isa

Non aveva fatto una vita da eremita nell’ultimo anno: era uscito nel mondo, aveva cercato di capire come funzionasse, si era messo sotto a studiare quanto possibile per tenersi aggiornato, nondimeno aveva anche cercato un lavoro – inutilmente, e si era fatto bastare quello da cameriere a chiamata laddove fosse necessario rimediando qualche spicciolo. Ovviamente, si sentiva tagliato fuori: fuori dal tempo, fuori dallo spazio, fuori da qualsiasi contesto e circostanza; non era così facile, integrarsi in un universo che si era mosso di quarant’anni nel giro di soli due giorni, lasciandolo indietro.
Era per questo che, nonostante si fosse impegnato, Harrison Bonnay conosceva quattro persone.
Quattro. Non serviva nemmeno occupare una mano intera per contarle.
Una era il motivo per cui era partito.
Due erano andati a fare i piccioncini chissà dove – la sua nipotina, aiuto.
L’altro… vabbè, era Hans: avrebbe potuto vivere bene senza sapere dove fosse, e l’altro fare lo stesso.
Non che volesse essere loro d’intralcio, ad ogni modo, ma non poteva nemmeno affermare con assoluta certezza che non avrebbe voluto avere facce amiche cui affidarsi nel momento del bisogno – perché sapeva ci sarebbe stato almeno un momento del bisogno durante quell’avventura, e ad essere del tutto onesto non era che i suoi compagni gli ispirassero così tanta fiducia. Di certo non le tre ragazze: due che sembravano a metà tra l’avercela con il mondo e la psicopatia, e l’altra di ritorno da un viaggio nel deserto di Chihuahua dopo aver fatto scorta di peyote; impressioni sue, eh, lungi dal ventitreenne non essere pronto a ricredersi. Il ragazzo con il («haha sembra un piccolo e.t.» spoiler: lo era) fagotto tra le mani, e la mamma del gruppo, già gli trasmettevano più serenità – quasi speranza: quindi, sicuro come la morte e le tasse, sarebbero stati i più infami del gruppo.
«ciao, sono harry.» ritenne giusto, comunque, presentarsi all’allegra comitiva, avanzando nella fitta vegetazione dello Sri Lanka spostando i rami con il piede di porco. Un perfetto inizio da alcolista anonimo, eppure nemmeno beveva – se non si consideravano le feste in confraternita, ma quello che succede al college rimane al college, tranne la laurea. «ho ventitré anni,» non aggiunse che avrebbe dovuto averne più di sessanta perché sarebbe stato strano, e triste: sì, per gli anni persi e le persone morte, ma anche perché sarebbe stato oramai prossimo alla pensione, e invece con i chiari di luna del nuovo millennio poteva proprio che scordarsela – sempre che superasse i trent’anni, o che uscisse vivo da quella giungla. «vengo dal canada,» omise le proprie origini inglesi, perché non erano affatto importanti ai fini della trama. In fin dei conti, l’unica famiglia che avesse considerato tale era stata quella con cui aveva vissuto a Vancouver. «sono un avvocato,» sempre un vanto, c’era da dirlo: nemmeno lui ci credeva alle volte, ed aveva bisogno di ripeterlo ad alta voce una tantum. «e sono un magonò.» lasciando cadere quell’ultima informazione, esplicando al mondo la propria inutilità, si sentì soddisfatto: meglio mettere subito in chiaro le cose.
«cazzo.» ramo in facia. Ma anche: «cazzo?» interrogativo, confuso, spaesato. «cosa ci fa una porta blindata in mezzo alla foresta.» iniziavano già con le cose senza senso, a quanto pareva. Giusto perché non ne aveva avuto abbastanza, il Bonnay, di cose strane nella propria breve vita – Tottington, anyone? «non so se sia una buona idea.» no, chiaramente non lo era, ma aveva bisogno di capire cosa ne pensassero gli altri.
