Votes taken by fearless»

  1. .
    Mi sono preparata questo messaggio tipo... non lo so, qualche ora fa credo. Di più? Non ricordo con l'esattezza, eppure proprio ora mi ritrovo a scrivere anch'io qui, cercando di aspettare il più possibile, inutilmente.
    Sono un'utente fantasma da quando mi sono iscritta, le role che ormai da più di un anno ho aperto possono contarsi sulle dita di una sola mano ma di erto questo non vuol dire che al forum non ci tenga, che ai pg non ci tenga, che a voi non ci tenga. Vuol dire che non so gestirmi, che non sono capace di ruolare se non nei giorni prossimi al censimento e che, a differenza del mio nick, ho paura a perdere tutto e purtroppo l'unico modo è staccarmi almeno per un po' e concentrarmi su poche cose alla volta.
    Inutile dire che mi dispiace un sacco, siete magnifici e il forum con voi, il quale continua ad evolversi senza sosta, però purtroppo io non riesco a stargli dietro...
    E mi dispiace davvero troppo scrivere queste righe, eppure mi sentivo troppo in colpa a continuare a comparire così di rado e non fare effettivamente nulla, dire "si sì" per poi fare completamente il contrario perché non riesco ad immergermi maggiormente nel vostro fantastico gruppo. Eppure sono fatta così, un po' per l'ansia di sbagliare, un po' per quella di non voler assillare le persone tendo a non parlare e con ciò ad escludermi da sola da ogni cosa.
    Detto ciò ringrazio immensamente tutti, dal primo all'ultimo, da Ari coi suoi messaggi di "buongiorno" random a Vio che da sempre ha saputo muovere Khai meglio di me (te lo affido, so che Fox ne avrà gran cura ♥️). Grazie a Sara, a Lele, Rob, Nini... grazie a tutti, siete una famiglia stupenda e meglio di così non potreste essere, mi avete accolta nei vostri raduni anche quando la mia pg era appena nata e quindi inesistente nelle vite altrui, eppure siete riusciti a rendere il forum stupendo in off tanto quanto in on, e questo è davvero un vostro enorme pregio!
    Io spero davvero, davvero tanto che questo non sia un addio, eppure devo salutarvi e ancora vi ringrazio per il tempo, per la pazienza e per la bellissima amicizia che voglio assolutamente mantenere con tutti voi.
    Grazie ♥️
  2. .
    16 YEARS OLD
    HUFFLEPUFF
    PUREBLOOD
    Quando sarebbe diventata vecchia, quella di certo sarebbe stata una storia perfetta da raccontare ai suoi nipotini curiosi, gli occhi attenti a guardarla mentre rimembrava con tenerezza gli attimi di gioventù sul vecchio dondolo in veranda, in Messico, ricamando maglioncini colorati. Già riusciva ad immaginarsi, un abito a fiori, ciabatte nei piedi e uno chignon sfatto a tenere su i capelli ormai grigi, mentre quei bimbi ridacchiavano alle sue disavventure in amore. Divertente sarebbe stato, col senno di poi, probabilmente ci avrebbe lei stessa riso sopra mentre un dolce «Nonna Thea, raccontaci un'altra storia!» la staccava momentaneamente da quel ricordo per lasciarla tuffare in uno altrettanto disagiato. Eppure in quel momento immaginarsi vecchia e raggrinzita come una pera appassita sembrava essere il migliore dei passatempi, vedersi attorniata di bimbetti dai capelli scuri come i suoi e immaginare nomi particolari per loro, nonostante tutto ciò le sussurrava pian piano che in quella situazione andava ben poco lontano e che se continuava ad essere fortunata come quel giorno, l'unica sua compagnia superati i cinquant'anni sarebbero stati gatti imploranti di avere altre crocchette e tonno.
    Sospirò, in fondo era ciò che le riusciva meglio negli ultimi trenta minuti, nei quali la porta di entrata aveva lasciato apparire sul suo volto una velata espressione di sollievo per poi scomparire con la stessa velocità con cui era comparso, lasciandole perdere completamente la speranza e con essa lo sguardo continuo e fisso sulla porta principale. Fu per quello stesso motivo che non vide la figura famigliare avvicinarsi percependo solamente la sua presenza lì di fianco e il suo successivo tocco delicato sulla propria nuca, portandola a muoversi lentamente nonostante la situazione sarebbe dovuta presentarsi più agitata e colma di entusiasmo.
    «Alla buon'ora! È da più di... A-Arci?» chiese cominciando in quel momento a balbettare con voce sorpresa, sollevando il capo in sua direzione ed incrociando solamente in quell'istante il volto del ragazzo che si era avvicinato tanto. Okay, forse quello con cui aveva un appuntamento e che dolcemente le aveva dato buca non era il migliore dei ragazzi in circolazione ma... beh diciamo che si sarebbe ricordata se ad invitarla fosse stato il Leroy. Non che avesse chissà quale... come dire... divergenza con lui, ma certamente non rientrava nella più stretta cerchia di amici con cui era solita passare i pomeriggi liberi o rimanere sveglia fino a tarda notte anche soltanto per chiacchierare. Diciamo che era più una di quelle persone che incroci nei corridoi pensando "ti prego, fai che giri l'angolo". Ma nulla di personale certo, semplice intolleranza a pelle tra i due.
    «Non sono...» ...affari tuoi, avrebbe voluto continuare la frase, ma quelle due parole le morirono in gola non riuscendo ad uscire dalle labbra della Tassorosso, manifestandosi come un sospiro rassegnato per tutto ciò che di storto era andato da quando era entrata in quel locale. Distolse perciò lo sguardo da lui socchiudendo appena gli occhi mentre si risistemava in maniera più composta sulla sedia, portando le ciocche di capelli scuri dietro le orecchie e poggiando entrambi i gomiti sula superficie lignea del tavolo, le mani a sorreggere il mento intanto che un sorriso forse sforzato andava ad illuminare lievemente il suo viso. Forse non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stessa, ma in quel momento un intero coro angelico stava suonando nella sua mente un motivetto in onore dell'ex Serpeverde che - chissà poi per quale motivo, lo avrebbe scoperto e glie l'avrebbe fatta pagare #wat - l'aveva tolta da quella situazione già diventata abbastanza imbarazzante per i suoi standard. Non che a Thea importasse particolarmente di quel che gli altri clienti di Madama Piediburro pensassero di lei, ma il lieve chiacchiericcio rivolto a lei ora pareva essere cessato, e questo certamente era un sollievo.
