Posts written by anxie/ty

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    +20 fidelity aprile
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    +20 fidelity aprile
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    +5 fidelity aprile
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    nickname: blank/space
    role attive: eddie (07.04)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 5
    scheda livelli:

    [gruppo 2]
    mehan, marcus, eddie, joni

    nickname: blank/space
    role attive: moka (05.04)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 20
    scheda livelli:

    [gruppo 3]
    ty, clay, check, moka


    nickname: blank/space
    role attive: ficus(13.04)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 20
    scheda livelli:
    [gruppo 4]
    ficus

    Edited by anxie/ty - 6/5/2024, 13:51
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    Finn, amore santissimo ❤
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    sarò egocentrica, ma devo farlo.
    devo.

    they say tomorrow's never promised

    CODICE
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=63028500]they say tomorrow's never promised[/URL]
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    nome pg: benjamin millepied
    anno scolastico e casata: vi anno, hufflepuff
    tirocinio: pavor
    tutor: isaac lovecraft
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    taichi lìmore
    we're only young and naive still
    we require certain skills
    the mood it changed like the wind
    hard to control when it begins

    nessuno:
    proprio nessuno:
    assolutamente nessuno:
    bertie: «Vorrei dire che il cazzo mi aveva rotto, ma mentirei»
    ora, non è che taichi fosse proprio un intellettuale (astuzia +6, remember that?), ma non poté comunque fare a meno di ruotare lentamente il capo in direzione dell* special, lo sguardo vuoto quanto quello di geronimo e sara vj ad incrociare la limpidezza dell'altro
    «questa non è una risposta, lo sai vero?» cioè, non è che volesse scavare a fondo nella sua psiche, però cristosignore — gli avesse detto che preferiva non parlarne, ty avrebbe capito e sottoscritto. per quanto lo riguardava, potevano anche rimanere in completo silenzio da quel momento in avanti, perché le parole portavano sempre delle conseguenze e quasi mai piacevoli.
    lo sapevano già i Depeche Mode ai loro tempi da boomers.
    ma quella vaghezza, al contrario, aveva il potere di triggerarlo da morire; non sopportava di dover estrarre a forza le informazioni dalla bocca delle persone, il che spiegava perché quando era nella stessa stanza di Hans solitamente nevicava o cadevano fulmini dal cielo. il cervello del diciannovenne non funzionava a hint (e infatti aveva avuto bisogno che Mac gli facesse non uno, ma tutta una serie di reality check) ma per direttissima: qualunque cosa fosse lasciata tra le righe era inevitabilmente perduta.
    «ma se non vuoi dirmelo non è un problema» così, tanto per chiarire «in ogni caso ti preferisco, hai *accasato fascino» annuì tra sé e sé, passando entrambe le mani fra i corti capelli corvini mentre tornava a guardare l'area verde che li circondava. si intravedeva qualche figura, in lontananza, ma nessuno ancora pronto a diventare un problema. e se proprio fosse successo, aveva già la soluzione pronta, taichi: levarsi dal cazzo. «Presumo di essere capace di trasformarmi in altre, ew, persone, adesso, ma per ora… sono solo così. E non tornerò mai più me stesso.» ah, ecco. la risposta che ty cercava, e insieme l'ultima che avrebbe voluto sentire.
    con quella vena di disgusto per se stessi sullo sfondo che gli riempiva le orecchie martellando nel cervello, lo sguardo da cucciolo depresso a scavare tra le costole — non si era mai trovato da quella parte della barricata, il lìmore.
    l'unico messo peggio di lui era sempre stato Hans, e di certo non si scambiavano confidenze con gli occhi pieni di lacrime e i sussulti cuore a cuore con il viso nascosto uno nel collo dell'altro.
    era quella la sensazione che provava Mackenzie ogni volta che gli toccava fare da psicologo, anche contro la sua volontà? Madonna (virgola) che scenario terribile e non consigliato «ascolta—» iniziò, per poi fermarsi li. ad abbandonare le labbra ci fu solo un sospiro, male parole - ammesso che ne avesse formulata qualcuna sensata nella testa - non lo seguirono. perché il primo istinto, ferale e poco civile, era stato quello di mandare bertie in un luogo molto specifico; sentiva il prurito correre dal palmo delle mani lungo le dita, quell'invito poco gentile intrappolato in gola. non riservato al behemoth nello specifico, quanto più come reazione alla situazione generale. ma anche se l'empatia di ty aveva sempre raschiato il fondo del suo barile morale, negli anni si era imposto (gliel'avevano imposto) di darsi una regolata; giusto per potersi adattare a vivere tra gli esseri umani, ecco.
    «ascolta» riproviamo «sei ancora tu. non ti riconosci, forse non ti riconoscerai mai come facevi prima. ma» allungò una mano, l'indice ossuto a premere nella spalla dell'altra come un ET qualunque «qui dentro sei ancora Adalbert Behemoth» oh, aveva anche pronunciato il nome giusto! «con un trauma in più sulle spalle e sempre spazio che avanza per i nuovi a venire» minchia, com'era diventato saggio. lentamente, ritirò la mano e se la mise aperta sul ginocchio: con quel gesto aveva gia infranto i confini della sua confort zone e gli serviva qualche secondo per ristabilire l'ordine prestabilito «quando avrai imparato a controllarlo sarà più facile»
    so che stavate tutti aspettando questo preciso momento — la prima, enorme, palese, banale e scontata (safeword:) cazzata.
    ma non era forse così che le persone normo si prendevano cura di chi soffriva? raccontando balle che chiunque avrebbe riconosciuto come tali, al solo scopo di infondere un po di pace dentro ad un cuore tormentato che si sarebbe fatto andare bene qualunque stronzata. taichi era certo, e ne stava avendo la conferma, che per chi le raccontava fosse un metodo assolutamente efficace: ci si sentiva quasi in pace con se stessi, purificati dall'idea di affrontare davvero una situazione complicata e spiacevole.
    ma per chi si ritrovava ad ascoltarle?
    ancora una volta puntò le iridi scure sul volto imberbe di Bertie, le sopracciglia leggermente corrugate in una espressione di sincera curiosità, quasi scientifica. un'ottima occasione per scoprire se il metodo funzionava oppure no.

