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  1. .
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    1989
    doctor
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    sinclair jeezus hansen | questanoibiza
    Sinclair si era ritrovato a lavorare anche quando non era in turno, come ogni buon stacanovista che si rispettasse. Si trovava davanti un caso clinico affascinante, e se solo avesse avuto i suoi poteri con sé avrebbe potuto indagare sulla natura della sostanza che gli avevano iniettato e cercare di capire gli effetti sul proprio corpo. Perché sì, come ogni vecchio che si rispettasse aveva già deciso cosa fosse successo. Il suo personale AU. «qualunque cosa ci abbiano iniettato non sembra avere effetti evidenti. se vogliamo tralasciare il vuoto di memoria» lo scrutò serio, l’Hansen, ponderando i pro e i contro di informare Marcus delle mille sostanze che avrebbero potuto provocare problemi dopo. Decise che non fosse il caso, dopotutto non aveva alcuna prova concreta tra le mani, preferendo passare ad altro. «ne ho fin troppe di esperienze personali» un sospiro aggravato al ricordare i vari episodi che l’avevano portato fino a quel momento, i famosi fantasmi del passato ecc «ma niente di allegro, e credo che in questo momento serve qualcosa di meno deprimente» inclinò il capo e gesticolò con la mano in direzione dell’uomo «se hai di meglio da offrire sono tutt’orecchie» non stava mica approfittando della situazione per fare la ciatella, ma che dite. Gli sembrava una persona interessante, tutto qui. Provarono poi ad esplorare la stanza, perché nella lista delle priorità gli sembrava abbastanza alta, e ovviamente c’era l’inculata. Perché nella vita c’era sempre l’inculata, avrebbe dovuto saperlo. «cazzo sì. mi piace sempre di meno la cosa» e sentite, per quanto fosse allarmante il tutto, Sinclair aveva degli occhi. Non si nascose dallo sguardo curioso dell’uomo, perché quando uno spendeva del tempo in palestra il minimo era mostrare il frutto dei propri lavori. QUALCUNO APPREZZAVA EH LAW. mA dettagli. «chissà chi ha pensato che questo fosse un modo ideale per passare san valentino» un genio del male, ecco chi «anche se batte fare da babysitter» amava i suoi nipoti ma preferiva una scopata………………andava detto. Intanto, e qui tagliamo corto perché devo dormire, un pezzo di carta arrotolato ai piedi del letto colse la sua attenzione. Si sporse nel cercare di prenderlo, tirando appena Marcus dietro di sé, per poi spiegarne i contenuti.
    Mh.
    Che cazzo ci faceva Theo Kayne su un voltantino.
    Di persone scomparse.
    Lo passò all’uomo, così da avere una seconda opinione «chissà se ce n’è anche uno con le nostre facce, ti immagini» hahah che ridere MA TI IMMAGINI.
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    Non paragonarmi a una bitch così
    Non era abbastanza, noi soli sulla Jeep
    Ma non sono bravo a rincorrere
    Cinque cellulari nella tuta gold
    Baby, non richiamerò
  2. .
    I think I'll pace my apartment a few times
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    1989
    doctor
    rebel
    sinclair jeezus hansen | questanoibiza
    Certo che svegliarsi e ritrovarsi mano nella mano con uno sconosciuto era qualcosa. Un po’ troppo intimo per i suoi gusti, e poi si sapeva che tenere la mano ad un altro uomo poteva sembrare omosessuale. Quell’intera situazione aveva assunto sfumature particolari a dir la verità, e poteva solo peggiorare. «veramente fino a due secondi fa credevo fossi morto. stavo per romperti una mano» e sapete cosa? Sinclair poteva rispettare i metodi funzionali dell’uomo, anche perché: «per un momento ho pensato la stessa cosa. ma con la tua mano» constatò affatto dispiaciuto, perché solo Dio sapeva che l’Hansen avesse fatto di peggio nella vita che rompere un metacarpo. Si chiese, brevemente, se lo sconosciuto avesse fatto parte di una parte della sua vita di cui raramente parlava. «sei un medico?» annuì, Sinclair, un cenno del capo secco e deciso. Era molte cose, l’uomo, tra cui morto dentro e fuori ma questi sono solo i pensieri di una Elisa sconfitta ai rigori. Studiò meglio l’ematoma sul braccio, fino a trovare un piccolo buco che un tempo aveva condotto alla vena– bingo «ci sono molte sostanze che possono essere somministrate endovena» portò la mano a grattare il mento, la testa persa tra le mille sostanze che potevano aver usato nel loro caso «potrebbero essere semplici fluidi così come altro» molto ominous, anche se l’idrocineta non presentava nessun sintomo particolare. A parte il non poter usare i propri poteri. «di solito non è così che concludo un appuntamento» e sapete cosa? C’erano molti modi di interpretare quella frase, e se avesse fatto il collegamento Marcus-Amos probabilmente avrebbe risposto in maniera diversa. «ammanettato a uno sconosciuto?» si strinse nelle spalle, all’apparenza noncurante nonostante lo sguardo haunted poor little meow meow perso tra le coperte «ci sono modi peggiori per svegliarsi» un sorriso sghembo rivolto all’altro, le nuvole nello sguardo dell’Hansen a dissolversi rapide così com’erano apparse. «forse in un incubo» dai Markino ma come sei pessimista, si vede che ti manca un emotional support estroverso (ciao shar). «o in un trip allucinogeno» indicò la propria maglia in maniera ASSOLUTAMENTE derogatory, anche se–
    oddio
    si trovavano nella mattina dopo una notte da leone
    ERANO DOUG????
    «senti ma. oggi non doveva piovere?» così, magari Marcus leggeva le previsioni come lui, roba da vecchi and all. Era tutto molto strano, ma intanto: «sei sicuro che non siamo andati a letto insieme?» chissà se faceva punti bonus. Al gioco della vita.
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    doctor
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    sinclair jeezus hansen | questanoibiza
    Vecchio bastardo. - cit
    Vecchio bastardo che non sarebbe dovuto essere lì.
    Ma era stato scelto dal caos, e con grande umiltà aveva accettato il suo ruolo nel grande gioco della vita. Tutto ciò non voleva dire che gli piacesse, non quando aveva vissuto quell’esatta scena più volte. Forse riusciva addirittura ad esaurire le dita di una mano.

    obl. freme, [15/02/2024 17:27]
    se sei ibiza ti picchio
    sian ⚡️, [15/02/2024 17:30]
    INDOVINA
    obl. freme, [15/02/2024 17:30]
    maledetta
    sian ⚡️, [15/02/2024 17:30]
    spero tu non sia chi penso io
    sian ⚡️, [15/02/2024 17:30]
    mi sfugge la matematica
    obl. freme, [15/02/2024 17:31]
    sai che potrebbe succedere qualcosa di davvero mistico.

    E in effetti, era successo.
    Ma non quanto Elisa che pensava fosse Murphy. Sarebbe stato troppo bello, quasi poetico even. Per la sanità mentale, di Sinclair, forse era meglio così.
