onnipotente.
    Quale migliore occasione se non una fiera di Primavera per diffondere il Verbo? Certo lui in realtà era lì per completare l’operazione scippo insieme al suo boss, e per farlo si era anche messo in tiro di tutto punto per mescolarsi meglio tra la folla con la faccia da bravo ragazzo che gira innocentemente tra le bancarelle in cerca del souvenir più carino o del corndog più appetitoso – ma non per questo aveva rinunciato a portarsi dietro il nuovo catalogo dell’ikea: era sempre un buon momento per un po’ di predicazione.
    Ma il Moonaire non era un figlio di Ikea, e per quanto Swag provasse a estendere la sua parola santissima anche a lui, le sue uniche risposte erano: a) una pacca sulla spalla b) una risata divertita c) un cenno della testa disinteressato; doveva ammettere, lo svervegese, che però aveva il suo perché, Eddie, pur continuando a non abbracciare la giusta fede: idee geniali, rapidità di esecuzione, e come un vero daddy, istinto di protezione verso di lui.
    Si fidava ciecamente del suo sensei; letteralmente, cioè in modo cieco, così che quando gli coprì gli occhi e lo tirò per spostarlo lo lasciò fare senza battere ciglio (perché è cieco, capito?).
    «le vecchie, ugh, hanno un sacco di caramelle nelle borse» un peccato che non potesse infilare la mano in quelle borsette e affondare le dita tra tutte le caramelle mou e le mentine sparse nelle borse delle nonnine amorevoli; fortuna che lui portava sempre con sé le caramelle dell’ikea, almeno poteva sopperire a quella mancanza. Con un bacio al cielo e un ringraziamento silenzioso verso suo padre ne scartò una e le mise in bocca, poi annuì convinto. «io mi prendo i bambini» obbiettivo facile: i genitori gli davano sempre un sacco di soldi in quelle occasioni e loro non sapevano assolutamente gestirli. «e i papà che fanno la fila per i my little ponies» ah, la sua categoria preferita, gli schiavetti mandati in giro dalle proprie donne (o uomini, mica giudicava Swag) a fare commissioni lunghe e noiose, durante le quali si annoiavano così tanto che dimenticavano sempre il portafogli in posti facilmente raggiungibili.
    Ah, poveri pivelli, provava quasi pena per loro, Swag. Ma d’altra parte il suo era un duro lavoro e doveva rimanere concentrato.
    «novabbè!!!» alzò lo sguardo verso il palco nella piazza e rise spontaneamente, eccitato, frenetico – non aveva assolutamente capito niente di quello che il signore lì sopra stava dicendo, ma aveva sentito quella scarica di adrenalina sentendo l’agitazione delle persone, la paura, ma anche l’entusiasmo: se c’era caos, Swag ci sguazzava dentro. «ma secondo te gli posso chiedere di annunciare lo sconto sulla nuova collezione?» alzò gli occhi verso il maggiore e notò quella luce negli occhi di chi aveva un piano: time to entrare in azione.
    Si ripararono nel vicoletto mentre tutt’intorno a loro la gente scappava, la piazza si svuotava, qualcuno urlava e altri ridevano compiaciuti.
    «piano B»
    «nascondere tutte le mutande pulite di Poor?» alzò un sopracciglio un po’ confuso, ma nascose un sorriso divertito. «AH, NO! LO SO! Sputare nella borraccia di Barbie» annuì convinto e sorrise soddisfatto, his time to rise and shine!
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    swag non aveva avuto un padre che gli insegnasse ad andare in bicicletta, o allacciarsi le scarpe; eddie non aveva avuto un padre che gli insegnasse ad andare in bicicletta, o allacciarsi le scarpe.
    visto? tornava tutto.
    (tranne ham e lemon e questa cazzata)
    perché un signor dubois c'era stato, per un po, anche se non gli aveva insegnato nulla di utile tranne forse nei suoi ultimi istanti di vita: gli esseri umani si facevano fregare troppo facilmente. e eddie, la sua scelta di non esserlo (umano), l'aveva già fatta da prima — inconsciamente, forse, ma in modo così radicale che non poteva essere cambiato.
    doveva aver dato troppo in quell'altra vita, e si era ritrovato con un (bidone della spazzatura - cit.) buco nero nel petto che fungeva da muscolo cardiaco. lo teneva in piedi, pompava il sangue nelle vene, spingeva l'ossigeno dove il suo corpo lo richiedeva, e poco altro.
    ma questo non voleva necessariamente che non fosse in grado di provare emozioni — è che di solito erano le più sbagliate in ciascun contesto.
    come: «io mi prendo i bambini» orgoglio? nei confronti di un ragazzino che sarebbe potuto essere (unironically) suo figlio, come se gli stesse mostrando una pagella piena di 10 invece che elencare le vittime preferite per uno scippo — si.
    l'emozione sbagliata nel contesto sbagliato.