    gif code
    19
    special
    erasmus
  9. .
    CITAZIONE
    «will.» piegò appena il mento verso il basso, e si dondolò sui talloni come un bambino. ancora così poco familiari, quei suoni; ostinato, mudeom, nel mantenere viva la sua lingua madre in un accento che impastava i discorsi e un vocabolario che dopo sei anni aveva ancora i suoi tanti, troppi limiti. anche quella, una battaglia che era solo fra lui e lui; dettata dalle paure di cui non parlava, perché ammettere ad alta voce di star dimenticando chi ci fosse stato prima di ritter scully, guerrigliere, era impensabile.
    «quando pensavo di aver perso tutto» arricciò la bocca, e non aggiunse: e forse un po’ lo avevo perso davvero. «ho trovato voi.»
    lasciò implicito anche il senso di quel voi. la ribellione, sicuro – non poteva dirlo ad alta voce. ma il voi su cui sperava che il barrow si focalizzasse era un altro. formato da un mucchietto di persone che in francia, a cento anni di distanza, avevano costituito una breve routine per lui. gli hemera, i ponpon per space jam, tutte quelle cazzate; e la certezza di non essere solo. anche quando il suo sguardo si appannava e il cervello entrava in modalità screensaver. l’inglese era difficile.
    l’inglese con un cazzo di accento brit era il male più atroce.
    eppure si erano capiti lo stesso; due pesci fuor d’acqua. quando aveva cominciato a capire che minchia dicesse era persino diventato intelligente, william barrow. un ottimo leader. una persona di cui potesse fidarsi.
    pensò, allora, a quei momenti sospeso nel vuoto con ellis – in un fottuto universo alternativo, stanchi e spaventati. le aveva parlato di famiglia senza sapere chi fosse; indicando i volti dei suoi amici, uno ad uno, come per farglieli memorizzare. era stato un gesto inconscio, ma il significato dietro non gli era comunque sfuggito. se crepo in questo posto, ricordami come una casa. un contenitore di affetto e protezione, con i muri distrutti e le fondamenta solide.
    «non lo sapevo. lo so ora.»
    e sapeva, anche in quel momento, cosa volesse dire davvero. limiti tecnici ed emotivi a fargli alzare un palmo, stringerlo attorno alla sua spalla: ricordami come un ospite, una falena attirata dalla luce. in cerca di una casa quando la mia è crollata.
    tirò su col naso, e annuì tra sé e sé.
    «grazie. e sono felice per te.»
    affermazione sincera; a mentire faceva un po’ schifo, mudeom.
    un passo indietro – poi un altro.
    pugno in aria come john bender in the breakfast club.
    «cavallo,» bitch.