    La prima cosa che l’Hansen vide appena aprì gli occhi, fu un telo bianco steso sulla sua faccia, e la luce del sole a filtrare attraverso di esso. Se non per un generale senso di malessere, azzardava a dire di sentirsi bene. Era ancora stordito dal sonno, ma il calore e il peso di un corpo accanto a lui era inequivocabile. Non era insolito per lui, non negli ultimi tempi, così come il metallo a mordere sulla pelle del polso. Mh. Di solito gli piaceva usare del padding per evitare di farsi troppo male, ma probabilmente non aveva trovato di meglio sul momento. Non si accorse di niente fino a che scostò il lenzuolo dal volto, tirandolo giù fino al grembo per lasciare che l’aria fredda— no, pessima idea.
    Perché che cazzo aveva addosso.
    Una maglia enorme. E ok. A fantasia tigrata. Meno ok.
    Ma soprattutto: dov’erano i suoi pantaloni.
    Si sentiva un po’ come il finto Moka che posava nelle foto ufficiali con la maglietta tirata sopra il pacco e nient’altro.
    Al che, la cosa più naturale del mondo fu voltarsi verso il corpo che occupava l’altra parte del letto. Letto che non riconosceva, in una stanza fin troppo lussuosa per essere la sua. E sapete cosa? Forse sarebbe stato meglio non girarsi, perché trovarsi a letto con un sicario non era nella to-do list del medimago. Non che fosse a conoscenza della sua professione, ma glielo si leggeva in faccia all’uomo che mangiava bambini per colazione. Fu sorpreso di non trovare un volto ben più familiare al suo fianco, ma si morse il labbro per impedirsi di commentare. «in effetti sei il mio tipo» sentite. Anzi, sapete cosa? Tappatevi le orecchie, non voglio elaborare. Quello, il suo primo commento alla situazione. «apprezzo un buon roleplay, ma fino ad un certo punto» sollevò il polso che lo legava all’uomo, scuotendo appena la mano per sottolineare il concetto «hai mica le chiavi?» non voleva davvero rompersi il metacarpo per liberarsene, sebbene credeva di poter sopravvivere all’accaduto. O poteva rompere quello dell’uomo, perché no. Nel sollevare il braccio, tuttavia, notò un ematoma che ad un occhio allenato era fin troppo familiare. No, nessuna droga per l’Hansen «questo è il segno di una flebo» corrugò la fronte, il pollice ad andare a toccare la pelle attorno alla macchia violacea, mostrandolo all’uomo. «ma dove cazzo siamo» i laboratori di nuovo no, per favore. Almeno, non da paziente.

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    Non paragonarmi a una bitch così
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    roberta ma perché devi farmi ridere con sto cadavere
  4. .
    sinclair hansen
    Right now, I might be a mess but
    One day, you're gonna wake up
    And, oh shit, you lost the breakup
    I'll smile and you'll have to face it


    34 ✧ (extremist) rebel ✧ special
    You're MIA, running so free
    Calling your ex, forgetting 'bout me
    Here's something if
    nothing else is still true
    I'm the best thing that almost happened to you
    Quando Sinclair aveva varcato la soglia del Lilum, non aveva previsto che la sua serata prendesse quella piega. Tuttavia, l’Hansen non lasciò che la presenza del Capo dei Guerriglieri rompesse la calcolata immagine che stava proiettando. Un’immagine calma e rilassata, a cui era convinto che prima o poi avrebbe finito per cadere vittima con abbastanza impegno. «Le ho già detto che non gradisco la sua compagnia, aspetto qualcuno» l’idrocineta nascose il proprio divertimento nel bordo del bicchiere, ben conscio di come sarebbe andata a finire per il quell’uomo se non fosse sparito nei prossimi due secondi. Lui l’aveva vista Wind Thunderstorm arrabbiata, e non era uno scenario che voleva ripetere tanto presto. Decise di lasciare i due a risolverla tra pochi intimi, e fece sfilare il telefono dalla tasca per riprendere la partita di Scala 40 iniziata qualche ora prima. E invece no: sto cazzo e sto cazzone. «ecco, è arrivato» il suo primo istinto fu quello di fingere indifferenza e voltarsi a sua volta, speranzoso di trovare qualcuno alle sue spalle. Ma no, era inequivocabile il modo in cui lo sguardo di Wind si posò sul suo, un sorriso che aveva ben poco di rassicurante. «devo liberarmi di lui, purtroppo non in senso letterale» l’idrocineta si prese un momento per rivolgerle un’occhiata scettica, come se non le credesse. Sollevò appena le mani dal tavolo, palmi rivolti verso l’alto in segno di resa «non giudicherei, alcuni sono difficili da scrollarsi di dosso» personalmente, non era il tipo da ricorrere all’omicidio per così poco, ma non aveva le mani abbastanza pulite per poter scagliare la prima pietra. «non ho molto di meglio da fare in ogni caso» prese un sorso dal proprio bicchiere, la sensazione di bruciore del whiskey familiare quanto l’odore della propria casa «una falce per i tuoi pensieri? sono un ottimo ascoltatore» sapete, deformazione personale and all that.
    I give it all my oxygen,
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  5. .