    «Un idiota, già. Ma ne hai un'altra della stessa forza proprio di fronte» mormorò sorridendo amaramente, risollevando per qualche istante gli occhi in cerca dello sguardo di Arci. Istintivamente. Senza nemmeno pensarci troppo su aveva spiattellato bellamente ciò che da un'ora circa continuava a vorticare nella sua testolina forse troppo ingenua. «Ti va di bere qualcosa? Di già che sei qui ad evitarmi un'umiliazione pubblica lascia che ti offri qualcosa» e magari quel ragazzo si sarebbe rivelato meno peggio di quel che appariva agli occhi di Thea ormai da qualche anno.
    Calathea Rojas Fernàndez
    Sunshine mixed with a little hurricane
    You Sit And Stay I Don'T Obey // by ms. atelophobia
  3. .
    16 YEARS OLD
    HUFFLEPUFF
    PUREBLOOD
    Così tanto raramente le capitava di fare qualcosa, a detta sua, inusuale come uscire con qualcuno, per quanto quel rapporto potesse legarli semplicemente da un moto di conoscenza reciproca che di poco sfiorava l'amicizia. Non che non le piacesse passare un pomeriggio o una serata in compagni di qualcuno che non fosse la solita compagnia fidata, ma un po' di disagio pareva crearsi ogni qual volta le si presentasse l'occasione di infilare il naso fuori dal castello per recarsi ad Hogsmeade e nei paraggi per sedersi dietro un tavolino e chiacchierare del più e del meno. Perciò no, nessun problema, quella mattina non aveva fatto alcuna fatica ad uscire dal letto per infilarsi un semplice abito a fiori spezzando quell'aspetto troppo femminile con una giacchetta in jeans e un paio di converse gialle, se non per un piccolo dettaglio. Nulla di che, in fondo. Dai, davvero aveva osato pensare che nulla sarebbe potuto andare minimamente storto? L'aveva letto o no nel suo oroscopo, quella mattina, che "qualche incidente di percorso andrà messo in conto, considerati gli imprevisti che oggi vi toccano", no?!
    Onesto. Più che giusto.
    Aspettò senza fretta per quelle che parvero ore e che effettivamente si rivelarono essere all'incirca tali, seduta al tavolino in legno del locale, le dita intrecciate intorno alla superficie liscia e tiepida della tazza, il profumo del cappuccino a riempire l'aria circostante, nonostante quell'ordinazione fosse stata fatta ben mezz'ora prima. Non aveva potuto aspettare ancora, già le sembrava abbastanza imbarazzante starsene da sola seduta con lo sguardo incollato sulla porta, le dita a tamburellare sul piano del tavolo mentre un'espressione impazientita cominciava a dipingersi sul suo volto. Aveva provato ad ingannare il tempo raccogliendosi ciocche a caso in trecce piccoline ai lati della testa, provare ad imparare a memoria ogni possibile ordinazione sul listino prezzi lasciatole dal cameriere e persino contare quante margherite ci fossero sul suo vestito, finendo per smetterla nel momento in cui esaurì quelle sul davanti e sui lati, evitando di rendersi ridicola simulando un cane che cerca di rincorrersi la coda. In fondo non era nell'indole di un gattaro compiere un'azzardo simile, e solo ad un'ora e una manciata di minuti dalla sue entrata nel locale Thea se ne rese conto, rimpiangendo quel pomeriggio in cui sua cugina aveva insistito per convincerla ad uscire, affermando in maniera velata e probabilmente involontaria quanto la Tassorosso non fosse abbastanza adorabile da sola e necessitasse la compagnia di un qualche ragazzo che per chissà quale motivo aveva deciso di non presentarsi quella mattina per una semplice colazione fuori dall'ordinario.
    Onesto pure quello.
    Chiuse per qualche istante gli occhi, la bevanda che a breve si sarebbe raffreddata ancora completamente presente nella tazza lì di fronte, gli occhi di Thea puntati contro non appena le palpebre le liberarono nuovamente la vista, lo sguardo a piazzarsi freddo su di essa, come fosse stata completamente sua la colpa del bidone appena ottenuto. Sollevò perciò il recipiente e lo portò velocemente alle labbra, assaggiando il suo contenuto, lasciando che l'amaro del caffè e il dolce dei marshmallow le bagnassero le labbra e con esse ammorbidirono il suo umore grigio.
    Poggiò quindi nuovamente la tazza sul tavolino, allontanandola e portandosi le mani in grembo, giocherellando distrattamente con l'orlo della gonna. Abbassò il capo assieme allo sguardo, portando la fronte a contatto col piano liscio e lasciando che la nuvola di capelli castani le ricadesse sul volto, nascondendo l'espressione di sconforto dipinta ormai sul suo volto, il sorriso forse mai davvero spuntato sulle sue labbra spento definitivamente, e qualcosa le suggeriva che non l'avrebbe ritrovato molto presto.
    «Che. Palle.» mormorò soltanto, la voce spenta e smorzata dalla posizione assunta, sbuffando in seguito, socchiudendo le palpebre nella speranza di cancellare interamente quella situazione, una volta risollevate, ritrovarsi magicamente seduta sulla poltrona comoda nella sala comune dei Tassorosso, nello spogliatoio preparandosi per un allenamento di Quidditch o persino in biblioteca con un libro aperto di fronte per studiare. Tutto sarebbe stato meglio che trovarsi ancora in quel posto, in quel momento. E Thea non poté far altro che maledire sé stessa per non aver ancora imparato a smateriallizarsi o per lo meno imparato a riconoscere un vero invito da uno che si sarebbe trasformato senza ombra di dubbio in un classico "due di picche". Magari era stato così palesemente impresso nella sua voce e nella sua espressione, ma la cognizione inesistente e la troppo scarsa esperienza della Tassorosso non le avevano permesso di fare questa importante distinzione. E ora ne pagava le conseguenze, seduta al tavolino con lo sguardo basso e l'espressione da cucciolo abbandonato scavato sul suo volto.
    Onesto persino quello, in fondo...
