uruz

Aveva fatto una promessa.
Non si dava pace, Ginevra, perché non poteva essere successo, non di nuovo.
Quando lei e il cugino minore erano stati rapiti e portati nel lab di Maranello, Ginevra aveva dato per assunto che a Canosa si stessero disperando tutti, che li dessero già per morti, che la nonna avesse già organizzato la veglia funebre, e il nonno avesse già chiamato per far posto nelle nicchie di famiglia. La verità è che Ginevra aveva avuto paura, ma era stata anche forte, lucida, e non si era mai fatta prendere dallo sconforto e dalla tristezza, perché aveva sempre avuto un solo obiettivo in mente: riportare Giacomino a casa. Certo che si sentiva in colpa per quello che era successo, era colpa sua, dopotutto, ma si sarebbe comportata allo stesso modo se il cugino minore si fosse perso da solo, per colpa di uno stupido gioco degli altri stupidi cugini, oppure per un amico di cui aveva fatto male a fidarsi. Giacomino era un’anima pura, e andava difeso, ma soprattutto era un faro per quella famiglia, era una persona buona, era innocente, e non meritava certa sofferenza.
E allora Gin aveva fatto una promessa, a se stessa e agli altri, che non avrebbe mai permesso che niente del genere succedesse di nuovo
Mannaggia la miseria, lei aveva fatto una promessa, capite? Non era una cosa che poteva prendere alla leggera.
Ah già erano scomparsi anche gli altri, ci credete se vi dico che mi ero di nuovo dimenticata .?
Era irrequieta e non trovava pace da quel 14 febbraio, voleva fare qualcosa, doveva fare qualcosa, ma quasi come un paradosso non riusciva nemmeno più a pensare senza sentire la voce di Ciruzzo che le ripeteva che dovesse rilassarsi, o senza le lamentele di Lapo su quanto stesse facendo schifo la sua squadra del fantacalcio – o fantaquidditch, tanto lui faceva tutti i fanta –, senza sentire Remo fischiettare dalla cucina mentre provava una nuova ricetta e tentava di mandare a fuoco la cucina, senza Giacomino che rimediava all’incendio di Remo facendo un saltino nel tempo. Non sapeva più chi fosse senza la sua famiglia.
Alla fine, quindi, quando era arrivato il momento, aveva lasciato un bacio prolungato sulla fronte del milanese e gli aveva raccomandato di non bruciare il bar, e gli aveva dato addirittura (ADDIRITTURA) il permesso di attaccare lo striscione #PIOLIOUT all’entrata – capite quanto era provata? Non abbastanza da affidargli il suo baby groot però, perché quello l’aveva consegnato all’unica persona di cui poteva sapeva di potersi fidare ciecamente, insieme a tanti tanti baci, e un saluto un po’ particolare «te l’ho mai detto che hai davvero un bel culo?» sì, tantissime volte, ndr «quasi quanto quello del quadro» e tra una risata e una provocazione, infine, si concesse anche un bacio più sentito e romantico «prenditene cura» del suo culo, del loro baby groot; non aveva chiesto il permesso a Lupe, non aveva nemmeno chiesto un parere, forse non gliel’aveva nemmeno davvero comunicato a parole, ma era convinta che la professoressa sapesse già che alla fine Gin l’avrebbe fatto. Questo probabilmente è un problema delle mie ship con pandi, ma almeno lei non ha lasciato nessun bigliettino, questi sono passi avanti dai ziaa!!!

