Consider the unexpected

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    Così tanto raramente le capitava di fare qualcosa, a detta sua, inusuale come uscire con qualcuno, per quanto quel rapporto potesse legarli semplicemente da un moto di conoscenza reciproca che di poco sfiorava l'amicizia. Non che non le piacesse passare un pomeriggio o una serata in compagni di qualcuno che non fosse la solita compagnia fidata, ma un po' di disagio pareva crearsi ogni qual volta le si presentasse l'occasione di infilare il naso fuori dal castello per recarsi ad Hogsmeade e nei paraggi per sedersi dietro un tavolino e chiacchierare del più e del meno. Perciò no, nessun problema, quella mattina non aveva fatto alcuna fatica ad uscire dal letto per infilarsi un semplice abito a fiori spezzando quell'aspetto troppo femminile con una giacchetta in jeans e un paio di converse gialle, se non per un piccolo dettaglio. Nulla di che, in fondo. Dai, davvero aveva osato pensare che nulla sarebbe potuto andare minimamente storto? L'aveva letto o no nel suo oroscopo, quella mattina, che "qualche incidente di percorso andrà messo in conto, considerati gli imprevisti che oggi vi toccano", no?!
    Onesto. Più che giusto.
    Aspettò senza fretta per quelle che parvero ore e che effettivamente si rivelarono essere all'incirca tali, seduta al tavolino in legno del locale, le dita intrecciate intorno alla superficie liscia e tiepida della tazza, il profumo del cappuccino a riempire l'aria circostante, nonostante quell'ordinazione fosse stata fatta ben mezz'ora prima. Non aveva potuto aspettare ancora, già le sembrava abbastanza imbarazzante starsene da sola seduta con lo sguardo incollato sulla porta, le dita a tamburellare sul piano del tavolo mentre un'espressione impazientita cominciava a dipingersi sul suo volto. Aveva provato ad ingannare il tempo raccogliendosi ciocche a caso in trecce piccoline ai lati della testa, provare ad imparare a memoria ogni possibile ordinazione sul listino prezzi lasciatole dal cameriere e persino contare quante margherite ci fossero sul suo vestito, finendo per smetterla nel momento in cui esaurì quelle sul davanti e sui lati, evitando di rendersi ridicola simulando un cane che cerca di rincorrersi la coda. In fondo non era nell'indole di un gattaro compiere un'azzardo simile, e solo ad un'ora e una manciata di minuti dalla sue entrata nel locale Thea se ne rese conto, rimpiangendo quel pomeriggio in cui sua cugina aveva insistito per convincerla ad uscire, affermando in maniera velata e probabilmente involontaria quanto la Tassorosso non fosse abbastanza adorabile da sola e necessitasse la compagnia di un qualche ragazzo che per chissà quale motivo aveva deciso di non presentarsi quella mattina per una semplice colazione fuori dall'ordinario.
    Onesto pure quello.
    Chiuse per qualche istante gli occhi, la bevanda che a breve si sarebbe raffreddata ancora completamente presente nella tazza lì di fronte, gli occhi di Thea puntati contro non appena le palpebre le liberarono nuovamente la vista, lo sguardo a piazzarsi freddo su di essa, come fosse stata completamente sua la colpa del bidone appena ottenuto. Sollevò perciò il recipiente e lo portò velocemente alle labbra, assaggiando il suo contenuto, lasciando che l'amaro del caffè e il dolce dei marshmallow le bagnassero le labbra e con esse ammorbidirono il suo umore grigio.
    Poggiò quindi nuovamente la tazza sul tavolino, allontanandola e portandosi le mani in grembo, giocherellando distrattamente con l'orlo della gonna. Abbassò il capo assieme allo sguardo, portando la fronte a contatto col piano liscio e lasciando che la nuvola di capelli castani le ricadesse sul volto, nascondendo l'espressione di sconforto dipinta ormai sul suo volto, il sorriso forse mai davvero spuntato sulle sue labbra spento definitivamente, e qualcosa le suggeriva che non l'avrebbe ritrovato molto presto.