    «ricordi cosa fare se hanno un palloncino, giusto?» sapeva di aver addestrato bene i suoi discepoli, Eddie, ma voleva comunque sentirglielo dire. ad alta voce.
    ovviamente swag lo sapeva (GLIELO BUCO! ) e il moonarie annuì, in pace con il mondo; per poco, solo qualche istante di quiete prima della tempesta. un'immagine sinceramente raccapricciante, perché un Eddie tranquillo e beato non portava mai a niente di buono.
    e infatti stava mica per scoppiare una guerra?
    la presa sulle spalle dello svervegese si fece più forte, febbrile, un sorriso tutto denti a piegare verso l'alto gli angoli delle labbra: non era colpa dell'ex Serpeverde, se dopo un po sputare nella vaschetta del gelato alla fragola e scippare la pensione alle vecchie gli veniva a noia! aveva sempre bisogno di novità, Eddie, qualcosa che lo tenesse occupato da bravo Gremlin qual era. accanirsi su dick e Barbie rimaneva sempre l'opzione più affascinante, ma di fronte a quel casino di proporzioni epiche non si poteva nemmeno fare il confronto.
    la cosa piu bella, e nemmeno tanto sorprendente, era che Edward Moonarie non avesse davvero un motivo per schierarsi con Abby; o contro di lui, se era per questo.
    neutrale caotico, per natura e per scelta — andava dove fiutava l'errore, e l'orrore. certo, avrebbe potuto portare un po di fun al prevedibile funeral dei martiri pronti a combattere contro il daddy psicopatico, ma voleva? eh. magari a metà battaglia, chissà.
    come girava il vento.
    «AH, NO! LO SO! Sputare nella borraccia di Barbie» diede a swag un buffetto sulla guancia, iridi limpide come il cielo d'estate a posarsi sul ragazzo. ah, l'orgoglio nei confronti delle proprie bestie, impareggiabile «ci ho già sputato questa mattina a swaggy, stai al passo, ok? parlavo del tizio sul palco. » quello che preventivava un genocidio, si.
    non li facevano più quegli uomini lì, sigh.
    «potrebbe essere divertente» parve pensarci su, Edward, osservando il ragazzino davanti a lui, la stretta delle dita finalmente allentata «di sicuro si muore. hai fatto testamento?» perché lui si.
    lasciava a Richard tutti i suoi nudes (tanti), e i suoi debiti (tanti) .
    a Barbie una collezione di portafogli rubati.
    a mads il segreto per riconoscere i gelati con le aggiunte speciali e evitarli.
    alla gang del bosco i soldi nascosti nel materasso, così si compravano finalmente dei vestiti decenti.
    «ti conviene anche dire addio, se hai qualcuno che sentirà la tua mancanza» con la testa reclinata verso la spalla, Edward osservò swag e smise di sorridere; era veramente interessato all'argomento, sapete? lo incuriosiva sempre, come le persone affrontavano il dolore e la perdita — o anche solo l'idea di poter andare al creatore. Eddie si era sempre limitato a pensare una cosa sola, quella fondamentale: se doveva morire (e prima o poi lo avrebbe fatto, mica era mortino) allora voleva farlo con il botto. meritandoselo.
    ma dicci di più swag.
    raccontaci come vivono le persone normali, se ne sei capace.


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    Swag poteva dare l'impressione di essere un tipo su di giri e sempre con la testa fra le nuvole — e in effetti lo era per la maggior parte del tempo e con la maggior parte delle persone e nella maggior parte delle situazioni — ma in realtà quando sentiva il dovere chiamare, per le cose estremamente serie, sapeva anche stare attento e prendere appunti mentali.
    Cosa ancora più strana e ancora più incredibile, per qualche motivo, quando il Moonaire gli dava qualche indicazione lui lo ascoltava davvero e conservava tutte quelle informazioni in un preciso cassetto della memoria, ordinato con i separatori di Ikea. ovviamente.