Gli altri: [cri cri]
Il torrente in piena vicino a loro: [frush frush]
Gli spuntoni di roccia tutt’attorno: [zoom zoom]
«ma è anche l’unica che abbiamo, uh.» ma che bello. Si fece un segno della croce e mandò un bacio al cielo, prima di spingere ed entrare.
Che dire: rispetto alla città fantasma nella quale aveva visto i propri amici trasformarsi in fottuti zombie e venire ammazzati, almeno lì c’era la luce. Passi avanti – certo, si sarebbe evitato la nebbia al chiuso e l’acqua a bagnargli le caviglie, ma sapeva anche di non poter volere tutto dalla vita.
Non ebbe troppo tempo per pensare al fatto che fossero in trappola, o di ragionare sul da farsi: «oddio ma io ti conosco!» aveva cose più importanti su cui concentrarsi, ossia l’assurda somiglianza – sebbene invecchiato – del tizio con la balestra che si era palesato in quella stanza, con un mito degli anni suoi. «ma dove vuoi andare, ti amo! ti annoi, va bene, balliamo!» un’icona. Aveva diciannove anni quando le più grandi hit di Pupo avevano raggiunto gli stereo nel Nord America, ed erano chiaramente un must ad ogni festa. «mito! ti posso chiedere un autografo?» ma lo stava ascoltando? Non gli sembrava, dato che voleva prendere le due uniche persone su cui Harry aveva riposto la propria speranza in quel gruppo di matti e sbattergli le teste l’una contro l’altra. Si avvicinò al ragazzo, prendendolo di peso sotto le ascelle prima che Pupo Nazionale potesse prendergli i capelli e sbatacchiarlo da una parte all’altra, e trascinandolo con sé via dal nemico. «stai bene?» lo guardò; guardò il suo giovane amico alieno. «state?»
Chissà, lo scopriremo.
«secondo voi, cos’ha portato i ferragnez alla separazione?» ma in che senso.
E soprattutto, perché Harrison Bonnay sapeva rispondere a quella domanda? Facile: perché non aveva un cazzo da fare dalla mattina alla sera. Quindi diede un colpo con il piede di porco alla balestra dell’uomo prima che potesse colpirlo in testa, e facendo un salto indietro deglutì, schiarendosi la voce. «alcuni» (giada) «direbbero che è colpa di un presunto tradimento di fedez – inizialmente si vociferava con rose chemical, poi con luis sal, e invece adesso pare sia apparsa una modella in questo intricato processo mediatico. altri» (lele) «sosterrebbero sia andato tutto in malora a partire dal pandoro-gate: non che i problemi non ci fossero anche prima, ma lo stesso federico lucia ha dichiarato a “belve” di essere stato all’oscuro di tutto fino a quando non è esplosa quella bomba di merda sulla moglie, e di non averla presa particolarmente bene. ma i più saggi, i più informati sui fatti e più arguti tra di noi» (ise) «sanno qual è la verità. e la verità è che, nel duemilaventiquattro,» parla quello fermo agli anni ottanta. «c’è ancora uno stigma che rovina famiglie e relazioni, che crea giudizi e scherni: la differenza d’altezza, ed in particolar modo la donna più alta dell’uomo. assurdo, se ci pensiamo, ma è così: le nostre fonti non hanno dubbi. fedez ha sempre sofferto che chiara si mettesse i tacchi, ed è stato questo il movente della separazione. ho finito, vostro onore.» pace.
«ora posso avere l'autografo?» priorità molto chiare.

tanto tempo fa a città laggiù viveva una delle gemelle roux che si era svegliata scoprendo che sua sorella e la sua crush secolare erano SPARITI NEL NULLA, aveva fatto di tutto per ricostruire gli ultimi passi di sua sorella ma niente, non era riuscita a capire dove fosse finita, e poi improvvisamente puff!! era riapparsa.
aveva pianto.
e poi le aveva raccontato tutto.
così quando iris le aveva detto che sarebbe andata in missione non ci aveva pensato due volte a seguirla, anche se era terribilmente terrorizzata, anche se temeva potesse capitare quando ci sarebbe stata la luna piena.
beh ed eccola lì, nonostante tutto, in Sri Lanka, con delle persone che non conosceva ed attaccata alla maglietta di sua sorella come se fosse stata la sua mamma chioccia, sospirò e poi sentì harry presentarsi!! allora facevano quel gioco??