    «Che. Palle.» mormorò soltanto, la voce spenta e smorzata dalla posizione assunta, sbuffando in seguito, socchiudendo le palpebre nella speranza di cancellare interamente quella situazione, una volta risollevate, ritrovarsi magicamente seduta sulla poltrona comoda nella sala comune dei Tassorosso, nello spogliatoio preparandosi per un allenamento di Quidditch o persino in biblioteca con un libro aperto di fronte per studiare. Tutto sarebbe stato meglio che trovarsi ancora in quel posto, in quel momento. E Thea non poté far altro che maledire sé stessa per non aver ancora imparato a smateriallizarsi o per lo meno imparato a riconoscere un vero invito da uno che si sarebbe trasformato senza ombra di dubbio in un classico "due di picche". Magari era stato così palesemente impresso nella sua voce e nella sua espressione, ma la cognizione inesistente e la troppo scarsa esperienza della Tassorosso non le avevano permesso di fare questa importante distinzione. E ora ne pagava le conseguenze, seduta al tavolino con lo sguardo basso e l'espressione da cucciolo abbandonato scavato sul suo volto.
    Onesto persino quello, in fondo...
    Calathea Rojas Frnàndez
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    Eeeee scusa per il post un po' così (???), appena ci riprendo la mano ti prometto che sarà tutto migliore ♥
     
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    «Da quando devo fare io le consegne?»
    «Da quando sei una mezza sega a preparare brioches»

    Severo ma giusto.
    Era stato con questa frase che Akelei, all'alba, aveva spinto fra le mani del ragazzo un fogliettino con un elenco dei negozi da rifornire, prima di andarsene e lasciarlo solo a caricare tutto sulla macchina, cosa che aveva fatto borbottando insulti passando dall'inglese al francese con una certa fluidità prima di salire al posto del guidatore del pick up.
    Archibald Leroy, da poco scopertosi Baudelaire, era ancora in fase di rodaggio nella cucina del B&B (interpretabile come Baumont&Baudelaire o come il nome ufficiale del fornoBread&Breakfast, nome che per altro faceva sempre sguarare l'ex serpeverde), e non si poteva dire che fosse esattamente il panettiere migliore della città. Si impegnava (a modo suo... ergo, il minimo indispensabile), ma sfornare pagnotte non era la cosa in cui eccelleva nella vita. Era bravissimo a rompere le palle, a leggere i tarocchi nel modo più pessimistico possibile, a vedere in fondo a una tazza di tè la tua morte... ma il pane superava davvero la sua comprensione. Troppo duro, troppo cotto, troppo secco... farlo buono - no, sublime, come quello del fratello sembrava di volta in volta impossibile. I tozzi o i dolci di Arci erano squisiti, certo, ma gli mancava quel non so che da renderli perfetti, da renderli davvero degni della sagra delle baguette a cui, a quanto pareva, i B&B partecipavano ogni anno sfidando i Dallaire (fiere che davvero neanche sto a raccontarvi, tanto il disagio che dilagava in quegli eventi; sicuro la polvere bianca che girava non era solo farina).
    Cole era stato un mago, nell'arte delle baguette, e Arci poteva solo sperare che un giorno, continuando ad allenarsi (se Ake e gli altri gliene avessero dato la possibilità), sarebbe potuto essere bravo come lui. Lui.
    Cole Baudelaire.
    Suo fratello.
    Faceva ancora un certo effetto dirlo o anche solo pensarlo, rendersi conto di quanto fosse reale e quanto, allo stesso tempo, un'informazione del tutto inutile. Lo stesso Cole (poteva chiamarlo Cole, o ancora doveva riferirsi a lui come il preside Baudelaire? In fondo era pur sempre sangue del suo sangue) che gli aveva rivelato la verità, era sparito dalla circolazione nel giro di un paio d'ore, diventando irrintracciabile; Akelei, Morrigan e Belladonna già lo avevano preso a vivere insieme a loro, quindi la parentela "circa" di sangue aggiungeva poco al loro rapporto.