    — ken


    ma aiuto. AIUTO
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    taichi lìmore
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    ty non aveva alcuna dote particolare.
    si confondeva nella massa, nonostante il suo metro e ottantacinque, una siluette sottile uguale a tante altre; non doveva nemmeno rasentare i muri, per essere invisibile. gli bastava continuare ad interpretare se stesso, un giovane uomo con poche ambizioni ed un bagaglio di ansie spesso immotivate da portarsi sempre appresso — e non è che la cosa gli dispiacesse.
    vivere nel suo au, sprofondare nella comfort zone, crogiolarsi all'interno della sua bolla delulu, gli aveva permesso di sopravvivere ad un anno fino a quel momento davvero troppo intenso per i suoi gusti; un anno che era praticamente solo a metà ("what a week, uh?" "ty, it's wednesday").
    considerato il susseguirsi di eventi inattesi per i quali Taichi non poteva minimamente definirsi preparato (Hans e Mac che decidevano, infami, di scomparire così de botto e senza senso, trasformando lo special in Charles Boyle while Jake is on trial; hans, infame doppio, e i suoi due minuti di elettrocardiogramma piatto, che avevano mandato anche il cuore del lìmore in uno stato di morte apparente; la guerra — e vabbè, abbiamo detto che non ci interessa), forse non se l'era cavata così male.
    «Non mi alzavo dal letto da settimane. Semplicemente… non ci riuscivo.» sapete cosa: ty non era una merda come barrow skylinski. quello rigirava il coltello appena vedeva una ferita aperta, quasi che nel vederla rimarginarsi fosse lui a provare il più grande dolore; Taichi preferiva strappare, la lama o un cerotto. non ci godeva particolarmente a vedere gli altri in difficoltà, perché era lui il primo ad annegarci dentro, ma allo stesso tempo era rapido a diventare insofferente al dolore altrui. soprattutto quando non lo capiva— e quello di bertie era come una forza che gli remava contro.
    forse perché era finito nei laboratori contro la propria volontà quando aveva solo cinque anni, e con quella condizione gli era toccato viverci e con-viverci tutta la sua vita; un'esperienza che aveva inconsciamente rimosso, i brutti sogni di un bambino a svegliarlo nel cuore della notte quando gli altri pensieri si placavano. un evento molto raro, quindi «immagino» annuì, senza immaginare proprio un cazzo. specchiandosi nelle iridi chiare della ragazza, ebbe persino modo di pensare che la forma scelta dal Behemoth fosse più piacevole dell'originale.
    gli ricordava Livy, il che era insieme un bene e un fottuto male.
    «Mi pento di tutto, ovviamente. Fa un cazzo di caldo assurdo, voglio morire.» ah, adesso sì che iniziavano a parlare la stessa lingua (quella famosa che Bertie gli aveva cacciato in gola quando era ancora minorenne? bertuccia passione pg di rob since sempre). l'espressione fino a quel momento contrita, quasi sulla difensiva, di ty prese una sfumatura appena più morbida, riflettendosi nel mezzo sorriso che fu rapido a regalare alla bionda e altrettanto a far sparire «noi amo» che volete, colpa di fake. Kugi aveva anche tentato di introdurlo al mondo di tiktok, ma l'algoritmo dell'applicazione si era rivelato alquanto caotico: un giorno era in fissa con daddy!Pedro Pascal, l'altro con la gente che raccattava i gattini per strada.
    «posso farti una domanda?» si mosse sulla panchina appoggiando la caviglia destra sul ginocchio opposto, la testa reclinata all'indietro; il cielo era terso, il sole troppo splendente. chiuse gli occhi, respirando a fondo, le dita ad intrecciarsi contro lo sterno.
    quando le ombre cominciarono ad accumularsi sul volto imberbe, Taichi si concesse un sospiro di sollievo: racimolare qualche nuvola non era poi così complicato, soprattutto per uno che aveva ancora l'abitudine di far nevicare quando gli prendeva un attacco di panico «come mai non hai il tuo solito assetto*» qualche problema con l'inglese ty ce l'aveva ancora; la capacità di imbarazzarsi per qualche stupido errore grammaticale, non più — god bless the adulthood 🙏🙏🙏 «sono solo curioso, ma non devi rispondere per forza. » in ogni caso lungi dal lìmore lamentarsi.
    «a potere come stai messo? messa. messo. non so» non sapeva. quali pronomi usare, ma anche quale tipo si capacità avesse acquisito Bertie dopo aver perso la magia per mano del caro signor Abby — ✨surprise


