[oblinder '24] e so che non è facile volersi bene, stare in catene

noway ft. questanoibiza

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    Lotus Mirage Resort - room #012
    nowayquestanoibiza
    Lotus Mirage Resort, un hotel situato a Montrose, piccolo villaggio portuale magico sulla costa est della Scozia. L’edificio è su quattro piani (reception, hall, bagno, sala da pranzo – all’occasione sala da ballo – e cucine al piano terra; alcune stanze al primo piano, altre stanze e due suite al secondo; alloggi dello staff, magazzino e stanze di servizio al piano interrato) ed è inserito perfettamente nella conformità paesaggistica del luogo, con le pareti di pietra dai colori chiari, il tetto di tegole rosso mattone e il basso muro di cinta che accoglie gli ospiti, mettendo in mostra l’insegna (il nome dell’hotel con sul fondo un fiore di loto i cui petali si aprono e si chiudono).
    Durante i mesi di campionato, quando la squadra della città – i Montrose Magpies – gioca in casa, la struttura ospita tifosi arrivati da ogni parte della Scozia, e dei dintorni; il resto dell’anno, è principalmente meta dei turisti che scelgono di visitare il villaggio magico e le spiagge rocciose di quel lato della Scozia, una vista mozzafiato che la posizione privilegiata in cui è stato costruito il resort (in cima ad una collinetta che affaccia proprio sul mare) regala a tutti i villeggianti.
    Noia. Curiosità. Ricerca. Psycho shipping. Fascinazione.
    Potrebbero essere tante, forse addirittura troppe, le ragioni dietro il perché la notte del quattordici febbraio sia diventata, oramai, una notte speciale nel mondo magico; quali che siano i motivi che spingono persone, o gruppi di persone, a lanciarsi ogni anno nell’organizzazione più assurda per garantire la migliore riuscita dell’evento, comunque, non è importante. Il perché raramente lo è, infondo. Non cambia le conseguenze, e non rende più comprensibile l’incredibile – e francamente inspiegabile – clamore dietro una notte che, all’apparenza, dovrebbe essere una come tutte le altre.
    Il passaggio di testimone, da un anno all’altro, serve solo a sottolineare ancora di più l’imprevedibilità che San Valentino porta con sé; simulazioni, sopravvivenza, ricerca scientifica.
    Cosa succederà l’anno prossimo?
    È la domanda che si fanno tutti.
    Beh, quasi tutti.

    E poi, in uno schiocco di dita, l’anno prossimo è già qui — e maghi e streghe e special e babbani (perché no, non c’è più alcun velo a separare i due mondi, dopotutto) di ogni età si trovano, loro malgrado, ad essere i più vicini a scoprire la risposta a quella domanda.
    Che lo abbiate desiderato per trecentosessantacinque giorni o meno, che l’abbiate temuto o agognato, che abbia occupato anche solo una minima parte dei vostri pensieri in questi dodici mesi oppure no, non importa: perché quest’anno il fato – o chiunque sia a muovere i fili del destino al suo posto, a questo giro – ha scelto proprio voi come vittime.
    Uhm, pardon: come fortunati vincitori della lotteria annuale.
    Una scelta probabilmente fatta a caso, il proverbiale bastoncino corto beccato per sbaglio, e contro la vostra volontà; o magari vi hanno tenuto d’occhio per tutto l’anno, prendo appunti e aggiungendo note e trascrizioni alla murder board tenuta in soggiorno; lo so, è una possibilità terrificante, non è vero? Essere controllati. Eppure, nessuno può escluderla.

    Qualsiasi sia la ragione, qualsiasi sia il prima, non ha importanza.
    In quella stanza di albergo, quest'anno ci siete voi, e non siete soli.
    E in quello stesso istante, nel momento in cui aprite gli occhi e prendete nota di ciò che vi circonda – del materasso morbido e delle lenzuola delicate, o del pavimento fresco, o di quanto sia stranamente comoda la vasca… –, quello è il momento in cui vi rendete anche conto di essere ammanettati a qualcuno. Proprio così: vere manette d'acciaio fredde al contatto con la pelle nuda del polso.
    E potrà sembrare assurdo, ma non è quella la cosa più strana di cui vi rendete conto; e ne prendete velocemente atto quando provate ad avvicinarvi alla porta della stanza, portandovi dietro la vostra anima gemella, e in un battito di ciglia siete di nuovo al centro, accanto al letto, o nel bagno. Potete riprovarci quante volte volete, e potete persino tentare con la finestra che da sul mare: non importa, quanti, o quali, tentativi facciate, non c’è via d’uscita, e perseverare non porterà a nulla — solo ad un forte mal di testa. La magia che vi tiene lì, è chiaramente una magia più forte di quello che vi sareste aspettati. Ed è anche l'unica magia che funzioni: non ci mettete molto a capire che né le vostre bacchette, né i vostri poteri, sembrano funzionare.

