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  1. .
    sometimes i just agree with people so they can stop talking
    Ma che cazzo. Se Ryuzaki chiudeva gli occhi, gli ultimi due mesi gli parevano un fever dream, un universo alternativo dei bordi sfocati e intangibili. Ma non erano solo gli ultimi due mesi, no? Era dal suo soggiorno in Siberia che si sentiva così, le sue fondamenta scosse e collassate e riassemblate in una forma differente con cui aveva dovuto imparare a convivere. Ed eccome se l’aveva fatto, perché vaffanculo che l’avrebbe data vinta a degli anonimi camici bianchi, quando non aveva piegato il capo nemmeno davanti al suo capofamiglia. Vi era solo una persona per la quale avrebbe sempre ceduto, un soft spot che si era sviluppato negli anni fino a che era diventato innegabile e il suo tallone d’Achille. Secondo voi, perché altro avrebbe dovuto accettare di andare nel fottuto Bangladesh a costruire casa per i poveri se non dietro richiesta di Fake? Richiesta, più che altro una di quelle idee folli che ogni tanto entravano in testa al suo migliore amico, e non vi era modo di dissuaderlo. E dio, dio, cosa non avrebbe dato il Kageyama per vederlo felice, persino spaccarsi la schiena sotto al sole cocente del sud est asiatico. Ma non– non era stato lì tutto il tempo, vero? No, era dovuto tornare a casa per qualcosa. Poco importava, se i bambini e Fake erano felici, Ryu era felice. Dio santo, non sarebbe potuto essere più palese, a se stesso e a una prospettiva esterna, la debolezza che suscitava in lui il Cheena. Ed era lì, in quel momento, cristallino nello sguardo apprensivo e pesante che scrutava il viso provato di Fake «bel posto» si concesse un sorso del suo spritz, gli occhi a scivolare lungo la parete, e poi oltre le porte dove la proprietaria del bar stava tenendo banchetto con una donna dal pesante eyeliner e tacchi vertiginosi. Erano gli unici due dentro al locale, per qualche ragione. Se Ryuzaki non avesse knew better, avrebbe pensato che quel bar appartenesse a un qualche tipo di organizzazione criminale. «cos’è successo, fake?» lasciò tamburellare le dita sulla plastica del bicchiere, impronte lasciate sulla condensa del bicchiere anzi di premerle sul polso dell’ex grifondoro, un tocco di cui aveva bisogno per assicurarsi che Fake fosse lì. Vivo, davanti a lui. «un cazzo di attentato, davvero.» secca, la risata del Kageyama, incredula come lo era stato quando aveva sentito per la prima volta dell’incidente a Heathrow. Capitavano tutte a loro, uh? Forse avrebbero dovuto farsi vedere da qualcuno per controllare di non avere il malocchio. E andava bene, fino a che se la cavavano con ancora tutta la pelle sulla schiena, ma fino a quando li avrebbe assistiti la fortuna? Ryuzaki non poteva– non poteva farlo un’altra volta, quell’incertezza di non sapere in che condizioni versasse Fake. Essere rinchiuso in una cella frigida per mesi, con il calore del proprio corpo come unica compagnia.
    ryuzaki
    kageyama

    Getting it all for free
    Living a strung-out dream
    we are
    golden
    SPECIAL
    umbrakinesis
    2001 — former gryffindor — yakuzaI'm blinded by the neon lights
    Shining bright on the innocent
    Shibuya nights
    Burning brighter than the sun
    neon
    One Ok Rock
    moonmaiden, guide us
  2. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    2000 / mimesis
    2001 / umbrokinesis
    kieran sargent
    ryuzaki kageyama
    Ryuzaki being Ryuzaki aveva deciso di canalare la propria rabbia e frustrazione in ogni tonfo della fronte di Jackie sulla pietra della colonna, e sapete cosa? Funzionava una meraviglia, avrebbe continuato volentieri fino a sentire il sangue bollente scivolare sulle nocche e tra le dita, il corpo del mercenario farsi docile sotto alla sua presa ma– non poteva. Non era quello il suo compito, era lì per salvare i suoi fratelli non per farsi giustizia da solo. Anche se avrebbe avuto tempo per quello, se ne sarebbe assicurato personalmente. Nel frattempo stavano succedendo cose, come bambini irresponsabili che usavano incantesimi che non avrebbero dovuto, ma Ryuzaki decise di non infierire sulla ragazzina; non quando era certo che ci avrebbe pensato il karma. E sapete cosa? Vaffanculo, Ryu era un po’ pieno di quella vita e della gente che continuava ad attaccare la sua famiglia. Quindi quando vide l’ennesimo stronzo su di Mac, alzò il fucile e gli sparò contro, dritto in faccia.
    Kieran, intanto, si era persa nel fare grattini a Mis. Sì, in mezzo a gente che si dava menate. Perché c’erano proprietà nella sua vita, e i grattini erano piuttosto in alto. E poi scusatela se aveva un cuore debole agli esseri pelosi. Guardate, si era persino resa utile nel lanciare la palla a Mis con un piede, probabilmente facendolo scattare dal posto in cui si sarebbe conficcato un coltellino pochi momenti dopo. Decise di rendersi più utile seguendo Remo in direzione degli ostaggi, e voi mi direte ma Kieran. Baby. Che minchia vai da Rain e Roxie quando ci stanno la tua fidanzata e tuo nonno ancora lì, in balia dei mercenari. I'll plead the fifth, grazie e arrivederci. «uh. ciao, com’è?» non benissimo, ma la Sargent era ormai ascesa oltre ogni forma di imbarazzo «aspettate che ora cerco di liberarvi. non l’ho mai fatto ma non…dovrebbe essere difficile?» in un frame di tempo indeterminato aveva assorbito i poteri di Murphy, così da poter creare una piccola chiave di pietra da inserire nella chiusura delle manette. Le bastò smanettare per qualche attimo, provando a ruotare a destra o a sinistra, e dopo aver capito il meccanismo fu questione di un paio di giri prima di sentire un click. «tadan!» una prestigiatrice da circo, che dire.
    Siamo suicidi e noi che scommettiamo ancora sui vivi
    Sopra i chiodi coi passi di danza
    Fino all'ombra dei fari a scomparsa
    Ti presterei le ali per andartene
    E non tornare davvero, e non tornare mai

    Ti darei il mio carattere per fregare il mondo
    Anche se ti gira contro, non odiare mai


    (20) DIFESA MAC (mis + ryu): spara a paris in faccia
    (18) DIFESA MIS (mis + kier): gli lancia la palla