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    Sinclair era un uomo che aveva sbagliato innumerevoli volte nella sua vita, e altrettante aveva saputo la decenza di ammetterlo a se stesso. Ad alta voce, un po’ meno, ma ne andava del suo orgoglio. Era proprio quest’ultimo ad aver giocato un ruolo importante nelle decisioni che aveva preso negli ultimi mesi di vita, mesi che erano stati un turbinio di emozioni complicate e nuove opportunità che gli erano state precluse fino a quel momento. Insomma, come avrebbe detto Kieran: era nella sua struggle era. L’ultima cosa che aveva bisogno di quel momento era ritrovarsi sbattuto di fronte uno di quegli sbagli. Uno sbaglio per molteplici motivi e secondo altrettante definizioni, uno sporco segreto –non così segreto, ormai– di cui non andava fiero. Non fraintendetelo, non era Lawrence ad essere il problema (said no one ever) ma la natura della loro relazione. Sin non stato nel giusto stato mentale quando aveva deciso di perseguire qualsiasi scintilla fosse scaturita tra di loro, dopoguerra e possessioni sapete com’è, ma quando aveva deciso di porre un freno a quella cosa era stato ormai troppo tardi. Troppo tardi per molte cose, ma soprattutto per la sembianza di affetto che provava per Lance. E l’idrocineta era già stato bruciato troppe volte per permetterselo l’ennesima volta. Quindi cosa gli era saltato in mente ora? Un’ottima domanda, persino lecita. Vedere quell’uomo danzare sul palmo della mano del Matheson, sapere che avrebbe potuto avere chiunque avesse voluto– non poteva spiegarlo se non con una semplice e primordiale emozione a corrodere il fegato: gelosia. Non aveva idea di quando fosse diventato un gioco, gli sguardi mantenuti per più tempo di quello che era lecito tenere e i tocchi fugaci ma lo era diventato a suo malgrado. Quello di cui era ben conscio, tuttavia, era di aver perso. Era stato il primo a cedere ed avvicinarsi, ad oltrepassare la linea immaginaria che lui stesso aveva tracciato. Un confine ben definito da una porta sbattuta in faccia settimane prima. «eccomi, sono qui» lo sguardo dell’Hansen si fece più duro premendo le labbra tra di loro, una linea sottile e disappointed: quell’espressione di falsità da parte di Lawrence non gli era nuova, ma non voleva dire che gli piacesse. Era difficile vedere la maschera al suo posto, quando aveva imparato a conoscere un’altra persona. «oh no, ci stavamo giusto conoscendo» al che Sinclair, uomo di grande cultura e acume, non poté che fargli notare un dettaglio importante «sono sicuro che avrai altre occasioni» o forse no, chissà. Rivolse un sorriso (poco) affabile al Vaughan, trattenendo a stento una risata dallo scoppiargli nel petto– cristo, un po’ gli dispiaceva per lui. L’americano non gli dispiaceva, era solo stato la sfortunata vittima delle grinfie del Matheson. «c’è qualcosa che deve dirmi, doc?» per quanto possibile, tentò di mantenere l’espressione serena di prima per non dare a vedere come le parole del ragazzo lo avessero toccato. Bastardo, sapeva esattamente quello che aveva fatto. Peccato che Sinclair fosse troppo concentrato sui suoi cazzi, per notare il rancore negli occhi di Lance. Lo seguì attraverso la sala e dentro la struttura che ospitava il matrimonio senza farsi domande, grato di mettere distanza tra sé e il resto della festa. Prima di scomparire lungo il corridoio, volse lo sguardo alle sue spalle per accertarsi che la sua famiglia non stesse facendo cazzate. Al suo contrario. Ma era adulto e vaccinato, e aveva avuto la reazione che aveva sperato di suscitare quindi non poteva che go with the flow. Non si era aspettato di arrivare a quel punto, nascosto in una nicchia dietro a una colonna con Lawrence, non quando lo aveva cacciato da casa sua. Sapeva quanto fosse orgoglioso e cocciuto, il fatto che avesse deciso di dargli retta non aveva senso. «quindi ora vuoi parlare?» oh, quello era il ragazzo che conosceva. Non la versione saccarina e stopposa che aveva incontrato in compagnia del Vaughan. «oppure eri solo geloso e volevi evitare che qualcun altro potesse avere quello che tu non hai voluto?» touché, ma non glielo avrebbe dato a vedere. Aveva ancora una dignità, nonché una discreta quantità di anni sul Matheson su come comportarsi. «potevi non darmi corda e rimanere di là con il professore, eppure hai deciso di trascinarmi qui. forse sei te che hai una questione in sospeso?» poggiò la schiena alla parete, mimando le braccia strette al letto di Lance, ma mantenendo la postura rilassata. All’apparenza, almeno. «perché io l’ho accettato, sai?» di certo non suonava così convincente come voleva venderglielo, e infatti: «oh, lance» cadde dalle labbra senza alcun pensiero conscio, a metà tra il derogatory e l’affectionate– insomma un po’ come il pendolo della vita. Sciolse la presa delle braccia per sollevarle placating, come a rassicurarlo. Un po’ accondiscendente da parte sua, un po’ da merda. «non sei nemmeno un po’ convincente» catturò il mento del ragazzo tra le dita, premendo appena con il pollice sulla carne e rivelando una fila di denti– denti familiari e che avevano lasciato la loro impronta da qualche parte sulla sua pelle più di una volta. «speravi di attirare la mia attenzione parlando con quello lì?» si concesse un’ultima carezza al labbro, prima di far cadere la mano: c'erano limiti che era disposto a superare, ma non a costo di bruciarsi «ci sei riuscito. hai intenzione di fare qualcosa a riguardo?» difficile dire se fosse un invito o una sfida, ma Sinclair sapeva che non avrebbe ceduto per primo.
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    Sinclair non era mai stato una persona impulsiva, così come non era mai capitato che rimpiangesse decisioni sulle quali aveva ponderato a lungo. Non era capriccioso, non geloso e certamente non era lì per passare la serata a tenere il muso lungo. Quindi no, non stava tracciando i movimenti del Matheson con lo sguardo, e di certo non aveva una smorfia a guastare l’espressione di controllata noia. Cristo santo, aveva ormai superato l’età in cui era accettabile comportarsi in quel modo. Anche se, se solo si fosse guardato attorno, avrebbe notato che le persone che lo circondavano non parevano assumere comportamenti molto più maturi. Ma Sinclair aveva l’attenzione fissa in un punto ben preciso, ed era cieco a qualsiasi altra manifestazione che non fossero i bedroom eyes che Lawrence stava rivolgendo a Raphael fuckin’ Vaughan. Traditore, lo sapeva che non c’era da fidarsi degli americani, con il suo stupido accento e gli insopportabili capelli che non sembravano mai essere fuori posto nonostante la lunghezza. Cos’era, il testimonial della Pantene? Il ribelle non gli era mai andato giù, e in quel momento gli sarebbe piaciuto tanto rimandarlo da dove veniva: il Texas, Hogwarts, il buco nel terreno da cui era strisciato fuori. Era troppo impegnato a lanciare sguardi truci dall’altra parte della pista da ballo per accorgersi del disastro che si era consumato alle sue spalle. Se solo avesse saputo, i suoi preziosi sforzi mandati in frantumo dall’infinito disagio di sua nipote. Si sentì tirare per la giacca, e per un breve momento il suo primo istinto fu di scattare contro l’origine della minaccia. Serrò le mani in due pugni, costringendo il cuore battito a ritornare a un ritmo semi normale- non era in guerra, nessuno voleva ucciderlo. Razionalmente lo sapeva, ma era difficile imbrigliare i suoi istinti. «ormai mi sono alzata, non posso rimanere ferma come una stupida statua. balla con me» era solo Hold. Che ricordava di aver lasciato con sua nipote, ma che per qualche assurda ragione si trovava al suo fianco. E dire che qualche minuto prima si era complimentato con Murphy per il successo del loro piano. Era chiaro che avesse cantato vittoria troppo presto, ma poteva sempre rimediare. «non avrei saputo dirlo meglio. vieni che ti insegno a ballare come…» avrebbe voluto dire come ai miei tempi ma l’avrebbe dipinto nella luce di un vecchio decrepito, cosa che non era. Non ancora, almeno. «come si deve» così che avrebbe potuto insegnarlo a Kieran a sua volta, il suo era un piano quinquennale ben studiato e con altri piani B, C e D a disposizione nel caso avesse fallito. Si sentiva un po’ come uno stratega Ferrari qualsiasi. «come va? ti stai divertendo? prima ti ho visto parlare con kieran, sembravate…affiatate» *WINK* prese la mano di Hold nella sua mentre guidò l’altra ad appoggiarsi sulla sua spalla, e un po’ come un classico ballo padre-figlia (sì, la stava per sostituire con Murphy così imparava) le mostrò dove mettere i piedi e come seguire il ritmo. Per qualcuno come l’Hansen poteva sembrare naturale, qualcosa di insito nel suo sangue e impartito a forza di bacchettate, quindi al momento faceva fatica a comprendere come Hold potesse avere- non delle difficoltà, ma una scarsa…coordinazione. «sai che. forse non sono l’insegnante adatto» sospirò sconfitto all’ennesima pestata che riceveva sui mocassini un volta lucidi, dovendo cedere alla realtà. Non aveva molta pazienza, e trovava la presenza di un ragazzo a pochi metri da lui terribilmente poco produttiva. «sai chi è un'insegnante migliore di me?» incastrò la special in una piroetta, usando quel momento per farla girare in direzione di Kieran come una trottola «kier, ti dispiace? hold mi stava giusto dicendo che voleva ballare. credo tu sia libera, no?» approfittò di quel momento per fare la sua uscita, e dirigersi senza alcuna fretta nella direzione in cui si trovava Lawrence. Infilò le mani in tasca, misurando i suoi passi con cautela per non dare l’impressione che fosse di fretta, come se stesse facendo una passeggiata e solo per caso si fosse imbattuto nella coppia. Sfoderò il suo miglior sorriso di cortesia, scivolando accanto a Lawrence come se fosse stato il suo posto sin dall'inizio, come se quel posto gli appartenesse di diritto «ah lawrence, eccoti. ti stavo cercando» sfilò il bicchiere dalle dita del ragazzo prima che potesse negarglielo, innocente nelle sue parole, e meno nello sguardo che rivolse a Raphael «piacere, dottor sinclair hansen» no, ma cosa dite, il suo non era un posturing contro il Vaughan. E anche se fosse stato, poteva permetterselo. Doveva persino fingere di non conoscerlo, terribile fingere nonchalance quando sapeva esattamente che tipo di persona fosse il professore [derogatory]. «non sapevo vi conosceste. un tuo vecchio professore, lawrence?» domandò con falso interesse, e nel caso ve lo steste chiedendo: sì, stava cercando di cockblockare il suo ex-non proprio ex-situationship. Ah, si sentiva quasi giovane.