    Quanto alla stanza... beh, è una banalissima stanza d’hotel. Niente di particolare salta all’occhio, se si esclude il fatto che non possiate uscire da lì, certo.
    C’è il numero per contattare la reception al piano terra e il menu per ordinare la colazione in camera, ma nessun dispositivo con cui mettersi davvero in contatto con l’esterno: non un telefono, né alcun oggetto incantato con cui comunicare; c'è una piccola toeletta disposta contro la parete, e una sedia; c'è il bagno (con la vasca, perché a quanto pare l'hotel, il resort, non si fa mancare nulla); c'è il letto, due comodini, alcune stanze hanno persino un balcone — non che voi possiate uscirvi fuori, certo: vi dovrete accontentare di osservare il paesaggio da dietro i vetri delle finestre.
    E poi c’è un foglio.
    Sul letto, a terra, sulla toeletta, ovunque capiti.
    Poche parole, leggere sulla pergamena ma pesanti sulla coscienza. Cinque beffarde parole.
    Buon San Valentino, miei cari.


    //OFF: BENVENUTI AMICI AD UN NUOVO ED EMOZIONANTISSIMO OBLINDER!!
    Siete pronti?? SIETE KARIKI??? Mi auguro per voi (e per i pg) di sì!!
    Come avrete capito, siete in una stanza di hotel (dalla quale NON potete uscire) che alcuni potranno riconoscere magari dal logo sulle lenzuola o dal panorama esterno (se ci sono già stati). Cosa dovrete fare? BEH!! Ma ovvio: interagire con l vostra anima gemella. Non cercate un modo di uscire, sarebbe solo tempo perso: non c'è una via d'uscita SMACK
    Pensate piuttosto a fare una più approfondita conoscenza della persona con cui siete stati abbinati; il resto verrà da sé.
    XOXO
     
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    Chi più, chi meno, sembrate riprendervi tutti dopo il primo momento di confusione e disagio. Ma è realmente così? Solo il tempo potrà dirlo, cari amici. Di sicuro, c’è che quella sensazione di smarrimento sembra essersi appiccicata alla vostra pelle; avete dato un nome (forse) al posto dove siete, ma non ancora una motivazione sufficientemente credibile per spiegare il perché. Beh, quello è ovvio, amici: è San Valentino. E se non sapete dell’oblinder, chiaramente non avete amici nei posti giusti, perché è l’evento più atteso delle stagione da anni. Ed è anche altrettanto chiaro che non leggete i miei articoli, tsk.
    Non è quindi del motivo che dovreste preoccuparvi, ma piuttosto delle condizioni in cui ci siete arrivati. Lo stomaco a gorgogliare prepotente nei momenti di silenzio indica forse una cena troppo leggera la scorsa sera? Non sapete dirlo, in effetti non ricordate di preciso qual’è stata l’ultima cosa commestibile che avete mandato giù. Brutto segno? Forse no, mi dispiace solo non ci sia un banchetto ricco ad attendervi nelle stanze: per il momento dovrete combattere contro la fame e la sete, e contro lo stordimento, alla vecchia maniera: arrangiandovi.
    Niente rimedi estremi, capito? Non siamo la società della neve, qui.
    Ma… hey, sì dico a te, non sei un po’ troppo giovane per avere quegli ematomi nell'incavo del braccio? Sembra quasi il segno di ... ah, magari qualcuno di voi saprà riconoscerlo. Ago.
    Uh, uh, amico… la droga non è mai la risposta.
    (Unless.)

     
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    Forse l’adrenalina inizia a fare effetto, scuotendo membra evidentemente provate, perché dopo il livido sul braccio, vi rendete conto di qualcos’altro. Qualcosa a cui prima, troppo presi dalla sorpresa dell’insieme – svegliarsi in un posto che non conoscete, senza magia, ed ammanettati a qualcuno – non avevate fatte caso.
    Abbassate lo sguardo sui vostri vestiti. Alcuni sono troppo grandi per voi, o troppo piccoli. Taglie sbagliate, forme che mai avreste pensato di indossare. Sembrano pescati casualmente, come se qualcuno avesse afferrato gli abiti abbandonati nell’hotel, e ve li avesse messi addosso.
    Profumano di bucato, però. Almeno quello. Una cosa è sicura: non sono i vostri.

