Votes given by parrish‚

  1. .
    freddie faustus
    Saggiò con la lingua il liquore all'interno della sua bocca e concentrò anche lo sguardo sull'alcolico, evitando accuratamente gli occhi degli altri commensali e posando i suoi sul bicchiere ancora mezzo pieno – o mezzo vuoto? Il punto di vista era facilmente interscambiabile, soprattutto quando in un attimo poteva cadere, così come evidentemente si augurava Javier e così come evidentemente stava riuscendo a fare.
    «pensavo di averti dato tutte le basi necessarie. hai bisogno di un ripasso?» alzò il capo per lanciare uno sguardo veloce alla fonte di quella provocazione e contemporaneamente alzò anche il sopracciglio, in un'espressione quasi stupita. Lo stava davvero facendo? Premere un universale pulsante play che avrebbe attivato nella mente di tutti gli altri le stesse immagini che ritraevano i due? Audace. La trovava una mossa un po' berserk in effetti, ma a quanto pare Freddie aveva male inquadrato Javi e i due non condividevano lo stesso pizzico di amor proprio. In altre circostanze avrebbe anche riso — si sarebbe fatto una grossa e grassa risata piena, anzi, e avrebbe offerto una bevuta in nome delle sue pessime abilità di ballerino, ma in quella situazione gli sembra too soon anche per i suoi gusti. Sapeva concedersi e abbandonarsi ai piaceri della famosa autoironia, ma in quel caso aveva un certo orgoglio da difendere, una reputazione, o almeno quel poco che ne rimaneva.
    Accennò un piccolo, imbarazzato, sorriso all'insù e piegò la testa di lato verso la spalla, incassando il colpo e non replicando; sapeva che Javi avrebbe captato perfettamente il touché sotteso nel suo sguardo, prima di abbassarlo, masticando una risposta che reputò meglio non dire ad alta voce.
    Era anche vero, però, che dalla parte opposta del ring l'eccelso ballerino stava giocando secondo una tattica totalmente diversa, che doveva consistere in una e una sola cosa: attaccarlo.
    Ricambiò lo sguardo dell'altro, ma non riuscì a sostenerlo e fu costretto a tornare sul suo Talisker; fece scivolare il ghiaccio nel bicchiere, e giocò con il liquido rimanente, prima di decidere di prenderne un sorso.
    Con la mano destra tirò su la manica sinistra della camicia per scoprire l'avambraccio, poi fece lo stesso con la sinistra, lentamente, come se si stesse preparando per scaldare i muscoli e fare s pugni. In effetti, si schiarì la voce subito dopo e una volta incrociate le braccia al petto, puntò le iridi chiare sul volto olivastro di Javier, e stavolta non solo sostenne il suo suo sguardo, ma si concesse anche un ghigno un po' giocoso. «e qual è la tua storia da raccontare, invece?» alzò il mento verso l'altro, e per quanto volesse suonare provocatorio in realtà era davvero interessato. «dev'essere una storia interessante, non è da tutti ballare in quel modo», lanciò uno sguardo divertito ad Amos e lo guardò un attimo con più attenzione — lo ricordava diverso, ma in effetti per la maggior parte del tempo non aveva avuto un volto, quindi poteva essersi facilmente confuso. Comunque, non era quella la questione principale: «hanno addirittura chiesto il bis» rimarcò il concetto, e stavolta evitò di poter inciampare a sua volta. «e nonostante la lezione privata non mi sentirei mai in grado di replicare».
    Concluse, poi fece scivolare ancora un sorso di liquore nella gola, perché sentiva di avere bisogno per affrontare il discorso che si era appena aperto; picchiettò le dita sul bordo del bicchiere e poi sorrise un po' amaro «attrazione, cazzate, e sesso? mh» si fece pensieroso, scrutò ancora la figura del più grande. «ruvido» sentenziò infine, non esattamente deluso, e neanche sorpreso, ma neppure del tutto indifferente, e infatti fece per dire qualche altra cosa, ma poi cambiò idea scuotendo la testa. «comunque eviterei di parlare di sesso davanti a un minorenne» no, se ve lo state chiedendo non si erano portati Davide dietro, ma un altro minorenne sì e quello era Amos, can't change my mind.
    Keep on dreaming,
    don't stop breathing,
    fight those demons
    Sell your soul,
    not your whole self

    31 y.o.germanwerewolf

    SPOILER (click to view)
    andate e collezionate la figurina, miei giovani padawan, questo è il mio regalo per voi
  2. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    gabe darko
    19 y.o. - electrokinesis - cibo gratis
    Gabriel Jane Darko osservava l’entrata della Lanterna Dorata come un uomo poteva osservare il proprio amante ancora avvolto nelle lenzuola in una mattinata in cui già fosse in ritardo, un misto di desiderio e rimpianto equivalente di cui il vincitore non fosse ovvio.
    Prese la fotocamera appesa al collo, e scattò una foto.
    Era ormai un anno che cercasse qualcosa di abbastanza interessante da scuoterlo dalla propria apatia. Aveva diciannove anni, ed ancora non era certo di cosa fare della propria vita – troppe opzioni, e tutti egualmente faticose da raggiungere. Aveva fatto il tirocinio come magiavvocato, vero, ma quando aveva osservato gli abiti eleganti ordinatamente stirati con cui avrebbe dovuto fare un effettivo colloquio al Ministero per avere il lavoro, aveva capito che non fosse quello che faceva per lui: troppe regole, troppa attività, e troppo un frenare la lingua che faceva ben poco al caso suo. Gabriel, o Jane che dir si volesse, non era abbastanza centrato per un mestiere che richiedesse equilibrio. Si era quindi domandato cosa gli piacesse realmente, dove sarebbe valso spendere il proprio tempo, e fra tutti coloro che avevano cercato di indirizzarlo verso una carriera piuttosto che l’altra, l’unica voce fuori dal coro che aveva smosso qualcosa, era stata… Polgy Girl. Jane si era ritrovata fra le mani l’usuale bollettino firmato dal cacciavite giallo, ed aveva sorriso pensando questo posso farlo anche io. Ci aveva messo un paio di minuti, prima di realizzare la portata di quel Pensiero TM, ma quello poteva farlo anche lei.
    Scrivere.
    Essere polemica.
    Non voleva essere una voce politica fuori dal coro, Dio solo scampasse che attirasse le attenzioni sbagliate di Censura o Pavor, ma voleva rappresentare qualcosa di diverso. Voleva essere scandalistica nel significato più puro del termine, voleva instillare il dubbio, e convincere i propri lettori che il mondo in cui vivevano non fosse altro che una simulazione. Poteva farlo. Era nelle sue corde, quell’energia caotica che la spingeva a mettere pulci nell’orecchio.
    Aveva solo bisogno del pezzo giusto con cui iniziare. Se davvero, davvero, voleva conseguire quella carriera, voleva qualcosa che valesse la pena, un picco da cui osservare il resto del mondo andare in briciole, e riderne con l’inchiostro ancora a colare dalla piuma.
    Spostò l’obiettivo della fotocamera sul pavimento, dove decine di inviti calpestati ed appallottolati segnavano la pietra miliare di quanto poco al mondo fottesse di un evento di lettura, e sorrise. Lasciò ricadere l’attrezzo sul petto, sistemando il nodo alla cravatta di modo che fosse impeccabile e preciso – aggettivi che ben poco si adattavano a Gabriel, e che lo rendevano un travestimento perfetto per un evento in maschera.
    Si era vestito da adulto badger.
    Aveva anche una ventiquattrore, ma cosa ci fosse al suo interno, non vi era dato saperlo.
    Se ci mise più tempo del dovuto ad entrare, fu solo perché distratto dalle spillette offerte dal locale. Doveva - doveva scegliere i propri pronomi? Gabe non era certo di volerne scegliere, li voleva tutti. Si sentiva a proprio agio in qualunque modo lo chiamassero, e per un istante valutò di piazzarsi she/her solo perché poteva farlo, ed essere sincera: pensava a sé stessa come lei, ed a sé stesso come lui, ed a volte si univa in un loro come se fossero stati due persone diverse e non sempre la stessa. Per onor di onestà, scelse he/they, perché quel giorno si era svegliato sentendo più energia mascolina che femminile.
    Ma prese comunque un she/they da infilarsi in tasca, fosse mai che cambiasse idea strada facendo.
    Entrò nel locale, dirigendosi senza neanche doverci pensare verso il cibo – non sarebbe stato il Darko se non avesse dato la priorità al mangiare – e solo dopo un paio di bocconi si guardò attorno. Scattò una foto a Starr, tutta rannicchiata si se stessa e volontariamente concentrata sul cibo così da non dover guardare il resto (mood) ma non attaccò bottone. La trovava solo un soggetto interessante, ed anche piuttosto esplicativo dell’evento.
    In cui c’era anche suo fratello vestito da gay cowboy.
    Ok.
    Lo domandò a tutti e nessuno, prendendo il taccuino nella tasca della giacca e sfogliandolo distrattamente: «ma quindi nessuno legge niente?»
    E lui che aveva sperato di trovare il Plot Twist con cui iniziare la propria carriera.
    There's too many ordinary people
    They'd rather be boring than stop
  3. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    eugene jackson
    31 | dark arts | daddy™ | castafratto