    L'unica differenza era quindi aver scoperto, a conti fatti, di essere stato effettivamente abbandonato diciotto anni prima, non voluto. Questo, e Annie, o meglio Lydia. Senza Cole, e con le gemelle che lo trattavano ancora alla stregua di un ragazzo alla pari casualmente entrato nelle loro vite, Lydia Hadaway era l'unica novità che era subentrata dopo la grande rivelazione, e Arci ancora non era riuscito neanche a parlarle, chiedere a lei (come Arci prima della sparizione di Cole ignorante ai riguardi della parentela) cosa ne pensasse, se fosse interessata ad averlo nella sua vita. Archibald, egoisticamente, la voleva, come sempre aveva voluto una famiglia simile a quella dei suoi amici e dei fratelli... ma se a Lydia di Arci non fosse fregato niente? Se lui avesse bussato alla sua porta, solo per vedersela chiudere in faccia? Lydia in fondo non era Annie, condividevano appena l'aspetto, neanche i ricordi. Forse non lo avrebbe voluto, e Arci ne avrebbe soltanto sofferto... Questo il motivo principale per il cui il ragazzo tanto tergiversava nell'andare dall'assistente degli special. Un giorno sarebbe andato, eh, solo... non ancora.
    rimandando ancora una volta il giorno in cui sarebbe andata da lei, infilò gli occhiali da sole, mettendo in moto il pick up rosso per poi accendere la radio e iniziare il giro delle consegne.
    Il pick up era una novità dell'ultimo periodo: negli anni precedenti Arci aveva sempre lavorato, e avuto poca roba in cui spendere i suoi averi (rubare/barboneggiare is the way). C'era stato quel periodo in cui vendeva oggettistica babbana spacciandola per rarità magica ai purosangue, quelle due consegne come corriere della farina, un po' di lavoretti fatti per soldi (ehi, quando lo faresti anche gratis, non c'è niente di male a farsi dare soldi in cambio come extra), e oltre ai pomeriggi alla B&B, c'era stato soprattutto il lavoro da Magie Sinister come commesso nei week end e nelle vacanze. Sì, Arci nel tempo si era reso conto che i soldi che non aveva speso in sigarette o messi nel barattolo dei catafratti (che provvedeva solitamente ad alcol, feste, droghe leggere) erano abbastanza per pensare di poterli investire. aveva chiesto gli ultimi due compleanni e a Natale cash invece di inutili regali e ta-dan! Fra i suoi risparmi e aiuti vari soprattutto da parte dei suoi amici, eccolo provvisto di macchina. E che macchina. Un catorcio del 1963, un pickup Chevy StepSide C-10, leggermente scolorito (chissà se mai l'avrebbe ridipinto di nero), vecchio e ammaccato (l'unico insomma che fosse riuscito a permettersi), ma agli occhi del Leroy bello come il sole. La sua piccola. Scarrozzare in giro i catafratti sulla sua principessa era molto più divertente che smaterializzarli in giro (sia perchè così si godevano anche il viaggio, sia perchè far stare quattro barra cinque adolescenti in un pickup è davvero comico).
    «Andiamo baby, ultima consegna»
    Fermò la musica che fino a quel momento aveva girato a palla, aprendo la portiera appena all'uscita della cittadina di Hogsmeade. Ci era arrivato volando (ovviamente aveva comprato un pickup incantato, tze), e il viaggio non era stato neanche così lungo, alla fine. Arianna è davvero indecisa se sia una cosa sensata, quindi lascerà in sospeso il tutto, lasciando che sia la vostra immaginazione a decidere se Arci si era smaterializzato con la macchina, o aveva solo volato.
    Detto ciò.
    Salutò Paul the pole (nda un simpatico lampione su cui ogni tanto faceva la lap dance e che si portava sempre in giro) abbandonato nel cassone della macchina, minacciandolo di non muoversi. Sentendosi già morire per il caldo si incamminò con le ceste del pane in mano ai negozi. Aprendosi la porta con il piede entrò nel fresco ambiente di Madama Piediburro, accostandosi poi al bancone per posare il tutto. «Buongiorno»
    L'istinto gli diceva di fare la cresta sul conto, ma alla fine resistette, perchè dai, quella panetteria era un po' anche sua e non avrebbe avuto senso truffarsi da solo. Se ne stava già andando con i galeoni giusti in tasca quando, con la coda dell'occhio, vide un viso familiare seduto poco distante. Un viso fra lo scazzato e l'abbattuto.
    «Sarà stata scaricata»
    Arci si voltò verso il ragazzino che aveva parlato al bancone, col suo caffè in mano e un sorrisetto antipatico. «Come?»