    Kieran libera Rain e Roxie.
  3. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    2000 / mimesis
    2001 / umbrokinesis
    kieran sargent
    ryuzaki kageyama
    Ryuzaki poteva riassumere il tutto con: stavano succedendo molte cose. Troppe cose, per qualcuno che a malapena riusciva ad elaborare la propria vita al momento. Perché la gente continuava a sparire, perché una cazzo di guerra non era stata abbastanza, e perché lo special in un modo o nell’altro si trovava sempre al centro di tutto quello. Li aveva visti i volantini, aveva impressa ognuna delle facce dei suoi fratelli scomparsi e di coloro che suo malgrado aveva lasciato avvicinare. Gli sarebbe piaciuto di essere stato lucido, quando si era trascinato in quel luogo che Grey chiamava appartamento, ma non era stato così. Ricordava sprazzi di conversazione, l’urgenza di far capire al fratello che dovevano fare qualcosa, se il Ministero non avrebbe alzato il culo. Non era un eroe, il Kageyama, non vestiva i panni del cavaliere nelle storie che tesseva da bambino, ma poteva essere colui che si sporcava le mani per chi non poteva farlo. Era il suo lavoro, no? Strinse il fucile al petto, il peso dell’arma familiare nelle sue braccia, un alleato che sapeva non l’avrebbe tradito– non come la sua magia, capricciosa e volatile come la fiamma d'una candela al vento. Fu memoria muscolare, quando i primi spari richeggiarono tra le pareti della stanza, spostarsi un po’ più vicino a Mac. Erano famiglia, per quanto suonasse surreale alle sue orecchie, e Ryuzaki non avrebbe lasciato a uno stronzo qualsiasi di usarli come bersagli di tiro. Sgusciò alle spalle della donna, complice il rumore della battaglia nel coglierla di sorpresa, e portò il calcio del fucile alla sua nuca per disorientarla. Ma il Kageyama era troppo concentrato sul parare il culo a Mac, e aveva dimenticato di difendere prima se stesso. Bene ma non benissimo, preferiva non beccarsi un machete in pancia prima di liberare gli ostaggi. Tentò di schivare il colpo spostandosi rapido a destra con il corpo, una sequenza di passi ormai istintiva nella sua linea di mestiere. Quello che non si aspettava era che qualcuno stesse prestando attenzione, e fosse disposto a dargli una mano. E perché proprio Kieran Sargent. Tutto troppo terribile, preferiva non pensare ai ricordi che evocava la figura. Osservò la ragazza muoversi con una violenza che in quel corpicino era francamente terrorizzante, la lama della falce spietata nel venire giù, diretta verso il braccio che teneva il machete del mercenario. «Non ce n’era bisogno, ma grazie» perché era una persona educata quando voleva, duh.
    Siamo suicidi e noi che scommettiamo ancora sui vivi
    Sopra i chiodi coi passi di danza
    Fino all'ombra dei fari a scomparsa
    Ti presterei le ali per andartene
    E non tornare davvero, e non tornare mai

    Ti darei il mio carattere per fregare il mondo
    Anche se ti gira contro, non odiare mai


    arriverò nel prossimo post ad interagire smack

    (12) DIFESA MAC (twat + ryu): disorienta Parisa con il calcio del fucile alla nuca

    (9) DIFESA RYU (ryu + adrian): si sposta
    ATTACCO QUINCEY (kier): trancia il braccio di quincey
  4. .

    2001

    neutral

    golden
    neon
    one ok rock
    «Dovrai strapparlo dalle mie fredde, cadaveriche mani, capito?» Dio santo, Ryuzaki aveva sottovalutato la seating chart quando era entrato in quel locale. Pasticceria? Unclear. Perché in qualche perverso modo deciso dal Fato, era finito con il sedersi accanto a un italiano che non sapeva quando smettere di parlare. Anche se stava crescendo sul Kageyama come un fungo, nemmeno in modo troppo derogatory. Gli ricordava qualcuno, forse uno di quei deficienti dei Golden– che fyi non si erano degnati di presenziare quell’anno. Forse perché avevano paura facesse loro il culo, o forse perché i Golden erano stati dimezzati dalla peste bubbonica. «dude, bro. nessuno ti tocca hallsy, ma nemmeno con un palo» no, davvero, Vittorio se lo poteva tenere. Ryuzaki era interessato a ben altri giocatori, e il fatto che stesse tenendo in conto il loro six pack nell’equazione era un dettaglio futile. «non se vogliono vincere» alzò la tazza di tè in direzione dell’italiano, un gesto mocking che si meritava tutto, dopo gli interminabili minuti passati ad ascoltarlo delirare su Hallsy. «e il tuo attaccamento ai giocatori non può essere sano. è una cosa italiana, per caso? del tipo che piangete quando vincono le partite» ciao freme un saluto, ma in effetti ti capisco. toccherà anche a me a marzo.
    Shibuya nights, burning
    brighter than the sun
    Neon lights, what a
    time to be living in
    Shibuya nights, live forever
    'til the morning comes
    satosuguru
    supremacy
  5. .
    ryuzaki kageyama
    If you be the cash
    I'll be the rubber band
    You be the match
    I will be a fuse, boom