    il bello di euge è che era bello.
    mh, no, troppo autocelebrativa, riprovo.
    il bello di euge, e una disgrazia per alcuni, era che nella maggior parte dei casi bastava rivolgergli la parola per conquistarlo e legarsi a lui in un patto di sangue che poteva durare una vita; finché a qualcuno non veniva in mente di pestargli i piedi, quel qualcuno era destinato a ritrovarsi il Jackson come amico, nel senso che ad eugene risultava più congeniale: fastidioso, appiccicoso, caotico, eppure leale.
    il Parrish aveva fino a quel momento schivato una vera mina vagante, ma ora? il sorriso che si aprì sul volto del ventisettenne suggerì ad euge che per loro c'era ancora tempo, non tutti era perduto — tranne la tranquillità di noah. «Non posso dire di aver fatto tutto da solo. Conoscete Finley Lloyd? Ragazzo adorabile» il professore spostò gli occhi azzurri sul giovane in questione, senza riconoscerlo «mai avuto il piacere. ma un tempo conoscevo quattro giovanotti che si facevano chiamare in quel modo, la loro musica allietava le mie giornate e rinvigoriva il mio spirito» eh, il featuring con Mondo Marcio, che capolavoro assoluto!
    si affiancò a Noah dirigendosi verso il tavolino con il rinfresco, una sistemata alle maniche della camicia: poteva anche essere solo un cowboy gay non dichiarato che soffre immensamente per amore, lì dentro, ma il Jackson era deciso ad interpretare la sua parte con un certo stile. una risatina divertita però gli sgusció comunque tra le labbra, causando un'improvvisa rottura del personaggio (in italiano suona davvero male.) «oh, io adoro leggere» [jade in the background: u sure 'bout that]
    posso avere l'ardire di contare anche le incomparabili tavole di Topolino?
    ah no???

    quelli li divorava, soprattutto perché c'erano quasi solo immagini e non doveva fare lo sforzo di ricreare una tal scena nella sua mente; non è che fosse proprio una capra ignorante, Eugene, ma non aveva mai avuto lo sbatti. leggere richiedeva la capacità di sedersi, fermare il proprio corpo e concentrare la mente su una cosa sola alla volta, e questo il serpeverde non era mai stato in grado di farlo — fermarsi, concentrarsi. cosa che, a malincuore, euge dovette fare proprio in quel momento; non che la domanda di Noah fosse riuscita a spiazzarlo, sia chiaro — richiedeva solo un istante di elaborazione in più. arrivati a quel punto mica poteva dirgli che aveva preso spunto da un film, no? «ovvio, che potete chiedere» perché domandare è lecito e rispondere di solito è cortesia, ma ci voleva una certa faccia di tolla per sparare un titolo senza essere certi che corrispondesse ad un libro; Eugene Jackson quella faccia, si proprio quella lì, ce l'aveva sempre avuta, problema risolto.
    sorrise, il serpeverde, stringendo in una mano il primo calice a disposizione già portato alla bocca «Brokeback Mountain. il libro ovviamente, non il film» eh «anche se mi è stato riferita notizia che il giovanotto protagonista di codesta pellicola cinematografica sia particolarmente rassomigliante al sottiscritto» gli sfuggì un risolino dalle labbra che nascose sapientemente con il bordo del bicchiere, mandando giù un lungo sorso.
    bere era anche il modo migliore per rispondere all'ultima osservazione del Parrish: se tra quegli scaffali ordinati non ci fossero stati i suoi amati fumetti, nonché gli album da colorare con i pastelli, allora ciaone.

    i wish I knew
    how to quit you


    scusate è inutile. parla con Noah, si vanta un po, beve: tiro dado d6= 6.
    alla prossima parte lo sproloquio.
  4. .
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    eugene jackson
    31 | dark arts | daddy™ | castafratto

    esisteva la remota, minuscola possibilità che euge avesse travisato le cose.
    capita, quando decidi di credere alle informazioni in libera circolazione tra i corridoi di Hogwarts, invece che procurarti una copia del fantomatico volantino di cui alcuni studenti gli avevano parlato — come nel gioco del telefono senza fili, l'evento letterario alla Lanterna Dorata si era trasformato rapidamente in una toccante reunion per appassionati e nostalgici di Brokeback Mountain.
    il film, manco il libro.
    inutile dire che l'hype del Jackson era schizzato alle stelle: glielo dicevano tutti (ma chi) che era uguale spiccicato a jake gyllenhaal (!!), e finalmente aveva l'occasione di indossare quel cappello da cowboy che Jade gli aveva giurato più volte di far sparire dalla faccia della terra se gliel'avesse visto in testa.
    «oh» nel ritrovarsi di fronte all'ingresso della Lanterna, privata della sua proprietaria ma non certo del suo spirito, Eugene non poté fare a meno di stupirsi «oh» ripeté, con maggior enfasi, portando la mano destra a premere sul cuore: non era un cazzo di raduno per appassionati di Brokeback mountain, quello «temo di aver commesso un terribile, terribile errore» il volantino attaccato all'esterno, sulla porta, parlava chiaro; il professore rimase a fissarlo per una manciata di secondi, poi si strinse nelle spalle «é pur sempre un incantevole travestimento! e cotanta bellezza dovrebbe essere valorizzata in tutte le sue forme» un commento non richiesto, dato che stava parlando da solo, ma non poté fare a meno di esprimerlo ad alta voce.
    così imparava ad accettare quando Edward gli proponeva di fare da cavia per provare alcuni incantesimi in cambio della rinuncia allo stipendio.
    mise piede oltre le porte con uno scalpiccio di stivali da cowboy, entrambi i pollici infilati nelle tasche dei jeans; teneva persino il lazo arrotolato e appeso alla cintura, euge, perché quelle rare volte che teneva a fare qualcosa AA fine la faceva bene sul serio. cioè, voglio dire, si era persino rasato la barba! un impegno non da poco e per il quale jade (sempre lei) lo avrebbe ucciso una volta scoperta la verità, ma che poteva comunque risolvere nel girò di una settimana: valeva la pena prenderle, per una serata di gloria. afferrò una delle targhette scrivendoci sopra Jack Twist in stampatello, prima di appuntarsela alla camicia «lavoro egregio, signor Parrish» salutó il ragazzo con un tocco di cappello, portando poi entrambe le mani dietro la schiena «avete ridato alla Lanterna la sua luce, per così dire» oh, qual voglia di parlare da bruto! quando finirà quest'agonia milleseicentesca????? — che poi, chi lo sa davvero come si parlava nel 1600, certo non rob che si ispira a Orgoglio e Pregiudizio senza avere idea di quando sia ambientato «potrebbe non sembrare all'apparenza, ma anche io invero ho trovato ispirazione in un'opera che molto mi sta a cuore» annuí, compiendo una giravolta su se stesso, prima di seguire il percorso che Noah gli stava indicando: time to mangiare gratis (ci sono le pizzette, vero???), bere e criticare le opere di qualche nerd.