«piacere io sono Myrtille » disse, seppur in tono pacato per paura di risvegliare qualche bestia nascosta in quella strana vegetazione
«ho sedici anni e vengo dalla Provenza, sono una studentessa» sorrise, e poi harry si beccò un ramo in faccia, la mano libera dalla balestra di andò a posare sulla bocca in segno di stupore
«ti sei fatto male?» oh la porta. no effettivamente non era molto rassicurante nemmeno a guardarla, ma in effetti che alternative avevano? seguì il gruppo dentro… e uh, c’era dell’acqua? le arrivava un po’ sopra le caviglie visto il suo formato pocket
«è tuo amico?» chiese, visto che diceva di conoscerlo, o era una persona famosa? visto che gli chiedeva l’autografo…. un po’ scontroso a dirla tutta visto come li attaccava, cercò di scostare la coscia dalla traiettoria della freccia indirizzata a lei, poi acchiappò tooth, già spostato da harry, per la maglietta dicendogli
«attento!!» niente oh, sceglievano sempre la violenza, fece qualche passo indietro provando a guardarsi intorno per cercare una qualsiasi via di fuga

Qualche ripensamento – vago, assolutamente trascurabile, di certo non voleva tornarsene a casa, che dite. – ce l’aveva avuto. All’incirca il momento stesso in cui il ministro Oshiro aveva puntato il suo sguardo sulla folla di volontari e le sue aspirazioni eroiche erano divenute, all’improvviso, non solo una solida promessa ma una necessità. Di sopravvivenza, proprio. Se voleva tenere gli occhi aperti il necessario da poter rivedere di nuovo la sua versione estesa de Le Due Torri invece che citarlo in poster bellici e basta.
Non era stata una realizzazione felice. Ed era stato altrettanto poco divertente doversi arrendere al senso di calma che gli avevano provocato quelle facce familiari schierate con lui; la conseguente certezza che dopotutto non era cambiato nulla. Cinque anni da quando aveva varcato la soglia di quel nuovo millennio, niente più che un bambino terrorizzato con un vocabolario limitato e nessun prospetto di vita. Si era sentito diverso, quando aveva segnato il suo stesso nome per un conflitto di cui non sapeva niente – non capiva niente. Più forte, sicuro. E invece poteva sentire ancora quella stessa paura permeare fino alle ossa, attecchire come la pesantezza umida dell’aria e il sudore che gli imperlava la fronte. Fosse rimasto a Bodie, in un universo alternativo in cui Bodie era esistita il necessario da permettergli di diventare un adolescente, probabilmente quelle armi le avrebbe imbracciate prima. Solo come un cane, senza quel peculiare sistema di supporto che aveva trovato nel futuro – che, a dirla tutta, nel futuro ce lo aveva trascinato per i capelli. Con il cognome di una famiglia che di fronte ai Toothless del mondo storceva il naso, ma questo Arci non poteva saperlo; dubitava, in ogni caso, che gli sarebbe interessato. Circondato da quella strana cerchia composta dal suo padre-fratello-amico, e i suoi zii-amici-parenti, e il ragazzo-di-papà-che-non-era-il-suo-ragazzo. E che poi era diventato il-ragazzo-di-papà. A quel punto si era un po’ perso, ma confidava loro avessero un’idea migliore di come funzionassero certe cose. All’incirca.
Vabbè. Il punto era: chi sarebbe stato, a quel punto? Era stato il comfort di quella situazione a indebolirlo? Era davvero il suo destino, quello di nascere un errore e morire un soldato anonimo, senza una singola anima disposta a mettergli dei fottuti fiori sulla tomba? Naturale predisposizione al fallimento dalla quale era impossibile fuggire, nonostante il secolo di distanza?
«cosa ci fa una porta blindata in mezzo alla foresta.»