    twenty-two ✧ yakuza ✧ special
    Even when we're
    Down to the wire, baby
    Even when it's do or die
    We could do it baby
    simple and plain
    Doveva essere uno scherzo. Una candid camera.
    Ryuzaki si voltò per cercare le telecamere sopra di lui, oltre le sue spalle, ma non trovò niente se non sguardi confusi e lacrime a scorrere sulle guance in rivuli copiosi. Oh cristo, in cosa si era cacciato. «ti ho mai dato l'impressione di essere uno che fa scherzi?» con quella faccia da cazzo? No, assolutamente no. L’unico scherzo di cui era stato vittima insieme a Grey era stata la Siberia, e non era finito per niente bene. Era diventata un’altra persona, strappato della magia che gli era appartenuta per ventun anni per diventare un- no, non un mostro ma qualcosa che non riconosceva quando abbassava le mani e vedeva le ombre danzare sui polpastrelli. Arricciò le labbra, una smorfia a increspare i lineamenti del giapponese «no, affatto» davvero, la persona meno divertente che conoscesse, ed era amico di Godric Osborne. «non so cosa sia» si trattenne dal sottolineare che fosse una fotografia, qualcosa in cui era sicuro si fosse imbattuto nei suoi brevi anni di vita «è una foto. una foto di famiglia. con la mia faccia e la tua» e quella di suo cugino, e di Darden, e di Jericho ma era un dettaglio che per il momento non voleva nemmeno considerare, già sopraffatto com'era. Abbassò poi lo sguardo sulle figure, le iridi scure ad indugiare su qualche attimo su un volto che non gli apparteneva più «o almeno, la mia faccia prima della transizione» ma non erano affari di Grey, quindi non si sprecò a raccontargli la storia della sua vita. Forse in un’altra vita l’avrebbe fatto, ma non erano le stesse persone che si riflettevano sulla pellicola lucida. Rilesse le parole bianco su nero, incredulo e maledicendo quel tiro mancino del destino- c’erano cose, in quella lettera, su cui non si poteva permettere di soffermarsi in quel momento. Una cosa era certa, però, ed era che quel ragazzo era irrimediabilmente legato alla sua vita, sangue o meno. «quello, è chiaramente un falso. e dubito che qualsiasi cosa sia scritta in questa lettera possa cambiare qualcosa» sollevò entrambe le sopracciglia, il Kageyama, gli occhi a piegarsi in un’espressione quasi divertita. Stava cedendo all’isteria, lo sentiva. «e perché qualcuno dovrebbe prendersi la briga di falsificare questa roba? cosa ci guadagnerebbero?» di certo, i Kageyama avevano ben poco a che fare con quella storia, avevano passatempi migliori di stare a comporre un collage di fotografie «a me piaceranno le trame fantascientifiche, ma te sei un fan delle teorie del complotto» andava detto ed è stato detto. Buttò poi un'occhiata alla lettera che Grey stringeva ancora in mano, piegando il capo nella sua direzione in un silente invito «a questo punto, se non ci credi che ti costa leggerla?» DAI VIECCE CODARDO. Magari era tutto uno scherzo, lo sperava vivamente.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
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    ryuzaki kageyama
    If you be the cash
    I'll be the rubber band
    You be the match
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    twenty-two ✧ yakuza ✧ special
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    simple and plain
    Non aveva molti rimpianti nella vita, ma l’essersi presentato a quell’evento privato rientrava tra questi. Aveva capito che non fosse cosa già quando aveva posato lo sguardo su troppe conoscenze, persone che parlavano troppo forte e musica dai generi variopinti. Il primo pensiero che gli venne in mente era che fosse un peccato che non vi fosse il limbo, avrebbe voluto vedere qualcuno cimentarsi e rompersi la schiena. «RYUZAKI!» davvero, non aveva mai sentito nessuno pronunciare il suo nome con tanto entusiasmo, fatta eccezione per il ragazzo al suo fianco. Il Kageyama ci mise qualche attimo a trovare un posto nella sua memoria a quei lineamenti, ma quando lo fece finalmente i circuiti elettrici si connessero e una memoria distante si innescò. Una memoria ben poco legale, ma che era rimasta impressa al grifondoro. Incredibilmente, Ryuzaki era sollevato di vederlo lì: una persona normale, che non pareva sul punto di inscenare un omicidio. Già aveva i suoi problemi a Casa Golden, con Kiel che gli avanzava proposte per una sperimentazione scientifica su Godric. «hey, joe» ricambiò il saluto da womo wero, se non con un velo di impacciataggine dovuta al fatto che non era solito toccare così tanto (.) la gente- a meno che non si trattasse di violenza. «sono passati…. Wow. Molti anni. non sapevo fossi uno di loro» ok, whatever that means. No davvero, cosa voleva dire. Ryuzaki cercò un indizio nel volto del King, ma non fu utile perché l’unica cosa che riuscì a decifrare aveva a che fare con lo stato di ubriachezza dell’ex grifondoro. Per forza.
    Puntini
    Di
    Sospensione
    Un respiro profondo, poi: «omosessuale?» la domanda sorgeva spontanea. In ogni caso, Joe se ne andò prima di chiarire con un’uscita di scena per niente ominous. Si voltò verso Fake poco prima che Kieran salisse sul piccolo, terribile palco che il Captain si ritrovava, le labbra a formare «in che cosa ci siamo cacciati?» dopotutto, il Kageyama era abbastanza benestante da potersi permettere cibo e alcol senza doverlo scroccare a un paio di ventenni. Anzi, avrebbe dovuto fare loro la carità a giudicare dagli addobbi. La domanda posta al Cheena divenne sempre più attuale man mano che la special sul palco si lanciò nella sua discussione su…un film? Su un futuro apocalittico? Si sentiva come quando in piena notte gli appariva la parte 33 di un film su TikTok senza alcun contesto. «Volete sapere il plot twist? Siete voi quei volontari, sorpresa!» non era una sorpresa, era un incubo. La sua intera realtà a sgretolarsi su se stessa, le stesse fondamenta su cui aveva eretto la propria vita a venire meno. Abbassò il capo ad osservare la lettera che gli era stata data, una grafia sulla busta che riconosceva come la sua ma che non aveva memoria di aver impresso sulla carta. «Forse saremmo dovuti stare a casa» tentò di smorzare la tensione, di strappare una qualsiasi reazione a Fake- Fake, che come lui veniva dal futuro. Era inutile sprecarsi a formare congetture quando non aveva nulla di concreto tra le mani, quindi si decise reclutante ad aprire la lettera.
    Avrebbe preferito non farlo.
    Per molti motivi.
    C’era un volto che lo fissava dalla fotografia un po’ sbiadita incastrata nelle pagine della lettera, un volto che quando alzò lo sguardo era lì con lui a pochi passi di distanza. «Cristo, no. No, non-» era difficile, se non impossibile, catturare il Kageyama in uno stato che non fosse la sua solita calma e compostezza. Al momento, con le dita affondate tra le ciocche corvine e lo sguardo spiritato, era difficile combaciare le due persone. Non stava avendo un crollo nervoso, ma poco ci mancava. E avrebbe evitato di avvicinarsi a Grey, a suo fratello, se solo i suoi piedi non lo avessero portato lì prima ancora di rendersene conto. Non aveva molto da dirgli, se non uno strozzato «è uno scherzo, vero?» sperava per lui che avesse aperto la lettera, perché si rifiutava di elaborare oltre. L'unica spiegazione che si sentì di offrire fu la foto di famiglia che ancora stringeva nella mano, e tanto bastava.
    I give it all my oxygen,
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  7. .
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    ryuzaki kageyama
    20 | ex gryffindor | yakuza
    Ryuzaki ma cosa ci fai qui.
    Ma che ne sa lui, che in effetti non sa molte cose, sia sul passato, che sul presente, che sul futuro. Ma forse era meglio così, che di famiglie ne aveva fin troppe, e quella del presente era decisamente too much al momento. Cioè, senza offesa, ma il sangue psycho scorreva un po’ troppo prepotente nelle vene dei Kageyama, come se si fossero fatti di eroina sin dall’inizio della gravidanza. Beh che Ryuzaki era stato adottato su un tavolo da poker, quindi era salvo. E la domanda che sorgeva spontanea era, ma Ryuzaki ma che minchia bevi di lunedì sera. Innanzitutto, il fatto che fosse lunedì gli dava una giustificazione più che legittima, chi minchia non aveva bisogno di un bicchiere -o più, nel suo caso.- di whiskey per rimettere sedute le leggi della natura. Che voleva dire? Nessun affare vostro, il poeta di Ryuzaki stava scrivendo al posto suo, seduto al bancone e con il suo taccuino in mano. Sì, aveva un taccuino perché era un ragazzo antico, come Ultimo. In effetti Ultimo aveva proprio la faccia da ragazzo pezzente vittoriano, quindi certo che aveva senso. Ryuzaki stava annotando cose, per esempio il maestoso panorama che che quella terrazza gli riservava, l'aperol spritz drogato che gli avevano servito, i cittadini milanesi che solleticavano lo sguardo e attiravano l’attenzuone. Ho già detto di essere felice peril correttore? No^ Bene, non ho più voglia di correggere ogni due secondi suca. Oh minchia, no il momento emo no Elisa i rifuto ma come osi ripigliat demente col cazzi. Ok parlaimp di altro. Insomma, Ryuzaki si trovav in maniera del tutto causale sulla terrzza Aperol di Milano, anche se in verità un moetivo c’era: spiare ilfunerale di Berlusconi. Lui non conosceva quella fantomatica figura della politica italiana, aveva giusto visto un paio di tiktok, ma perché non avrebbe dovutos fruttare la sua NON MAGIA- oddio.
    Oddio. Minchia anche il trauma di essere diventato special, ma che cazzo. Menomale che ra bellissimo e badass, e non era di certo la magia o un potere ad avere il potere di definire uello che poteva essere o meno. Comunque sì, stava sorseggiando il suo aperol di Carmen mentre prendeva appunti sul funerale «va bene tutto, ma venti euro a drink è criminale. viva I COMUNSITI» così, èerché ryu era cinese in fodno quindi poteva conderselo.
    we shoot to kill
    aim for the heart
    live for the thrill
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    ryuzaki kageyama
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    Cosa si provava ad essere in Spain ma senza la S? Ryuzaki non solo aveva la risposta, ma ogni giorno era una master class su come i suoi mesi di assenza gli avevano rovinato la vita, i rapporti sociali, persino il sonno. Non era un essere drammatico, quando la sua singola presenza era fondamentale per il funzionamento di un intero gruppo criminale. L’essere eliminato dall’equazione aveva comportato non pochi problemi, solo perché la Yakuza aveva l’aria di essere un hydra con mille teste, non sempre la testa che si faceva avanti dopo averne decapitata una era all’altezza del compito. Non gli piaceva Tatsuki, non faceva parte della sua cerchia più ristretta, e il Kageyama aveva la sensazione di aver lasciato che un golpe avesse luogo durante la sua assenza. E come se non fosse bastato quel mal di testa, ci aveva pensato Godric a dargli il colpo finale. Per quanto Ryuzaki fosse caritatevole, si rifiutava di lasciarsi prendere per il culo. Se gli piaceva così tanto Pescara (mood), che ci rimanesse, possibilmente per sempre. Delith, Godric, Ryan, e tutti gli altri pezzenti di cui si rifiutava di ricordare il nome, potevano raggiungerlo o non far più vedere la loro faccia a Londra. E poi, e poi anche Ryuzaki stesso se n’era andato, nonostante avesse promesso di non farlo mai. Ripensò a uno degli ultimi giorni che aveva trascorso con Fake, mesi prima, le emozioni ancora elettrostatiche sulla sua pelle. Si ricordava di aver pensato come certe volte, molte volte, avrebbe voluto prendere il volto di Fake tra le sue mani e tirargli una testata. Come poteva essere una persona così intelligente e stupida al tempo stesso? Come poteva, qualcuno che era al suo fianco da così tanti anni, avere dubbi su chi fosse il suo preferito. Aveva pensato che forse era stata una mancanza del Kageyama, lui che aveva sempre preferito mostrare le sue lealtà con le azioni piuttosto che con i gesti, l’inchiostro sulla pelle di Fake l’ultimo di tanti. E poi, improvvisa come una scarica di elettricità a fare breccia nel cielo, assordante quanto il fragore delle onde contro la parete rocciosa di una scogliera, la domanda che gli aveva posto progetti di andare da qualche parte? senza di me?
    No, certo che no.
    Quello, ciò che gli aveva detto.
    Cosa era successo da lì a pochi giorni dopo era storia.
    Il Kageyama non aveva previsto di essere rapito insieme a Grey, era stato colpito di sorpresa e disarmato in pochi secondi, qualcosa che a distanza di giorni ancora gli lasciava l’amaro in bocca. Sempre meglio focalizzarsi su quello che sugli infiniti mesi di prigionia, un giorno che sanguinava nell’altro senza che ne avesse coscienza. Tutto sommato, non era stato male. O forse le file della yakuza avevano contorto la sua psiche in maniera irrecuperabile.
    Spostò lento le iridi sul ragazzo al suo fianco, la sigaretta a pendere tra le labbra. Le gambe erano stese lungo il pavimento di cemento del tubo in cui si ritrovavano, le caviglie incrociate a mantenere un’immagine di perfetta calma. Non era così. Aveva scelto di portarlo in quel parco perché era un territorio familiare, e con le ombre della notte ad allungarsi sul suo viso sarebbe stato più facile affrontare l’elefante nella stanza. I diversi elefanti, se doveva essere sincero, ma meno vedeva e meglio stava. «vuoi?» recuperò la sigaretta dalle labbra per offrirla a Fake, un gesto così naturale che non ci pensò due volte. Era sempre stato così tra loro, una presenza costante a coprirgli le spalle, una spalla su cui poggiare la fronte e chiudere gli occhi quando il mondo diventava troppo rumoroso. Eppure, in quel momento sentiva una distanza, una reticenza a parlare da parte del Cheena. «possiamo parlarne, se vuoi» di cosa, non lo specificò. C'erano tante interrogativi lasciati in sospeso, a Fake non bastava che sceglierne uno. Ryuzaki gli avrebbe confessato qualsiasi cosa volesse, bastava usare le giuste parole. «come sta il tatuaggio?» solo in quel momento trovò la forza di ruotare appena il capo, lo sguardo a scivolare sul costato dell'amico. Gli aveva offerto una via di fuga, o anche quello era l'ennesimo elefante di cui non avrebbero mai parlato? To be determined.
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  9. .