    i wish I knew
    how to quit you


    classic euge: non ha capito, si presenta vestito come Jackie Gyllenhaal in Brokeback Mountain, parla come nel 1600 (lucky strike), va a farsi un giro tra gli scaffali direzione buffet
  5. .
    Kim Minjun
    on capì cosa gli avesse dato fastidio -forse il tono di voce con cui aveva risposto- ma sapeva solo che non gli era piaciuto il modo diretto con cui gli aveva parlato... ma forse era vero, lui non conosceva tutti i libri di quella libreria, in fin dei conti non era la prima biblioteca in cui era entrato, e l’assistente non era stato in grado di rispondere in modo efficiente alla proprio richiesta... Secondo Minjun, se si svolgeva un compito lo si doveva saper fare e bisognava rispondere in un tono a modo alle richieste che le persone porgevano, ma ognuno era libero di comportarsi come più credeva fosse giusto nei confronti dei propri clienti.
    Quando il ragazzo gli disse che nemmeno la bibliotecaria stessa potesse conoscere tutti i libri di quella biblioteca, Minjun non poté far altro che fare un piccolo sorriso caloroso, ridacchiando leggermente quando il ragazzo aveva aggiunto di essere un semplice essere umano.
    <<oh, certo... ovviamente non mi aspettavo che lei conoscesse tutti i libri della biblioteca... però penso che un bibliotecario o un assistente potesse conoscere almeno gran parte dei libri della biblioteca.>>
    Spiegò con un'alzata di spalle, tornando poco dopo serio per poi pensare che in biblioteca potesse esserci una lista con sopra indicati tutti i titoli dei vari libri della biblioteca, così decise di chiederglielo con un tono un pò più amichevole.
    <<scusi, non dovrebbe esserci una specie di lista con sopra indicati i libri che contiene la biblioteca?>>
    Dopo aver sentito la domanda postagli dal ragazzo, Minjun decise di rispondere, notando il suo sguardo preoccupato, nonostante non comprendesse se fosse o meno uno sguardo sincero: avrebbe imparato a comprendere le emozioni degli altri dalla semplice visione delle espressioni facciali.
    <<volevo capire cosa fosse successo, anche se so che non sono affari miei. Semplicemente, quando sono venuto qui avevo visto che il muro era bruciato, e anche i libri.>>
    Rispose con un tono abbastanza naturale, ma al contempo mantenendosi quasi guardingo nei confronti di quel ragazzo, quasi come per non essere incolpato, in quanto sapeva che avrebbe potuto vedere in lui il suo caprio espiatorio. Molte persone avevano provato a far ricadere le colpe delle loro azioni su Minjun, ma non c'erano riuscite quasi mai, essendo che lui fosse sempre stato più furbo di coloro che lo volevano incolpare, finendo per farsi credere, forse perchè una persona che non aveva nulla da nascondere non aveva paura di aprire bocca: specialmente uno come Minjun, che era molto spavaldo, ma al contempo era vigile delle regole, e pertanto chiunque lo conosceva poteva affermare che non avrebbe mai fatto qualcosa che andasse contro le regole, specialmente se si trattava di libri, che per lui erano la sua prima ragione di vita.
    ❝ Non c’è luce senza oscurità ❞
    SCHEDA Purosangue 15 anni Mangiamorte Grifondoro
    code © psìche
  6. .
    Kim Minjun
    uando finalmente il bibliotecario arrivò in suo soccorso, Minjun ebbe un attimo di titubanza nel dirgli ciò che aveva appena visto, in quanto non voleva rimproverare la sua poca attenzione, nonostante lo avesse chiamato con quell'intento in modo da fargli capire che secondo lui, un bibliotecario si sarebbe dovuto prendere molta cura dei libri che vi erano nella propria biblioteca, quasi forse a trattarli come fossero persone con delle anime.
    Ma alla fine decise di lasciar perdere, rispondendo alle domande che gli vennero fatte da quest'ultimo
    <<non ho tanta fame, inoltre volevo approfittarne per poter leggere un libro che mi interessava>>
    Spiegò con un'alzata di spalle, rivolgendogli un piccolo e accogliente sorriso, quasi come a fargli intendere che avesse dimenticato lo scopo principale per il quale lo avesse chiamato
    <<comunque, si tratta di un libro di incantesimi molto avanzati...>>
    Aggiunse poco dopo, quasi come a fargli una confessione, sapendo bene che il bibliotecario non si sarebbe potuto tirare indietro (quale special lo avrebbe mai fatto in fin dei conti?).
    <<penso che lei conosca tutti i libri di questa biblioteca... o mi sbaglio?>>
    Chiese inarcando un sopracciglio, smettendo poco dopo di sorridere mentre il proprio sguardo divenne pensieroso, pensando alle pagine del libro che era stato bruciato poco prima, ma soprattutto pensando che se il bibliotecario fosse intervenuto prima avrebbe potuto fare qualcosa, ma chissà cosa stesse facendo prima di avvicinarsi a quel tavolo... Magari era impegnato a dare una sistemata ad altre parti della biblioteca, in quanto era abbastanza grande e ci volesse un pò prima di mettere in ordine i vari libri che gli studenti prendevano per studiare.
    ❝ Non c’è luce senza oscurità ❞
    SCHEDA Purosangue 15 anni Mangiamorte Grifondoro
    code © psìche
  7. .
    sonder
    (n.) the realization that each passerby has a life as vivid and complex as your own.
    Restare in silenzio non era una delle capacità migliori di Sunday De Thirteenth: metaforicamente o meno, il diciannovenne metteva bocca in qualsiasi discussione, infilandosi anche e soprattutto laddove non aveva competenze per parlare o tatto per esprimersi senza infastidire; lo faceva per dispetto, per noia, perché non voleva sentirsi escluso – dalle conversazioni, dalla gente. Raramente aveva cose intelligenti da dire, e anche quando queste gli solleticavano la punta della lingua tendeva a tenerle per sé, preferendo sputare scemenze per mantenere lo status quo e non deludere le aspettative di chi lo conosceva, di chi gli voleva bene per quel che era: scemo, perlopiù. Ma poteva questo fermarlo dall’essere se stesso, e vomitare boiate una dietro all’altra solamente per allietare l’esistenza altrui? Naturalmente no.
    L’assenza di suono da parte del tassorosso, solitamente, significava poche cose: perlopiù, sgomento o malessere. Il primo perché, molto semplicemente – e come immaginava accadesse alla maggior parte delle persone –, davanti ad uno shock più o meno profondo perdeva temporaneamente la capacità di connettere le sinapsi: ad alcuni capitava di sparare frasi disarticolate e prive di alcun significato; a Sandy, invece, di rimanere con le labbra dischiuse e gli occhi celesti spalancati, senza emettere alcun suono. Malessere, facile da intuire anche questo, perché era abituato alle cose belle: una grande casa, una famiglia ricca, amici fantastici. Le cose brutte facevano parte della sua vita, l’avevano sempre fatto, ma aveva sempre cercato di far occupare loro un ruolo marginale e niente affatto ingombrante; quando straripavano dagli argini che aveva costruito loro intorno, devastando quella sua vaga quiete emotiva, l’unica reazione dell’americano era il silenzio – breve, ma intenso: tendeva a rintanarsi in se stesso, a non cercare il contatto di nessuno per ore, giorni, per poi ripiombare nelle vite altrui come se nulla fosse mai successo; fingendo, nulla fosse mai successo.
    Se non aveva detto nulla, se era rimasto immobile davanti al Moonarie, non era però né per terrore incondizionato, né per una sorta di malore esistenziale. In un certo senso, forse per entrambi: dire che l’avesse sorpreso vedere il corvonero in quelle condizioni sarebbe riduttivo, così come mentire e sostenere che non facesse male essere testimoni impotenti della sofferenza di un amico. Tuttavia, quel che più l’aveva spinto ad attendere che fosse l’altro a riempire quell’assordante assenza di rumori, era rispetto. Si divertiva, ed anche molto, a rompere le palle ai suoi amici, ma soprattutto a Joey: era perfettamente consapevole di come fosse fatto, di quanto avesse fatto propria quella sorta di ingenua innocenza mista a freddo distacco nei confronti degli altri esseri umani, e ciò più che portarlo a considerare le sue difficoltà – perché a conti fatti questo erano, per il De Thirteenth: pure e semplici ostilità al relazionarsi col prossimo; non conosceva la sua storia, non poteva essere certo al cento percento di ciò che pensava, e se si fosse sbagliato ne avrebbe tranquillamente pagato le conseguenze –, lo spingeva a cercare di tirarlo sempre più fuori dalla sua comfort zone. Oh, prima o poi l’avrebbe ucciso, ma era diventata una sfida personale che non era disposto a mollare. Ma quella sera, non c’era da divertirsi; quella volta, solo per lui, avrebbe dimostrato che poteva essere diverso da ciò che i Freaks credevano fosse.
    O, almeno, poteva provarci. Non poteva giurare di riuscirci, ma era il pensiero a contare.
    «barry ha... ucciso i suoi genitori. volevo fare lo stesso» batté le palpebre, limitandosi ad annuire per fargli capire che lo stesse ascoltando. Decise di non intervenire, attendendo che il biondo sputasse tutto il veleno che aveva ingoiato prima di arrivare a casa sua, sebbene in cuor suo avrebbe desiderato prenderlo subito per il culo. Poteva sembrare una risposta infantile, quella di Joseph – una sorta di “se l’ha fatto il mio amico, posso farlo anche io”, l’imitazione di un idolo che ti porta a seguirne le orme, e con la solita ramanzina che ti fanno i genitori a risuonare nelle orecchie: che significa, che se il tuo amico si butta dal ponte lo fai anche? Predica che, per essere onesti, né su Sandy né su Joey avrebbe avuto alcun effetto; potevano metterci tutti la mano sul fuoco, che se uno del gruppo si fosse gettato nel fiume tutti gli altri lo avrebbero seguito in un battibaleno.