     
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    su una scala che andava da Edward Moonarie a zero, il pg di rob meno propenso ad accettare un salto nel buio era Marcus Howl.
    odiava le sorprese e disprezzava le incognite, per quanto facesse vanto di avere sempre un piano di riserva; semplicemente preferiva non doverli usare. metodico nel prepararsi in anticipo, e altrettanto granitico se l'occasione richiedeva un adattamento dell'ultimo minuto — ma le certezze tendevano ad incrinarsi nel momento in cui il sicario capiva di non essere più in controllo.
    e nel sollevare piano le palpebre sugli occhi blu, si rese immediatamente conto di non esserlo.
    la sensazione delle lenzuola pulite sotto i palmi delle mani aveva un che di familiare, ma non abbastanza; il cotone era diverso, il profumo simile. la luce, a filtrare dagli spiragli della tenda non completamente chiusa, non sarebbe dovuta essere così calda: il loft in cui viveva aveva tutte le finestre rivolte a ovest, compresa quella della sua camera da letto. prima ancora di ruotare la testa, per guardarsi intorno o sfiorare con lo sguardo il volto della persona sdraiata al suo fianco, la mano destra dell'howl scivolò dietro la nuca, cercando con i polpastrelli qualcosa che inconsciamente sapeva non avrebbe trovato — teneva sempre il coltello a serramanico sotto il cuscino, ma quello non era il suo cazzo di cuscino.
    e infatti le dita si piegarono sul nulla, dando una lieve accelerazione al cuore dello special; necessario, affinché il muscolo cardiaco pompasse più sangue per irrorare il cervello e rimetterlo in moto. si sentiva pesante, Marcus, come sospeso in un limbo. chiuse nuovamente gli occhi e nemmeno si stupì nel rendersi conto di quanta fatica facesse a tenere gli occhi aperti. per uno che non beveva, né faceva uso di droghe (quel piccolo incidente con la cocaina in quest non conta davvero), ci voleva poco a riconoscere la presenza di una sostanza estranea nel flusso sanguigno.
    solo allora, ritirando la mano da sotto il guanciale, si rese conto dell'impedimento: gli avevano messo un paio di manette simili, quando era finito alla centrale di polizia babbana. la volta che mitchell lo aveva recuperato. ed erano tornati a casa sua insieme, perché tanto valeva smettere di fingere che non volessero entrambi la stessa cosa. era morto, Marcus, e tutto il resto aveva smesso di contare davvero.
    o, almeno, così credeva.
    ma cristoddio basta pensare a Mitchell fottuti Winston, sempre presente come un tarlo nelle situazioni in cui la merda arriva direttamente al collo.
    «hm.» tutto quello che poteva dire, e probabilmente anche l'unica sillaba accettata per regolamento fino alla fine dell'oblinder; a meno di rivelazioni eccezionali, si intende. accettata la momentanea impotenza di fronte all'idea dj trovarsi in un posto sconosciuto quando ricordava perfettamente di essere tornato a casa la sera prima, Marcus si fece forza e aprì gli occhi. piano, con la lentezza di chi si sta mentalmente preparando per avviarsi al patibolo, reclinò la testa verso il centro del letto: aveva una mano libera, un cuscino, e nessuna paura di usare entrambi per soffocare chiunque si fosse rivelata una compagnia sgradita.
    a mali estremi, estremi rimedi.
    un'idea che evidentemente giungeva in ritardo, perché quello sdraiato accanto all'empatico poteva essere solo un cadavere; qualcuno aveva avuto la decenza di coprire il corpo con lo stesso lenzuolo che lui si era ritrovato sotto la schiena, rendendo impossibile identificare la persona in questione. il morto. ne scorgeva solo il profilo, sotto il telo immacolato, ma troppo informe per capire se si trattasse di un uomo o di una donna — non che importasse qualcosa. portò le iridi cobalto al punto in cui il proprio polso ammanettato scompariva oltre il lenzuolo, scegliendo cautamente di non dare strattoni; preferì rimanere immobile, studiando la stanza e il suo contenuto. a parte qualche ninnolo sulla cassettiera e un paio di quadri scelti a occhi chiusi da una serie estremamente brutta di barche e pescatore, 1845, sembrava una normale stanza d'albergo.
    decisamente più strani erano i pantaloncini da mare e la camicia hawaiiana che Marcus aveva indosso: se gli serviva un buon motivo per impazzire probabilmente era quello.
    in attesa si svegliasse il suo amico cadavere ovviamente.

    [adesivo di Ken che vola via]

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    Ma di svegliarmi con accanto qualcuno
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    non fa assolutamente nulla ❤ crede di essere ammanettato ad un cadavere perché l'altra persona è coperta dal lenzuolo. indossa i pantaloncini e la camicia come nella gif :D
     
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    Vecchio bastardo. - cit
    Vecchio bastardo che non sarebbe dovuto essere lì.
    Ma era stato scelto dal caos, e con grande umiltà aveva accettato il suo ruolo nel grande gioco della vita. Tutto ciò non voleva dire che gli piacesse, non quando aveva vissuto quell’esatta scena più volte. Forse riusciva addirittura ad esaurire le dita di una mano.

    obl. freme, [15/02/2024 17:27]
    se sei ibiza ti picchio
    sian ⚡️, [15/02/2024 17:30]
    INDOVINA
    obl. freme, [15/02/2024 17:30]
    maledetta
    sian ⚡️, [15/02/2024 17:30]
    spero tu non sia chi penso io
    sian ⚡️, [15/02/2024 17:30]
    mi sfugge la matematica
    obl. freme, [15/02/2024 17:31]
    sai che potrebbe succedere qualcosa di davvero mistico.