    be the cowboy
    nobody
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    code by eliandi
    ryuzaki kageyama
    yakuza
    ex gryff
    golden
    Ryuzaki non era mai stato particolarmente recettivo ai clues sociali. Era comprensibile, non per altro era cresciuto in una famiglia dove l’unico linguaggio che contava era la violenza. Non era il tipo di persona da essere eccessivamente cauta con le sue parole, preferiva essere schietto ed evitare fraintendimento, oppure chiudere la bocca e aspettare un momento più propizio. Nonostante la sua ignoranza in fatto di clues sociali, si era accorto del silenzio poco caratteristico del Cheena- che poi, l’avesse attribuito a un puro fattore sorpresa, era un’altra storia. Tutte le sue preoccupazioni sfumarono nel momento in cui Fake prese la mano nella sua, posando un bacio appena accennato sul suo palmo. La façade composta -ma quale, quando mai con il suo bromy- si crepò, lasciando intravedere da una fessura un rossore a soffondere le guance del Kageyama. Voleva riprendersi quella mano, tirarlo per il polso abbastanza da avvicinarlo e posare la labbra su- no, no non doveva pensarci. Per Fake non era niente più del suo migliore amico, e Ryuzaki avrebbe rispettato i confini della gabbia in cui era entrato da solo, e alla quale aveva chiuso la porta e messo il lucchetto. Si concentrò sulle linee del tatuaggio, il movimento meccanico di rimuovere l’inchiostro in eccesso per poi poggiare nuovamente la macchina sulla pelle. Cristo, si sentiva di nuovo come un ragazzino insicuro, alle prime cotte come un Dara qualsiasi. «bromy» fu la voce di Fake a interrompere la sua concentrazione (commiserazione), gli occhi a scivolare sul modo in cui aveva la mano poggiata al metto, il respiro tremolante stretto tra i denti «stai ben-» «per sbaglio... ok. L’avresti detto a me per primo, vero?» lui e Fake aprirono la bocca nello stesso momento, il perfetto specchio di due clown. Fosse stata un’altra persona, Ryuzaki sarebbe stato mortificato- per loro, duh, ma dato che era il suo bromy gli rivolse un’occhiata complice. «noi» pur sempre gen z erano, scusate. Lasciando da parte le stronzate, il cinese si fece serio, che va bene che era la sua espressione di default ma «certo che te lo avrei detto per primo» alzò lo sguardo dalle linee nere per qualche attimo, lo sguardo a farsi più morbido quando incontrò i lineamenti di Fake. Non poteva vederlo, e tanto gli bastò per concedersi di guardarlo un po’ più a lungo, tracciare con gli occhi il suo profilo, le sue labbra, le punte colorate dei capelli. «sono comunque il tuo preferito» fu quando la sua attenzione scivolò nuovamente sui suoi occhi, che si accorse che Fake lo stava guardando. Pregò tutti i suoi antenati cinesi che non l’avesse beccato a fissarlo, perché -gesù- non vi era nessuna scusa che potesse inventare su due piedi che reggesse. «sei sempre stato il mio preferito» in quella vita, in quella passata, il loro non era un legame che sarebbe stato facilmente eroso e spezzato dal tempo. Sentiva un nodo alla gola, il Kageyama, l’impellente bisogno di dire più di quello che gli sarebbe stato concesso normalmente. Forse era l’intimità di quel luogo, il fatto che ormai avesse già permesso al Cheena si scorgere parti di sé che raramente concedeva. «perché, avevi dei dubbi?» la buttò sul ridere, anche se c'era poco da ridere. Sarebbe sempre stato il suo preferito, e Ryuzaki sarebbe anche potuto essere il suo, ma non nel modo in cui voleva. Sapeva esserci una distanza tra loro, una che non aveva mai osato superare- al massimo, quando si sentiva un po' più coraggioso ne sfiorava i contorti, desiderando che cedesse sotto i suoi polpastrelli. «to feel a closeness to a friend or loved one despite being separated by a great distance» (sì, te lo incollo in inglese perché abbasso il tradurre) picchiettò l'indice sulla costola del migliore amico, vicino a dove stava tatuando. Non avrebbe capito, perché avrebbe dovuto, ma quella era una promessa a cui avrebbe sempre adempiuto. «non sei il mio preferito, sei l'unico» qui finisce il mio agire, e inizia il mio silenzio.
    Venus, planet of love
    Was destroyed by global warming
    Did its people want too much, too?
  10. .