    Calathea Rojas Frnàndez
    Sunshine mixed with a little hurricane
    You Sit And Stay I Don'T Obey // by ms. atelophobia


    Eeeee scusa per il post un po' così (???), appena ci riprendo la mano ti prometto che sarà tutto migliore ♥
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    Nome Utente: Sil
    Periodo di Assenza: Da.. A.. --> eh bella domanda... di sicuro da oggi (ma anche da prima, dai chi mai metterebbe in dubbio la mia latitanza?) fino a boh #wat immagino fino a fine giugno ma chi li conosce gli imprevisti? D'altronde hanno solo messo un esame lo stesso giorno dell'unico Impegno (sì, con la I maiuscola!) che siamo riuscite ad organizzare mesi fa... ci voleva no?! :')
    In ogni caso torno, non preoccupatevi! A presto ♥️
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    Scheda pg:
    HTML
    <a href="http://oblivion.hp.gdr.forumcommunity.net/?t=58646892">Calathea Rojas Fernàndez</a>

    Perchè vuoi far parte della squadra?: Perché le piace il Quidditch, le è sempre piaciuto e sempre le piacerà. Inoltre ama la sensazione che si prova quando si solleva in volo e il sollievo di quando tocca finalmente di nuovo terra.
    Ruolo che vorresti ricoprire: battitore che la forza dei gemelli sia con me
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    ■Character :
    HTML
    [URL=http://oblivion.hp.gdr.forumcommunity.net/?t=58646892]Calathea Rojas Fernàndez[/URL]

    ■School: Hogwarts
    ■House (o ex House): Tassorosso
    ■Anno di nascita: 2000
    ■Nato dopo settembre?: NO
  7. .
    Home sweet home
    16 YEARS OLD
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    PUREBLOOD
    «Ti piacerebbe tornare a quando eravamo bambine?». Sorrise Thea, gli occhi a formare due fessure mentre le dita giocherellavano distrattamente coi pop corn dentro la ciotola, come a cercare quello perfetto senza però afferrarne nessuno. Sorrise e sollevò appena le sopracciglia, annuendo lentamente, lo sguardo fisso ancora su quelle immagini in continuo movimento. Sorrise per quella domanda, per la precisione con cui il suo pensiero era stato reso concreto, per la varietà di cose che avrebbe potuto fare tornando bambina e, se possibile, sorrise ancora di più alla risposta di Eleanor. Fu allora che si voltò verso di lei, gli occhi scuri a cercare quelli più chiari di lei, mentre seguivano ancora quel film. Non aveva paura di perdersi le battute Thea, non era sicura di riuscire a perdere il filo logico di quel film che conosceva meglio della sua stessa vita. Vita che, a proposito, per essere cominciata da soli sedici anni pareva voler presagire un futuro pieno di arcobaleni e cupcake a vedere dalla piega sempre migliore che stava assumendo. Non era certa di voler sapere cosa sarebbe potuto succedere di lì a pochi mesi soltanto, prevedere anche solo in minima parte il futuro tanto incerto che la aspettava a braccia aperte con chissà quale sorpresa ad attenderla... Non era sicura nemmeno di voler sperare in qualcosa di diverso, per quanto ne sapeva sarebbe comunque potuto andarle peggio, e in fondo non le andava di lamentarsi di quel che aveva, d'altronde era ciò che era anche grazie a quelle esperienze.
    «Scuola... non vedi anche tu l'ora di ricominciare?» chiese quindi, il tono ambiguo, un misto di eccitazione e ansia a marcarle il tono tenuto piatto, la voce non troppo alta per non coprire troppo il discorso nel film. «Quest'anno tu hai i MAGO, mentre io non ancora. Sai già che strada prendere?» chiese quindi alla Corvonero, raccogliendo le ginocchia portandosele al petto, scegliendo quindi un pop corn dalla ciotola e portandoselo di fronte al viso, rimanendo a fissarlo rigirandoselo tra le dita. «A me piacerebbe qualcosa che abbia a che fare con le pozioni. O magari con l'erbologia, mi piace tanto anche quella materia... però non so ancora, ammetto che mi ispirerebbe moltissimo anche il ramo del giornalismo, qualcosa che abbia a che fare con... non so, magari non solamente con articoli strazianti tipo la scomparsa misteriosa di persone ritrovate solamente mesi dopo...» mormorò l'ultima parte, una vena di preoccupazione impressa nella voce. Inspirò, voltandosi verso la persona alla quale quella domanda era stata posta, osservando El negli occhi cercando il sorriso che l'aveva abbandonata per qualche istante soltanto. Espirò quindi, poggiando il chicco sula lingua, afferrandone quindi una manciata e cominciando a spiluccare da questa, pronta ad ascoltare la risposta della cugina. Era abituata a lasciar cadere quel discorso, ad appoggiare Eleanor concordando il loro classico "c'è tempo per questo genere di problemi", il futuro così enormemente futuro rispetto alle loro giovani vite che pian piano stavano consumando gli anni senza nemmeno che se ne accorgessero. Pareva il giorno precedente che Thea e la sua famiglia si prendevano una settimana libera per la visita ai parenti londinesi, le due bimbe rintanate nella sala a giocare a più giochi possibili, cambiando ogni dici minuti pur di non perdersi nulla in quei pochi giorni che avrebbero passato insieme. Eppure erano passati anni, erano passati momenti ed esperienze che le avevano segnate entrambe, ma nonostante ciò, la Tassorosso ancora riusciva a sentire le risate camuffate da sotto il fortino di coperte o il profumo del profumo di quella casa.
    «Tu invece? Hai già qualche idea un po' più chiara?» chiese, afferrando il telecomando e mettendo in pausa, la bocca semiaperta in una smorfia del maggiordomo nel film la fece sorridere, per poi voltarsi nuovamente verso El, incrociando le braccia intorno alle ginocchia per ascoltare le sue parole.
    Calathea Rojas Frnàndez
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  8. .
    Iscrivo Khai Bakri e invio subito il regalo ♥
  9. .
    Nick prima utenza + link fearless»
    Nick nuova utenza + link: arcadian
    Link alla presentazione:
    Role attive:
    Scheda ULTIMO pg creato: Thea
  10. .