Batté le palpebre, e alzò lo sguardo da terra. Confuso, e spaesato, e – oh.
«uh.» c’era davvero una porta blindata in mezzo alla foresta. «ottimo!»
Strinse le labbra in una linea retta, e posò il volto contro la spalla. «vi dirò» e nessuno glie l’aveva chiesto, ma aveva fatto abbastanza lezioni ad Hogwarts da poter dire di essere utile quantomeno a fiutare la morte certa. Poi il resto fate vobis. «non è il migliore dei presagi.»
Dubitava i suoi compagni avrebbero apprezzato se si fosse fermato a frugare nelle tasche in cerca di un pezzo di carta e una penna qualunque; doveri e oneri di master, perché come preambolo per un dungeon spaccaculi non gli sembrava affatto male. Vista la situazione (leggi: ancora provava un po’ di onesto terrore reverenziale nei confronti degli adulti del gruppo e non voleva essere lanciato giù dalla montagna) si limitò ad appuntare mentalmente. Però beh, ok.
Gli altri: [cri cri]
Il torrente in piena vicino a loro: [frush frush]
Gli spuntoni di roccia tutt’attorno: [zoom zoom]
Baby Allen dalla sua gabbietta: [gurgle gurgle]
«ma è anche l’unica che abbiamo, uh.»
E se lo diceva il signor avvocato. Si strinse nelle spalle, e guardò i portoni di Mordor aprirsi al suo cospetto. Di nuovo, perché un minimo alla sua pelle ci teneva, non disse nulla a riguardo. Ma proprio niente.
Però.
«e.t. è meno viscido.» che non era un insulto nei confronti di Allen jr, inutile dire: solo un serio, studiato dato di fatto. Supponeva anche puzzasse di meno, ma quello preferì tenerlo per sé – ormoni, adolescenza, capiva. Segretamente sospettava che il suo alieno da compagnia portasse estremo orgoglio nel suo olezzo tossico; per questo ogni volta che lo trascinava fuori dalla cuccia tentava di azzannare l’Air Wick come un predatore della Savana e ogni tentativo di pulirgli il suo spazio vitale veniva nullificato all’istante. Aveva dovuto ingegnarsi sul serio, Tooth, per evitare che l’odore giungesse a narici meno pronte delle sue. Richiedendo qualche favore a mani più esperte delle sue, e stranamente predisposte (leggi: disperate) a cercare una soluzione con lui. Meno per altruismo, più per salvaguardia di ogni individuo anche solo di passaggio ad Hogwarts, ma insomma.
L’incantesimo di protezione attorno alla gabbia non era bastato davvero. Picchiettò piano contro la plastica, e lo guardò spappolarsi contro la parete trasparente come conseguenza. Nel suo fucking impermeabile da guerra; una specie di gigante preservativo giallo banana, a pieno contrasto con il nero pece che ora ricopriva la sua pelle, ricoperto di borchie sul cappuccio così da formare una corona barbara di tutto rispetto.
Era bellissimo.
E anche strano da vedere, in quel mare di canne da fucile e coltelli e armi serie che non sapeva neanche nominare. Ma Sarapgvero gli era apparsa in sogno,

dicendogli che gli dei approvavano della sua scelta, e quindi sapete cosa.
Cosa.
No, davvero.
«cosa.»
Boccheggiò per qualche attimo, le mani a scivolare furiosamente sul lucchetto della gabbia. Aiuto gesù. «avvocato» un biascichio in parte coperto dall’urlo animale di Baby Allen, libero dal suo involucro e dentini ben spianati nella direzione di Pupo. «signor avvocato, scusi» e il signor avvocato, come si suol dire, came in clutch. Si lasciò afferrare come un sacco di patate, gambe spianate come una graziosa ballerina (o un chihuahua quando lo tiri in aria e non sa come reagire). Possibilmente abbastanza da sferrare un calcetto alla coscia del nemico – o attirare la sua attenzione con la performance. Entrambe le versioni gli andavano bene, purché fosse distratto. Certi istinti, diretta eredità dei cùl fatal, si seguivano senza accendere un singolo neurone.