    «Ho detto che sarà stata scaricata. E' lì da prima che arrivassi io, più di mezz'ora fa, e l'ho beccata guardare l'orologio e verso la porta, come aspettando qualcuno... un galeone che le hanno dato buca»

    L'ex serpeverde tornò con lo sguardo a Calathea, proprio mentre questa abbassava la testa sconfitta contro il tavolo. Un gesto che Arci conosceva piuttosto bene, da brava drama queen qual era. «Un galeone, hai detto?»
    Ora.
    Non è che Thea fosse esattamente sua amica. Si erano incrociati qualche volta in aula o nei corridoi, certo. Lui l'aveva presa in giro per l'altezza o i voti o il suo accento o qualsiasi altra cosa gli fosse venuta in mente, lanciando frecciatine sconce sul riuscire a portarla nei bagni entro il diploma (not his finest moment; soprattutto perchè non lo aveva fatto). Thea era stata fra i rapiti a Brecon, e essendo stato suo compagno Arci si era preso male anche per lei... però non erano amici. Non il tipo che si aiuta sempre nelle difficoltà. Non il tipo che si parla. Quante probabilità c'erano che Thea anzi detestasse il Leroy, stupido bulletto e stronzino pervertito?
    Tante. E ne avrebbe avuto anche tutti i diritti.
    «Non le hanno dato buca» si ritrovò comunque a dire «Il suo cavaliere è solo in ritardo. Mi devi un galeone»
    Se ne sarebbe pentito? Probabile. Lei gli avrebbe tirato il contenuto della tazza addosso (aw, proprio come aveva fatto lui al terzo anno)? Quasi certo. Ugualmente Archibald, forse un po' per i sensi di colpa, forse solo perchè... perchè... perchè sì, si avvicinò al tavolo dove era seduta Calathea, e senza chiederle un parere al riguardo si sedette al suo fianco, scoccandole un bacio sui capelli e esordendo con un borioso: «Scusa il ritardo, tesoro e un più serio «Chiunque ti faccia aspettare da sola così tanto, è un vero idiota»
    Beh, almeno in quello era sincero. Era un coglione, certo, ma non si abbandona mai qualcuno ad un appuntamento.
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    non ho idea di cosa io abbia scritto
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    Quando sarebbe diventata vecchia, quella di certo sarebbe stata una storia perfetta da raccontare ai suoi nipotini curiosi, gli occhi attenti a guardarla mentre rimembrava con tenerezza gli attimi di gioventù sul vecchio dondolo in veranda, in Messico, ricamando maglioncini colorati. Già riusciva ad immaginarsi, un abito a fiori, ciabatte nei piedi e uno chignon sfatto a tenere su i capelli ormai grigi, mentre quei bimbi ridacchiavano alle sue disavventure in amore. Divertente sarebbe stato, col senno di poi, probabilmente ci avrebbe lei stessa riso sopra mentre un dolce «Nonna Thea, raccontaci un'altra storia!» la staccava momentaneamente da quel ricordo per lasciarla tuffare in uno altrettanto disagiato. Eppure in quel momento immaginarsi vecchia e raggrinzita come una pera appassita sembrava essere il migliore dei passatempi, vedersi attorniata di bimbetti dai capelli scuri come i suoi e immaginare nomi particolari per loro, nonostante tutto ciò le sussurrava pian piano che in quella situazione andava ben poco lontano e che se continuava ad essere fortunata come quel giorno, l'unica sua compagnia superati i cinquant'anni sarebbero stati gatti imploranti di avere altre crocchette e tonno.
    Sospirò, in fondo era ciò che le riusciva meglio negli ultimi trenta minuti, nei quali la porta di entrata aveva lasciato apparire sul suo volto una velata espressione di sollievo per poi scomparire con la stessa velocità con cui era comparso, lasciandole perdere completamente la speranza e con essa lo sguardo continuo e fisso sulla porta principale. Fu per quello stesso motivo che non vide la figura famigliare avvicinarsi percependo solamente la sua presenza lì di fianco e il suo successivo tocco delicato sulla propria nuca, portandola a muoversi lentamente nonostante la situazione sarebbe dovuta presentarsi più agitata e colma di entusiasmo.