    27 YEARS OLD
    MUGGLE
    AEROKINESIS
    NEW HOVEL
    Poche cose lo spaventavano per davvero, forse perché troppo coraggioso o forse, ipotesi più probabile ed effettiva, perché Khai fosse talmente ingenuo ed innocente da non scorgere il pericolo e con esso il timore. Aveva paura della morte, come un po' tutti in fondo, paura di cadere in quel sonno perenne da cui mai ci si risveglierà. Eppure temeva più per quella altrui che per la propria, saper di non poter più stare al fianco di questa o quella persona lo lasciava scivolare in uno stato di malinconia in grado di fargli vedere di fronte agli occhi la sua intera vita con questa persona. Aveva avuto paura più per Fox che per sé, solamente una manciata di ore prima, non perché non credesse in lui, piuttosto perché sapeva quanto poteva rischiare. Aveva paura anche delle parole troppo lunghe. No, non sarebbe corso in giro per la stanza urlando con voce tutt'altro che virile per quel vocabolo dalla lunghezza eccessiva, piuttosto avrebbe sbattuto la fronte contro il tavolo alla ventesima volta in cui, sentendo la lingua attorcigliarsi, avrebbe rinunciato a ripeterla, invano, ormai resosi già fin troppo ridicolo. Aveva inoltre paura del malumore, della propria capacità di cadere nello stato emotivo più grigio del suo essere, quello che di tanto in tanto lo abbracciava la notte prima di andare a dormire, quando ingenuamente tornava con la mente al proprio passato. Aveva paura di cedere, di diventare debole, di far trasparire attraverso i propri occhi quella sensazione e, con essa, la preoccupazione rispecchiata in quelli della sua famiglia. E aveva infine, ma non per questo in minor quantità, paura di Del e Neil, più di Del, per il solo fatto che aveva con Neil un rapporto più stretto e riuscisse quindi a capirlo meglio. Eppure i due, forse per il loro carattere forte, forse per il loro potere, erano in grado di raggelargli il sangue nelle vene letteralmente e fargli avvampare il volto altrettanto letteralmente, facendolo sentire minuscolo ed insignificante per qualche istante. Ma li amava, eccome se li amava, li amava a tal punto da lasciarli sfogare su di sé senza cercar troppe scuse, senza provare anche solo a sottrarsi a loro.
    «Non abbiamo seriamente rischiato di morire... beh forse sì, ma solo un paio di volte! Ed è stato anche divertente» esclamò quindi, dopo aver stretto Neil, trattenendosi dal rimanere appoggiato a lui ancora un po', spostandosi quindi un po' dalla sua figura per colpire col gomito Fox, con sguardo complice, prima di accorgersi di quanto appena detto. «...non morire, quello no, assolutamente no! Non sarebbe stato affatto divertente» provò a rimediare, scuotendo le mani di fronte a sé, i palmi rivolto verso l'esterno come a tener lontana quell'affermazione. «Ma la serata di per sé! Insomma, quando mai ci ricapita una cosa simile? C'era pure Goku, anche se ancora non ho capito se fosse proprio lui o solo un cosplay particolarmente sadico...» mormorò soltanto, in parte intimorito dalla reazione che avrebbero potuto avere i due compagni.
    Il colpo di tosse di Thad lo distrasse da quel momento di tentato suicidio, svelare ogni minimo dettaglio di quella missione forse non era davvero il metodo migliore per farsi accogliere, magari avrebbe dovuto rimandare il discorso al mattino seguente, con una bella pila di pancake fumanti di fronte accompagnati da una tazza di caffellatte. Quindi in parte lo ringraziò, seppur col pensiero, lasciando andare lo sguardo su di lui per soffermarsi sul più giovane. «Perché? Avevi un kit del pronto soccorso con te?» gli chiese senza collegare, o forse direttamente senza nemmeno pensare, come d'altronde era solito fare, sollevando le sopracciglia sorpreso dall'atteggiamento premuroso del ragazzo. «Che dolce Thad, ma tranquillo, in fondo stiamo bene» disse col sorriso, appoggiandosi per qualche istante al muro, premendo una mano sulla superficie liscia, cercando di farsi reggere sulla gamba sana mentre l'altra pulsava violentemente. In fondo gli era andata anche bene, fosse esplosa una di quelle mine nemmeno più ce l'avrebbe avuta la gamba!
    «Ci sedessimo un attimo? Non per rovinare l'atmosfera, ma potremmo spostarci in salotto, che ne dite?» chiese con una smorfia, staccandosi dal muro per cercare appoggio su Neil, afferrando la sua spalla e saltellando in sua direzione, lasciando andare il braccio ad allacciarsi intorno al suo collo mentre con l'altro indicava il comodo divano sul quale si sarebbe molto volentieri addormentato.
    Khai Aharon Bakri
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  11. .
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    Aveva faticato ad aprire gli occhi, le palpebre parevano troppo pesanti, così come ogni muscolo, ogni nervo ancora troppo poco abituato a rimanere rilassato da farle dolere il corpo intero. Eppure l'odore di fresco, la sensazione di vestiti puliti sulla sua pelle, le voci basse prive del terrore a cui era stata abituata durante quel periodo, l'aiutarono a convincersi a dare un'occhiata a ciò che le stava succedendo intorno. Il bianco della stanza del San Mungo nella quale era ricoverata, i volti delicati degli infermieri, quel lieve velo di tranquillità che la circondarono le fecero rotolare una lacrima giù dalla guancia, mentre le mani andavano rapite a scostare le coperte appena prima che i piedi nudi sfiorassero il pavimento. Individuò Eleanor prima di chiunque altro, il suo corpo fragile non sarebbe scampato però al suo abbraccio, e ciò che lesse nei suoi occhi era tutt'altro che un rifiuto a quella muta richiesta. Una conferma, un gesto semplice ed involontario che altro non fece se non darle la conferma che sua cugina era viva. Nient'altro le serviva, solo quello. Corrugò appena la fronte, anche lei in fondo non era messa troppo bene, i proiettili ormai invisibili eppure le cicatrici ancora troppo vivide. Accarezzò la nuca di Eleanor prima di scostarsi da lei, tornando ridendo in silenzio vero il suo letto, il palmo della mano ad asciugare quella lacrima di sollievo. Aveva sfiorato quindi nuovamente il cuscino di quel letto dalle lenzuola rigide ed era affondata ancora una volta nel sonno, il respiro ora decisamente più leggero.

    ◊◊◊



    Aprì il mobiletto sollevandosi appena sulle punte, cercando la scatola in cartone blu e rossa tra i dolci che in quei giorni avevano riempito ogni angolo della cucina.