    E in effetti, era successo.
    Ma non quanto Elisa che pensava fosse Murphy. Sarebbe stato troppo bello, quasi poetico even. Per la sanità mentale, di Sinclair, forse era meglio così.
    La prima cosa che l’Hansen vide appena aprì gli occhi, fu un telo bianco steso sulla sua faccia, e la luce del sole a filtrare attraverso di esso. Se non per un generale senso di malessere, azzardava a dire di sentirsi bene. Era ancora stordito dal sonno, ma il calore e il peso di un corpo accanto a lui era inequivocabile. Non era insolito per lui, non negli ultimi tempi, così come il metallo a mordere sulla pelle del polso. Mh. Di solito gli piaceva usare del padding per evitare di farsi troppo male, ma probabilmente non aveva trovato di meglio sul momento. Non si accorse di niente fino a che scostò il lenzuolo dal volto, tirandolo giù fino al grembo per lasciare che l’aria fredda— no, pessima idea.
    Perché che cazzo aveva addosso.
    Una maglia enorme. E ok. A fantasia tigrata. Meno ok.
    Ma soprattutto: dov’erano i suoi pantaloni.
    Si sentiva un po’ come il finto Moka che posava nelle foto ufficiali con la maglietta tirata sopra il pacco e nient’altro.
    Al che, la cosa più naturale del mondo fu voltarsi verso il corpo che occupava l’altra parte del letto. Letto che non riconosceva, in una stanza fin troppo lussuosa per essere la sua. E sapete cosa? Forse sarebbe stato meglio non girarsi, perché trovarsi a letto con un sicario non era nella to-do list del medimago. Non che fosse a conoscenza della sua professione, ma glielo si leggeva in faccia all’uomo che mangiava bambini per colazione. Fu sorpreso di non trovare un volto ben più familiare al suo fianco, ma si morse il labbro per impedirsi di commentare. «in effetti sei il mio tipo» sentite. Anzi, sapete cosa? Tappatevi le orecchie, non voglio elaborare. Quello, il suo primo commento alla situazione. «apprezzo un buon roleplay, ma fino ad un certo punto» sollevò il polso che lo legava all’uomo, scuotendo appena la mano per sottolineare il concetto «hai mica le chiavi?» non voleva davvero rompersi il metacarpo per liberarsene, sebbene credeva di poter sopravvivere all’accaduto. O poteva rompere quello dell’uomo, perché no. Nel sollevare il braccio, tuttavia, notò un ematoma che ad un occhio allenato era fin troppo familiare. No, nessuna droga per l’Hansen «questo è il segno di una flebo» corrugò la fronte, il pollice ad andare a toccare la pelle attorno alla macchia violacea, mostrandolo all’uomo. «ma dove cazzo siamo» i laboratori di nuovo no, per favore. Almeno, non da paziente.

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    roberta ma perché devi farmi ridere con sto cadavere
     
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    inizialmente, aveva scambiato il silenzio per ciò che avrebbe potuto essere: senza il rumore bianco delle emozioni altrui a girare pigramente nella testa — e quanto era diventato bravo ad ignorarle! — la responsabilità era stata addossata al cadavere. un motivo in piu per credere che la persona con la quale condividesse il letto fosse passata a miglior vita.
    il dubbio semmai rimaneva sul come. per mano sua poteva essere un'opzione, ma non avrebbe saputo spiegare le manette; non giocava con le proprie prede, Marcus. di solito nemmeno prendeva contatti, preferendo uno studio minuzioso della propria vittima a debita distanza. i casi estremi, che avevano previsto una conoscenza più intima, non si erano mai spinti fino alla camera da letto: quella era evidentemente riservata agli errori stupidi che non avrebbe dovuto ripetere e continuava comunque a fare.
    quasi fingendosi morto pure lui (una condizione non così lontano dalla realtà), il sicario batté lentamente le palpebre, incanalando aria nei polmoni prima di voltarsi sul fianco. senza un coltello a portata di mano, rimaneva valida la soluzione a cui in molti avevano già pensato: deturpare il cadavere di uno sconosciuto e spezzargli il pollice sembrava decisamente più conveniente che trascinarselo dietro alla ricerca della prima via d'uscita.
    tirando leggermente il polso verso di sé, espose quello dell'uomo ancora nascosto sotto il lenzuolo.
    la presa delle dita attorno alla mano dell'altro si fece ferrea.
    doveva solo premere, e contemporaneamente dare uno strattone all'indietro.
    cosa che avrebbe anche fatto, se Sinclair non avesse scostato il lenzuolo dimostrando al mondo cosa significava davvero le parole redivivo e animalier. fu anche così che si ritrovarono mano nella mano e occhi negli occhi, sdraiati vicini in un letto troppo piccolo (canon sia alla francese) come i due vecchi del Titanic quando la nave affonda dopo aver colpito l'iceberg. «in effetti sei il mio tipo» dal canto suo, Marcus un tipo non l'aveva mai avuto. dovendo relegare gli incontri passionali di una notte a mera distrazione quando le brevi pause tra i suoi lavori glielo concedevano, l'idea di fare pure delle preferenze risultava eccessiva.
    magari tirava una riga sulla necrofilia, ecco.
    «hai mica le chiavi?» aveva un che di familiare, l'hensen. oltre ad essere un uomo di bell'aspetto, nonostante fosse difficile stabilire la sua età così su due piedi: doveva aver passato momenti davvero intensi, l'idrocineta, e glieli si leggevano tutti i faccia.
    «veramente fino a due secondi fa credevo fossi morto. stavo per romperti una mano» dopo aver ponderato diverse ipotesi, tra cui ricorrere al già citato cuscino, Marcus decise che era il caso di fare buon viso a cattivo gioco; esisteva ancora la remota, quanto improbabile, possibilità che in quella situazione ci fossero finiti entrambi dietro comune consenso.
    stanze d'albergo e manette suggerivano una notte agitata, ma la rimozione dei fatti dalla memoria era una novità. non apprezzata «sei un medico?» chiese, mettendosi a sedere per studiare meglio il livido indicato dallo special. quello decisamente non rientrava nella prassi seguita dall'howl «di solito non è così che concludo un appuntamento» la nota di sarcasmo nascosta nel tono calmo della sua voce fu talmente impalpabile che dubitava Sinclair l'avrebbe sentita. aveva una maschera da indossare nella vita di tutti i giorni, Marcus, quando l'occasione richiedeva la presenza scenica dell'uomo d'affari affabile e seducente. l'assassino su commissione era purtroppo un ruolo ancora mal visto dalla società — nell'anno del Signore 2024? ridicolo.
    si mise a sedere sul letto e lo sguardo gli cadde sul costume a pantaloncino.
    poi sulla maglia che sin aveva chiaramente rubato a Tina Cipollari.
    «ma dove cazzo siamo»
    «forse in un incubo» si faceva per dire.