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    taichi lìmore
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    sisi, la guerra era stata una brutta cosa.
    terribile.
    quelli che avevano preso posizione, per una parte o per l'altra, ty un po li invidiava; e riconosceva valide ragioni in entrambi gli schieramenti: ciascuno credeva di fare la cosa giusta, a suo modo.
    e forse era anche per quello che aveva scelto di non scegliere — quando mai taichi lìmore era stato in grado di prendere la decisione giusta. meglio risolvere il problema alla radice, accettando di buon grado le ammonizioni che fake gli aveva fatto.
    non pensarci neanche.
    e ty non ci aveva pensato.
    rimani qui.
    e ty non si era mosso.
    tranne che per macinare sotto i piedi il breve tragitto tra casa golden e l'appartamento di Hans, con un preavviso di 72 tra una visita e l'altra; still, non avevano bisogno di parlare, per dirsi le cose.
    e, ovviamente, per controllare che Mac stesse tirando avanti.vivo sarebbe stata un'esagerazione, anche in tempi normali; e non c'era più un cazzo di normale, ormai.
    «ma mai una gioia, proprio» un sospiro colmo di delusione sfuggì dalle labbra dello special, iridi scure rivolte al cielo terso. faceva un cristo di caldo assurdo, soprattutto per uno che odiava spogliarsi e viveva con la pressione costantemente sotto i piedi, ma ancora resistette alla tentazione di richiamare un po di nuvole e far venire giù il diluvio universale. voleva concedere ad Adalbert almeno il tempo di essere elegantemente in ritardo, prima di colpirlo con un fulmine — prima lezione di sopravvivenza.
    chiuse il giornale dopo aver sollevato scettico un sopracciglio di fronte alla pagina sportiva — non ci capiva un cazzo, ty, ma ogni tanto le foto dei calciatori e dei pallavolisti gli regalavano qualche emozione™; non era quello il caso: nessuno, proprio nessuno, voleva vedere le lacrime di Zlatan Ibrahimovic zoomate del 200%. anche se non era a quell'articolo sull'ormai ex calciatore che il lìmore aveva dedicato un commento.
    ancora nessuna notizia da Hong Kong.
    una città da ricostruire, come molte altre, le cui vittime si contavano a centinaia; forse addirittura migliaia. nel casino generale, e nei cambiamenti radicali che ne erano seguiti, una manciata di morti in più o in meno non aveva fatto differenza. il vero dono di Abby all'umanità: riportare in auge il cinismo come forma basilare di pensiero, senza vergogna. in quel mondo, così nuovo eppure totalmente stravolto, ty poteva rimanere impassibile di fronte a tutta quella distruzione (perché ormai il danno era fatto.) e preoccuparsi per una cosa alla volta.
    tipo, che ne so, capire se i suoi erano finalmente crepati negli scontri.
    «euu, c'hai una faccia» non salutò nemmeno, quando gli occhi scuri si posarono sulla zazzera bionda del Behemoth. i movimenti limitati al minimo per disperdere meno energie possibili — una scorta già particolarmente limitata. si fece un po di aria con il giornale piegato, stendendo le gambe da fenicottero, la schiena sempre incollata alla panchina. potendo, non si sarebbe mosso di lì, ed era quello il piano principale: tanto intorno a loro, non c'era un cristo di nessuno.
    alla gente era finalmente passata la voglia di fare jogging sotto il sole, god bless la guerra.
    «allora?» un'unica domanda per racchiuderne molteplici: lasciava a Bertie la scelta — come va? di cosa hai bisogno? perché hai chiamato proprio me? hai sentito che cazzo di caldo?????
    neanche si conoscevano così bene, ty e bertuccia.
    avevano condiviso un incubo, ricordato solo a tratti (scale e sangue e denti), e per qualche ragione sembrava sufficiente.
    strange forte.