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    SINCLAIR: parla con hold e law (e raph)
  7. .
    HHHHH E' BELLISSIMO AIUTOOOO
    GRAZIE MILLE PANDI :julie: :julie:
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    Sinclair: vedovo, mollato più volte di quante potesse contare negli ultimi anni, e vittima di una recente crisi sessuale. Non c’era posto più sbagliato per lui di un matrimonio. Ma non aveva avuto il cuore di rifiutare, quando la sua famiglia era tutta lì. Che senso aveva rimanere a casa sua a marcire, quando poteva cambiare scenario e fingere che la sua vita non fosse andata a puttane mesi prima. Anzi, decenni prima. Era ironico che si trovasse al matrimonio del capo dei ribelli, quando ufficialmente non ne faceva più parte, sbattuto fuori come se non avesse dedicato gli ultimi anni della sua vita alla Causa. Il fatto che fosse stato obbligato a trovarne un’altra nella medicina non cancellava il fatto che si fosse sentito abbandonato, tradito, nonostante ne comprendesse i motivi. Era un’ombra, non apparteneva più solo a sé stesso, un buco nero che era difficile da gauge. Destinato a una fine fatta di fiamme e buio, un regno che bussava alle porte. Alle volte era difficile conciliare la razionalità con quelli che erano sentimenti confusi e feriti, ma l’Hansen aveva trovato una valvola di sfogo che l’aveva aiutato. E no, non includeva trovare ogni giorno modi differenti per fare fuori Chariton Deadman. Aveva visto come Murphy l’aveva guardato durante la cerimonia, e l’unico pensiero coerente a formarsi davanti ai suoi occhi era stato l’omicidio. E che non si meritasse il posto che occupava nel cuore di sua figlia, ma quello era palese agli occhi di tutti. Ed ecco perché, post cerimonia e nel cuore dei festeggiamenti, il guaritore si era avvicinato a sua figlia per assicurarsi che stesse bene. Aveva posato un bacio tra i suoi capelli, e le aveva assicurato che se avesse avuto bisogno, sarebbe stato lì per lei. E poi, era partito all’attacco «figlia, dimmi» inclinò il bicchiere verso le figure poco distanti di sua nipote e di Hold, le sopracciglia a sollevarsi in un’espressione complice «abbiamo lavorato bene o no?» ovviamente, erano loro le masterminds dietro alla Kold. Dopotutto, senza i pranzi domenicali a casa di Sinclair le ragazze non avrebbero avuto modo di interagire. Persino la guerra, quando Hold e Kieran sembravano essersi avvicinate, era un po’ merito suo: Abby era dentro di lui, in senso poetico ovviamente. Lasciò poi che Murphy si allontanasse per ballare con Run, conscio che nessuno poteva togliere alla Skywalker il suo momento karaoke/flashdance. Chissà da chi aveva preso, di sicuro non da lui. Ed ecco perché si limitò ad osservare la pista, un pezzo di tartina in mano e il cocktail nell’altra. La pista, capito? Nient’altro. Tutto molto bello e interessante.

    Raphael Vaughan non conosceva William Barrow così bene, ma era pur sempre stato un suo collega. Si vociferava che una manciata di mesi ad Hogwarts equivalesse ad anni di conoscenza, un po’ come i carcerati che erano costretti a condividere quattro mura e non avevano nessun altro con cui interagire. In effetti, si spiegavano determinate dinamiche che si erano sviluppate. Gli mancava Boston e la vita che si era costruito lì, ma ci teneva abbastanza alla propria faccia da non mettere più piede nelle facoltà universitarie. Per fortuna, la macchia nella sua reputazione non l’aveva seguito in Inghilterra, e nel mondo magico. Anche se, visti alcuni dei suoi colleghi aveva incominciato a dubitare che il dipartimento di HR di Hogwarts funzionasse. O che esistesse, punto. Meglio per lui. Ma non poteva importargliene di meno di pensare al lavoro, ci mancava solo che lo seguisse fuori dalle mura della scuola, non quando vi era il bene di Dio spiegato davanti a lui. Il cibo, si intende. Vedete, per qualcuno che era cresciuto come il Vaughan, quello sfarzo non rientrava nella normalità, temeva che il solo movimento sbagliato avrebbe mandato in frantumi qualcosa. Ma non era un animale, lui (ciao bro). Aveva preferito distrarsi facendo il suo round di saluti, a partire dai colleghi e dalla….gravidanza del Jackson (che era incinto ai mago? non ricordo), e poi alla coppia di sposi. Ed ora che aveva finito il suo dovere da adulto, poteva concedersi di rilassarsi come Dio comandava: abusando dell’open bar. C’era solo una cosa migliore di un buon whisky, o diversi bicchieri di whisky, ed era la fig- regia di Carlo Vanzina. Si guardò intorno, labbra poggiate sull’orlo del bicchiere e occhi a danzare sulle figure attorno a lui. Per un motivo o per l’altro, la sua attenzione fu fermata da una particolare trio. Perché giustamente dovevano esserci anche i suoi studenti a quel matrimonio, e quella che pareva essere sua sorella, o comunque una parente. Col cazzo, per quanto la sorella rientrasse nelle sue corde, il Vaughan aveva già giocato con il fuoco e aveva finito col bruciarsi ben più che le dita. Ma Raphael sapeva adattarsi, e non era schizzinoso. Incrociò lo sguardo del ragazzo da lontano, piegando le labbra e il capo in un silente invito. Punto pandi vieni a fare il lavoro sporco.