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    Cercando di uscire dalla stanza, vi rendete conto di tre cose: primo, non sentite alcun passo provenire dal corridoio, segno che nessuno stia facendo la ronda all'esterno della camera; secondo, riuscite a percepire, seppur distanti, i mormorii indistinti di vittime come voi - vicini, altri più lontani, ma forse potreste fare qualcosa in merito; terzo, e questa è la parte in cui vi viene la pelle d'oca, spiando dalla finestra notate che…non ci sia nessuno. È bassa stagione, certo, ma siete in un hotel, e perlomeno il personale e la manutenzione dovrebbero passare ogni tanto. Qualcuno nelle altre stanze, magari lo notate pure; hanno le manette come voi, però. Dove sono tutti gli altri? Questo gioco, non è più divertente.

     
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    Sempre più dettagli vengono alla luce, ora che la situazione pare prendere una forma; sapere che non siete soli, in quella follia, forse aiuta a rendervi più lucidi. Ed è proprio in questo modo che vi rendete conto di un’altra cosa molto strana: c’è il sole, fuori dalla finestra. È alto, ad occhio e croce mezzogiorno deve essere passato da qualche ora — ma ciò che vi colpisce è il cielo sereno. Non una nuvola all’orizzonte; strano, il meteo aveva previsto pioggia per quel giorno, e alcuni di voi sicuramente avranno buttato un’occhio alle previsioni, prima di organizzarsi per quel San Valentino… che i meteorologi si siano sbagliati? Possibile.