«stai bene?»
Colse l’occasione per Guardarsi Attorno ™, e alzò un pollice debole. «alla grande.» stava per avere un infarto.
Anche perché Baby Allen aveva scelto quel momento per distrarsi con un sassolino a terra. Ma pensa te.«nooooooo» mani strette ai fianchi, e corrugò la fronte. «sputa. SPUTA.» cit giulia ogni santa volta che esce coi cani. Almeno, per una volta, la bestiola ascoltò; creativamente, e indirizzando il sassolino sputato nella direzione di Pupo, ma chi era lui per lamentarsi.

Iris si stava divertendo, era proprio il suo ambiente. Non le interessava quanto camminassero o fossero madidi di sudore, non si stancava facilmente. Non tutti probabilmente erano della sua idea. «oddio siamo nel gruppo di alcolisti anonimi?» disse dopo aver ascoltato la presentazione di Harry. «ciao io sono iris, la sorella gemella di myrtille» saluta myr!! «ho sedici anni e sono una maga, frequento il sesto anno ad hogwarts nella casata dei grifondoro, amo i funghetti e da questa esperienza spero di uscirne viva dopo aver fatto a cazzotti con quelli che mi hanno rapita e drogata» disse però non guardandolo mentre parlava, gli occhi perennemente a terra. Qualcuno avrebbe potuto dire perché cercava di essere cauta, vedere dove mettesse i piedi, la realtà era che la parola cauta non esisteva nel suo vocabolario e che stava cercando in mezzo agli alberi dei funghi. Poteva unire l'utile al dilettevole. «oh e sì, voglio ovviamente liberare gli altri ostaggi» come dimenticarlo. Poi i loro occhi incontrarono una porta in mezzo alla natura incontaminata... sus. Lei Suzume lo aveva visto, non prometteva niente di buono però era perfetto «una porta sus? stiamo andando nella direzione giusta !!» Sorrise avvicinandosi alla porta, senza alcuna paura in caso di finire in un'imboscata, era pronta: Iris aveva nuovamente il suo bellissimo luccicante lanciafiamme che non vedeva l'ora di usare per dar fuoco a tutto, era con sua sorella e tutto andava bene. O forse era presto per dirlo perchè una volta che furono entrati, le porte si chiusero dietro di loro. «è già ora per l'escape room?» Iris aveva il suo bellissimo lanciafiamme peccato che al momento fosse abbastanza inutile perchè dal pavimento aveva iniziato a scorrere acqua a momenti avrebbero avuto l'acqua alla gola e le sarebbe stato inutile. Doveva avere proprio sfiga, manco avrebbe potuto fare danni permanenti. Non che avrebbe voluto bruciare l'intera struttura intrappolandoli dentro un inferno autocreato ma insomma, voleva dare fuoco a qualcosa !! Dare pugni e calci !! Fare incantesimi !! Far saltare in aria gente !! Dopotutto loro l'avevano rapita, drogata senza il suo consenso e poi l'avevano pure lasciata scappare non permettendole di diventare anche lei un mistero. Era ancora offesa. Iniziò a fissare un punto a caso del muro, puntandogli il dito contro «you're straight? so is spaghetti until it gets wet» Magari era la password di qualche dispositivo per far fermare l'acqua. No, eh? Guardò per terra per vedere da dove fuoriuscisse l'acqua, magari c'erano pochi fori di uscita e potevano coprirli mettendocisi su. Qualcun altro avrebbe potuto invece vedere se c'era un interruttore nella stanza per fermare l'acqua. «secondo voi cosa ha portato i ferragnez alla separazione?» sinceramente non le fregava niente dei ferragnez. Non era un'amante del gossip di persone che non conosceva personalmente. Gli unici drammi chele interessavano erano quelli delle rivolte francesi. I contadini francesi i suoi preferiti che protestavano sparando letame. FUCKING LETAME. I suoi eroi. Se fosse stata lì li avrebbe aiutati, sembrava troppo divertente. E invece questo voleva parlare dei Ferragnez di cui non le fregava niente, mah. Avrebbe lasciato a qualcun altro l'onore di rispondere. ««oddio sei un linguini?» ormai erano ovunque, ogni giorno ne usciva uno nuovo, non si sarebbe meravigliata se anche quello fosse stato un linguini, soprattutto perché aveva preso ad attaccarli. «razzista.» fece una smorfia avvicinandosi verso la sorella che era stata presa di mira, non come altri fortunatamente, ma ecco, voleva eviare qualcuno osasse anche solo torcerle un capello. Avete mai sentito parlare di ADHD rage? «sis fai attenzione, è un linguini, non ti fidare» prese la gemella per mano, tirandola verso di sé per evitare prendesse in pieno la freccia e già che c'era, notò Tooth e Ama che stavano per farsi mooolto male e non esitò a prendere con due mani la mano di Pupo per mordergliela in modo da fargli lasciare la presa.