    Quindi, certo che sapeva perfettamente cosa fare nel caso in cui un bambino avesse avuto un palloncino alla fiera; sperava, anzi, che la piazza fosse piena di bambini e di palloncini svolazzanti.
    Sputacchiò una risata divertita e poi colpì con il dorso della mano Eddie sul braccio. «certo che lo ricordo, dai abbi un po' di fiducia, boss» rispose quasi con tono risentito e accennando uno sbuffo, ma poi accontentò il maggiore, nascondendo un sorriso affilato e pregustando già il momento in cui avrebbe potuto mettere in pratica quegli insegnamenti. «prima di tutto gli urlo: non mi fai paura, sei solo un clown di merda» proprio così, con quello stesso pathos che ci aveva messo nel ripeterlo a Eddie, ma senza la risata finale che Swag si concesse immaginando la reazione del moccioso.
    «e poi glielo buco» concluse placidamente con una scrollata di spalle, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
    In effetti per il Jättelik quella era davvero la cosa più ovvia del mondo — la gang del bosco non agiva con cattiveria, non lo faceva (solo) per i soldi, non era interessata a farsi strada tra le fila della malavita inglese; loro agivano per una naturale propensione al caos, e per un'altrettanta naturale vocazione alla creazione di questo.
    Era divertente, e per questo sacrosanto. Un sacramento da onorare con fede, speranza e carità ogni santo giorno regalatogli dal santissimo padre.
    Poi sì, chiaramente l'obiettivo principale rimaneva sempre sfilare quanti più portafogli possibile dalle tasche dei poveri malcapitati, ma accanto a questo, quello sotteso e non dichiarato era diventata la loro missione di vita.
    Starsene al fianco di Eddie, con la mano del maggiore premuta sulla sua spalla, con le iridi di entrambi perse davanti a loro nel visualizzare già il modo di poter giovare da quella situazione, era un momento quasi poetico — catartico, ecco com'era: la calma (non c'era affatto calma in giro, ma cos'erano le urla disperate delle persone se non una dolce melodia per le orecchie giuste?) prima della tempesta, e loro sapevano bene come sguazzarci nella tempesta: nascondersi, attendere il momento giusto, attaccare.
    «ci ho già sputato questa mattina a swaggy, stai al passo, ok? parlavo del tizio sul palco. »
    Posò lo sguardo sul viso del suo mentore e sgranò gli occhi solo per un attimo, prima di ridacchiare soddisfatto. «stamattina?? ma anch'io ci ho sputato dopo la colazione» greve, l'acqua di Barbie sarebbe stata speziata e addolcita da ben due salive differenti quel giorno. Poco male, si disse infine, con una scrollata di spalle e la fierezza tipica di chi sa di aver svolto al meglio il proprio lavoro e per questo meritevole di un treat. Pescò dalla tasca dei jeans il pacchetto di sigarette e sfilò da questo una canna perfettamente chiusa, la portò tra le labbra e poi la accese: aumentava la creatività e la concentrazione durante il lavoro, chiedete pure ai maggiori esperti (lui).
    «di sicuro si muore. hai fatto testamento?»
    Sbuffò una risata divertita e allo stesso tempo una nuvoletta di fumo dalle labbra.
    «dai, Eddie, sono il figlio di un dio, se muoio mi bastano tre giorni per risorgere» cioè, suo padre non gli aveva proprio dato conferma della cosa, ma era un leitmotiv in tutte le religioni quindi non vedeva perché la sua doveva essere tanto diversa; tirò dalla canna e poi si strinse nelle spalle, soppesando i vari scenari possibili. «i vangeli» ndA: i cataloghi Ikea «sono il mio testamento, non ho bisogno di un avvocato per fare queste cose, ci pensa il Big Man» soffiò un bacio al cielo, dito puntato in alto per ringraziare silenziosamente il suo Creatore.
    Swag non aveva paura di morire, ma è anche vero che non aveva mai pensato veramente di poterlo fare — e non avrebbe iniziato in quel momento, poco ma sicuro.
    Si era trovato più volte in situazioni che potevano mettere in pericolo la sua vita e ne era sempre uscito per un soffio e poco elegantemente, ma si era sempre divertito, e quella era la cosa più importante.