    Il fatto era proprio che poteva sembrare infantile, ma era ovvio che l’altro non lo era più da quand’ancora poteva permettersi d’esserlo: se in altri contesti avrebbe scherzato, lì non aveva basi su cui giudicare. Non voleva, giudicare – o scherzare.
    «...non so che altro dirti. mia madre è morta anni fa, ma mio-... il mio tutore legale, è vivo. è ancora vivo.... penso che se mi troverà mi farà del male» si morse le labbra, sorridendogli affilato – tagliente, ma non nei suoi confronti.
    «barry è…» cambiato, Joey. È morto, e questo l’ha cambiato – impercettibilmente, involontariamente; vaffanculo, non voglio nemmeno pensarci perché è sempre il mio fottutissimo gemello. Resterà sempre mio fratello, qualsiasi cosa gli dovesse saltare in mente di fare dopo quel maledetto giugno, ma magari prima le sue sarebbero rimaste solo parole. Magari avrebbe deciso solamente di ignorarli.
    Inspirò, espirò. Sicuramente, non era quello il momento di inondare Joey con i propri melodrammi familiari, né quello di giustificare – non che volesse realmente farlo: a suo dire, aveva fatto bene a liberarsi dei Cooper – le sue azioni, screditando in qualche modo il principio. «barry non era da solo, joey. noi eravamo lì, perché magari da solo non ce l’avrebbe fatta» si piegò in avanti, i gomiti sulle ginocchia e la schiena piegata in modo di essere di poco più vicino all’amico – senza rischiare d’invaderne gli spazi, sia mai. «e non è un problema se non sei riuscito a farlo fuori,» avrebbe voluto concludere dicendogli quel che pensava: che era una bella persona, Joseph Moonarie; che era buono, e che se aveva ucciso qualcuno in precedenza era stato per altri motivi. «abbiamo sempre tempo per organizzare un piano migliore.» e sorrise ancora, più ferino e con le labbra a scoprire l’arcata superiore dei denti.
    «non ti farà del male, moony.» serio, quasi duro l’americano nel gettarsi contro lo schienale della sedia, le braccia conserte contro il petto. «non lascerò nemmeno che ti si avvicini, te lo giuro.» di certo né lui, né i Freaks, avrebbero permesso a quel pezzo di merda di arrivare in prossimità del biondo. Aveva talmente tanta rabbia repressa che non aveva potuto scaricare addosso a quel Kosmo da strapazzo, che se solo si fosse presentata l’occasione avrebbe ammazzato il Signor Moonarie a cazzotti – ma era un privilegio che spettava a Pepito, quello.
    «posso farmi una doccia?» sbuffò dalle narici, Sandy, sollevando un sopracciglio incuriosito. Preso dalla conversazione, si era completamente scordato dei litri di sangue in cui il Capitano dei corvi sembrava essersi fatto il bagno. «uh? sì, certo» scattò in piedi come una molla, ed in rapida successione si premurò prima di chiudere a chiave la porta della propria camera, poi di rivoltare completamente l’armadio – già di per sé incasinato – alla ricerca di qualche asciugamano pulito. «il bagno è lì» se avesse un bagno personale in camera? Che domande sciocche. Se fosse enorme ed avesse sia vasca idromassaggio che doccia? Mica era povero, oh. «trovo qualcosa con cui asciugarti e te lo porto, non preoccuparti.»
    Detto fatto, dopo qualche… minuto? Facciamo di sì, bussò alla porta del bagno. Non attese risposta prima d’entrare, sentendo ancora lo scorrere dell’acqua – non aveva intenzione di irrompere nei suoi spazi personali, e come avrebbe potuto notare il Moonarie non c’era di che preoccuparsi: il box della doccia non aveva i vetri oscurati, ma quasi; se avesse optato per la jacuzzi, si sarebbe solo premurato di non guardare. Tentazione spericolata eh, ma certi istinti animaleschi erano da tenere a bada in situazioni del genere. «ti ho portato asciugamani vari e un cambio» un pigiama, per la precisione: li usava? Non ne aveva idea, Sandy. «è meglio che resti qui almeno stanotte.» evitò di aggiungere che avrebbe preferito restasse lì per un po’, o almeno finché non sarebbero tornati ad Hogwarts finito il weekend. «ti… aspetto di là, tu fai con calma.» anche perché di là, date le ferite, lo attendevano delle belle fialette di dittamo con cui medicarsi e soffrire.
    deatheater
    rebel
    19 y.o.
    20 y.o.
    v-#000: sunday-de13th
    cuz darling i'm a trashcan dressed like a slightly nicer trashcan.
  8. .
    BINOCHILLA ADDICTED?! FU*K YEAH!
    V LEZIONE DI CURA DELLE CREATURE MAGICHE
    «Buongiorno a tutti.»
    Oh sì, eccome. Un ottimo, bellissimo, magnifico giorno! Non poteva andare meglio. A parte gli scherzi Su-jin Pepper Kim era su di giri. Parecchio su di giri! Si poteva tranquillamente affermare che Cura delle Creature Magiche fosse fra le sue tre classi preferite. Solo Incantesimi e Trasfigurazione potevano eguagliarla. E se i suoi – suo padre in particolare – adoravano Erbologia, lei andava matta per ogni essere dotato come minimo di quattro zampe. Questo poteva comprendere anche qualche Grifondoro nei momenti migliori, quando i festini a cui aveva assistito esclusivamente facendo da tappezzeria, ancor troppo timida o sulle sue per mostrare quanto fosse pazza dentro – e sconsideratamente amante dell’alcool in una maniera becera ed imbarazzante – aveva visto le cose peggiori! Per tal motivo oggi una piccola curva ad “U” appariva indelebilmente incollata alle labbra carnose e laccate di un velo leggero di rossetto cremisi. Il musino vispo giostrava l’attenzione della giovane strega da destra e manca tenendo quello sguardo vispo e attento sul mondo.
    «Buongiorno professoressa.»
    Non era frequente sentirla parlare. Tanto meno in pubblico. TANTO MENO ALLE LEZIONI. Ma ovviamente questa era un occasione speciale! Ondeggiava persino sui talloni vestita com'era in maniera sobria, per nulla appariscente cercando di seguire le regole della scuola in cui giorno dopo giorno stava imparando ad ambientarsi. I colori rosso ed oro risultavano sgargianti nella cravatta tenuta al collo, infilata sotto il colletto della camicia avorio che portava insieme ad un maglione nero a costine e che arrivava fino ai polsi. Le leve inferiori piuttosto vestivano dei pantaloni in velluto, che celavano la falsa esilità della gambe. Invece parecchio allenate. Per essere stata abituata ad una compostezza che rasentava persino la rigidità l'aria di Hogwarts le stava facendo davvero bene. Fatta eccezione per le torture e le punizioni da cui si teneva attentamente lontana, la gente era più alla mano di quanto credesse al principio. E anche lei si stava abituando all'idea di non dover aver necessariamente bisogno di un palo in culo costante comportarsi in maniera tanto seriosa.
    Chissà se anche gli altri erano tanto contenti quanto lei! Sbirciava, sporgendosi in avanti, verso i suoi compagni che quel giorno si erano uniti alla lezione. Alcuni li conosceva, altri li aveva solo casualmente incrociati nella Sala Grande. La scuola era piena di studenti e ricordare TUTTI i volti era pressoché impossibile.
    Ma questo non era poi cosi importante. «Noi pensiamo che gli animali siano immuni alle malattie, che possano guarire da soli o col dono della propria saliva. Oddio qualcuno lo fa ma non tutti. Ora come potete vedere questa piccola bestiolina sta avendo una crisi epilettica.» Magizoologa. Quella era un ottima alternativa alle alternative che i Kim le ponevano: Mangiamorte Di professione. Ecco perché prendeva appunti in un piccolo taccuino nero che teneva nella tasca destra posteriore. Nell'altra la bacchetta le dava conforto. Una certezza sempre presente da quando era stata scelta dal nucleo di crine di unicorno.
    «Come noi possono ammalarsi, covid-19 ferirsi e morire. E anche vero che la natura molto spesso fa da sola e tutto fa parte del cerchio della vita come ci ha insegnato il re leone. Ma non è detto che l'uomo non possa intervenire per aiutare.» La prof aveva proposto loro di provare. MACCHEDOMANDE.
    «Oh si. Volentieri! A me quale tocca?» Era già pronta ad entrare in azione. Anche perchè quando le venne messo sotto il binochillà per poco non si mise a saltare sul posto. ERA COSI CARINOH!
    Per poco non le venne un colpo quando quello iniziò a cambiare colore, mutando ad ogni starnuto! «Salute! Sa...salute!Ti sei preso un brutto raffreddore eh?!» Era una creaturina adorabile, grande un venti centimetri, con la curiosa capacità di cambiare colore. O meglio, mimetizzarsi. Peccato che quello passava dal rosso, al viola, all'arancione! Ogni starnuto era un nuovo colore.
    «Allora... i binochillà dovrebbero nutrirsi di fieno. Potrei mischiare al fieno la camomilla e dell'echimacea. Sono tutti antiinfiammatori quindi dovrebbero aiutare a diminuire l'infiammazione e poi... con del miele pulire i dotti.» si chiamavano cosi? Certo era un qualcosa di molto MOLTO rudimentale, sperimentale, totalmente nuovo. Ma assieme ad altri si era messa anche accanto ad un mini-calderone, mentre aveva posizionato il binochillà in grembo, saltando ogni volta che quello starnutiva. Acceso il fornetto aveva messo in ammollo camomilla e petali di echinacea, dopo averli schiacciati dentro un pestello in pietra. Girando l'interno aspettava che quello bollisse a dovere. Solo raggiunta la temperatura ideale aveva spento il fuoco, immergendo il fieno e lasciandolo a prendere tutte le proprietà delle piante che aveva scelto. Solo dopo, con un paio di pinze, aveva estratto i fili di fieno che, asciugati in un panno, aveva cosparso con un pò di miele.
    «Ecco fatto. Adesso piccolino devi solo mangiare e vedrai che andrà meglio!» Aveva sussurrato, stuzzicando il nasino ed invitandolo a mangiare. Il piccolo non si era tirato indietro e pian piano, mangiando aveva gradualmente smesso di starnutire. Anzi! Era cosi invogliato dal nuovo pasto preferito che si era messo a leccarle le dita.
    «Professoressa, ma dove si adottano questi?! E' COSI CARINO.» A quanto pare c'era riuscita!
    SUJIN KIM
    19.04.2003 x Gryffindor x Halfblood x PARSELTONGUE
    Adotta un binochillà anche tu!