     
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    Certo che svegliarsi e ritrovarsi mano nella mano con uno sconosciuto era qualcosa. Un po’ troppo intimo per i suoi gusti, e poi si sapeva che tenere la mano ad un altro uomo poteva sembrare omosessuale. Quell’intera situazione aveva assunto sfumature particolari a dir la verità, e poteva solo peggiorare. «veramente fino a due secondi fa credevo fossi morto. stavo per romperti una mano» e sapete cosa? Sinclair poteva rispettare i metodi funzionali dell’uomo, anche perché: «per un momento ho pensato la stessa cosa. ma con la tua mano» constatò affatto dispiaciuto, perché solo Dio sapeva che l’Hansen avesse fatto di peggio nella vita che rompere un metacarpo. Si chiese, brevemente, se lo sconosciuto avesse fatto parte di una parte della sua vita di cui raramente parlava. «sei un medico?» annuì, Sinclair, un cenno del capo secco e deciso. Era molte cose, l’uomo, tra cui morto dentro e fuori ma questi sono solo i pensieri di una Elisa sconfitta ai rigori. Studiò meglio l’ematoma sul braccio, fino a trovare un piccolo buco che un tempo aveva condotto alla vena– bingo «ci sono molte sostanze che possono essere somministrate endovena» portò la mano a grattare il mento, la testa persa tra le mille sostanze che potevano aver usato nel loro caso «potrebbero essere semplici fluidi così come altro» molto ominous, anche se l’idrocineta non presentava nessun sintomo particolare. A parte il non poter usare i propri poteri. «di solito non è così che concludo un appuntamento» e sapete cosa? C’erano molti modi di interpretare quella frase, e se avesse fatto il collegamento Marcus-Amos probabilmente avrebbe risposto in maniera diversa. «ammanettato a uno sconosciuto?» si strinse nelle spalle, all’apparenza noncurante nonostante lo sguardo haunted poor little meow meow perso tra le coperte «ci sono modi peggiori per svegliarsi» un sorriso sghembo rivolto all’altro, le nuvole nello sguardo dell’Hansen a dissolversi rapide così com’erano apparse. «forse in un incubo» dai Markino ma come sei pessimista, si vede che ti manca un emotional support estroverso (ciao shar). «o in un trip allucinogeno» indicò la propria maglia in maniera ASSOLUTAMENTE derogatory, anche se–
    oddio
    si trovavano nella mattina dopo una notte da leone
    ERANO DOUG????
    «senti ma. oggi non doveva piovere?» così, magari Marcus leggeva le previsioni come lui, roba da vecchi and all. Era tutto molto strano, ma intanto: «sei sicuro che non siamo andati a letto insieme?» chissà se faceva punti bonus. Al gioco della vita.
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    «per un momento ho pensato la stessa cosa. ma con la tua mano» contro ogni aspettativa, le labbra del sicario si piegarono in un sorriso sincero.
    cosa c'era di più romantico che svegliarsi in una stanza d'albergo, senza alcuna memoria delle ore precedenti, e confessare reciproca intenzione di spezzare le ossa al proprio partner? unironically, Marcus e Sin avrebbero potuto avere tutto. se, e valeva per entrambi, al calore di un corpo accanto al proprio non avessero associato un volto ben preciso; labbra sulla pelle, sguardi carichi di aspettative, mani che sapevano come andare oltre un rifiuto. fasullo, nella maggior parte dei casi.
    batté lentamente le palpebre, allentando la stretta sulle dita dell'altro, spingendosi indietro con un colpo di reni «qualunque cosa ci abbiano iniettato» per Marcus era scontato fosse opera di qualcun altro: non aveva mai fatto uso volontario di droghe, e certo l'idea che qualcuno potesse averlo fatto al posto suo per renderlo incosciente gli faceva girare non poco i coglioni. sapere non fosse opera di sin — almeno a giudicare dalla professionalità con cui stava studiando i lividi — era senz'altro un punto a suo favore «non sembra avere effetti evidenti. se vogliamo tralasciare il vuoto di memoria» non fece alcun cenno ai poteri, o alla magia.
    nella sua posizione, quella facciata che aveva costruito con tanto impegno negli anni, non c'era posto per i controlli soffocanti del Ministero: ufficialmente, Marcus Howl era un mago mezzosangue diplomatosi a Hogwarts con il massimo dei voti. il fatto che Amos, tra tutti, sapesse la verità avrebbe dovuto far scattare nella mente del trentatreenne uno squillante campanello d'allarme; e in effetti, lo aveva fatto — sirene di kill bill and all. a quel punto, giusto perché siamo già a metà settimana, decise che rimanere seduto sul letto a contemplare l'ineluttabilità dell'universo rappresentava una perdita di tempo: diede un leggero strattone al braccio di Sinclair, per attirare la sua attenzione e invitarle l'uomo a raggiungerlo sul suo lato del materasso.
    «le manette sono un risvolto interessante, ti dirò. venire drogato da qualcuno, un po meno» quando l'uomo gli fu accanto, Marcus portò entrambe le gambe oltre il bordo del letto, alzandosi in piedi «ci sono modi peggiori per svegliarsi» questa volta l'howl inarcò un sopracciglio, scettico. essendosi ritrovato a dover uccidere qualcuno, strafatto di cocaina (sempre contro la sua volontà, attenzione) e con indosso un abito da principessa, dubitava che le parole di sin potessero avere un reale fondamento «lo dici per esperienza personale?» insomma, adesso era curioso.
    al suo citare il meteo, però, Marcus ebbe un fremito — come tutti gli anziani (quindi canon over 30), anche l'empatico aveva dei trip specifici: omicidi e previsioni del tempo. diede un'occhiata fuori dalla finestra, fingendo nonchalance per l'argomento in questione, avvicinandosi al vetro con sin appresso «ultimamente non ne azzeccano una» e poi la gente come faceva a organizzarsi, eh? assurdo, con le tecnologie a disposizione nell'anno del signore 2024. incapace di trattenere un ormai evidente disappunto, Marcus si limitò a scuotere la testa; poi allungò la mano libera per afferrare la maniglia. voleva solo aprirla e uscire sul balcone, lasciare che l'aria gelida di febbraio facesse il suo lavoro riattivando qualche connessione neuronale perduta per strada.
    ma prima ancora di poter mettere piede fuori, e far presente al proprio compagno di sventure ci fosse qualcuno che si sbracciava alcune finestre più in là, si ritrovò sbattuto sul letto.
    non da sin (peccato 👀), ma con sin.
    «cazzo» onesto, reale. qualunque cosa fosse successa in quella frazione di secondo, lo special si accorse suo malgrado gli avesse tolto tutto l'ossigeno dai polmoni; recuperarlo, a quel punto, fu più complicato del previsto — non aveva l'età per certe cose «credo che il sesso sia l'ultimo dei nostri problemi» tentando di rimettersi a sedere, Marcus non poté fare a meno di lanciare un'occhiata all'hensen, un sopracciglio leggermente sollevato nel constatare come la maglia tigrata gli si fosse arrotolata in grembo, scoprendo i muscoli delle cosce: evidentemente frequentare la bocciofila (il campo da bocce, non quel gruppo sgangherato di dilf + toyboy + mommies) dava i suoi frutti.
    yup.