    «Alla buon'ora! È da più di... A-Arci?» chiese cominciando in quel momento a balbettare con voce sorpresa, sollevando il capo in sua direzione ed incrociando solamente in quell'istante il volto del ragazzo che si era avvicinato tanto. Okay, forse quello con cui aveva un appuntamento e che dolcemente le aveva dato buca non era il migliore dei ragazzi in circolazione ma... beh diciamo che si sarebbe ricordata se ad invitarla fosse stato il Leroy. Non che avesse chissà quale... come dire... divergenza con lui, ma certamente non rientrava nella più stretta cerchia di amici con cui era solita passare i pomeriggi liberi o rimanere sveglia fino a tarda notte anche soltanto per chiacchierare. Diciamo che era più una di quelle persone che incroci nei corridoi pensando "ti prego, fai che giri l'angolo". Ma nulla di personale certo, semplice intolleranza a pelle tra i due.
    «Non sono...» ...affari tuoi, avrebbe voluto continuare la frase, ma quelle due parole le morirono in gola non riuscendo ad uscire dalle labbra della Tassorosso, manifestandosi come un sospiro rassegnato per tutto ciò che di storto era andato da quando era entrata in quel locale. Distolse perciò lo sguardo da lui socchiudendo appena gli occhi mentre si risistemava in maniera più composta sulla sedia, portando le ciocche di capelli scuri dietro le orecchie e poggiando entrambi i gomiti sula superficie lignea del tavolo, le mani a sorreggere il mento intanto che un sorriso forse sforzato andava ad illuminare lievemente il suo viso. Forse non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stessa, ma in quel momento un intero coro angelico stava suonando nella sua mente un motivetto in onore dell'ex Serpeverde che - chissà poi per quale motivo, lo avrebbe scoperto e glie l'avrebbe fatta pagare #wat - l'aveva tolta da quella situazione già diventata abbastanza imbarazzante per i suoi standard. Non che a Thea importasse particolarmente di quel che gli altri clienti di Madama Piediburro pensassero di lei, ma il lieve chiacchiericcio rivolto a lei ora pareva essere cessato, e questo certamente era un sollievo.
    «Un idiota, già. Ma ne hai un'altra della stessa forza proprio di fronte» mormorò sorridendo amaramente, risollevando per qualche istante gli occhi in cerca dello sguardo di Arci. Istintivamente. Senza nemmeno pensarci troppo su aveva spiattellato bellamente ciò che da un'ora circa continuava a vorticare nella sua testolina forse troppo ingenua. «Ti va di bere qualcosa? Di già che sei qui ad evitarmi un'umiliazione pubblica lascia che ti offri qualcosa» e magari quel ragazzo si sarebbe rivelato meno peggio di quel che appariva agli occhi di Thea ormai da qualche anno.
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    «Alla buon'ora! È da più di... A-Arci?»
    L'ho già detto che non sapeva neanche lui perchè si fosse seduto lì? Noia, si disse. Pietà, forse. Magari anche il desiderio di guadagnare qualche punto bontà per il futuro (sapete, per andare in Paradiso o non diventare in un'altra vita uno stercorario). Ma qualsivoglia fosse il motivo, quasi iniziava a pentirsene... e allo stesso tempo non lo faceva. Già solo per vedere quell'espressione confusa sul viso della Fèrnàndèz (non ricordava mai dove andasse l'accento, quindi nel dubbio lo metteva ovunque), ne era valsa la pena. Fece un sorrisetto divertito, posando il gomito sul tavolo e abbandonando il viso sulla mano mentre la scrutava in silenzio, beandosi di quella sorpresa. Chissà se si sentivano così i regali inaspettati di Natale (quelli che non vuole nessuno della zia vecchia che devi fingere di apprezzare).
    «Non sono...» era offesa? Davvero? Lui la salvava da una pessima figura di merda, la toglieva dall'imbarazzo, e lei ancora se la prendeva? La parte permalosa di Arci avrebbe voluto farle qualche commento cattivo, magari un "non mi sorprese tu sia stata bidonata" (cosa per giunta non vera: dai, non si rifiuta la fregna, mai!), ma per fortuna resistette dal farlo, potendo notare dopo qualche secondo qualcosa di simile al sollievo sul volto della tassa. Ah, quindi era stato apprezzato? Le labbra del ragazzo si incurvarono ancora di più, compiaciute. Certo, non che Thea desse particolari soddisfazioni, mostrandosi così restia nei confronti del suo eroe su cavallo bianco, ma meh, poteva accontentarsi. E Poteva ancora giocarsela.