    Pushing past the limit
    Trippin' on hallucinogenics
    My cigarette burnt my finger
    'Cause I forgot I lit it

    «ommioddio» esattamente quello che avrebbe voluto dire lui. Ryuzaki era fortunato ad avere degli ottimi riflessi, o si sarebbe preso quel pugno dritto sul naso. Aggrottò le sopracciglia, osservando la ragazza confuso- di solito, c’era un’ottima ragione per prendersi un pugno, ma in quel caso non aveva fatto niente. Nemmeno aperto la bocca! Che di solito era quello che triggerava le persone. Forse Syria pensava che fosse un criminale, o un assassino, e vi dirò non ci sarebbe andata molto lontano. «ryu? che cazzo?!» ah ecco. Ora l’aveva riconosciuto. Si lasciò sfuggire un sorriso divertito, perché era quel tipo di merda, nonostante la situazione. Sarebbe stato quasi poetico se non fosse stato rapito. «che cosa ci fai qui?» «bella domanda. me lo chiedo anche io» ora che si era assicurato dell’identità della persona davanti a lei, posò finalmente forchetta (arma.) e contenitore sulla superficie più vicino. Gli era decisamente passata la fame- peccato, gliel’aveva preparato Godric con le sue manine. Era vero che la vita del Kaegyama era bizzarra e ormai porsi domande era diventato deleterio per la sua salute mentale, ma quello aveva superato i limiti della comprensione umana. Era sollevato di essere capitato nella casa di una sua ex concasata, qualcuno che considerava suo amico, ma se così non fosse stato? Bella merda. «stavo facendo un finto rito satanico dei poveri per evocare l'anima gemella tipo...» haaaa ok ok. MAYDAY MAYDAY!!! Aveva già sentito troppe cose, troppe informazioni insieme che avrebbe preferito rimuovere dalla sua memoria. Si impose di calmarsi, riportando un certo livello di lucidità alla sua mente così che potesse filtrare tutti quei fatti in una sequenza logica. Prima di tutto: riti satanici. «dove....hai trovato un sito....satanico?» era perplesso, ma anche vagamente incuriosito. Magari c'era un rito anche per lui, anche se rimaneva dell'opinione che fossero babbanate. Seconda cosa: evocare l'anima gemella?? E se si fosse trattato di un pazzo criminale come lui? COSA AVREBBE FATTO. Ryuzaki non credeva nelle anime gemelle, quindi era normale che fosse scettico quando qualcuno le tirava in ballo, se poi si univa il discorso a un rito satanico l'effetto era quello di una barzelletta. «... e sei sbucato tu» il vuoto cosmico e poi- poi la rivelazione di quello che aveva fatto poco tempo prima «ho una teoria. mi sono iscritto a un sito di incontri che prometteva di trovare la mia anima gemella» si ok !!! non giudicatelo era ubriaco ed era caduto in tentazione !! «non è che è tutto collegato?» non aveva idea di come, ma again, si parlava di un rito satanico. «pensavo volessi uccidermi» l'espressione del Kageyama non vacillò, ma dentro stava ridendo somewhat istericamente- eh già! Pensa te, non ne sarebbe mai stato capace. Lui?
    «tecnicamente stavo cercando di pranzare» si difese per giustificare il contenitore e la forchetta, perché fosse stata in lei si sarebbe posto un paio di domande «ero al lavoro» dove sarebbe probabilmente dovuto ritornare. Forse.


    ryu
    zaki
    kageyama


    2001 - we are golden - yakuza boi

    my toxic trait is how badly i want to domesticate a racoon


    con il senno di poi, ryu che si lamenta del suo homy fa ridere.
  11. .
    I give it all my oxygen,
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    ryuzaki kageyama
    20 | ex gryffindor | yakuza
    Sapete cosa? Qualche volta -molte volte- Ryuzaki si pentiva di essere emigrato. Sarebbe stato più facile restare in Giappone, certamente la sua vita lo sarebbe stata. Successe tutto troppo velocemente, e se Ryuzaki fosse stata una persona qualsiasi sarebbe stato facile essere sopraffatti dalla situazione. Ma non lui, scorreva il sangue dei Kageyama nelle sue vene (metaforicamente): era un figlio di puttana duro a morire. Era troppo impegnato a tenere gli occhi puntati sulla schiena del ladro per accorgersi del sicario dietro di lui, e dunque non ebbe modo di difendersi da quel proiettile. Gli sfiorò solo il braccio, ma la sorpresa fu tale da farlo vacillare per un momento e con lui anche la presa sulla bacchetta. Non fece caso al dolore che si sprigionò lungo il braccio o al sangue che stava iniziando a fuoriuscire, strinse i denti e si spostò di lato, dietro a una cassa per togliersi dalla traiettoria di tiro. Buttò uno sguardo dietro di sé per tracciare la traiettoria da cui era venuto il proiettile, ma era difficile pinpoint l’esatta posizione avendone solo una vaga indicazione. Fu il suo fallimento che permise al sicario di premere di nuovo il grilletto, due rapidi spari consecutivi che trafissero il suo braccio destro. Fosse stato più umano, meno preoccupato di se stesso, Ryuzaki sarebbe scattato in avanti per controllare la condizione di Reiji ma non era così idiota da esporsi al nemico. Anche perché aveva un altro problema di cui occuparsi proprio davanti a sé. Nonostante fossero nella penombra, riconobbe il volto di Grey quando si avvicinò per colpirlo. Il Kageyama aveva uno svantaggio in altezza essendo crouched a terra, ma per evitare che Grey colpisse il suo braccio ferito, tentò una gomitata allo stomaco con il suo braccio buono. Fu l’arrivo di una terza figura a stabilire un armistizio tra i due. Immediatamente, il Kageyama scattò in piedi, le dita a formicolare il più a lungo teneva la presa salda sulla bacchetta. Ma che cazzo gli aveva fatto. Si concesse un’occhiata con la coda dell’occhio a Reiji per controllarne lo stato, vedendo che non c’era molto di cui preoccuparsi: era morto. «senza rancore» senza rancore un cazzo. Conosceva Marcus Howl, e come non avrebbe potuto? Era tra i mercanti d’armi migliori sulla piazza londinese, conosceva molto bene il fucile che portava sulla spalla. Quello che non sapeva era del suo secondo lavoro. Sarebbe stato inutile chiedergli chi l’avesse assoldato, ma almeno poteva porre una domanda meno futile «quest’uomo. cosa ne ha fatto un target?» che era un modo diplomatico di chiedere perché l’hai ucciso, brutto pezzo di merda. Fosse stato un altro Kageyama, avrebbe già messo le mani addosso all’Howl. «voi avete una questione da risolvere, immagino» non aveva nemmeno fatto caso alla cassa, ad essere onesti. Quindi, per ricapitolare, uno aveva fatto fuori il suo uomo di fiducia e l’altro aveva cercato di derubarlo. Non giudicava Grey, nella loro linea di mestiere non c’era spazio per quel tipo di sentimento, ma non voleva dire che potesse lasciarlo andare così. Anche solo: spezzargli qualche osso per mandare il messaggio che a lui, non rubava proprio un cazzo.
    No one:
    The dead body in the corner:
    «ci starebbe una pizza»
    «Togliti di mezzo.»
    Non avrebbe saputo dirlo in maniera migliore.
    E sapete cosa? Potevano giocare in due a quel gioco, se Grey intendeva fare l'infame anche Ryuzaki avrebbe giocato secondo quelle carte.
    Approfittò del momento in cui Grey era concentrato su Marcus per lanciare un Incarceramus non verbale, così che delle funi avvolgessero il suo corpo e lo immobilizzassero. «io passo» così, per dire.
    we shoot to kill
    aim for the heart
    live for the thrill