    «Poor l'ho salutato stamattina, ma poi gli ho rubato la colazione, quindi forse non vuole vedermi ora» avrebbe potuto mostrarsi preoccupato come un qualsiasi buon fratello, ma invece ridacchiò e scosse leggermente la testa, ormai arreso «non sa proprio divertirsi» ah, come avrebbe fatto il WP senza di lui, chi avrebbe colorato e arricchito le sue giornate.
    Poi passò in rassegna tutta la sua lista:
    «Hans probabilmente sta dormendo» probabilmente non si sarebbe svegliato prima di qualche ora «Twat non se ne frega un cazzo» altro nome spuntato dalla lista «a Giacomino ho lasciato dei film molto belli visto che è così appassionato» sorrise tra sé e sé e strizzò un occhio verso il Moonaire. Non saranno stati i soliti film da tre/quattro ore che il cronocineta riteneva must, ma erano senza alcun dubbio più educativi e più esplicati — più sonori, anche. Il top del top. «e il milanese...» si fermò a pensare un attimo, prendendo un altro tiro dalla canna, e alla fine scosse la testa «naaah, sto bene così. Sono pronto all'azione, boss» una mano alla fronte, mento all'insù, petto in fuori: avrebbe eseguito alla lettera qualsiasi ordine del maggiore, come un perfetto soldatino.
    Non ci aveva capito niente di quello che stava succedendo eh, e non aveva la minima idea delle conseguenze a cui si poteva giungere, ma era pronto lo stesso.
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    raccontaci come vivono le persone normali, se ne sei capace.
    evidentemente, swag non lo era.
    capace, ma anche una persona normale.
    «dai, Eddie, sono il figlio di un dio, se muoio mi bastano tre giorni per risorgere» il sorriso del Moonarie si allargò, mettendo in mostra i canini. faceva quasi tenerezza, lo svervegese, se solo Eddie fosse stato in grado di riconoscere il messaggio in codice morse che gli restituiva ogni tanto il cuore contro la cassa toracica.
    cambiava, in base alla situazione
    (in base alle persone)
    ma aveva google traduttore impallato, Edward.
    il suo modo di dimostrare affetto risultava quantomeno peculiare; l'amore un concetto accartocciato nel palmo come la carta di una caramella: quelle che invece di gettare via metti distrattamente in una tasca, profumo di menta a diventare familiare. quasi non ci faceva caso, il moonarie — eppure lo faceva.
    dai palla basta con i feels, mi fa sentire sporca descrivere i sentimenti di Eddie, back on track.
    «lettura interessante, il vangelo» annuì, sfiorando la barba che gli cresceva morbida sul mento con i polpastrelli «ma preferisco la bibbia» che ne sapeva lui che swag si riferiva ai cataloghi Ikea? nel dubbio, all'ex Serpeverde piaceva sfogliare anche quelli: tutti quei tavolini, le scatole da montare, i piatti con le posare coordinate, le lucine appese ai muri; aveva un che di erotico (COPRIPIUMINI ANYONE???) con quei nomi impronunciabili e i prezzi da poracci.
    ma, proprio a causa di quell'effetto che chiaramente provava nei confronti del suo apprendista / figlio adottivo, decise di non dirglielo. magari i cataloghi Ikea eccitavano anche il Jattelik, discorso per un altro giorno. se fossero sopravvissuti entrambi, ovviamente. al contrario di swag, Eddie aveva sempre affrontato la morte con la consapevolezza di aver sempre rubato un minuto alla volta, come gli era sempre stato inculcato sin da bambino. sei vivo solo perché io ho deciso così, gli ripeteva sempre la sua adorata mammina, e Eddie sorrideva e annuiva — lo so, rispondeva, troppi denti sotto le labbra scoperte.
    poi uno deve crescere normale, oh.
    ascoltò l'elenco di swag senza fiatare, concentrato sulle sue parole, sul tono di voce, sul linguaggio del corpo; era incredibile, ma forse nemmeno così tanto, come Eddie avrebbe potuto fare la stessa identica lista, cambiando qualche nome. nessun addio, nessun abbraccio, nessun ultimo bacio: al massimo una foto osé da mandare a Richard, per tirargli su il murale e quant'altro «e il milanese...?» non si lasciava mai sfuggire una pausa, il moonarie. le captava tutte, fiutava I puntini di sospensione come un cane da caccia pronto a fiondarsi sulla preda. una pausa, nella sua visione del mondo, equivaleva a qualcosa di non detto, di nascosto.