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    SINCLAIR: parla a murphy. è agli estremi della pista da ballo a mangiare: people watching!
    RAPHAEL: saluta i colleghi, beve, guarda law.
  9. .
    sinclair hansen
    i feel the earth shaking under my feet
    i feel the pressure building
    until i can't breathe
    and it takes everything and it all spills out
    Sapete, arrivava un punto nella vita di tutti dove si fermavano a riflettere sulla propria esistenza e come fossero arrivati a quel punto. Era la stessa conversazione che Sinclair stava avendo con se stesso ora che si ritrovava a discutere di dubbie tematiche con un ragazzo molto più giovane di lui. Certo, non era la prima volta che si sfioravano argomenti simili, ma la volta precedente era stata in veste del tutto professionale. Forse aveva battuto la testa più forte di quello che pensava. «parlavo in senso più ampio, lo sport come metafora, ha presente? o come pratica ricreazionale in camera da letto» se avesse avuto dell’acqua in bocca, si sarebbe soffocato. Lanciò uno sguardo allarmato ai suoi dintorni, sollevato nello scoprire che nessuno del personale avesse sentito. Non era imbarazzato dell’argomento, uno del tutto naturale in fin dei conti, ma era anche una persona con del riguardo verso le orecchie altrui. Senza contare che alcuni di loro erano suoi ex colleghi. Decise di sorvolare oltre, perché sentiva di dover assumere il ruolo di adulto maturo nella conversazione, nonostante Lawrence glielo rendesse impossibile. Stava cercando in tutti i modi di infilarsi sotto la sua pelle e suscitare una reazione, come se fosse un gioco che gli procurava la più grande soddisfazione- e forse era così, i giovani lo spaventavano. Sinclair, da parte sua, doveva ammettere con rammarico che non gli dispiaceva. Forse era stato plagiato dalla magia antica di Abbadon, si sarebbero spiegate molte cose. «ma temo proprio di non aver capito granché, e che parlando di attivo e passivo non intendesse proprio la stessa cosa a cui pensavo io, eh doc?» Sinclair, che era abituato a parlare in gergo medico senza che nessuno vi percepisse doppi sensi: 0_0. Con il senno di poi, doveva ammettere di non aver scelto i termini più consoni a una conversazione già alla deriva da tempo. Era sempre più certo che il Matheson stesse cercando di provocarlo, in cerca di una soddisfazione forse a premere i bottoni giusti sarebbe arrivata prima o poi. Non aveva mai detto di essere un santo. «Stessa cosa per il prono e supino. Se vuole, può rispiegarmelo in altri termini» ovviamente avevo letto porno, ma sorvoliamo. Sinclair passò una mano tra la barba, i polpastrelli ad accarezzarla brevemente- ma cristo santo. Si fossero trovati in un altro contesto, uno fatto di luci soffuse e alcol a scaldare il sangue e il corpo, gli avrebbe mostrato esattamente come rimetterlo al suo posto. Ma non poteva, quindi si limitò a socchiudere le palpebre leggermente, lo sguardo a scivolare brevemente sui lembi di pelle scoperta, o sul quel maledetto neo sul volto che continuava a distrarlo «non lo so, sento che potrebbe essere necessaria una dimostrazione pratica» potevano essere in due a giocare a quel gioco, dopotutto si sapeva che la migliore difesa risultava essere l’offensiva. «Dopotutto, si impara meglio quando si sperimenta qualcosa in prima persona» lasciò cadere il tono di voce, una bolla riservata a loro due dove nessuno avrebbe fatto caso alle loro parole, il busto a sporgersi appena in avanti «gli esercizi per la terapia, ovviamente» ovviamente. Erano fondamentali, specie dopo un trauma come quello che aveva subito alla nascita. «niente che un po' di sano moto attivo e passivo, prono o supino non possa curare» era proprio un demente, ma in maniera endearing e un po' derogatory. Lanciò uno sguardo dismissive alla gamba rotta «conciato così? Starei molto attento, Lawrence, e mi preferirei affidarmi alle mani di un esperto» esperto di medicina, qualcuno che prendesse il suo stato seriamente e che non gli concedesse di svolgere attività troppo estenuanti per il corpo. Appunto, esercizi di fisioterapia attentamente selezionati. Peccato Sinclair non fosse un esperto, ma conosceva ottimi fisioterapisti.
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    sinclair hansen
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    Ironico a dir poco, che mentre Lawrence stava avendo la crisi della sua vita, l’uomo accanto a sé stava pensando a cosa preparare per cena. La vita di un adulto qualunque, che anche quando presentato davanti a una tragedia e a un futuro incerto, doveva fingersi ancora funzionale. O meglio, più che cosa preparare per cena, l’Hansen stava pensando oltre. Irrompere al Testa di Porco anche quando la sua presenza era sgradita, seguire la stessa routine di ogni sera con la stessa precisione di una prescrizione medica, soffocare le proprie paure per accollarsi il malessere del fratello. Era il suo casino, e come tale l’avrebbe ripulito. Vi erano anche gli occhi che sentiva puntati su di lui, uno sguardo a cui non aveva saputo dare alcuna spiegazione se non memorie di un futuro distante che non poteva sperare di cogliere. Non era lo stesso uomo che aveva insegnato come gestire i propri poteri a Jekyll, ma avrebbe sempre e comunque esteso una mano verso di lui. «oh no, ma prego giudichi pure» e a questo punto Elisa spera che solo più Pandi stia leggendo questi post, così da poter lasciarsi andare liberamente a determinate considerazioni. L’Hansen era abituato alle formalità, un uomo della sua età e della sua professione non poteva che aspettarselo. Eppure, quando si era trattato di quello che doveva essere un coetaneo di Lawrence, non ci aveva riflettuto più di tanto prima di invitarlo a usare il tu. L’aveva fatto sentire fin troppo vecchio, specie tra quelli che erano compagni di fazione. Non era come Javi o Vince, Sinclair, non era stato tirato su a ordini e rigide gerarchie. Nonostante ciò che aveva invitato Moka a fare, non estese lo stesso trattamento a Lawrence. Thinkin. Lasciò che una risata roca gli solleticasse la gola, per poi ruotare nuovamente lo sguardo sul ragazzo «no, davvero, sarebbe ipocrita da parte mia» meno professionale, quel commento casuale, ma in fondo non si trovavano dentro al suo studio, non più. Non poteva giudicare il Matheson per qualcosa di cui era peccava anche lui. Insomma, chi volesse intendere in tenda, il resto- beh, a fanculo o come continuava il detto. «dicono ci siano modi diversi per sfogarsi, ma