    «Che ne dici, preparo i pop corn?» esclamò, sporgendosi appena, il collo ad allungarsi per scorgere Eleanor nella stanza accanto, un sopracciglio sollevato mentre già infilava il sacchetto nel forno a microonde. Si appoggiò quindi al mobile, le gambe tese ad incrociarsi, mentre l'elettrodomestico alle sue spalle produceva quel suono monotono, ipnotizzante. Era facile ora, per Thea, perdersi per qualche attimo nei pensieri, cadere in fondo al passato e tornare in superficie solamente qualche istante più tardi, il sorriso sulle labbra e gli occhi accesi, mentre il petto tornava a sollevarsi e riabbassarsi, il respiro ora nuovamente regolare. Non si rendeva conto di quell'apnea teneva prigioniera l'ansia dentro di sé, quelli che dovevano rimanere solamente ricordi e nulla più, quelli che invece la colpivano in pieno petto nei momenti più casuali della giornata ma che lei, d'istinto, nascondeva. Per proteggere i suoi genitori, troppo preoccupati. Per proteggere Eleanor, tutto troppo spaventoso ancora anche per lei. Per proteggere sé stessa, quello scudo che non permetteva di collegare le emozioni alla parte razionale della sua persona, evitando al cervello di cabalizzare e ricordare più vivamente. Aveva avuto paura, e per quanto naturale, reale e umano, Thea non aveva alcuna intenzione di nascondercisi dentro e smettere di vedere la vita come la vedeva prima.
    Fu il suono del timer del microonde a svegliarla, a farla voltare per aprire lo sportello, afferrare il pacchetto caldo e rovesciarlo nelle ciotole. Quindi indossando la solita espressione di tranquillità che quei giorni di rado abbandonava, tornò dalla cucina, lasciandole sulle gambe la sua ciotola per posizionare la propria poco distante.
    «Ecco qua» mormorò, quindi si chinò, scrutando con lo sguardo quei dvd che ormai conosceva alla perfezione, le custodie colorate messe con criterio, ognuna in quel posto per un preciso motivo, che fosse per la scala cromatica delle immagini impresse sopra o per preferenza, nessuna doveva mai essere scambiata con un'altra, salvo nuovi dvd ritenuti più consoni in quel preciso posto. «Che film guardiamo?» chiese quindi, ponendo la fatidica domanda odiata da entrambe, mentre con il capo si voltava appena verso Eleanor, il sopracciglio alzato come a dirle "No provarci a rispondermi in quel modo!. Fu quindi sorpresa quando la Corvonero le sorrise, accompagnando quel gesto con una risposta. Una vera risposta.
    «Che ne dici di Genitori in Trappola? Non l'ho mai visto, ma mi ispira» disse tranquillamente, scatenando invece la felicità di Thea. Ecco, se c'era qualcosa che sarebbe sempre stato in grado di tirarla su di morale, oltre alle fusa di Pandora, la compagnia di El e il pigiama rosso felpato che le teneva tanto caldo, era quel film, quello di cui conosceva ogni battuta e ogni gesto alla perfezione. Lo estrasse velocemente dalla fila, le mani ad aprire la custodia per infilare velocemente il disco prima che la cugina potesse cambiare idea per chissà quale motivo.
    «Pensavo di non riuscire a farcela mai, dopo Mary Poppins avevo quasi perso le speranze» ammise, sistemandosi di fianco a lei, una mano immersa nei pop corn mentre l'altra andava ad afferrare il gatto rosso acciambellato lì di fianco posandoselo sulle gambe. E non appena la prima scena illuminò il televisore, anche il suo viso prese vita, gli occhi a divorare quelle immagini che ormai conosceva forse più di sé stessa. Quante volte aveva sognato di avere una gemella per poter fare scherzi del genere? L'idea di diventare per qualche tempo qualcuno che non fosse lei, rimanendo però sé stessa, solo in un diverso contesto, la intrigava, vivere una vita che non fosse la sua consenziente però delle diversità era qualcosa che la teneva sveglia di notte, specie da bambina, immaginandosi una vita simile a quella del film. Un film, ecco cos'era quello, ed ecco cosa non sarebbe stata mai lei, un personaggio inventato LOL in grado di poter vivere una vita diversa dalla sua, anche solo per qualche giorno. Eppure no, la realtà era lì, tutt'attorno a lei, intenta ad abbracciarla freddamente, seppur momenti dolci come quello la tenessero sollevata, in grado di non crollare in quel buio dalla quale lei ed Eleanor erano riuscite finalmente ad uscire, seppur solo fisicamente.
    «Però sarebbe carino...» si ritrovò a mormorare, senza nemmeno pensare, un pop corn stretto tra le dita, gli occhi fissi sulle chiome rosse delle gemelle mentre le note di "Here comes the sun" riempivano dolcemente la stanza.
    Calathea Rojas Frnàndez
    The only thing that defines us is what's inside of our hearts
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  12. .
    18 YEARS OLD
    MUGGLE
    Truble maker
    Thief
    Abbracciò il cuscino, Drake Abrasax, o meglio, quello che lui e Oliver usavano come tali, un ammasso di stoffe dall'origine non ben definita cacciati alla rinfusa in un paio di federale per cuscini. Si puntellò sui gomiti, quel fagotto a premergli contro l'addome per permettergli di non sentir troppo le molle del materasso malandato, mentre il braccio destro si allungava per afferrare una sigaretta poco distante. Quindi tornò giù, risistemando il suo cuscino sotto la guancia e posizionando di nuovo quello di Oliver ben appiattito sotto il petto, il braccio sinistro sotto ad esso per premerlo contro di sé. Amava quei piccoli vizi che di tanto in tanto si prendeva da solo, senza chiedere il consenso all'amico, giusto per godersi un po' di finto benessere, come il rubargli quella sottospecie di cuscino ogni qual volta lui uscisse. Era lui il leader, lo sapeva, lo sentiva, seppur mai nessuno l'avesse detto per inciso o decretato alla luce del sole, Drake sapeva che senza di lui, Oliver non avrebbe combinato poi molto. Era un ragazzino, abile e discretamente veloce certo, ma lui era pur sempre più grande, più esperto e meno incline al cedimento. Era in grado di svegliarsi di buon umore per poi ribaltare completamente il carattere per un piccolo dettaglio andato storto nell'arco della mattinata, rimanere incazzato per più giorni consecutivi senza rivolgere parola all'amico, uscire senza nemmeno avvertirlo e tornare come se nulla fosse ore e ore dopo, ormai alle prime luci dell'alba. E Oliver non diceva nulla, non poteva dire nulla. Gli concedeva una ramanzina, una domanda tipo "dove diamine sei stato?" con impresso un tono alterato, uno sguardo di disapprovazione ma niente di più. Il leader era lui e lui soltanto poteva permettersi un atteggiamento simile. Era insopportabile Drake, probabilmente uno dei più grandi stronzi presenti tra le strade di Londra, quel teppistello dal quale è meglio star lontani, ma dei quali se poi ti ci leghi non riesci ad andartene. Perché si, era egocentrico e senza scrupoli, ma se cominciava a tenerci a qualcuno, allora quella persona diveniva sua soltanto. Come Oliver, quel ragazzino era praticamente intoccabile per lui, provava nei suoi confronti un sentimento quasi morboso, come fosse un fratello troppo fragile da dover costantemente proteggere ma di cui potesse fidarsi. Lo guardava ogni giorno, ogni mattina non appena apriva gli occhi gli riservava quello sguardo severo, critico, eppure sapeva che anche quel giorno non avrebbe fatto altro che continuare a rimanergli al fianco, seguendolo e assecondandolo.