    «Un idiota, già. Ma ne hai un'altra della stessa forza proprio di fronte»
    Quando Thea alzò gli occhi su di lui, incrociandone finalmente lo sguardo fino a quel momento evitato, Arci si soffermò a studiarla. Siamo sinceri, non l'aveva mai trovata bella; quante ragazze c'erano migliori di Calathea a Hogwarts a cui fare il filo? Ci aveva provato con lei scherzosamente, sì, ma con chi non l'aveva fatto? Era uno sport, per Arci; letteralmente un'altra tacca da aggiungere al suo (non così spesso) libro di conquiste. tuttavia, in quei pochi secondi in cui gli occhi ugualmente scuri dei due furono gli uni sul viso dell'altro, scrutandosi, si rese conto di due considerazioni fondamentali: la prima, che Arci non aveva forse mai davvero guardato Calathea; vuoi perchè la vedeva quasi sempre con Eleanor (che sicuramente attirava di più l'attenzione del ragazzo #fateglicausa #lexadeservedbetter), vuoi perchè la riteneva semplicemente una noiosa fotocopia di qualsiasi altra ragazza tassorosso stereotipata che conosceva, vuoi perchè gli ricordava Tiffany (ancora un punto scoperto e un po' sofferto, sebbene, dopo praticamente un anno, finalmente avesse iniziato a metterci una pietra sopra). Ora che Arci e Thea erano fermi uno di fronte all'altro, e per una volta lui non stava facendo qualche battuta sconcia, e per una volta lei non lo stava mandando a quel paese, Arci notò che, seconda considerazione, era diventata più carina crescendo. In qualche modo si era stampato nella mente l'idea che Thea fosse una sfigata bruttina, remore dei primi anni a hogwarts, ma ora che aveva praticamente diciassette anni era diventata una donna niente male. Occhi cioccolato fondente, viso a cuore, sorriso e viso dolce, capelli lucenti che facevano venire la tentazione di allungarsi per toccarglieli e vedere se erano davvero così morbidi. Certo certo, più volte le aveva aveva fatto offerte di cui è meglio non parlare, ma non l'aveva fatto seriamente, con intenzioni molto nobili, ma solo per infastidirla, perchè era così che Arci faceva amicizia.
    «Già, lo sei» convenne in fretta, cercando di ritrovare il proprio charme e non gettare al vento anni di terrorismo psicologico. «Non avresti dovuto mostrarti tanto disperata. Se ti danno pacco, fai finta di niente e ordinati un caffè» Sì, Arci dottor stranamore dava consigli su appuntamenti andati male, il suo ufficio era aperto dal lunedì al venerdì, 9-18h. Non era colpa sua se aveva una lunga sfilza di appuntamenti andati male, che poteva usare da esempio per le nuove generazioni.
    «Ti va di bere qualcosa? Di già che sei qui ad evitarmi un'umiliazione pubblica lascia che ti offri qualcosa»
    Ora.
    Avrebbe dovuto accettare, giusto? Chi è l'idiota che non accetta una colazione gratis? Era lì, stava perdendo tempo prezioso che avrebbe potuto usare in modi molto più proficui come, non so, predire la morte a qualcuno o leggere un libro o masturbarsi #wat; il minimo che Calathea potesse fare per ringraziarlo di degnarla della sua presenza era dargli un offerta di cibo. Eppure. «Non se ne parla neanche»
    Cosa? Cosa stava facendo?
    Alzò il braccio, per richiamare il cameriere con un «Garçon», per poi tornare a guardare Thea. «Lascia che paghi io. Per scusarmi a nome del genere maschile» momento di pausa «...Genere maschile? Aspettavi un ragazzo oppure...?» Non che Arci avesse pregiudizi in merito, eh. L'aveva dato per scontato ma mani in alto, non si può mai sapere.
    Perchè voleva offrire lui? "Per portarmela a letto", decise all'improvviso, giustificando quello slancio di gentilezza. Decisamente era stato così garante per affascinarla e poi portarsela a letto (letto, o bagni, meh, same thing per lui). Mica poteva essere così garante aggratis con una ragazza che non era neanche sua amica, eh. Ci doveva essere un secondo fine, per forza proprio. Era Archibald Dominique Leroy trattino Baudelaire, mica cazzi; aveva una reputazione da mantenere. Lui non era gentile. Non offriva la colazione senza un obiettivo secondario, possibilmente di natura sessuale.
    Giusto?
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