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    Pensavate di aver colto tutti i dettagli nella stanza, quel poco che avete potuto esplorare, eppure c’è ancora qualcosa che coglie la vostra attenzione. Un foglietto accartocciato sul pavimento, abbandonato al fondo del cestino. O forse, per coloro che si sono spinti nei pressi del balcone, un pezzo di carta che il vento impetuoso ha fatto sollevare fino al vostro piano. Non importa tanto il dove, quanto il cosa. Si tratta di un volantino, uno di quelli che si affigge sui muri per cercare le persone scomparse. Chissà, il volto che vi guarda di rimando potrà sembrarvi familiare nelle persone che avete intravisto nel vostro breve soggiorno, o al contrario quelle fattezze sono del tutto sconosciute, ma una cosa è sicura: c’è qualcosa che non va.
    Perché la data di sparizione segnata sul manifesto, è il 14 Febbraio.
    Ed il volto che vi osserva dalla locandina, è quello di Theo Kayne.

     
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    Sinclair si era ritrovato a lavorare anche quando non era in turno, come ogni buon stacanovista che si rispettasse. Si trovava davanti un caso clinico affascinante, e se solo avesse avuto i suoi poteri con sé avrebbe potuto indagare sulla natura della sostanza che gli avevano iniettato e cercare di capire gli effetti sul proprio corpo. Perché sì, come ogni vecchio che si rispettasse aveva già deciso cosa fosse successo. Il suo personale AU. «qualunque cosa ci abbiano iniettato non sembra avere effetti evidenti. se vogliamo tralasciare il vuoto di memoria» lo scrutò serio, l’Hansen, ponderando i pro e i contro di informare Marcus delle mille sostanze che avrebbero potuto provocare problemi dopo. Decise che non fosse il caso, dopotutto non aveva alcuna prova concreta tra le mani, preferendo passare ad altro. «ne ho fin troppe di esperienze personali» un sospiro aggravato al ricordare i vari episodi che l’avevano portato fino a quel momento, i famosi fantasmi del passato ecc «ma niente di allegro, e credo che in questo momento serve qualcosa di meno deprimente» inclinò il capo e gesticolò con la mano in direzione dell’uomo «se hai di meglio da offrire sono tutt’orecchie» non stava mica approfittando della situazione per fare la ciatella, ma che dite. Gli sembrava una persona interessante, tutto qui. Provarono poi ad esplorare la stanza, perché nella lista delle priorità gli sembrava abbastanza alta, e ovviamente c’era l’inculata. Perché nella vita c’era sempre l’inculata, avrebbe dovuto saperlo. «cazzo sì. mi piace sempre di meno la cosa» e sentite, per quanto fosse allarmante il tutto, Sinclair aveva degli occhi. Non si nascose dallo sguardo curioso dell’uomo, perché quando uno spendeva del tempo in palestra il minimo era mostrare il frutto dei propri lavori. QUALCUNO APPREZZAVA EH LAW. mA dettagli. «chissà chi ha pensato che questo fosse un modo ideale per passare san valentino» un genio del male, ecco chi «anche se batte fare da babysitter» amava i suoi nipoti ma preferiva una scopata………………andava detto. Intanto, e qui tagliamo corto perché devo dormire, un pezzo di carta arrotolato ai piedi del letto colse la sua attenzione. Si sporse nel cercare di prenderlo, tirando appena Marcus dietro di sé, per poi spiegarne i contenuti.
    Mh.
    Che cazzo ci faceva Theo Kayne su un voltantino.
    Di persone scomparse.
    Lo passò all’uomo, così da avere una seconda opinione «chissà se ce n’è anche uno con le nostre facce, ti immagini» hahah che ridere MA TI IMMAGINI.
    Maglia bianca, oro sui denti, blue jeans
    Non paragonarmi a una bitch così
    Non era abbastanza, noi soli sulla Jeep
    Ma non sono bravo a rincorrere
    Cinque cellulari nella tuta gold
    Baby, non richiamerò
     