    Avvicinò la sigaretta alle labbra, aspirando chiudendo appena gli occhi, ridotti ora a due fessure, mentre l'odore e il gusto amaro di quel tabacco gli entrava in gola e nelle narici, quindi lasciò cadere il braccio molle sul materasso, la sigaretta tenuta in bilico tra le dita mentre il volto affondava nel cuscino. Sentì la porta aprirsi, il passo leggero dell'unica persona che avrebbe potuto varcare quella soglia senza ritrovarsi appesa al muro adiacente, l'unica che in quel momento sarebbe dovuta trovarsi proprio in quel posto preciso.
    «Ce ne hai messo di tempo» mugugnò, la voce ovattata, sollevando solamente la testa quando un peso atterrò al suo fianco, obbligandolo a sollevarsi sui gomiti per poter sostenere il peso del busto, la catenina al collo che dondolava mentre il viso ora era rivolto verso il biondino. «Beh qualcuno deve pur farlo di tanto in tanto, no?». Avvicinò ancora una volta la sigaretta, stringendola tra le labbra per qualche istante, inspirando una nuvoletta di fronte a sé, mentre un sorriso beffardo si dipingeva con naturalezza sul volto di Drake, gli occhi a scrutare l'amico da testa a piedi.
    «Tu hai scoperto qualcosa? Nulla di Leto o magari ti è venuto in mente un qualche...?» e s'interruppe. Drake alzò appena un sopracciglio, lo sguardo ora poggiato sul suo viso. "Cosa?". Drake amava vedersi superiore, ascoltare la voce di Oliver e cogliere in essa il suo consenso per qualsiasi cosa. Tornò a guardare di fronte a sé, aspirando ancora una volta, il muro scrostato non era poi un bello spettacolo, ma la sua concentrazione quasi nemmeno lo vedeva per davvero.
    «No, ancora niente. E Leto... ti ho promesso che la troverò, ma pare che più noi la cerchiamo, più lei si allontani» gli confidò, quel pensiero ormai a torturargli la mente da qualche tempo. E non si voltò verso Oliver questa volta, poteva sentire il suo sguardo greve anche voltato, i suoi occhi riempirsi un po' più di preoccupazione, mentre nulla ancora sembrava aver deciso di voler cambiare nella loro vita.
    Drake Abrasax
    Be like snow: beautiful but cold
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  13. .
    27 YEARS OLD
    MUGGLE
    AEROKINESIS
    NEW HOVEL
    Lentamente cercò di tirarsi in piedi, traballando, una fitta alla gamba ferita gli attraversò l'intero arto facendogli serrare la mascella per qualche istante mentre la testa girava violentemente. Si strinse il capo tra le mani, quell'esplosione era stata in grado di levargli le energie e le forze che l'intera battaglia non era riuscita a fare, gettandolo letteralmente a terra, lasciandolo privo del sostegno fisico del ragazzo, schiacciandolo sotto la propria potenza.
    Inspirò a lungo, lasciando che l'aria introno a sé divenisse parte di sé, sentendola attraversargli il corpo con delicatezza, come una carezza. Era piacevole, tranquillizzante, semplice. Dopo tutto quel trambusto, dopo tutta quella morte vista attraversargli violentemente la strada, sorridendogli come un vecchio amico, lasciando che la sua mente gli si riempisse di ricordi, e dopo averla vista impressa negli occhi di quei ragazzi portati fuori dal capanno, alcuni in grado ancora di respirare, altri riportati in vita solo manciate di minuti più tardi. Dopo tutta quella fatica, dopo tutto quel dolore, dopo le lacrime trattenute perché «Khai! Sei un uomo, e gli uomini non piangono!», per poi spazzare via quel pensiero senza fregarsene più di nulla perché «Cazzo, sarà anche vero! Ma se Fox muore, le lacrime sono davvero il mio ultimo problema!», lasciando perciò rotolare una goccia della sua anima lungo la guancia alla vista di un Fox insanguinato. E dopo tutto quel tutto, quel semplice sospiro sembrava realmente il gesto più giusto, il più vero.
    Vivo. Si sentiva fottutamente vivo... nonostante tutto.
    E da vivo qual'era, tante cose avrebbe potuto fare, scatenando un piccolo mulinello tutt'intorno a sé, giocando con quell'elemento e sbizzarrirsi sul modo in cui divertirsi, girovagando per quella piccola radura tetra nel tentativo di osservare quel posto in maniera migliore, godendosi quello spazio libero ormai dai nemici, volando di qua e di la salutando tutti, anche chi non conosceva, tirando pacche sulle spalle ai sopravvissuti o stampando baci sulle guance di chiunque fosse tornato i vita. Sentiva la forza dentro sé, nonostante la fatica, nonostante il dolore, la consapevolezza di aver rischiato realmente di morire gli aveva donato più vita, lasciandogli quella sensazione in corpo di poter far tutto, seppur la gamba forse non glielo avrebbe realmente permesso e la testa non volesse smettere di sbattere. Ma a chi fregava? Chissà quanto tempo a sua disposizione avrebbe avuto nei prossimi giorni per riprendersi al meglio, passando la sua convalescenza a letto, magari coccolato da Del con un bel vassoio di biscotti sfornati apposta per lui e per Fox, farciti di sguardi dolci e rassicuranti, contenti del loro ritorno.