    ed era di quello che si nutriva, Edward.
    ma soprattutto ora lo dici, merdina di uno svervegese infame.
    nell'attesa, il trentaseienne si accucciò a terra, la schiena contro il muro del vicolo e la testa piegata in modo da guardare oltre l'angolo; una via stranamente deserta, quella che si erano scelti. «credo abbiano spostato la festa verso dark street.» diede una rapida ravanata nelle tasche della giacca, trovando un portafogli (non suo), qualche monetina (perfette da lanciare addosso alla gente), un coltello a serramanico «sai qual è la cosa divertente, swaggy?» fece scattare la lama, rigirandosi l'arma nel palmo, prima di bucare la pelle di quello opposto, tagliando in diagonale. been there done that, sapete quanti rituali erano iniziati allo stesso modo? «che non mi hai chiesto se ho detto addio. se qualcuno sentirà la mia mancanza» non era un'accusa, quella del Moonarie. al contrario, gli stava facendo un complimento: di base era sempre consigliabile farsi i cazzi propri.
    regola che Eddie predicava, ma evidentemente razzolava male.
    «ma te lo dico lo stesso» due passi e tornò dal ragazzo, tendendo il braccio e la mano che ancora stringeva il serramanico, un invito a mostrare anche lui il palmo; quando swag lo fece, colmo di una fiducia evidentemente mal riposta, il Moonarie tagliò anche lui. in modo superficiale, ma sufficiente a spillare sangue. poi strinse le dita attorno alle sue «nessuno sentirà la mia mancanza» non provate un po di tristezza? non sentite un peso sul letto? un improvviso pizzicore agli occhi? la voglia irresistibile di abbracciarlo?
    no?
    giusto così.
    «perchè anche da morto troverò comunque il modo di perseguitarli. in eterno, sai.» le iridi azzurre mandarono un lampo che sapeva di terribile presagio, chiaramente una minaccia. per Richard, per Barbie — faceva ridere, ma anche riflettere, che entrambi stessero per rischiare la sua stessa giocata. meritavano entrambi un bacino in fronte, magari il quinn anche in limone. ne riparleremo.
    la presa si fece più salda, mentre il Jattelik vendeva la sua anima: che fosse figlio di dick, nessuno lo poteva mettere in discussione. manipolato o meno, si stava cacciando volontariamente in un casino più grande di lui «adesso siamo legati, swag. la missione è sempre la stessa» diede una bella shakerata alle loro mani giunte, poi sciolse la presa richiudendo il coltello con un click «fomentiamo il panico» ah, in quello Eddie era bravissimo.
    de-escalation sto cazzo.


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    Anche Swag, come il Moonaire, aveva una concezione poco raffinata e smielata dei sentimenti.
    Non negava di averli, e nemmeno di essere forse capace di provare qualcosa di nuovo e di complesso, ma il più delle volte, comunque, non riusciva a riconoscerli, vuoi per mancanza di lucidità, vuoi per funzionalità distorta dei suoi neuroni.
    Non negava di voler bene ai bros, ad esempio, ma non poteva essere sicuro di saperlo per davvero fino in fondo – si era mai reso conto dell’assenza ormai prolungata di Posh? Aveva mai sofferto per questa? Poteva sentirne la mancanza? E Livy, in fondo, gli interessava davvero oppure era solo bella ai suoi occhi? Aveva mai sentito il bisogno di qualificare quel suo interesse? Aveva mai desiderato sapere se fosse davvero ricambiato dalla russa? E ora, aveva mai pensato di chiedere dove fosse e se un po’ sentisse la sua mancanza?
    No, Swag certi pensieri sembrava averli destinati a un angolino piuttosto nascosto della sua mente; forse li avrebbe rispolverati un giorno, forse non l’avrebbe mai fatto, ma per il momento non sembrava essere conscio della loro presenza, e sfuggivano alla sua mente più veloce di beep beep a willy il coyote – e questa metafora di alta classe dovrebbe far riflettere sull’elevazione dei pensieri dello svervegese.