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    19
    special
    erasmus



    prove di pv rigorosamente senza gif.
  12. .
    OMG! Ho trovato la figurina di gaylord beckham!
    link role: I'M JUST A KID AND LIFE IS A NIGHTMARE


    OMG! Ho trovato la figurina di reese whitpotatoes!
    link role: it's a hell of a feeling though


    OMG! Ho trovato la figurina di hwang daehyun!
    link role: lies billow like smoke


    OMG! Ho trovato la figurina di ryuzaki kageyama!
    link role: lies billow like smoke
  13. .
    nickname: blank/space
    role attive: barry(08.12)+ joni (15.12)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 20
    scheda livelli:
    jay
    euge
    murphy
    barry

    marcus
    mehan
    eddie
    joni

    nickname: blank/space
    role attive: ty (27.12)
    PE accumulati sulla carta fidelity: 20
    scheda livelli:
    ty
    clay
    check


    aggiornato

    Edited by antarctica - 3/1/2023, 10:59
  14. .
    ty límore köholer
    And maybe
    when the night is dead
    I'll crawl into my bed
    I'm staring at these
    four walls again


    18 ✧ special ✧ undercover
    what the hell iswrong with me?
    don't fit in with anybody
    how did this happen to me?
    wide awake
    I'm bored and I can't fall asleep
    and every night is the worst night ever

    mancavano poche ore a Natale, ma per ty il tempo si era come fermato (ahah. scusa creme sai che sono lenta). (edit: Natale è già passato. sono davvero una bestia)
    «Ty?» fu una fortuna che la caramella messa in bocca qualche istante prima si fosse ormai praticamente sciolta, altrimenti nel sussulto gli sarebbe andata di traverso: giovane muore soffocato al Red Velvet, famoso influencer assiste alla scena — la trama perfetta per un film di Natale™ «aH! gAy!» si, con questo tono altalenante dato dalla mancanza di ossigeno al cervello; difficile dire se il panico fosse dovuto alla sorpresa o al modo in cui si erano lasciati l'ultima volta (both), ma di sicuro c'era.
    negli occhi scuri di ty, ora inchiodati a quelli altrettanto caldi di gaylord come un daino si perderebbe nei fari dell'auto in avvicinamento.
    nella lieve vibrazione (ciao Mac, ti penso forte) che lo faceva ondeggiare sui suoi piedi.
    «che coincidenza! anche te sei qui per compere natalizie?» time to inventare una bugia: in quello, lo special, era sempre stato bravo; forse anche troppo. eppure dalle labbra gli uscì l'esatto opposto della risposta che aveva pensato così, in quella frazione di secondo, e al «no.» categorico, si aggiunse anche un inatteso fiume di parole «non avevo il coraggio di disturbare il mio ragazzo mentre è a lavoro, e mentre pensavo a quanto sono stupido mi sono ritrovato qui dentro senza rendermene conto» quello sarebbe stato il momento perfetto per elencare le tre ipotesi.
    che cosa direbbe Lorenzo Insigne?
    «mannagg tutt cos» un sussurro disperato quello che uscì dalle labbra dello special, prima che le mani di ty potessero coprirle nel tentativo di salvare il salvabile «scusa, non so cosa mi prende» per poco non gli scappò anche una risatina nervosa, che trattenne solo perché gaylord si stava davvero impegnando per... farsi perdonare? cioè, si stava ribaltando la situazione «so che probabilmente ti ho messo davvero a disagio, ma ero sotto effetto di amortentia» oh boy. ty avrebbe tanto voluto dirgli che non era un problema, perché viveva già la sua vita un quarto di disagio alla volta, ma- «non è un problema, vivo già la mia vita un quarto di disagio alla volta» cosa? cosa. richiuse di nuovo la bocca, mordendo l'interno della guancia per impedirsi di parlare di nuovo.
    che i pensieri diventassero frasi dette ad alta voce, così senza un freno, non era previsto.
    soprattutto se rischiavano di metterlo in situazioni- «peró sei stato un sacco creepy. voglio dire, sempre carino eh, sei molto carino, però mettevi ansia» un po meno, UN PO MENO. annuí, sentendo gocce di sudore freddo scivolare lungo la colonna vertebrale: se quello fosse stato un test di sopravvivenza, lo special avrebbe imboccato direttamente la strada per il fallimento; non poteva sopravvivere in condizionoli normali (tottington insegna), figurarsi con del veritaserum in corpo «si, certo io.. ho preso delle caramelle ma non sono buone, credo ci sia qualcosa di strano» porse a gay il sacchetto, con una smorfia a dipingersi sul volto nascondendo le fossette nelle guance. conosceva gaylord da febbraio, ma fino a quel momento non è che avessero scambiato più di qualche parola e sempre in compagnia di una Dylan sufficientemente emozionata per entrambi; se fosse stato un essere umano funzionante, o se almeno avesse provato ad esserlo, forse a quel punto avrebbe potuto considerarlo un amico.
    come quelli che gli mancavano da morire.
    «non sarei dovuto scappare l'altra volta, comunque» disse, arretrando fino ad incontrate una sedia: i tavolini erano quasi tutti liberi, a quell'ora, e a ty andò bene di non sedersi in braccio a qualcuno «le cose che hai detto... cioè erano belle eh. era la posizione* a farti parlare?» perché no, anche dopo tre anni di scuola ty mica l'aveva capito come funzionava l'amortentia (o qualunque altra pozione in generale, tbh) — e questo non c'entra niente con il fatto che Rob voglia estorcere da Gay la verità sui suoi sentimenti per Dylan.
    ( ͡°³ ͡°)( ͡°³ ͡°)( ͡°³ ͡°)