    pandi scegli te se l'incantesimo prende grey! non volevo fare l'op .
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    leslie & abra
    If you fail to plan, you plan to fail
    Strategy sets the scene for the tale
    I'm the wind in our free-flowing sails
    And the liquor in our cocktails


    2022 & 2025 ✧ jarden & sincope ✧ cute but psycho
    What if I told you
    none of it was accidental
    I laid the groundwork
    and then just like clockwork
    The dominoes cascaded in a line
    What if I told you I'm a mastermind?
    «KADABRA PIDOVE QUINN VIENI FUORI O MI INCAZZO» un urlo da una parte ignota della casa, un tonfo. L’ennesimo grido. Persino il pavimento tremava sotto la furia dei gemelli, un ciclone che nessuno poteva fermare una volta che aveva preso piede. «linguaggio!» qualcuno ancora ci provava, ma Sebastian Quinn era troppo provato dalla vita per curarsi dell’ennesimo litigio dei figli. «quante volte ti ho detto» inhale, meme del pinguino di Madagascar and- «CHE TI DEVI FARE I CAZZI TUOI» Abra puntò un dito contro il petto del fratello, affondandolo ripetutamente nella maglia a ogni sillaba. Qualcuno avrebbe potuto chiamarla drammatica, fin troppo esagerata, ma non sapevano quello che Kadabra aveva fatto. Il limite che aveva oltrepassato, la fiducia tradita. «lo sai cosa succede alle spie?» era una domanda retorica, e il Quinn lo sapeva bene: non era la prima volta che succedeva. L’ultima volta si era beccato il ferro del camino sulla rotula. Evidentemente non aveva funzionato, ed era arrivato il momento per la Quinn di inventarsi qualcosa di più creativo. Qual era la giusta vendetta per qualcuno che era andato a fare la spia da mamma a 17 fuckin’ anni? Il fatto che ne avesse tutto il diritto dopo che si era fatta fare un tatuaggio nello scantinato di uno sconosciuto non era una scusa. Si ok, sarebbe potuta morire, prendersi qualche malattia, venire rapita, ma alla fine ne era valsa la pena ed era arrivata a casa tutta d’un pezzo. Beh, tranne la pelle sopra alle costole che erano stata brutalmente martoriata dagli aghi. Dopo che sua madre l’aveva saputo, aveva osato proibirle di andare al concerto per cui aveva aspettato quasi un anno. Più qualche mese di lavori forzati in casa, ma Abra avrebbe trovato il modo di addossarli a qualcun altro. Eppure, non aveva battuto ciglio quando aveva saputo della festa dei Parrish, cullata dalla falsa credenza che si trattasse di un modo innocente di festeggiare il Natale tra amici e parenti. Nessuno l’aveva avvisata di quando, l’anno precedente, Bollywood Hamilton fosse uscita scalza per la strada e avesse iniziato a correre per il vialetto in preda a strane manie di gloria (era convinta di essere un’atleta olimpionica, per qualche motivo). Per quanto riguardava suo padre, dopo aver cresciuto una figlia da solo per vent’anni, i conseguenti nipoti, e una successiva ondata di prole ormai i suoi occhi da elfo avevano visto qualsiasi cosa ci fosse da vedere. Anzi, le aveva detto che al prossimo tatuaggio l’avrebbe accompagnata lui in un negozio decente. Mamma non l’aveva presa bene, ma Abra era evaporata prima che potessero metterla in mezzo.
    Comunque. Tornando a quell’infame di merda di suo fratello. «la prossima volta che snitchi, ti faccio trovare il cadavere di squirtle nella colazione» fyi: squirtle being l’emotional support lizard di Kadabra. Fosse stata una persona meno disfunzionale, quella minaccia sarebbe stata vuota, ma entrambi sapevano che non era quello il caso.

    Leslie Larson-Lowell (o Lowell-Larson, dipendeva dalle scuole di pensiero) era ormai un ospite fisso all’annuale tradizione dei Parrish. Non perché provasse un particolare affetto verso i cugini, ma perché qualsiasi scusa era ben accetta per sottrarsi alle grinfie della famiglia Bitchinskarden. Tutto bellissimo, ma tutte quelle luci e colori erano troppo per qualcuno che viveva in un loculo. Non un vero loculo, sfortunatamente, ma il vibe era lo stesso. Era un’artista, era una weirdo. Non fittava in. Ed era colei che aveva iniziato la conspiracy theory secondo cui Jungkook era la reincarnazione della Principessa Diana. Sì, ci teneva a ricordarlo a chiunque perché era stato l’apice della sua carriera da memelord e shitposter. «c’è dell’erba? almeno qualche droga?» domandò a Toast quando le allungò il piatto di pasticcini, anche se lo dubitava fortemente conoscendo il Quinn. Ne prese comunque uno dal piatto, non badando alle references alla carne umana. Aveva mangiato di peggio. Bastava chiedere a chiunque fosse stato invitato a mangiare a casa delle sue madri. «ti avevo portato questi» posò dei biscotti incartati sulla gamba di Toast, il tipo di stupidi biscotti natalizi per cui tutti andavano pazzi. Or something, perché erano davvero ovunque. Sapeva che Toast non avrebbe potuto mangiare quello che avevano preparato i cugini e….si insomma……in quanto l’aveva invitato lei si sentiva responsabile «non li ho fatti io, tranquillo» per quanto fosse un’esperta di coltelli e cose infiammabili, aveva ereditato il talento culinario da Jericho e Darden. Evitò accuratamente lo sguardo del ragazzo, cercando disperatamente di play-it-cool nonostante percepisse un umiliante calore sulle guance.
    Menomale che suo fratello era troppo impegnato a fare il cretino per prestare attenzione. Non le piaceva essere percepita.