    «È finita per davvero, questa volta?» mormorò, sentendo il cuore martellare rapido nel petto, le mani scosse da un leggero fremito portato dall'ansia. E se così davvero era, se non si trattava solo di una grossa allucinazione, dovuta forse all'esplosione, se non si trattava di un sogno post morte, se così poi poteva chiamarsi, Khai voleva davvero tornare a casa, questa volta sul serio. Perché basta, la voglia di rimanere tra quegli alberi morti era davvero finita, e le espressioni grevi di chi aveva impresso negli occhi lo sguardo di chi ha davvero perso una parte di sé, stava cominciando a farlo impazzire, inculcando nella sua mente pensieri non troppo positivi che forse avrebbe fatto meglio a farsi venir prima di partire per quella missione suicida... non dopo! Eppure forse si trattava solamente di un eco di un possibile shock post traumatico, ma Khai cominciò realmente a sentir pesare su di sé quel dolore morale e quelle sensazioni in grado di levargli il respiro, di aggredirlo, nonostante tutto ciò facesse a pugni con la propria consapevolezza di essere vivo. Scosse perciò una volta la testa, come a scacciare quei pensieri in maniera brusca, una fitta a trafiggergli per qualche istante la nuca, mentre una smorfia gli si disegnava in viso. Era finito, tutto finito, al momento. Perché pensarci ancora?
    «Foxy! Sei stato fottutamente bravo a non morire!» esclamò saltandogli al collo, stringendolo forte nonostante il dolore che l'amico avrebbe potuto provare con quel suo gesto. Ma poco importava a Khai, o meglio, poco gli importava in quel momento preciso, Fox avrebbe avuto così tanto tempo per riprendersi, e anche lui, quindi nessuno gli avrebbe potuto vietare quell'abbraccio. Un sorriso stanco incurvò le sue labbra.
    «Ma ci credi?» chiese, voltandosi quindi verso Thad, slegandosi dall'abbraccio con l'amico per stringere velocemente anche lui, seppur l'equilibrio lo fece praticamente cadere addosso al ragazzo, la delicatezza abbandonata chissà dove, forse insieme al senso di colpa, pronto a tornare in maniera furente perforandogli l'animo nei momenti meno opportuni. Comunque, viaggio mentale ed emotivo a parte, anche Thad era vivo, e quasi non ci credeva. Era stato portato fuori appena in tempo da quel capanno, si era evitato quell'esplosione sulla propria pelle giusto qualche istante prima. Amava il tempismo Khai, e poco ma sicuro amava quelle persone che avevano salvato quelle vite, chi più chi meno, certo, l'omone burbero non gli ispirava tanto quanto la bionda o il cinquantenne dallo sguardo fin troppo furbo. Sorrise perciò ai due ragazzi, forse eccitato da tutta quell'azione concentrata in una notte soltanto, forse per l'adrenalina ancora in circolo, seppur in maniera minima ormai, forse per un probabile ulteriore danno al cervello (seppur danneggiato ormai da anni) per colpa del gas, gli occhi verdi illuminati forse fin troppo da quello scintillio che magari avrebbe dovuto spegnersi dopo tutto ciò che era accaduto quella notte, dopo tutto il sangue a macchiare quel luogo.

    ◊◊◊



    Gli sembrava quasi innaturale osservare la porta, così famigliare, eppure così tanto fuori luogo. Avevano visto la morte, avevano sentito le urla, i lamenti. Il capanno prendere fuoco, la foresta inghiottirli, le armi accarezzargli la pelle brutalmente. Avevano sofferto, avevano sospirato, avevano ucciso. E quella squadra, la loro squadra... coma mai avrebbe fatto a dimenticarla? Ma ora?
    Compiere ancora un passo, uno soltanto, e quella notte sarebbe rimasta lì, fuori da quelle pareti imbiancate, a spiarli dalla finestra in modo da attaccarli non appena le difese si fossero fatte meno fitte, non appena il buio fosse entrato anche all'interno di quell'appartamento, cullandoli nel sonno, aggredendoli negli incubi. Incubi. Quanti ne aveva fatti? Quanti ancora ne doveva fare? Non ne era stanco, non li temeva né cercava di tenerli lontani... a cosa sarebbe servito? Cosa avrebbe raccontato a Fox o Neil la mattina successiva, di fronte ad una tazza di caffè, le occhiaie a delineare quegli occhi grandi, svegli nonostante il cuore ancora stesse dormendo?
    «Che dite, bussiamo? Suoniamo? Entriamo con nonchalance?» chiese, espirando l'ultima boccata di fumo, voltandosi prima verso Thad, poi verso Fox. Spense quindi la sigaretta gettandola a terra, pestandola con la punta dello scarponcino, reggendosi all'amico e reggendolo a sua volta, lo sguardo fisso sulla maniglia di fronte a sé. La voglia di irrompere dentro e salutare tutti a voce alta era troppa, e Khai non era mai stato un ragazzo in grado di trattenersi, in nessun caso e per nessun motivo. Poggiò la mano sulla maniglia, socchiudendo appena gli occhi non appena questa si spalancò di fronte a sé, lasciandosi aiutare da una piccola folata d'aria, giusto per far scena. Effettivamente sarebbero potuti entrare in maniera un po' più teatrale, tipo a cavallo di un qualche animale d'aria e terra, il sorriso sulle labbra e le lacrime a rigargli il viso, la teatralità ad ingigantire le loro gesta osservando gli sguardi compassionevole degli altri due mentre li abbracciavano disperati, contenti del loro ritorno. Ma in fin dei conti poco gli importava, non vedeva l'ora di incontrare lo sguardo di Del e Neil, la consapevolezza che quella non fosse l'ultima, che quella volta non ci sarebbe stato nessun "arrivederci" poggiato sulle sue labbra, per poi lasciarsi crollare sul letto e dormire fino alla sera successiva. Il resto, biscotti extra a parte, preparati magari per l'occasione, avrebbero avuto davvero un ruolo marginale nel loro ritorno a casa.
    «Non dormite, vero? Ce lo date un abbraccio? Sento di averne bisogno...» domandò quindi, mormorando l'ultima frase con un tono pico più alto di un sussurro, il sorriso dipinto sul volto mentre sentiva gli occhi inumidirsi, poggiando i passi all'interno dell'appartamento che tanto gli era mancato, il profumo di quel luogo a riempirgli il cuore. Finalmente erano a casa.