    Animale: Binochillà
    Dolore: tanto raffreddato da cambiare colore starnutendo
    Metodo usato: fieno fresco imbibito con camomilla, echimacea e miele per fermare l'infiammazione e far passare il raffreddore.

    //la prof mi ha permesso di partecipare c:


    Edited by Athena_pallade - 18/4/2020, 14:31
  9. .
    drapetomania
    (n.) an overwhelming urge to run away
    «nathaniel.» come rob, jay usava i nomi per intero solo in caso di estrema necessità - un emanuele ubriaco, un'arianna che posta manip divertenti senza avvisare, un alessandro deciso a buttarsi giù dalla scogliera a a polignano (lui vi dirà che non è vero, ma mente).
    e quello, mannaggia all'henderson, lo era. «hai presente quando hai detto 'arrivo tra dieci minuti, massimo mezz'ora, tu aspettami eh'?» una mano gli palpeggiò il pettorale sinistro con la scusa di sistemare l'ovatta nel corsetto, la terza volta in dieci minuti. «scusa craig, ti dispiace? sto cercando di far sentire in colpa una persona.» l'ometto pelato annuì dando un'ultima strizzata al deltoide del telecineta, quest'ultimo troppo morto dentro per scomporsi. essere rapito non era una novità per jayson matthews, ma nessuno dei suoi aguzzini lo aveva mai costretto ad indossare bustino, gonne ampie e merletti al fine di interpretare Ginevra ingaggiato da una compagnia di attori tossici nomadi e un tantino pervertiti. «dicevo... mi hanno rapito, di nuovo. c'è un tizio che continua a palpeggiarmi, ho delle tette finte e una parrucca con le treccine. volevo solo sapessi che è colpa tua.» tanto poi toccava a jay avvisare lydia, giusto? sbagliato. «adesso chiami lydia e le dici che sto per fare uno spettacolo teatrale e non sarebbe successo se tu fossi arrivato in orario. no, nathaniel, non mi faccio fare un video.» e così dicendo chiuse la chiamata, iridi caramello sollevate al cielo. potendo, avrebbe trapassato il soffitto, lo strato di ozono, l'atmosfera, straight to the sun.
    solo che non poteva.
    era in ballo, come sempre, e gli toccava ballare - peggio, recitare.
    con quella faccia, poi. «sei proprio sicuro che non possiamo tagliarti la barba?» «sei proprio sicuro che non posso denunciarti per molestie, craig?» «colpito e affondato jeffrey» si prese una pacca sul sedere, il telecineta, attutita solo dai molteplici strati di organza, ma la avvertì comunque nel profondo del cuore. «olè olè andale!» ma perchè per una volta in vece di sequestrarlo non veniva ucciso e basta? non voleva far soffrire i suoi cari, ma c'era un limite a tutto e jayson quel limite lo aveva raggiunto davvero da troppo. altro che fondo, qui gli rimaneva solo da scavare.
    si avviò sul palco con un sospiro di sconforto, le varie sottane tenute sollevate per non inciampare, e solo una volta lì il ventitrenne si concesse un barlume di speranza - piccolo, solo un lumicino, così tenue da temere di vederla scomparire all'istante: il suo lancillotto non era uno sconosciuto villoso con la calzamaglia attillata, ma un volto familiare che jay aveva avuto tempo (tantissimo, anche troppo) di conoscere e accettare nel suo cerchio della fiducia. Bodie e le pannocchie uniscono più di quanto fosse disposto ad ammettere. «MADS!» in due potevano farcela, prendere il sopravvento su craig e la sua banda e scappare, via liberi per le strade di londra con scomodi abiti ottocenteschi (?) «tuo marito ti tradisce quindi dovresti stare con me» o forse no.
    sognava un giorno, jayson matthews, fu frederick hamilton, in cui non avrebbe più dovuto chiedersi how did my life come to this - ma evidentemente quel giorno non era ancora giunto. «sono più fiko, e rispetto le regole date da Gesù» eccallà. quindi insomma, gli toccava la farsa? «Craig ti ha minacciato?» un sussurro a fior di labbra quello del telecineta, un passo più vicino alla giovane bodiotta, ma mads sembrava troppo presa dal suo ruolo per dargli retta. e vabbè allora. «ah, quel fedifrago bastardo.» senza alcuna inflessione della voce, nel silenzio di tomba calato nel teatro. in compenso, per dare un po' di tono all'interpretazione, si lasciò andare ad una rapida piroetta. «anche se un po' lo capisco, insomma.. merlino ha il suo fascino.» già, anche jayson conosceva solo la serie tv: giustificava la sua ignoranza con la perdita di memoria, ma non è che frederick invece fosse tutto sta Wikipedia. portò una mano al finto seno di ovatta, premendo le dita lá dove avrebbe dovuto trovarsi il suo cuore spezzato di fanciulla; per non farsi mancare niente girò di nuovo su se stesso, leggiadro come una colomba morta «e tu saresti disposto a sfidare le ire del popolo di Camelot per avermi?????» perché il Re poteva farsi chi voleva, ma la povera Ginevra? lei aveva delle regole da rispettare, regole SESSISTE E MISOGENE dalle quali non poteva sottrarsi. a meno che lancillotto non l'avesse fatta sua sputando in faccia al pericolo.
    devo andarmene di qui, tipo subito. e piroetta velocissima per allontanare le manacce di Craig dalle caviglie.