    «guardate cosa ho portato?» perché dopo i pasticcini di Sweeney Todd ci mancava lei ad aggiungere quel pizzico di creepy che mancava. «TADAN!» tirò fuori la bottiglia da……segreto del mestiere, non lo saprete mai, sventolandola davanti al naso dei presenti. I più attenti l’avrebbero riconosciuta come una delle tante bottiglia in mostra in casa Rivera-Quinn, che Abra non aveva assolutamente rubato e non aveva intenzione di riempire con acqua una volta tornata a casa. Contava che Kadabra e Toast tenessero la bocca chiusa, ma se così non fosse stato…….Kadabra certamente aveva una mezza idea di cosa lo attendeva. «una fantastica tequila con un verme! si dice che il verme abbia effetti allucinogeni, ma chissà» si strinse tra le spalle, non aveva mai avuto modo di constatare se fossero tutte cazzate o meno. Che poi si trattasse di mezcal e non di tequila non era importante, non c’era lo spirito di Lele a lamentarsi di quel grave misconception. «chi vuole essere la prima vittima?» e perché proprio Kadabra.
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    Abra vi offre la tequila con il verme, Leslie parla a Toast
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    ryuzaki kageyama
    20 | ex gryffindor | yakuza
    Ryuzaki non era una creatura notturna, ma il suo lavoro molto spesso implicava lavorare nell’ombra. Sia figurativamente che letteralmente. Sebbene facesse il tatuatore a tempo perso, non aveva dimenticato le numerose responsabilità che lo zio gli aveva lasciato a gravare sulle spalle. Hiroji doveva ringraziare di avere un nipote brillante, un camaleonte disposto ad attarsi a qualsiasi compito dovesse portare a termine, specie se di trattava di tingersi nuovamente le mani cremisi. Controllò alle sue spalle che i suoi uomini fossero in postazione, sia quelli in vista che quelli nascosti in vari punti strategici nel caso qualcosa fosse andato storto. Non sempre succedeva, ma il Kageyama preferiva essere eccessivamente cauto che trovarsi a perdere preziosi chili di prodotto. «come procede?» domandò alla figura che stava procedendo verso di lui, uno dei suoi collaboratori più stretti e che stava monitorando lo sbarco dei container. «nessun problema con il carico. kingstone è stato di parola» Ryuzaki annuì, concedendosi di lasciar andare la tensione che aveva accumulato nelle spalle. Kingstone gli aveva dato più di un problema in passato, e sebbene il Kageyama si era assicurato di provvedere personalmente al problema, non si poteva mai essere troppo scrupolosi. «bene, dì agli altri di iniziare a preparare il carico per il trasporto» fece appena in tempo a terminare la frase che un rumore alle sue spalle lo fece irrigidire nuovamente. Portò istintivamente la mano alla bacchetta, prima di realizzare che il rumore era semplicemente l’abbaio di un gruppo di cani randagi. Ryuzaki corrugò le sopracciglia, lo sguardo a soffermarsi per qualche battito di più sulla provenienza del disturbo. Contò mentalmente il numero di uomini che aveva a sua disposizione escludendo quelli impegnati con il trasporto, poi si rivolse all’uomo «state all’erta, c’è qualcosa che non mi convince» Ryuzaki possedeva uno spiccato sesto senso per il pericolo, uno che gli aveva salvato la pelle in diverse occasioni, e quella volta c’era qualcosa nell’aria che non gli tornava. Tipo i suoi amichetti che volevano a) derubarlo o b) ucciderlo. Istruì alcuni dei suoi sottoposti di dirigersi verso la fonte del rumore e ispezionare la zona, mentre il giapponese si avvicinò al carico a pochi metri da dove si trovava. Dalla sua posizione scorse qualcosa, la silhouette di quello che pareva un uomo. Non era facile individuare la figura nella scarsa illuminazione della banchina, e per quello che gli riguardava poteva benissimo essere la tensione a giocargli brutti scherzi, ma il suo istinto lo spinse ad avvicinarsi alla cassa. Quasi trattenne il respiro per non farsi individuare, emergendo da dietro un container e alle spalle di quello che confermò davvero essere una persona. «dammi un buon motivo per non ucciderti ora» puntò la bacchetta alle spalle della figura, pronto a combattere nel caso ce ne fosse stato bisogno- e qualcosa gli diceva che it was about to go down.
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    be the cowboy
    nobody
    mitski
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    ryuzaki kageyama
    yakuza
    ex gryff
    golden
    Forse non c’era motivo per Ryuzaki di essere così nervoso, dopotutto si trattava di Fake. L’aveva sempre accettato per quello che era, non vedeva perché qualcosa sarebbe dovuto cambiare. Still, il giapponese fu sorpreso di ritrovarsi tra le braccia del suo bromy, ma non abbastanza da non ricambiare quell’abbraccio. Servì a calmarlo? Non proprio, ma apprezzava il gesto. «BROMY!! LAVORI COME TATUATORE??» il Kageyama annuì, leggermente sopraffatto da tutto ciò che era accaduto negli ultimi minuti: il drammatico reveal, la reazione di Fake, l’abbraccio. Non sembrava, ma in fondo anche Ryuzaki aveva un lato sensibile. Molto in fondo, ma era più facile che uscisse fuori quando si trovava attorno ai Golden. Quelli rimasti, almeno. «da quanto? Perché non me l’hai detto?» il giapponese poteva scegliere di essere onesto, o cercare una mezza verità che gli permettesse di non esporsi troppo al Cheena. Ryuzaki non era fatto per le conversazioni a cuore aperto, gli facevano sudare i palmi e desiderare di essere altrove, possibilmente nascosto agli occhi del mondo. Dov’erano i Linguini quando aveva bisogno di una distrazione? Il Kageyama mantenne saldo lo sguardo del Golden, perché per quanto avrebbe preferito non rispondere non era un codardo «non era importante» si strinse nelle spalle, i denti ad affondare nel labbro inferiore. Stava sudando, sentiva di stare sudando. Non gli piaceva aprirsi le persone, preferiva ascoltare e offrire i suoi saggi consigli o in alternativa insultarle, l’unica eccezione era quando aveva dell’alcol in mano. Ma non gli sembrava il caso in quel momento. «è un hobby, non pensavo importasse granché» perché sapevano entrambi che il lavoro principale del Kageyama consisteva nel conficcare oggetti appuntiti nelle persone, di solito più grandi di un ago. Fu grato che Fake non cercò di approfondire quel discorso yet, perché Ryu era già out of it così. Osservò di sottecchi il suo bromy buttarsi su una postazione qualsiasi, mordendosi la lingua per impedire di commentarsi quanto fosse a) non igienico e b) non la sua stazione. Eh, era andata così, fuck it. «dove trovi posto. Quello che vuoi, mi fido» il Kageyama arcuò le sopracciglia, lasciando trapelare un pizzico di sorpresa on his usually blank face (se nessuno vuole ruolare in inglese con elisa, elisa piazzerà cose a caso in mezzo alle role. anche perché non sa l’italiano) «sei sicuro di volermi dare questo potere? chi ti dice che non ti tatuerò godric in faccia?» l’idea della faccia dell’Osborne sul volto di chiunque era un pensiero così ridicolo da fargli sollevare l’angolo della bocca, un sorriso appena accennato a rompere la maschera di nervosismo «scherzo, non potrei mai farti portare questa croce» e poi Godric era brutto, se doveva essere sincero. La sua attenziono si spostò sul tatuaggio che lui e Fake avevano in comune, i polpastrelli ad accarezzare l’inchiostro per qualche secondo- era stato più forte di lui, ma solo ora si rendeva conto di quanto fosse creepy. Certo, se Fake gliel’avesse chiesto, Ryu avrebbe usato la scusa che stava valutando dove posizionare il suo tatuaggio. Il Kageyama ritornò presto alla realtà, approfittando del dover preparare i vari materiali per allontanarsi dal Cheena. Prese un pennarello speciale per poi disinfettare la zona, e tracciò una serie di caratteri giapponesi sul costato. «però mi piacerebbe vedere i tuoi disegni? Se posso. Se vuoi» non pensava di averlo mai ammesso a se stesso, ma il Kageyama trovava adorabile il modo di fidget di Fake. Strinse gentilmente la mano attorno al suo polso per fermarlo, rimuovendo la mano dalla faccia «fermo, non voglio che vengano storti» mormorò mentre si assicurava che i caratteri fossero posizionati correttamente e che Fake fosse d’accordo con la grandezza: era un professionista, e un perfezionista at that. L’agitazione aveva ormai lasciato posto a un headspace focalizzato sul tatuaggio, anche detto dal Kageyama stato zen. Poggiò una mano sul costato di Fake per mantenere la pelle tirata, portando la macchinetta sulla pelle per iniziare a tatuare. «non ti ho fatto vedere i miei disegni perché non sono ancora allo standard che vorrei, non perché non volessi» ci tenne a specificare, casomai il Cheena si facesse strane idee: conosceva i suoi polli «ma a casa te li posso far vedere» cristo, non avrebbe esitato a prendere una proiettile al suo posto, certo che avrebbe fatto vedere i suoi design a Fake. Ryuzaki si raddrizzò sulla sedia, e si allungò per prendere uno scottex dalla sua stazione. Lo usò per pulire l'inchiostro in eccesso e osservare il primo tratto. Nonostante la frase fosse tratta da un poema cinese, Ryuzaki aveva scelto di usare la traduzione giapponese; sarebbe stato troppo facile per Fake interpretarla, e al Kageyama piaceva troppo essere criptico per concedergli quel lusso. Certo, avrebbe potuto usare un traduttore, ma era come tradurre un pezzo della Divina Commedia e aspettarsi che mantenesse lo stesso significato. Si trattava della citazione 海内存知己,天涯若比邻 (sì, in cinese perché non so il giappo. e fingiamo che sia corta e che non ci metteranno ore) estratta da un poema della dinastia Tang e scritto da Wang Bo, Ryuzaki ci si era imbattuto mentre leggeva un libro di poesia ed era rimasto impressionato dal suo significato. Riprese a tatuare, conscio che se non si fosse sbrigato sarebbero stati lì fino a sera «gli altri lo sanno? Dello studio» era........geloso? Perché non glielo aveva detto? O forse si sentiva escluso, difficile dirlo quando non poteva leggere l'espressione sul suo volto. «quelle bestie? perché avrei dovuto» mi stanno tutti sul cazzo [affectionate] «lo sa solo delith, solo perché ha visto per sbaglio i disegni» non sapeva perché sentiva il bisogno di giustificarsi con Fake, ma gli sembrava la cosa giusta da fare. «però sei stato il primo a venire qui» sollevò per un attimo la macchinetta, concedendosi un momento per osservare il volto di Madein. Cosa sperava di scorgere, il Kageyama? Non ne aveva idea, quella situazione era troppo surreale per avere qualsiasi aspettativa.
    Venus, planet of love
    Was destroyed by global warming
    Did its people want too much, too?
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    ryu
    zaki
    kageyama