    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    scusa creme ci ho messo una vita ed è anche scritto con i piedi, so che mi ami comunque ❤
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    ty límore köholer
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    mancavano 36 giorni a Natale.
    non aveva mai apprezzato la festa in questione, taichi límore, troppa gente ad invadere il suo minuscolo spazio vitale e gli occhi giudicanti dei genitori sempre incollati addosso; l'atmosfera natalizia era solo una facciata di convenienza, costruita ad arte per dare all'alta società quello che in fondo volevano tenere il più possibile lontano: una parvenza di normalità. era ben felice di non dover più sottostare a quella tortura (cinese, letteralmente), ma allo stesso tempo sentiva gli mancasse qualcosa.
    i suoi amici, behan, una vita normale.
    era passato quasi un anno da quando tai era stato dato per disperso prima e morto dopo, quasi un anno da quando ty aveva preso in mano le redini della propria vita cercando di rimetterla in carreggiata. e ancora viaggiava su un binario sconnesso e ben lontano dalla strada principale, nonostante le regole ferree alle quali lo special si atteneva a discapito della propria felicità. in quei mesi, all'apparenza infiniti, ty aveva compreso fino in fondo il concetto di solitudine, e quanto lontano fosse stato dal provarla in passato.
    e questo era l'unico motivo per cui, quando livy lo aveva invitato a casa per Natale, il diciottenne aveva accettato senza nemmeno darle il tempo di finire la frase; non amava le feste, taichi límore, ma amava Sullivan Hawkins e quel poco tempo che normalmente riuscivano a passare insieme non gli bastava. amava anche behan tryhard, sebbene non avesse mai trovato il coraggio di dirglielo, ma con il ragazzo in questione la situazione era diversa: il timore di coinvolgerlo in qualcosa che nessuno dei due poteva gestire era una forza per ty incontrollabile. lo bloccava, al limite di una paralisi che non riusciva a sciogliere.
    amava anche quel coglione di Hans, e amava anche McKenzie, e forse era stata la loro improvvisa scomparsa a mettere il diciottenne di fronte ad una realtà fino a quel momento accantonata — perché era così che ty aveva sempre gestito i suoi problemi, nascondendoli sotto il tappeto. una realtà che aveva la forma dell'isolamento, dell'impotenza: che di Hans e Mac si fossero perse le tracce, ty lo aveva appena saputo. come se più di due settimane senza avere loro notizie — di persone che per lui erano fondamentali, fosse del tutto normale.
    ma quando lo era diventato?
    bravo ad esprimere i propri sentimenti, taichi límore non lo era mai stato, eppure nei due anni e mezzo trascorsi ad Hogwarts qualcosa aveva imparato; a volte non proprio per scelta, spesso sulla propria pelle. e di tutti quei progressi gli rimaneva tra le dita un bel mucchio di niente.