giada ha sonno quindi andremo delle solite 100 parole noie🥰 niente erano finiti nella sala delle torture di PUPO l’enigmista, a breve sarebbe partita gelato al cioccolato in loop per torturarli anche psicologicamente, lasciò agli altri il pesante compito delle sfere, e quindi di conseguenza le loro vite, nel mentre lei afferrò Veena per l’avambraccio tirandola verso se «attenta!!» poi arrossì. perché se l’era praticamente lanciata addosso «scusa avevi un proiettile che…» vabbè ne avrebbero parlato dopo, perché intanto un dardo stava per colpire la coscia di «AMA!! attenta al dardo!! »

«alla grande.» sorrise istintivo al ragazzo con l’alieno – più viscido di E.T., prese nota –, ma fece scivolare comunque lo sguardo appena preoccupato sulla testa, laddove aveva preso la botta nonostante il tentativo di evitargli quello scontro frontale. «hai la testa dura, eh?» ne sapeva qualcosa, Harrison Bonnay, di colpi alla testa e traumi cranici non indifferenti – Dio solo sapeva quanti ne avesse presi, per un motivo o per l’altro: il suo record personale lo aveva raggiunto nella stagione 1980-81, quando eletto quarterback della squadra del college aveva scelto come strategia di gioco la violenza, e chiaramente gli si era ritorta contro.
«lo sanno tutti che era un matrimonio di convenienza fra altoborghesi babbani, comunque, è ovvio che abbiano divorziato dopo tutto quel casino...» il ventitreenne spalancò le braccia, occhi verde smeraldo puntati sulla ragazza. «ma vero???» boh, sì: cazzo ne sapeva, lui. Aveva seguito la storia negli ultimi anni, ed il recupero non poteva certo essere paragonabile all’aver seguito la storia dal principio. «però dai, dopo la separazione di totti e ilary erano tipo... boh, una certezza.» perché lui ci credeva nell’amore vero, uomo di letterali altri tempi, e trovava sempre bello seguire certe dinamiche e vivere nella speranza che qualcosa del genere spettasse ciascuno di loro.
«amen.» rispose invece a Pupo, ma puntandogli un dito accusatorio contro. «ancora non mi hai detto se mi fai un autografo però.» bigamo infame. «almeno senti, cantaci una canzone!»
E invece no, era più intenzionato a dare il meglio di sé nei giochi da tavolo.
Cosa nella quale il canadese non era mai stato portato, per cui lasciò la palla - nemmeno troppo metaforica - ai suoi colleghi, dando un unico ed importante contributo alla causa: «altre tre e potevamo evocare il drago shenron runico.» che occasione sprecata.
Prese di getto la felpa della sua nuova amica di gossip, tirandola via dalla traiettoria della freccia, per poi smuovere veloce il piede di porco tra la Signora Mamma del gruppo e un altro dardo infame: aveva usato quello strumento solo per forzare le saracinesche dei negozi – solo per gioco, polizia! –, non sapeva quanto potesse essere utile in situazioni di vita o di morte, ma era anche tutto ciò che aveva.
Quindi, insomma.