Non le piaceva che Lollo e Lux fossero lì, ma li capiva e sapeva quanto sentissero anche loro di dover essere lì. I Linguini erano una famiglia disfunzionale, ma Gin sapeva benissimo quanto insieme potessero fare cose eccezionali, e la loro regola non scritta era scritta, data per scontata, era sempre stata che non avrebbero mai lasciato nessuno indietro – nemmeno quell’infame di Lapo, sì. Si preoccupava per loro, ovviamente, l’ombrocineta era una mamma chioccia italianaTM nel cuore, ma si fidava di loro, 🙏🏻 confidava 🙏🏻 nel fatto che sarebbero stati attenti… forse, se fossero rimasti sobri.
Aveva aggiustato i capelli di Lollo sulla fronte e l’aveva guardato severa «non ti permettere di fare stronzate, Romolo Antonio Linguini» non gli aveva lasciato nessuna possibilità di replica, solo un bacio sulla guancia, prima di prendere Lux sottobraccio e unirsi alla loro squadra.
Odiava che la cugina fosse insieme a lei perché sapeva per certo che si sarebbe preoccupata il triplo ma !!! UNA SQUADRA TUTTE DONNE !!! «🌈 GAY RIGHTS 🌈» + Liam, ma vabbé nessuno gli impediva di aggiungersi al gruppo gay rights!!! E poi gli piaceva il ragazzo, aveva un faccino carino e sembrava a modo, sembrava addirittura ragionare e suggerire cose sensate. «amiche, ma siamo proprio sicure sicure che lui sia un maschio?» lo chiese a bassa voce e guardando di spalle lo strano essere apparentemente penemunito e cervellomunito, una carta rarissima.
«mi sembra una di quelle tavole dei pirati, sapete quelle da dove buttavano la gente dalla nave?» si scambiò un’occhiata con l’altra Linguini e si strinse nelle spalle «tipo i tronchi di Gardaland??» ma no, per una volta l’ombrocineta aveva torto marcio, perché quello aveva il potenziale per essere addirittura più divertente dei tronchi di Gardaland. Lasciò che fosse il maschio del gruppo a spostare le lancette – più per scoprire se fosse davvero intelligente che altro, in realtà – e strinse le dita intorno al manico della falce perché eH si cominciava. Quel duello con Rosie le ricordava qualcosaTM: la mazza dei poliziotti contro la falce dei comunisti, praticamente era come essere tornati al liceo, niente che Gin non avesse già affrontato, quindi lasciò che Sharyn provasse a bloccare il braccio di Rosie mentre lei prontamente tentava di scansarsi e poi si rispondere all’attacco con un calcio dritto dritto al ginocchio.

non stava bene, erisha byrne.
gli occhi gonfi, l’andatura lenta, la spada nella mano destra, era uno straccio, obiettivamente, la sua situazione sentimentale non filava liscia: come sempre erisha byrne non sembrava avere fortuna nelle relazioni amorose, ma oltre allo struggimento d’amore quella volta si aggiungeva la preoccupazione, non aveva notizie di benedictus da… un po’ troppo? non sapeva se stesse bene o male, se fosse ferito o… non voleva manco pensarci, si erano urlati contro, avevano litigato, si erano baciati, lasciando però la situazione in bilico, non aveva ormai diritto di sapere cosa faceva, non poteva pretendere nulla dal suo, forse ex, ragazzo; sospirò continuando ad avanzare con le compagne, eccetto liam, sorridendo ogni tanto all’allegria delle compagne, un sorriso più dolce verso le parole del ragazzo «parola di scout», disse, sollevando il mignolino alzato come promessa, in gruppo con sei donne doveva sentirsi un tantino a disagio ma erisha era sicura che avrebbero fatto un ottimo lavoro di squadra, anche perché non sarebbe tornata a casa senza giacomino, senza mac, era partita con l’obiettivo di riportarli a casa e tornare a mani vuote non era un’idea contemplata, ne aveva già parlato con ginevra e lucrezia.
beh, in effetti la squadra c’era, ma il problema era più che altro lo scenario, strinse l’impugnatura della spada pronta ad entrare in azione in qualsiasi momento, l’odore dell’acqua salmastra del lago a pizzicarle il naso «sembra un’allestimento per una tortura medievale più che altro», fece in tempo a dire prima di essere congelata sul posto, per un attimo ebbe davvero il timore di essere morta lì, con mille rimpianti e senza essere riuscita a concludere nulla, ma poi ritornò a respirare, ad essere viva.
non poteva però perdere tempo, si morse il labbro inferiore, restando in allerta, ed eccoli lì, gli amici che spuntavano come funghi e avevano intenzione di farli fuori.
impugnò la spada con entrambe le mani, ricordando gli allenamenti che aveva fatto poco prima di partire, si spostò quando egan sparò verso lei, strinse le labbra e tentò di affondare la lama nel suo addome dopo aver fatto qualche passo in avanti «LIAM!! attenzione!!» tentò di avvisarlo prima che fosse troppo tardi