    deatheater
    rebel
    22y/o
    23 y/o
    jayson matthews ginevra
    ma porca miseria, nate.


    lucky di aprile: piroette velocissime ad ogni frase ♡
  10. .
    sheet
    pensieve
    aesthetic
    headphones
    blond hair
    green eyes
    1.86
    But in all chaos there is calculation
    Dropping glasses just to hear them break

    - lorde
    «break dance» CJ Knowles lanciò un’occhiata al ragazzino mingherlino al proprio fianco, arcuando dubbioso un sopracciglio. Non era un segreto che Mckenzie Hale avesse dei problemi, ma solitamente era abbastanza introverso da tenerli per sé. Decise, per puro animo da Tassorosso, di andargli incontro con un sorriso rivolto al restante gruppo dei suoi spettatori: «arriva dalla california» perché il far west sembrava troppo estremo per le limitate menti dei loro compagni di scuola, e California di suo rendeva comunque bene l’idea sul perché il Corvonero fosse danneggiato. Alzò un pollice di supporto al ragazzo, ma quello era troppo impegnato nel suo personale panic moonwalk per prestare attenzione alla versione you’ve got a friend in me del Knowles: rude. «comunque sandy è una merda» punto; funzionava anche senza contesto, ma nel piegare il sorriso in direzione di Joey, decise comunque di concludere l’aulico pensiero del giorno. «a non fare da supporto morale alla sis» e a non frequentare praticamente mezza lezione con CJ: how dare you fuckin fucker. Al Knowles le lezioni, di base, non piacevano. Non gli piaceva essere costretto a fare cose, più felice quando lo lanciavano in arene mortali al grido di adattati o muori perché era un fiero sostenitore degli apprendimenti casuali. Improvvisatore naturale, caotico di natura; i CJ erano fatti per la strada, non per la scuola. Ciò non significava che non ci provasse: sentiva di doverlo a tutte le teste di minchia giallo-nere che trovava in biblioteca a studiare anche di notte, o – che dio ce ne scampasse – di primo mattino, incrociati nei corridoi mentre fuggiva verso la Sala Grande così da far colazione da solo prima che arrivassero le mandrie. Un dovere morale, quello del Knowles. Cura delle Creature Magiche, però, gli piaceva più di altre materie, principalmente perché gli dava la possibilità di avere a che fare con bestie non dotate della capacità del linguaggio; amava gli animali decisamente più di quanto potesse amare le persone – altrimenti come ve lo sareste spiegato l’attaccamento del Tassorosso nei confronti dei freaks. - quindi sorrise conciliante alla de13th, prima di mettersi efficientemente al lavoro.
    Certo, «non quello che mi aspettavo» CJ Knowles, quasi ventenne Tassorosso ancora al quinto anno, dal suo metro e novanta dovette comunque reclinare il capo per guardare l’ologramma nei piccoli, e malvagi, occhi blu. Guardò la prof, magari si era confusa (era la sorella di Sandy, non l’avrebbe biasimata per essere confusa di natura; la capiva perfettamente), ma niente, quella gli sorrise invitandolo a proseguire come se di fronte a sé avesse avuto un cucciolo di panda. «eh», bella lì proprio. Lo Gnar era immenso, e sembrava non solo essere in grado di stritolare il Knowles con una delle sue zampone artigliate, ma anche volerlo tremendamente, maledettamente, fare. «good boi, good boi» sorrise senza mostrare i denti, fosse mai che Mauro (si, gli aveva dato un nome) lo prendesse come un invito a chi li avesse più lunghi. Lo vide tentare di annusare l’aria, facendo versi che voi umani non potrete mai comprendere; tra una sniffata e l’altra, ebbe anche la favolosa idea di scatarrare sui piedi del Tassorosso, che osservò il muco della bestia chiedendosi se fosse un reato uccidere una scimmia magica.
    Probabilmente, a lezione, sì. Avrebbe dovuto avvicinarglisi? Boi oh boi ma manco per il cazzo. Con il materiale offerto dalla gentilissima e biondissima de13th, CJ preparò un miscuglio semplice quanto funzionale: acqua salina in cui fece sciogliere due cucchiaini di aceto, tre gocce di puzzalinfa, e una spruzzata di menta piperita (che purtroppo nulla poteva contro le puzza dell’ingrediente precedente). Dopo aver accuratamente mescolato gli ingredienti, li infilò in un fantastico, magikissimo, spruzzino. «ora ascolta, pezzo di» merda. «scimmia: questo ti aiuterà a tornare a respirare – non ringraziarmi – ma se mi annusi e decidi di volermi uccidere, ti stacco le zampe.» patti chiari, amicizia lunga. «l’acqua salina e l’aceto di mele sono da sempre antidoti naturali contro il naso chiuso; la puzzalinfa, con il suo odore penetrante ed il suo effetto leggermente irritante, aiuta a sbloccare il muco contenuto nei condotti; la menta è gusto personale, perché altrimenti il primo odore che senti, è quello di merda della linfa della Mimbulus Mimbletonia» cj, ma stai parlando con la scimmia? Sì. A parte la stazza, non era poi così diverso dal parlare con Joey. «ora te lo spruzzerò sul muso, e tu, good boi scimmione di un mauro, starai buono e mi farai lavorare. Abbiamo un accordo?» No.
    Allora facciamo così. «diminuendo» l’incanto di rimpicciolimento gli avrebbe permesso di tenere sotto controllo mauro, che CJ prese sotto braccio senza farsi troppi complimenti. Gli spruzzò la sostanza direttamente sul naso, così che potesse aspirarla, quindi lo poggiò a terra mentre questo, rotolando come un beyblade, starnutiva tutto il suo muco in un vortice di perdizione. «escicelo tutto»
    cj knowles
    19 y.o. - hufflepuff
    (2043) - freak
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco



    Animale: Gnar
    Dolore: naso tappato
    Metodo usato: in uno sprizzino, mette acqua salina in cui fece sciogliere due cucchiaini di aceto, tre gocce di puzzalinfa, e una spruzzata di menta piperita. l’acqua salina e l’aceto di mele sono da sempre antidoti naturali contro il naso chiuso; la puzzalinfa, con il suo odore penetrante ed il suo effetto leggermente irritante, aiuta a sbloccare il muco contenuto nei condotti; la menta è gusto personale per evitare cattivi odori. usa l'incanto diminuendo per renderlo approcciabile e tascabile #wat così da spruzzargli il prodotto sul naso.
  11. .
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    GRRRRRRR, le costava veramente tanto vedere Gideon e la Bloodworth nella stessa stanza, edificio, foresta, mondo senza prenderli a botte tutti e due. Non lo faceva solo perché suo padre lo sarebbe venuto a sapere! - semicit il McPherson era suo fratello e ogni tanto era stato così buono da suggerirle qualche risposta ai suoi compiti. Evento così raro che, in effetti, pensarci non era una buonissima idea: le veniva voglia di strozzarlo ancora di più.
    COMUNQUE, immaginava che una volta tanto avrebbe potuto anche seguire la lezione per distrarsi #ahochei. No dai, Cura delle Creature Magiche era una delle materie che le piacevano di più, se non perché era una gran fancazzista e non aveva la minima intenzione di memorizzare date, formule e roba simile, perché era una delle poche occasioni insieme al Quidditch di passare qualche ora fuori da Hogwarts.
    Però cioè. Che crudeltà. «POVERO PICCOLO FACCIA QUALCOSA!!!» STAVA AVENDO UNA CRISI EPILETTICA, COME FACEVA A STARE TANTO CALM- ah erano ologrammi. E a proposito di ologrammi, le era stato assegnato un chow chow. Mmmh, come avrebbe fatto a catturare un chow chow? (sì, catturare come i pokémon #wat)
    Uuuuh, che fatica quando doveva far lavorare il chow chow che aveva nel cervello, invece: uno sforzo impressionante. Dell’animale sapeva che era tipo un… una nuvoletta dorata simil infermiera? Ne avrebbe davvero voluto uno più pericoloso, così, giusto per movimentare le cose e rischiare di rimanerci secca!!1! Insomma, nonostante fossero ologrammi sperava fosse possibile. Lanciò un’ultima occhiataccia a quella santarellina di Narah – non aveva ancora accettato la sua relazione con Gid, dite? NoOoOoOo è solo una vostra sciocca impressione, la adorava. come sacco da boxe – e si allontanò, pensierosa. La piccola McPherson era rinomatamente abbastanza psicopatica da attuare la prima idea che le veniva in mente, se da pazzi pure meglio, perciò quando le sovvenne un insolito lampo di genio – brutto quando il cervello si attiva per sbaglio eh, questi cortocircuiti –, si chinò ad afferrare un rametto, scartandolo subito dopo. Nah, non era appuntito. Vagò a testa in giù fino a individuare il ramo prescelto, e afferrandolo si graffiò con la punta il dorso della mano, fino a vedere una goccia di sangue macchiarle la pelle e cadere a terra. Niente di che, con tutte le parti del corpo che si era rotta negli anni era una carezzina.
    Bene. Poteva passare alla seconda parte del piano. «AaaaAAHHHHHHHH CHE DOLOREEEEEE.» Cadde a terra, come corpo morto cade, rotolandosi come quando a Quidditch fingeva di cadere dalla scopa per un fallo (curiosamente a tipo tre metri da terra ihih) (infatti la beccavano sempre, maledetti arbitri) «FALLO FALL-» ah no. Reset. «CHE MALE MORIRÒ DISSANGUATA, CHE FERITA MORTALE.» Smise di rotolare solo per lanciare un’occhiata alla vegetazione. Per essere un cagnolino crocerossina era un pochino lento eh. «In questo momento mi servirebbe davvero, DAVVERO un chow chow a salvarmi la vita!!!!!» Poteva sembrare assurdo – lo era – ma funzionò davvero: dopo un po’, vide zampettare verso di lei una bellissima pallottola di pelo dorata. Si fermò, guardandolo con curiosità, e il suo cuoricino da scaricatore di porto non poté che sciogliersi mentre il cagnolino le leccava la mano con la linguett- «Oh meo deo.» Si tirò su di scatto, rischiando di spaventare l’animaletto, che però si fece coraggio e riprese a tentare di curarla. Mamma mia era adorabile, e in genere Hazel trovava adorabile botte, Burrobirra e sangue, perciò insomma. Adorabile sul serio.