    «il milanese» ripeté ancora una volta, dopo aver preso un lungo tiro dalla canna, poi si strinse nelle spalle. A volte le pause non avevano davvero un significato profondo e nascosto, a volte servivano solo a far arrivare abbastanza ossigeno al cervello da poter dare fiato alla bocca; e la maggior parte delle cose che faceva il Jattelik non aveva un vero e proprio senso. «è milanese, boss» derogatory, mi raccomando «cosa vuoi che sia?» non era una vera spiegazione, e l’espressione del riccio (assente, un po’ sciocca e divertita, come sempre) non lasciava intendere nulla di particolare, ma a buoni intenditori poche parole, ed era sicuro che Eddie avrebbe inteso perfettamente quello che voleva comunicare il telecineta – o forse no, ma anche questa non sarebbe stata una novità per nessuno.
    Queste frasi non hanno senso ma in fin dei conti è Swag e ci aspettiamo questo e altro da lui; un bacio soffiato al povero Gigio magari nella sua mente era volato, per un solo attimo, ma la boccata di erba che aveva preso subito dopo aveva cancellato già tutto. Non che fosse un sottone (della droga), lui era un pro, altroché, e la percezione di quello che accadeva intorno a sé non era alterata dalla sostanza stupefacente – ma da tutto il resto, dalle sue convinzioni, dalle sue immaginazioni lucide, forse sì.
    «sai qual è la cosa divertente, swaggy?»
    C’erano tante cose che Swag trovava divertenti, in realtà, e quella situazione particolare rientrava sicuramente nell’elenco; folla di gente in delirio, averi lasciati incustoditi, strade prese d’assalto, una guerra all’orizzonte? L’aria era così carica di adrenalina che era impossibile non trovarlo divertente.
    «che possiamo andare in giro a chiedere a tutti di sputare nella borraccia di Barbie?»
    Alzò un sopracciglio verso il Moonaire e attese il suo responso. Forse non era la prima cosa a cui doveva aver pensato Eddie, ma era senza alcun dubbio divertente, e faticò a nascondere un sorrisino affilato al solo pensiero.
    Ma no. Edward quel giorno aveva altre priorità, a quanto pareva.
    «che non mi hai chiesto se ho detto addio. se qualcuno sentirà la mia mancanza»
    Arricciò le labbra in una smorfia e si fece pensieroso. Swag aveva dato per scontato che il suo mentore non avesse bisogno di dire addio a qualcuno. In effetti, aveva dato sempre per scontato che Eddie non avesse bisogno di nessuno: non qualcuno da salutare, non qualcuno di cui sentire la mancanza, solo di qualcuno a cui dare fastidio. E gli era sempre piaciuto anche per questo, in fin dei conti, per la sua capacità di creare il caos più totale, di farsi largo tra questo, e poi emergere, malizioso e solitario, come una fiammella nel buio – si era sempre fidato di lui, molte volte l’aveva fatto ciecamente, e se avesse dovuto scegliere una seconda fede da perseguire, quella di Edward Moonaire sarebbe stata sicuramente in cima alla lista. Non avrebbe smesso proprio in quel momento di affidare la sua vita nelle mani del mago, e quasi per un segno del destino quell’espressione prese letteralmente vita: Swag lasciò che l’altro prendesse la sua mano, che gli sfregiasse il palmo con il coltellino, che aspettasse che fosse uscito sufficiente sangue, e infine che stringesse le dita con le sue – e ne fu felice, orgoglioso, e sorrise smaliziato.
    «perchè anche da morto troverò comunque il modo di perseguitarli. in eterno, sai.»
    Lo sapeva, e molto bene anche, e lo trovava indubbiamente giusto.
    Sollevò gli occhi verso il viso del maggiore e mostrò i denti in un sorriso affilato, una nuvoletta di fumo a fuoriuscire dalle sue labbra, e poi strinse a sua volta la presa alla mano di Eddie.
    «il tempo della festa è finito, boss» avvicinò la mano libera al viso per prendere un profondo tiro di canna «ora è iniziato il momento della devastazione» lo sguardo si assottigliò e gli occhi si rimpicciolirono mentre sorrideva malandrino.
    Non ci sarebbe stato bisogno di un patto di sangue del genere per assoldarlo perché l’avrebbe fatto in ogni caso, ma ora aveva venduto la sua anima, e non si mollava proprio un cazzo.
    «e che Papà ce la mandi buona» e che intendesse Ikea o Dick non importa, valeva per entrambi; strinse nella mano segnata quella del maggiore, mentre l’altra la allungò proprio verso di lui, offrendogli gentilmente la sua (benedizione) canna – perché i compagni fumano sempre insieme prima della battaglia finale, e prima della morte.
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