    Khai Aharon Bakri
    Am I a troubled kid? Yeah. You could say that.
    You Sit And Stay I Don'T Obey // by ms. atelophobia


    Non ho idea di cosa io abbia scritto, spero vada bene anche se non va bene (???), perciò vogliatemi bene lo stesso, prometto che un giorno ci riuscirò a fare delle role come si deve :')
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    KhaiAharonBakri
    « I read the rules before I break them »
    27 years old | Aerokinesis | Muggle | Rebel | Testa di Porco | Fox
    Forse un po' sentiva la mancanza della sua vita precedente, sempre che così la si potesse chiamare. Nominarla in quel modo pareva quasi fosse morto e ora rinato, magari reincarnandosi in una nuova forma di vita, e ciò non riusciva a non farlo sorridere, facendolo perdere nei propri pensieri fantasticando su quanto potesse essere stato un animale da compagnia fedele o un oggetto particolarmente utile. Eppure gli anni passati all'università a studiare, l'aver incontrato Neil, le truffe e l'adrenalina a mille... tutto sembrava così lontano, così diverso. L'esser stato rinchiuso in un laboratorio inquietante, essere utilizzato come cavia per esperimenti a lui ancora ignoti, tutte le ferite e il dolore subito, forse quello avrebbe dovuto renderlo diverso, avrebbe forse dovuto spegnere Khai, chiuderlo in sé stesso, fargli vedere quel nuovo mondo in cui era stato catapultato senza che lui lo avesse chiesto, in maniera diversa, più cupa e dolorosa, adottando magari un atteggiamento schivo, freddo, in linea con quelli che erano stati i momenti provati tra quelle mura, in quelle celle. Eppure Khai non si vedeva cambiato, non si sentiva cambiato. Oltre a quel piccolo dettaglio che ormai era divenuto parte integrale di lui, ragione del suo ancora buon umore e del suo entusiasmo, Khai si sentiva ancora lo stesso, forse noioso e petulante, ragazzo sognatore trasferitosi dall'Egitto per intraprendere il corso di studi che tanto amava.
    Di fatti ne erano successi, di persone ne aveva incontrate, eppure non una sola che fosse una, la rimpiangeva, nemmeno gli esami preparati male e rimandati alla sessione successiva, nemmeno il tempo passato a scappare assieme agli altri ragazzi, nemmeno il periodo rinchiuso nei laboratori. No, quello no sicuramente. Era consapevole del dolore fisico e psichico subito, e di tanto in tanto si domandava se per caso fosse diventato pazzo dati i suoi attuali pensieri, eppure quelle persone, oltre a lasciare sulla sua pelle scura delle ferite che, come ombre, tracciavano il suo corpo e gli ricordavano ogni giorno l'accaduto, gli avevano anche fatto acquisire, sebbene in maniera brutale, qualcosa di magnifico. Altro modo per descriverlo Khai non lo trovava, se non "oddio che figata, so manipolare l'aria" o "attenti attenti! Guardate come faccio levitare Fox!". Khai era sempre stato un ragazzo esaltato, amante di qualsiasi cosa al di fuori dall'ordinario e curioso più che mai su ciò che nessuno sapesse spiegare o trarre soluzioni logiche, ma dopo aver ricevuto quel dono, il suo cervello sembrava essersi completamente disconnesso e la sua euforia Ragazzi, sono veramente euforico! sembrava aver raggiunto livelli mai visti.
    «Vorrei ehm...» cominciò, appoggiando i gomiti sul bancone e sporgendosi appena per osservare la fila di bottiglie alle spalle del proprietario, scorrendo con gli occhi i nomi scritti sulle etichette. «Facciamo che prendo... magari prendo una birra» esclamò, battendo le mani aperte sulla superficie piana e ritirandosi indietro con uno scatto, la schiena ormai dritta e un sorriso soddisfatto stampato sul viso, scegliendo l'unico drink non presente sullo scaffale di fronte a sé. Quindi con le mani intrecciate poste sotto il mento, osservò paziente l'uomo afferrare da sotto il bancone un grosso bicchiere in vetro.
    Si voltò solamente al contatto da parte di Fox, con uno scatto rapido scrollandosi senza volerlo la sua mano dalla spalla e ritrovandoselo di fronte. Girò appena il capo verso il proprietario, annuendo alle parole dell'amico e sollevando l'indice e il medio in direzione dell'uomo, senza parlare, in un gesto muto che confermava l'ordine di Fox. Quindi tornò a guadare il ragazzo, poggiando le mani dietro di sé, afferrando il bordo del bancone. Sarebbero andati entrambi in missione, avrebbero potuto entrambi morire e probabilmente non avrebbero dovuto aver entrambi dipinto un sorriso sul volto, ma a quanto pareva, entrambi sembravano più concentrati sul presente che su quel che sarebbe successo il giorno successivo.
    «Che ci fai qui, ultima birra prima della missione?» chiese, chinando appena la testa di lato, osservando l'amico senza abbandonare il tono felice e l'espressione sorridente. Gli sarebbe dispiaciuto tornare da quella spedizione e non aver più la possibilità di recarsi in quel posto a compiere il gesto che in quel momento stava compiendo, non poter più bere e passare del tempo con Fox o con qualsiasi dei suoi amici perché troppo morto per presentarsi all'appuntamento. Non che avesse particolare paura o ansia di morire, in fondo ne aveva passate già abbastanza da fargli superare tutto quel timore per il trapasso, eppure gli sarebbe dispiaciuto rinunciare a tutto ciò che aveva ottenuto per una missione della quale la sua partecipazione fosse ancora in parte sconosciuta pure a sé stesso.
    Rifilò una pacca sulla spalla di Fox e si voltò, afferrando i bicchieri pieni e passandone uno all'amico, indicandogli quindi con un cenno del capo un tavolo libero poco distante da loro due, avvicinandosi a passi decisi nonostante l'attenzione nel non rovesciare il liquido dorato sul pavimento, non avrebbe certo voluto veder consumarsi in quel modo la sua ultima birra.
    role code made by effe don't steal, ask

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    E boh c'è una prima volta anche per questo (???)

    Khai Aharon Bakri
35 replies since 2/3/2016
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