    Dopo averlo preso in braccio, scoprendo che era davvero morbido come la nuvoletta che sembrava, se l’era portato con sé. «Ora ci pensiamo noi a quella lingua. L’hai ridotta davvero male eh.» Stava parlando con un animale che non era neanche vero? Già. Giusto perché era proprio tenerino – e perché doveva farlo visto che era una lezione, ecco. – si era armata di pestello e mortaio. Aveva iniziato dalle foglie di menta e dall’anice, visto che era la parte più noiosa, e ci diede di cattiveria fino a ottenere una sorta di cremina che si sarebbe facilmente disciolta in acqua; poi aveva versato il composto ottenuto in un recipiente a scodella, versandovi successivamente il succo di aloe vera – pure quelli ignorantelli come lei sapevano che l’aloe vera era la cura per ogni male!! – e dei cucchiai di miele. Infine versò l’acqua e girò tutto fino ad assicurarsi che fosse un composto particolarmente diluito e uniforme. «Okay, perfetto. Vieni cucciolino, su!» E infine lo prese con molta delicatezza – lo stritolò con un braccio per tenerlo fermo mentre con l’altra mano gli dava da bere l’intruglio, ma al chow chow pareva piacere tanto che non fece manco storie. AAAAAW! «Finito. Buono eh?? Tra poco dovresti sentirti mooolto meglio.» Lasciò all’ologramma scodinzolante una carezzina, rimpiangendo non fosse vero. Sospiro nostalgiko.
    gryff - 16 y.o. - psycho
    incompetent
    but
    enthusiastic!
    hazel mcpherson


    Animale: Chow-Chow
    Dolore: Lingua gonfia
    Metodo usato:
    - Si ferisce la mano con un ramo e si lamenta per attirare il chow chow.
    - Prepara un intruglio molto liquido con succo di aloe vera, una miscela di menta e anice passati al mortaio, dei cucchiaini di miele. Il tutto andrà fatto bere al chow chow, avendo cura di aver diluito tutto con abbondante acqua.
  13. .
    CITAZIONE
    «phreeeee/eeeee/meeeee» aveva estratto la bacchetta con movimenti lievi ed appena percettibili, puntandola contro l’animale nel pronunciare la formula dell’incantesimo. La vera difficoltà dell’incanto radoonoh era la pronuncia della formula, necessariamente prolungata ed altalenante, seguita da un braccio tremante che lo rendeva particolarmente facile per gli anziani affetti da Parkinson. L’incantesimo avrebbe fasciato l’animale come un burrito ma senza bloccarne i movimenti, con il suo effetto calmante avrebbe placato i tremori, ed avrebbe evitato la dispersione del calore. «ti va di bere tutto? Possiamo aggiungerci un po’ di limone, se ti piace» preparò rapidamente l’intruglio da far bere all’animale, riempiendo una tazza con beccuccio di tre quarti di caffè caldo ma non bollente, essenza di peperoncino, e qualche goccia di estratto di ellaboro per quietare l’animale mentre intruglio ed incanto facevano il loro effetto. «mezz’oretta e smetterai di tremare, promesso» sorrise confortante all’animale mentre gli faceva bere la pozione, una mano – munita di guanto: non erano creature cattive, ma non si sapeva mai - a sollevare il muso e l’altra a dargli la bevanda. «posso farti i grattini se vuoi?»

    AH, DEJA-VU! (ti odio un po' freme)
  14. .
    La vita degli adulti era complessa. Aveva iniziato a lavorare da un (1) giorno, e già sentiva che la sua anima avesse iniziato il viaggio per abbandonare il corpo. Con le braccia incrociate sul petto e la testa collassata nel palmo, battè le palpebre due, tre, quattro volte prima di mettere a fuoco la docente di cura delle creature magiche.
    «what about quidditch» era stata la prima risposta del suo capitano, oh meo capitano, quando Mac aveva annunciato alla squadra di aver trovato un lavoro. Non fraintendete, non amava aiutare al Better Run, ma quello con la Crane era volontariato: l’Hale voleva dei soldi, per quanto pochi, suoi. Mckenzie Leighton Hale, un intellettuale, al Moonarie aveva risposto scrollandosi nelle spalle riesco a fare entrambi.
    Oh man, that was the biggest lie he ever told.
    Era allucinato e già sconfitto. Era confuso dalle informazioni ricevute dal suo boss, dalla musica a volume troppo alto, dalla lista di cocktail che ogni tre secondi recitava a memoria per non dimenticarla. Non che il suo fosse lavoro da barman – ma molto minacciosamente gli era stato fatto notare: non ancora - no: Mckenzie era il PR.
    Mckenzie. Public Relations. Aveva riso istericamente fino a quando non aveva compreso che non ci fosse assolutamente da ridere, e dopo un paio di meritate lacrime, si era sniffato un po’ di noce moscata e si era stampato un sorriso sulle labbra: lista o tavolo?
    Aveva funzionato. Per un po’. Ce ne sarebbe voluto di tempo, sudore e sangue, per ingoiare centimetro per centimetro l’ansia sociale che gli impediva il contatto visivo con chicchessia, figurarsi fermare sconosciuti in strada per invitarli alle serate della discoteca, ma per una (1) volta aveva deciso di essere ottimista - di volerci provare. Al momento era ancora nella fase uccidetemi, ma erano sacrificabili dettagli. «break dance» si rese conto di averlo detto ad alta voce, palpebre assottigliate verso il Chamb in preda alle convulsioni, solamente quando sentì diversi occhi su di lui. Arcuò le sopracciglia e indietreggiò di un passo cercando di fondersi con l’ambiente, evitando di ricambiare l’occhiata dei suoi compagni. Dubitava avrebbero compreso; onestamente, dubitava ci fosse qualcosa da comprendere. «volete provare?» aprì bocca per domandare la break dance? ma la richiuse rendendosi conto che quel filo logico era presente solo nella sua testa, e la De Thirteenth si riferisse a curare una creatura magica. Perchè non sembrava, me ne rendo conto, ma una parte di Mac (chissà quale e quanto importante – cit) aveva ascoltato il compito assegnatogli.
    «same» e infatti aveva già puntato gli occhi sull’ologramma dello Stamfuco, i cui tremori, per osmosi, gli trasmisero un idea di freddo che lo fece rabbrividire. Abbracciò il busto con le mani avvicinandosi cauto all’animale. Passi misurati, delicati, e sinceri occhi grigi a cercare quelli dell’animale. «non ti farò del male» sapeva che quelle creature magiche non comprendessero il linguaggio umano, ma gli sembrava...rude avvicinarsi di soppiatto senza provare a parlargli. Apriamo una parentesi fun fact per sapere come Mac fosse a conoscenza delle operazioni da compiere per guarire i tremori dell’animale: era rimasto così sconvolto dallo scoprire che esistessero gatti senza pelo, che si era informato su ogni dettaglio di quelle creature; aveva scoperto che soffrissero, per ovvi motivi, il freddo più degli altri gatti, e se i metodi babbani erano tutine dai dubbi gusti estetici, quello magico era «phreeeee/eeeee/meeeee» aveva estratto la bacchetta con movimenti lievi ed appena percettibili, puntandola contro l’animale nel pronunciare la formula dell’incantesimo. La vera difficoltà dell’incanto radoonoh era la pronuncia della formula, necessariamente prolungata ed altalenante, seguita da un braccio tremante che lo rendeva particolarmente facile per gli anziani affetti da Parkinson. L’incantesimo avrebbe fasciato l’animale come un burrito ma senza bloccarne i movimenti, con il suo effetto calmante avrebbe placato i tremori, ed avrebbe evitato la dispersione del calore. «ti va di bere tutto? Possiamo aggiungerci un po’ di limone, se ti piace» preparò rapidamente l’intruglio da far bere all’animale, riempiendo una tazza con beccuccio di tre quarti di caffè caldo ma non bollente, essenza di peperoncino, e qualche goccia di estratto di ellaboro per quietare l’animale mentre intruglio ed incanto facevano il loro effetto. «mezz’oretta e smetterai di tremare, promesso» sorrise confortante all’animale mentre gli faceva bere la pozione, una mano – munita di guanto: non erano creature cattive, ma non si sapeva mai - a sollevare il muso e l’altra a dargli la bevanda. «posso farti i grattini se vuoi?»
    17 y.o. - ravenclaw - v year
    i
    just
    can't
    mckenzie