    • golden
    • yakuza
    • twenty
    • ex gryffindor
    Altro che maledizione di Stiles, il Kageyama stava incominciando a pensare che chiunque mettesse piede nei Golden fosse condannato a sparire prima o poi. Non gli credete? Ryan e Dante si erano trasferiti a Pescara, Delith si era preso una vacanza dalla vita e Godric aveva passato gli ultimi mesi a fanculonia. Non che il fatto avesse toccato il Kageyama più di quanto non avesse fatto le altre volte, a certe cose ci si faceva l’abitudine dopo un po’. E no, il discorso non valeva per fuckin’ Madein Cheena, che se mai fosse sparito lo avrebbe stanato ovunque fosse andato, fossero i confini del mondo o un vecchio diner in the good ol’ US of A. Ad ogni modo, strano a dirsi! ma persino il giapponese aveva altro da fare piuttosto che il babysitter. C’erano da gestire gli affari di famiglia, che suo zio gli aveva tanto generosamente mollato tra le mani, come se il fatto di essere nato nella yakuza gli avesse donato qualche abilità innata. Eppure, Ryuzaki non aveva bisogno di una sfera di cristallo per sapere che, nonostante tutto, avrebbe persistito e sarebbe stato all’altezza della fiducia che la sua seconda famiglia aveva risposto in lui. In fondo, Ryuzaki sapeva di essere un dannato masochista fin troppo ligio al dovere. Poi, c’era il suo studio da mandare avanti, clienti con cui concordare il design finale e altri che avrebbe tatuato non appena si sarebbe liberato dagli affari di famiglia. Almeno, almeno, aveva smesso con i walk-ins perché se avesse dovuto tatuare per l’ennesima volta un cuore a due besties4ever, si sarebbe piantato un proiettile in testa. Osservò di sottecchi Fake, gli occhi a posarsi per un battito di ciglia sul tatuaggio che condivideva con il suo bromeo- ok, forse il Kageyama non era nessuno per giudicare gli altri. L’odore dello smalto arrivò a Ryu in quel momento, facendogli arricciare il naso senza che potesse farci niente; sapeva di risultare ridicolo con la faccia tutta accartocciata, il torso che si reclinava appena per sfuggire all’odore, ma avrebbe comunque continuato per il suo bromy. Il giapponese non ricordava quando fosse iniziata quella tradizione, forse nei primi anni di scuola, ma era sempre onorato quando Fake lo placcava a caso per mettergli lo smalto. Era un qualcosa di patetico, se ne rendeva conto, ma ormai erano anni che Ryu conviveva con quella cotta. Schiuse le labbra come per dire qualcosa, ma fu interrotto dal suono della porta che si apriva e che si richiudeva. «ty è già tornato?» chiese con una punta di stupore dal bromy, continuando però a stendere diligentemente lo smalto nero sull’indice. Ryuzaki non si faceva troppe domande su dove scomparissero i suoi coinquilini quindi no, non gli passò per la testa che quello potesse essere Godric. Erano in camera di Ryu, non c’era modo che potessero accertarsi dell’identità del nuovo arrivato ma se lo avesse saputo, probabilmente avrebbe barricato l’entrata di casa. «se state per uscire dagli armadi urlando "sorpresa" vi ammazzo. e, soprattutto, niente regalo per voi» il pennellino si fermò a mezz’aria, le dita del Kageyama a stringersi appena attorno al polso di Fake. «il traditore è tornato.» no Sandy, non stiamo parlando di te! Ryuzaki affermò deadpan, lasciando andare la mano dell’altro e riponendo il pennellino nella boccetta. Gli toccava alzarsi, vero? Avrebbe volentieri rifilato il trattamento del silenzio a Godric per giorni, se non settimane, ma in assenza di Dante qualcuno doveva pur fare l’adulto. Lasciò il Cheena a sistemarsi (da cosa), mentre raggiungeva il salone dove assolutamente nessuna festa a sorpresa stava aspettando l’Osborne. «un regalo, davvero osborne?» Ryuzaki poggiò una spalla allo stipite della porta, incrociando le braccia al petto e non risparmiando Godric di un’occhiata molto contrariata «sparisci nel nulla e pensi di rimediare così? potevi almeno comprare una torta» cosa si aspettava, che gli facesse le feste come un cazzo di golden retriever? Almeno la torta l’avrebbe apprezzata, al contrario della presenza dell’ex corvonero.

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