onestamente la violenza non mi hai mai affascinato. e neppure gli sport estremi, non nella maniera canonica, comunque» inserire war flashbacks di Sinclair che insegnava a Wren dell’impact play e dell’importanza del consenso del BDSM, per poi passare ad altri ma altrettanti colorati argomenti di conversazione. Quasi si sentiva trasportato in quella foresta. «lawrence, ti sembro qualcuno che pratica sport estremi?» domandò serio, perché davvero dude ma l’aveva visto. Eppure era perfettamente sano! Kinda, dipendeva dalle definizioni. Chissà che sport estremi conosceva il Matheson, sperava non fosse il rafting. E davvero, finse di non cogliere l’innuendo nelle sue parole, perché non poteva permettersi di concedergli troppo terreno. «non canonicamente, almeno» chissà se lo disse davvero, in qualche au sicuramente. Lasciò cambiare argomento al ragazzo, un qualcosa di buono e giusto, dato il livello di disagio che stava iniziando a toccare Elisa «qual è la prognosi, doc?» thinkin parte due, che dire. Davvero, l’unico commento che si sentiva di dare. Ah, che domanda che gli aveva posto Lawrence, dovette mordersi la lingua per trattenersi dall’iniziare un rant medico non richiesto. Certo che si era informato prima di iniziare la fisioterapia, colpa della sua deformazione professionale «l’ossofast ha fatto quello che poteva, ma mi tocca comunque la fisioterapia. sai, cose come esercizi per il recupero del ROM articolare attraverso una mobilizzazione passiva/attiva-assistita che prevede dorsiflessione del piede, circonduzione del piede, prono/supinazione del piede, flessione plantare del piede» grazie fisioterapiaitalia.com - si era lasciato prendere la mano, vero? A giudicare dallo sguardo perso di Lawrence: sì, e di brutto. Ogni tanto si dimenticava che non tutti parlavano la sua stessa, elementare lingua «scusa, sono affascinato dalla.....medicina» sì, certo, come no. Preferì deflettere l'attenzione del Matheson con una tattica che funzionava sempre: lasciarlo parlare di sé «come hai fatto a ridurti così? e io che pensavo di essere messo male» haha joke's on him, era messo dieci volte peggio di Lawrence.
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    Ormai, il fatto che Sinclair avesse l’indole da crocerossina era stato stabilito. Non vi era alcun motivo di fingere che non fosse così, che al vedere il ragazzo chino su quelle sedie un istinto primordiale non lo chiamò all’azione. Non poteva dire di conoscere Lawrence, se non per quel poco tempo che aveva passato nel suo studio, ma si era fatto una blanda idea della persona che doveva essere. Si domandò cosa avesse potuto ridurre in quello stato un ragazzo che era parso così spavaldo, sicuro di sé- ma, in fondo, la guerra doveva aver lasciato le proprie cicatrici su tutti. Lasciò vagare lo sguardo sulla foto che Lawrence stava custodendo, non ci voleva un particolare acume per dedurre che doveva ritrarre qualcuno di importante per lui. Magari, una di quelle cicatrici che ancora faticavano a guarire. «Non è mai stato un problema, Doc» sorrise, il Matheson, più falso di un Giuda. E Sinclair finse di cascarci, perché era più facile per tutte e due, specie quando quello rappresentava un meccanismo di difesa così palese. E l’Hansen curvò le labbra in un sorriso simile, pigro e congeniale, genuinamente divertito dall’epiteto usato dal ragazzo. «A quanto pare, mi piace e basta» e chi era lui per giudicare, che dopo la rottura con Nicole aveva passato innumerevoli notti tra le braccia di un’altra persona, a caccia di un sentimento che sapeva essere inarrivabile. «a ognuno i propri passatempi, di certo non posso giudicare» alzò le mani, l’Hansen, non era il suo compito psicanalizzarlo, e non aveva nessuna intenzione di farlo «alle volte può essere una valvola di sfogo del tutto lecita. se praticato in modo sicuro, certo» stava avendo quel tipo di discorso con un ragazzo più giovane di sua figlia? Sì, certo, ma Sinclair era una persona professionale. Seria, adulta. Era un discorso del tutto naturale, non c’era nulla per cui arrossire e comportarsi come degli adolescenti. «difetto di fabbrica, dici? come mai?» piegò il capo genuinamente incuriosito, tentando di ricostruire pezzo per pezzo l’incognita che rappresentava il Matheson.
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    Sebastian Quinn aveva già conosciuto la morte decenni prima, un mero sfiorarsi dei polpastrelli, una promessa lasciata a metà. Un uomo pragmatico, il Quinn, che aveva preferito sacrificare la sua identità al posto della vita. Così attaccato alla promessa di una nuova alba da voltare le spalle a trentasette anni di memorie. E aveva funzionato, no?
    Undici anni dopo, aveva accolto il Mietitore a braccia aperte e l’aveva stretto al petto come un vecchio amico. Sinclair non aveva fatto altro che rubare e rubare tempo, consapevole che prima o poi sarebbe giunto quel giorno. Sarebbe dovuto morire molto tempo prima.
    Una stirpe maledetta, quella dei Quinn.
    E quando il fumo denso e scuro fuoriuscì dalla faglia, quando Abbadon sancì il destino dei maghi, Sinclair divenne conscio del fatto che quel luogo sarebbe divenuto la sua tomba.
    Mi dispiace, Al. Perché non se lo meritava, di essere messo in mezzo. Perché lo aveva abbandonato per così tanti anni. A lui e Richard, una famiglia che avrebbe dovuto proteggere anzi di disfare.
    Uno sguardo a Jekyll, ad Arturo. Era colpa sua, se avrebbe trascinato loro padre in una tomba.
    Uno sguardo a Bengali. Perché non sarebbe mai stato il padre che si meritava, che era già troppo tardi, anche se nessuno dei due poteva ancora saperlo.
    E Murphy- un sospiro,
    E prima i sette nani.
    E poi Arianna e i monologhi.
    Ma come si fa.
    A scrivere cose serie.
    Roberta che finge nonchalance.
    Basta.
    Ok.
    E Murphy- Murphy non era lì, una fine calzante data come era iniziata la loro storia. Avrebbe voluto stringerla in un abbraccio per un’ultima volta, dirle che era fiero di lei, nonostante tutto. Che sperava avrebbero avuto più tempo, ma che era grato per gli anni che avevano avuto. Avrebbe voluto-
    La nube l’aveva raggiunto.
    Non vi era più un battito, all’interno del petto di Sinclair Hansen.


    16 novembre 2016
    «e se vi dicessi che, ipoteticamente s’intende, potrebbe esserci la possibilità di riportarli indietro?»
    Elijah. Heidrun. Aloysius.
    Non credeva ai miracoli, Sinclair, non voleva riporre fede in un uomo che non aveva alcuna garanzia da dargli. Ma aveva un’altra scelta?