    Animale: stamfuco
    Dolore: brividi di freddo perpetui
    Metodo usato:
    incantesimo radoonoh (la bacchetta genera un tessuto in grado di avvolgere l'animale, che svolge due funzioni: mantiene il calore corporeo ma senza bloccarne i movimenti, ed ha un effetto calmante che induce sonnolenza; di fatti, è usato spesso nei campeggi) + un intruglio di caffè, peperoncino, ed elleboro
  15. .
    sheet
    pensieve
    aesthetic
    headphones
    brown hair
    hazel eyes
    183 cm
    "QUOTE QUOTE QUOTE"
    - CHICOSABOH

    Lo spazio nella foresta si era riempito in fretta ed il McPherson aveva preso posto tra la folla, in una posizione medialmente centr-ok no, non è vero. Il McPherson era in prima fila, nella dannatissima prima fila sfigata, in piedi davanti agli altri, nonostante il più di un metro e ottanta d'altezza. Perchè? Prima di tutto perchè amava cura delle creature magiche, in secondo luogo, la professoressa non lo atterriva come altre e poi niente, solita storia da secchione: non vedeva l'ora di iniziare! E mentre la De Thirteenth parlava di qualcosa riguardante il cerchio della vita ed il Re Leone, il McPherson lanciò uno sguardo di intesa a Narah, perchè lo avevano visto da poco insieme. Ma solo uno sguardo, niente di più. Non era un tipo appiccicoso, odiava le effusioni pubbliche, erano a lezione e poi c'era anche Hazel quindi meglio evitare. Quindi devo tipo...riprodurre della musica o simili.
    Apprese che gli sarebbe toccato lo scoiattolo ballerino con il mal di schiena ed era eccitato all'idea perchè non aveva mai visto un pole squirrel da vicino!
    Come attirare una creatura magica innamorata della musica quando non hai a disposizione una radiolina, il cellulare o qualsiasi altra cosa sappia riprodurre musica? Con una fantastica (?) cup song, ovviamente!
    Dopo aver trasfigurato una penna d'oca in un bicchiere di dura plastica, il McPherson pensò bene di prepararsi, sedendosi sul terreno, a gambe incrociate, dinnanzi al ceppo mozzato di un albero che sarebbe servito come tavolino. Sistemò una gabbietta aperta alla propria destra e adagiò dei guanti protettivi nella stessa parte. Non si poteva dire che non fosse organizzato, dai. Raccolse poi il ramoscello di un albero, ricavandone una stecca di legno abbastanza rigida da rimanere incastrata nella terra in una posizione perpendicolare, ad imitazione di un palo. Allestita la scena, doveva solo ricordarsi com'è che si facesse. Manipolò il bicchiere tra le mani, osservandolo con aria pensosa. Uno o due tentativi fallimentari e poi il McPherson prese il ritmo.

    Che si sbrigasse, il piccolo scoiattolo, non aveva mica tutta la giornata! Iniziò anche a cantare e non si poteva dire che avesse una brutta voce, tutt'altro.
    When I'm gone, when I'm gone, you're gonna miss me when I'm gone.
    E insomma, era vero. Aveva l'occasione di farsi curare la schiena da lui, un ragazzo estreamente delicato, ma Gideon non aveva mica una pazienza infinita, eh! Che si muovesse, prima di rimpiangerlo (!!). Dopo circa un minuto in cui aveva beato la classe con la propria voce, iniziò a sentirsi stupido, ma poi eccolo.
    Lo vide arrivare con passo incerto e zoppicante, negli occhietti scuri il luccichio di chi aveva sentito una melodia orecchiabile su cui ballare. Barcollante, lo scoiattolo tentò di aggrapparsi al ramoscello, per lanciarsi in una pole dance, ma fu un movimento troppo azzardato per il suo stato di salute compromesso. Squittendo per il dolore si cappottò a terra, portandosi dietro la stecca, abbracciata tra le zampette, rivolto sulla schiena e con l'aria praticamente stecchita. Per un attimo, il McPherson sentì il cuore nel petto spezzarsi in due, ed il terrore di averlo ammazzato passò veloce come un lampo nei suoi occhi. Oh merda. Ma poi poi vide gli occhietti vispi del Pole Squirrel aprirsi e fissarlo di sbieco, osservandolo come per dire "bè? stupido umano che fai, non mi curi?" si sciolse, a quello sguardo. Ohhh piccolo cucciolo vieni da papà. Sapeva che i pole squirrel non erano creature domestiche nè addomesticabili, e che avrebbe potuto morderlo, per questo si premurò di utilizzare dei guanti, per prenderlo in braccio e riporlo momentaneamente in una gabbietta morbida. (Gideon, anche meno, è un'ologramma).

    Avrebbe quindi cambiato postazione, spostandosi nella zona adibita alla creazione di unguenti o pozioni. Dopo una lunga osservazione dei materiali, decise che avrebbe preparato un unguento con ciò che aveva a disposizione: arnica, pepe di cayenna e dittamo. Servendosi di un mortaio, avrebbe mescolato le radici dell'arnica spezzettate e poi frantumate, con una manciata di pepe, una goccia di dittamo e due gocce d'acqua per creare una pastella densa e fortemente aromatizzata. Si sarebbe poi preoccupato di levare un guanto, tenendo invece il sinistro con cui avrebbe tenuto fermo lo scoiattolo, ed avrebbe cosparso la sua schiena con la pastella creata, massaggiando il pelo affinchè il prodotto scivolasse tra i peli e penetrasse a fondo nella pelle.
    Tra qualche minuto starai decisamente meglio e potrai ballare di nuovo. Peccato fosse solo un ologramma, perchè Gideon tendeva ad affezionarsi troppo facilmente alle creature, anche quelle meno domestiche.
    ravenclaw
    shy boy
    25.05.19
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    Animale: Pole Squirrel
    Dolore: Mal di schiena
    Metodo usato:
    - Lo cattura con una cup song vintage wat
    - Lo cura con un unguento composto da radici di arnica frantumate, una manciata di pepe di Cayenna, una goccia di dittamo e due gocce d'acqua, tutto
    dentro un mortaio e da amalgamare con un pestello. Il composto ottenuto andrà spalmato sulla schiena, massaggiando bene così che penetri tra i peli e nella pelle.
49 replies since 1/2/2017
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