    «hai già scelto quali vuoi?» una voce femminile lo fece sobbalzare: non che ci volesse molto. all'ansia di vivere ty aveva sommato anche quella di venire beccato ed espatriato, magari persino accusato di frode e quella cosa che si fa rubando l'identità altrui (non mi viene il termine giusto, legal!babbi aiutami). Fake gli avrebbe detto che al Ministero avevano ben altri problemi, ma anche il suo luigi* non poteva stargli appresso h24 7/7 ricordandogli come funzionava la vita vera — aveva gente da picchiare e dita da tagliare e un ryu con cui flirtare. non necessariamente in questo ordine «eh?!» nemmeno si era reso conto di aver fatto il palo davanti al banco dei dolciumi, e chissà da quanto era fermo li immerso nei suoi pensieri «i dolcetti, dico» la commessa, una signora di mezza età (quindi sui 34 come rob) con la divisa del Red Velvet e il nome Scarlett cucito sul petto, indicò a ty le caramelle divise per tipologia alle sue spalle, dondolando a mezz'aria un sacchettino vuoto. dietro le lenti degli occhiali scuri, lo special batté rapidamente le palpebre: se la commessa non si fosse avvicinata, era probabile che ty sarebbe uscito dal locale senza comprare nulla, anche perché non ricordava affatto di esserci entrato.
    lo aveva fatto sovrappensiero, la mente divisa tra mille problemi +1, dopo aver passato quindici minuti a spiare behan oltre le vetrine del BDE senza trovare il coraggio per mettere piede nella gelateria — la presenza di Edward moonarie, in tutto questo, non aiutava.
    «i dolc- ah si! si certo, ho capito, i dolcetti» aprì entrambe le braccia ruotando il busto verso gli scaffali; avrebbe potuto leggere con attenzione le etichette che riportavano nomi ed effetti delle varie caramelle, ma il cuore dello special aveva già sopportato troppo «quelli! prendo quelli grazie» indicó un barattolo di vetro a caso, il peso del corpo spostato nervosamente da un piede all'altro mentre la signora in divisa riempiva per metà il sacchetto. poteva anche aver cambiato volto, aggiunto fossette e muscoli e il colorito sano di una persona non prossima alla morte, ma dentro taichi rimaneva sempre lo stesso.
    almeno era migliorato con l'inglese.
    solo quando la commessa si allontanò, consegnandogli il sacchetto tra le mani, ty riprese a fare respiri profondi, la schiena a premere contro lo scaffale alle sue spalle; per quanto sapesse che nessuno poteva riconoscerlo, niente poteva impedirgli di sentirsi come uno spacciatore di fronte ad un cane antidroga: colto in flagrante, con le mani nel sacco. a dirla proprio tutta, era anche vestito come uno spacciatore — occhiali scuri, cappello di lana calato sui capelli corvini, bomber troppo grande, classica tuta in acrilico tutt'altro che ignifuga con banda laterale e il logo di qualche squadra di calcio inglese (e perché proprio l'Arsenal). con il senno di poi, non avrebbe dovuto lasciare che delith gli rifacesse il guardaroba. stringendo il sacchetto contro il torace, e in attesa di tornare ad un battito cardiaco meno vicino all'infarto, ty prese una delle sue caramelle e se la mise in bocca, menta e limone a sciogliersi sulla lingua insieme ad una cascata di zucchero.
    cosa mai poteva andare storto, a quel punto.


    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©


    ty si è appena mangiato una MentiNo

    CITAZIONE
    sono pasticche di zucchero aromatizzate, dai vari colori sgargianti diversi in base al gusto (arancione zucca, rosso fragola, blu anice, nero pipistrello...) e prendono il nome dal loro ingrediente segreto-non-poi-così-segreto: una goccia di veritaserum.
    Perfette da prendere per rinfrescarsi l'alito prima di un bacio, meno perfette se non si vuole rischiare di dire al proprio fidanzatino che lo si sta usando per solo far ingelosire qualcun altro.
158 replies since 6/11/2019
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