    «Omnia vincit amor et mors cedat amori»
    Un battito debole, e poi sempre più forte, vivo a pulsare contro la sua pelle.
    Ce l’avevano fatta. Ce l’avevano fatta?
    «se muore uno di voi, muoiono anche gli altri due»


    Sinclair Hansen era stato un dottore estremista nei Laboratori per quella che era parsa un’eternità. Aveva torturato, fatto a pezzi e ricucito insieme decine di essere umani- alcuni, erano cadaveri. Non si era mai considerato un brav’uomo, una definizione fin troppo vasta e resa torbida da conflitti etici e morali di cui non voleva nemmeno iniziare a preoccuparsi. Aveva voltato pagina, pregando che il suo passato non lo tormentasse più, aveva cercato di fare una differenza. Ma non era bastato, non bastava mai.
    Non ricordava molto, Sinclair, ma quello che era rimasto impresso a fuoco nella sua mente era sufficiente.
    Aveva amato i suoi poteri, una conquista, il culmine di tutto ciò a cui aveva lavorato. Li aveva considerati un dono, una nuova opportunità per chi come lui non aveva avuto altra scelta. Non pensava che un giorno avrebbe sterminato un’intera città, preso e preso vite ancora ed ancora fino a che non era rimasta più alcuna traccia di civilizzazione.
    Ma non era stato lui, no? Era quello il nocciolo della questione, determinare quanto la colpa ricadesse su di lui e quanto fosse stato semplicemente un burattino. Sinclair Hansen non aveva mai avuto paura di addossarsi le proprie responsabilità, ligio al dovere e proiettato verso un futuro che ancora in pochi potevano comprendere. Ma quello? Non era opera sua, nemmeno lontanamente.
    Era solo felice di essere vivo.
    Di non portato a fondo con sé Aloysius.
    Anche se sui fratello si rifiutava di guardarlo negli occhi, di riconoscere la sua esistenza a meno che non fosse attraverso il fondo di una bottiglia. Quattro anni sobrio, gli aveva gridato contro una delle prime sere che aveva messo piede alla Testa di Porco. Quattro anni sobrio, per poi buttarli nel cesso e autodistruggersi sera dopo sera, bicchiere dopo bicchiere.
    Gli aveva strappato via quello, gli aveva strappato via la Resistenza.
    Sinclair non rimpiangeva le migliaia di vite sulla sua coscienza, ma le conseguenze che avevano avuto sulla sua realtà.

    Ancora reggi?
    Dai, collassa.

    E nonostante tutto, Sinclair era lì alla fine della nottata ad offrire a suo fratello un bicchiere d’acqua, a rimettere al loro posto le bottiglie sul pavimento. Non era raro che lo riportasse a casa, trascinando fuori Troy per dargli una mano. Ci sarebbe stato comunque, anche se non il Crane voleva, anche se il mattino dopo avrebbe attributo quei ricordi ai fumi dell’alcol.
    Forse Sinclair sentiva di avere un debito karmico da pagare, qualcosa che appagasse quella voragine che aveva nel petto da diversi giorni. Non sapeva cosa lo spinse ad avvicinarsi al ragazzo seduto su una delle seggiole di plastica, forse l’impressionante somiglianza con un suo ex paziente. Sempre se di paziente di potesse parlare, lo aveva incontrato solo una volta. Cosa ci facesse alla sua sessione di riabilitazione, poi, era un mistero. «Lawrence?» tentò di attirare l’attenzione del ragazzo, fin troppo immerso in qualcosa che teneva sul grembo per accorgersi della sua presenza. «Posso?» i muscoli lo stavano uccidendo dopo la fisioterapia, non credeva di voler rimanere in piedi ancora per lungo. Non aspettò il permesso di Lawrence per sedersi, poggiando poi le stampelle sulla seduta accanto a lui. Avrebbe avuto molte domande da fare, come se non l'avesse visto combattere per l'altro lato -quello giusto, sbagliato, dipendeva dal punto di vista- ma preferiva non ritornare a quei momenti, concedersi almeno qualche minuto di pace. «Alla fine hai risolto quel problema?» che problema. Beh, quello per cui era venuto da lui per poi non varcare mai più la soglia del suo studio.
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    sinclair hansen
    I'm living in an age
    That calls darkness light
    Though my language is dead
    Still the shapes fill my head
    Ari: scrivi in inglese! Elisa: ok spengo il neurone.
    The first rays of sun peeked through the curtains, stretching along the walls and spilling onto Sinclair’s sitting form. He was hunched on the bed, uncaring of the cold breeze tickling his skin, unmoving apart from the rising of his chest. He stole a glance at the woman lying next to him, then at the clothes scattered all over the floor. It was hard to think with the piercing headache threatening to open his head, but the dread eating away at him (or was it nausea?) was urging him to remember something about the previous night. Fuckin’ hell, he told himself it would be the last time. But if life taught him anything, was that oftentimes promises were nothing more than wishful thinking wrapped in a pretty bow. And yet, he kept at it, days bleeding into weeks and still the same resolution in mind: this is the last time. The last time he’d heed the siren call of a pretty face, or the golden haze of a good whiskey just to fill a person-shaped hole. Still, believe it or not, the more he buried himself in the warmth of another human being and the less time he spent kneeling at the altar of his own misery. Not the best coping mechanism, but he didn’t know otherwise. Sebastian Quinn had been a deeply flawed human being, therefore Sinclair Hansen couldn’t be that far off.

    As Fleetwood Mac loved to sing, you would never break the chain. Sinclair wandered through the halls of the establishment, fingers tips running along the concrete walls, while his step faltered and fell back into an erratic crescendo. He did not have one too many, he was just- how did his nephew called it? Feeling it. Vibing along. Or whatever term young people liked to call it those days, he stopped trying to keep up years ago. He stepped into the Better Run, the cloying smell of cheap perfume and sweat permeated every crevice of the club, while the bass of the music reverberated through his bones. Soon, he was hit by the club’s lights, and the deafening noise of the music swooped every coherent thought away. The floor was packed with bodies, one face indistinguishable from another- it reminded him of a headless monster, moving in unison and ready to swallow whoever dared to get close enough. Not him, he was far too old for that. Sinclair went straight to the second floor, the stairs a maze in itself, narrow and crowded, but he was an old hand at navigating those environments. He steered himself through the press of people towards the bar, already spying a familiar back among the patrons. Il dialogo te lo piazzo in italiano o è strange forte «cristo, javier, da quant’è che aspetti?» Sinclair slid onto the stool next to Javier, a routine that had become all too familiar ever since the man came back from- whatever the hell he’d been. He grinned at him, turning his head to watch the man. Sinclair’s unruly curls fell into his eyes, and he pushed the back with the back of his hand. «facciamo così, per farmi perdonare offro questo giro» and if, tecnically, it was Javier’s turn. Not that Sinclair was keeping count, as if.