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    marcus howl | 'noway

    quando le iridi cobalto del sicario incontrarono quelle scure di sin, in seguito al check up completo da testa a piedi, tra i due uomini ci fu un cenno di intesa.
    senza dire assolutamente nulla, avevano appena stabilito due cose: la prima, entrambi apprezzavano ciò che stavano guardando; la seconda, nessuno dei due poteva dirsi davvero scioccato di fronte all'ipotesi (seppur in quel momento diventata remota) che avessero effettivamente fatto sesso.
    e una volta registrati questi dati fondamentali - tra adulti risultava più facile, per qualche motivo - potevano andare oltre e concentrarsi sul vero problema.
    qualcuno li aveva chiusi in una stanza dalla quale non si poteva uscire, privandoli dei propri poteri; della magia, in generale, perché che ne sapeva Marcus di cosa scorresse nelle vene del compagno «chissà chi ha pensato che questo fosse un modo ideale per passare san valentino. anche se batte fare da babysitter» su quello, l'empatico avrebbe avuto qualcosa da ridire, ma preferì limitarsi ad una generale alzata di spalle. dopotutto, non aveva bambini di cui prendersi cura, volendo escludere sharyn solo ed esclusivamente per una questione anagrafica «hai figli? nipoti—» solo mentre chiedeva, si rese conto di non sapere ancora il nome dell'uomo. fosse stato un moka, avrebbe mantenuto volentieri quello status quo, ma il sicario era abbastanza maturo da sapere come ci si comportava in modo civile per integrarsi alla società.
    persino segregato in una camera d'albergo, senza uno straccio di arma addosso.
    non che qualunque cosa attorno a loro non sarebbe potuta diventare tale, attenzione.
    «marcus howl. credo che a questo punto dovremmo almeno presentarci, non credi?» tese la mano libera verso l'idrocineta, osservandone I lineamenti con maggior attenzione. sì che l'aveva già visto, cazzo. solo che non ricordava dove, o quando. forse avevano combattuto insieme, nei sotterranei di Hogwarts, forse sul campo di battaglia si erano ritrovati a puntare una canna di fucile uno alla testa dell'altro. la terza ipotesi, quella che fosse stato proprio sin a togliergli la magia per fargli dono del potere più scomodo possibile, ancora non aveva preso forma nella mente dell'howl. questione di tempo.
    agevolò il movimento di sin mettendosi in ginocchio sul materasso, la fronte corrugata nel rendersi conto quello tra le mani dell'uomo non fosse il menù di una pizzeria «lo conosci?» la faccia del ragazzino, stampata su carta semplice e spiegazzata, a Marcus non accendeva nessuna lampadina. fu solo quando smise di studiare quel volto imberbe, che si accorse della data scritta poco più in basso «sai.. credo che la situazione sia appena peggiorata esponenzialmente» ma così, buttata lì. perché la data riportata sull'avviso di scomparsa era quella del quattordici febbraio, giorno che in teoria sarebbe dovuto essere quello.
    oggi.
    ma probabilmente no.
    «hai detto che i lividi potrebbero essere stati causati da una flebo, giusto?» istintivamente, portò le dita a sfiorare l'interno del gomito, chiedendosi come avesse fatto a non notare prima l'ovvio: premendo sul livido, non sentiva alcun dolore. e ai bordi stava già diventando giallino, segno che non fosse poi così fresco «quanti giorni pensi siano passati» perché a quel punto era inutile girarci intorno, non quando l'evidenza della situazione stava proprio lì, sotto i loro occhi «potrebbe essere qui dentro anche lui. insieme a chissà quanti altri» indicò il ragazzino, poi la finestra. se voleva tentare sin di affacciarsi, quella era la sua occasione.


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    Che sia perché state facendo la conoscenza gli uni degli altri, o perché siete intenti a scrivere col vostro sangue sul vetro, oppure perché state urlando attraverso le pareti per farvi sentire da chi, come voi, sembra finito in quell’incubo, non importa: siete tutti troppo impegnati, troppo distratti, per accorgervene in tempo. E chi di voi lo fa, arriva comunque troppo tardi.
    Ha l’aria innocua, un disco di metallo di dieci centimetri di diametro e non più di due di spessore, tre al massimo. Era nascosto: sotto il secchio, dietro la sedia, sotto al letto. Non importa nemmeno quello; perché quando sentite il click, e il successivo sibilio, capite subito che qualcosa non va. Qualcuno, i più reattivi – o quelli abituati alle situazioni estreme e complicate –, proverà a proteggere naso e bocca con rimedi di fortuna (le lenzuola, i cuscini, la stoffa degli abiti che indossano). Ma, ancora una volta, è troppo tardi. Non sapete cosa sia la sostanza gassosa rilasciata dal dischetto, ma la state respirando, e nonostante i vostri valorosi sforzi soccombete, chi prima e chi dopo, ai suoi effetti. Nulla di troppo terribile, chiunque vi abbia messo lì dentro non vuole uccidervi — o l’avrebbe già fatto. Vogliono solo rendervi innocui, disorientarvi ancora di più e confondere i vostri sensi. E, con i poteri inibiti, funziona su tutti, special compresi.
    Passa un minuto, poi due. Il gas ha smesso di fuoriuscire, e voi di tossire — o di ribellarvi inutilmente ai suoi effetti. Ed è in quel momento che la porta della stanza si apre, e vorreste tentare di approfittare di quell’occasione per fuggire ma lo stordimento ve lo impedisce, ed è facile per quelle persone (mercenari assoldati da qualcuno? Cacciatori inviati dal ministero? non sapreste dirlo) trascinarvi fuori dalla stanza, insieme a loro.

     
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