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    thirty-three
    rebel
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    lia manda le gif porno, elisa le mette senza farsi domande. "sono versatili" -cit
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    sinclair hansen
    Right now, I might be a mess but
    One day, you're gonna wake up
    And, oh shit, you lost the breakup
    I'll smile and you'll have to face it


    34 ✧ (extremist) rebel ✧ special
    You're MIA, running so free
    Calling your ex, forgetting 'bout me
    Here's something if
    nothing else is still true
    I'm the best thing that almost happened to you
    Perché Sinclair Hansen si trovava al Lilum? Una domanda che sorgeva spontanea, nautrale, quando si pensava al maggiore della famiglia Quinn. Sarebbe stato facile rifilare una scusa quale sono stato scelto dalla Palla, perché avrebbe significato ammettere che non esisteva il libero arbitrio nella realtà in cui si muovevano tutti i giorni. Quindi sì, Sinclair si trovava lì seduto su una delle tante poltrone, drink alla mano, di sua spontanea volontà. Prese un sorso di Jameson, o qualsiasi cosa fosse, non ci aveva riflettuto troppo su, e si lasciò distrarre dalle movenze di una delle tante ballerine che stavano danzando sopra al palco. Non era particolarmente interessato, ma ammetteva che provvedevano una sufficiente distrazione al suo corrente stato mentale. Era stato piantato in asso per la terza? quarta volta? e sebbene Nicole avesse avuto tutte le ragioni al mondo per farlo, la dilagante sensazione che qualcosa in lui non andava era sempre più prominente. Ma quella sera non si trovava lì per piangere su se stesso, Troy glielo aveva proibito quando l’aveva cacciato di casa, anche perché dopo la quarta volta uno ci faceva il callo. Quanto sarebbe stato patetico bere fino a che non avrebbe dimenticato anche il suo nome? No, in realtà no. Di certo, i soldi per permettersi tale sfizio ce li aveva, e il suo fegato erano stato temprato da generazioni e generazioni di Quinn alcolisti. E poi, a giudicare da una rapida occhiata agli altri clienti del pub, sembrava essere messo meglio di molti altri. Vi era chi si stava lasciando andare ad effusioni in un angolo, chi aveva tirato fuori altri strumentopolo sui quali preferiva non indagare. Forse avrebbe dovuto trascinare qualcuno lì con lui, non per attività sessuali varie, ma per avere qualcuno con cui distrarsi. Aveva sempre tempo per rimediare una compagnia, non era schizzinoso, ma visto il pubblico generale era necessaria un’attenta selezione. O sarebbe rimasto lì a bere fino a che qualcuno l’avrebbe approcciato, dopotutto aveva sentito che in quel periodo erano di nuovo in voga i daddy mentalmente martoriati dalla vita.
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
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    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    special wizard(extremist) doctor
    sinclair jeezus
    hansen
    Prima di tutto: AUGURI PAPA SIN!!!! Scopre di avere dei nipoti e intanto gli nasce la figlia.
    Sinclair non aveva previsto che la situazione sarebbe deragliata in quella maniera, ma d’altronde era la metafora della sua vita. E che dire, quella volta non vi aveva nemmeno messo lo zampino il Fato ™, anche chiamato Roberta. Di certo, non si aspettava che le sue mediocre abilità attirassero l’attenzione di un acquirente. Sinclair poteva anche essere benestante, ma aveva diversi figlio (adottati e non) da mantenere. «quanto puoi mantenerla? Puoi renderla fissa?» si strofinò la barba, lo sguardo a farsi distante e a figurarsi un’onda perpetua che aleggiava in mezzo a una stanza a fare da separé. Il vapore dell’acqua che creava un’atmosfera intima, abbastanza per permettere ai più coraggiosi di- basta, si vedeva che la presenza di Poor era deleteria alla sua razionalità. «ipoteticamente, in un ambiente calmo e controllato, quindici minuti?» non ci aveva mai provato, e perché avrebbe dovuto, ma supponeva che fosse il suo limite. Equivaleva lo sforzo per manipolare una modesta quantità d’acqua a quello di un plank, e per quanto il tempo massimo variava da persona a persona, un individuo sufficientemente allenato poteva raggiungere tempi ammirevoli. Peccato che la sua bolla si frantumò appena il Withpotatoes tocco l’argomento tabù. «mi hanno drogato……..» Sinclair inarcò un sopracciglio, humming noncommittally perché conosceva i suoi polli. Murphy assumeva la stessa posa, persino la stessa espressione, quando si stava preparando a sparare una grande cazzata. «potrei non rispondere di quello che dico…….» «sputa il rospo.» detto con lo stesso tono de l’avete premuto il pulsante, cazzoni? Sapete, l’Hansen era un uomo impegnato, aveva posti dove essere, ma soprattutto non amava le persone che prendevano tempo. Anche perché non capiva quale fosse il problema, se si fosse lasciato scappare quello zio come i giovani facevano con daddy, o altro. «non per la tua età avanzata» Sinclair era abituato ad essere definito in quel modo, era il primo che play into quel joke, ma andava chiarita una cosa per il pubblico «ho trentaquattro anni» che, per un gen z, equivaleva ad esseri morti ma quello Sinclair non poteva saperlo. «ma quali daddies? dimmi di più, non ne frequento abbastanza» era sinceramente incuriosito, l’Hansen, così tanto che aveva perso il filo del discorso. Scusate, ma la sua era una curiosità del tutto razionale, era così abituato a passare del tempo con i giovani che stava incominciando a perdere le sue radici. «comunque? Potrei. Se avessi dei fratelli con dei figli. Hai fratelli con dei figli? io ho fratelli. senza figli» pure dei fratelli. Purtroppo per lui, Sinclair aveva capito esattamente dove voleva andare a parare il Withpotatoes. Era venuto a conoscenza del 2043 per vie traverse, in primis dal fatto che Kieran fosse sua nipote, e se Murphy aveva dei figli venuti dal futuro non vedeva come non potesse essere stato lo stesso per Aloysius e Richard. Per quanto riguardava possibili figli dell'Hansen, non aveva voluto sapere. Preferiva vivere determinate cose con ignoranza, così che non si formasse aspettative che erano destinate a sfumare senza mai avverarsi. Era un realista, Sinclair, fin troppo grounded per lasciarsi trasportare da un futuro ormai passato. «quindi fammi capire. sei figlio di al, o di richard?» con i quali non parlava da anni, tra parentesi, ma non era il momento di rifletterci su. Si guardò intorno, per poi ridurre il tono di voce a un bisbiglio «vieni dal....futuro?» quello, era un argomento delicato che raramente si permetteva di affrontare. Era decisamente out of his depth, ma a rincuorarlo c'era il fatto che Poor condividesse il suo stesso disagio «e hai dei fratelli? che non sono davvero i withpotatoes, immagino» eh regà, si era buggato. Non aveva mica capito bene la mappa di tutte le parentele, gli mancavano i tasselli fondamentali per poterla ricostruire, ma ripeto non voleva davvero sapere.
    It's time to go back inside
    where the lost don't sleep
    Where my lover lies
    Where the hurt don't weep
    they just colonizе
    And I force my hand again
    matt maeson
    my hand/lawless dream
    never had to leave
107 replies since 4/1/2016
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