hagalaz

Era all’incirca al quarto vaffanculo represso della giornata. Che per Aidan era un gran record; solitamente, giunti a quel punto del percorso, la stima si avvicinava più a un onesto dieci.
Invece era sembrato quasi normale. La daga stretta nella cinta apposita, l’espressione una maschera di glaciale indifferenza. Aveva curvato le labbra in sorrisi vuoti e garbati, nel momento giusto e qualora necessario. Aveva a tutti i costi evitato di chiedersi perché mai si fosse infilato volontariamente in quel delirio, perché la risposta era sempre la stessa — Toothless, cazzo di ragazzino testardo come un mulo —, e nel momento in cui pensava alla risposta finiva inevitabilmente per voler strappare la pelle di un cristiano qualunque coi denti. I motivi si sprecavano, d’altronde.
Uno sforzo non indifferente anche quello di non focalizzarsi su ciò che veramente odiava dover lasciare indietro. Della sua vita, d’altronde, si preoccupava poco; facile quando non hai un pizzico di codice morale nelle vene e getteresti il mondo tra le braccia di Mefistofele in cambio della pelle salva. Il suo destino post-conflitto lo interessava ancor meno. C’erano soft skill che s’imparavano, racimolando merda su merda pura per anni, e che avevano i loro svariati benefici. Quello di trovare sempre un modo per rigirare le situazioni a suo favore, tipo; o impastriocchiarle abbastanza da garantirsi un posto nel mondo, un grado più o meno decente di sopravvivenza. Alle brutte, c’erano sempre i fondi di casa Gallagher. Quelli che ancora gli spettavano di eredità, inutile dire: col suo lavoro da ragazzo per bene e i fuochi dell’adolescenza spenta aveva assaporato nuovamente le grazie della sua famiglia, ma non aveva fatto altro che stendere qualche ruga sulla fronte di sua nonna. Era comunque e ufficialmente tagliato fuori da un nucleo della quale non era più certo, in ogni caso, di voler far parte.
Piccole, insignificanti preoccupazioni in confronto al resto.
Purtroppo.
Sospiro. Purtroppo.
Era Arci a tendere le stringhe fragili del suo cuore.

(audio di tiktok di quella tipa che dice “haha sì ci tengo proprio, mi rende felice genuinamente” e poi urla disperatamente per il troppo cringe auto-inflitto)

Di tanta gente. Di tanti deficienti meno deficienti. Archibald Leroy-Baudelaire, nascosto tra le lenzuola del loro letto – nel loro appartamento, a rincorrere gli ultimi vestigi del loro calore condiviso prima che di Aidan rimanesse solo il profumo, nient’altro. Per un po’, quantomeno. Non era stato facile, sedersi di fronte a lui e confessargli di star facendo una gigantesca cazzata per la sua dannatissima pace mentale. Inizialmente aveva considerato l’idea di sfilare dalla porta in silenzio, al massimo inviargli un messaggio di tre parole per rivelargli dove fosse diretto; addio, ci vediamo quando ci vediamo, fine. Invece aveva stretto le mani tra loro, e lo aveva atteso sul ciglio del divano. E quando Arci non aveva detto niente, non aveva riempito il silenzio con il genere di veleno che era solito tirare fuori quando si sentiva particolarmente vulnerabile. Aveva soffiato un bacio contro la sua fronte, persino; delicato, mentre Arci tentava la battuta più debole del mondo, incapace di dirgli di non poterlo seguire se non tra le righe.
Terribile. Terribile. Camminare gomito a gomito con un tipo come il Carter (che tra l’altro aveva una strana familiarità. mah) senza sentire l’istinto di attorcigliargli la mano attorno al braccio e pendere dalle sue labbra. Magari cogliere sotto la lingua anche un po’ del sale che le faceva splendere appena. Non c’era fibra nel suo corpo che non stesse detestando con il potere di mille soli lo Sri Lanka. Il fottutissimo Sri Lanka.
Sarebbe dovuto andare in Siberia finché aveva potuto.
«nessuno che vuole spogliarsi?» quello, però, se lo concesse. Un sorriso decisamente più divertito in volto; solo che invece di ammorbidirgli l’espressione, non fece che renderla più affilata. Sempre un diavolo rimaneva.
T’oh, la Nightshade gli aveva offerto l’occasione su di un piatto d’argento.
«no, eh?» batté le ciglia, lo sguardo ora fisso su



Robi.
Voce distante: non ha arci con cui sfogarsi, un povero cristo deve pur esserci.
Altra voce distante, peculiare accento borgomanerese: se è la passione che mette solitamente aidan in quest andiamo male.
Fato: say less!
«sicuri?» la domanda, in ogni caso, era riservata di più ai suoi compagni di sventura. Lasciava i flirt maldestri coi nemici a chi di più esperto; un bacio al cielo a Billy e Carlos.
Ma poi che noia mortale, loro e i fucili. Zero classe, zero stile. Fece per spostarsi – e invece si lasciò trascinare via dai modi gentili di Lilith. Tentò un affondo nello stomaco della tipa, daga sguainata e ancora miracolosamente limpida; con un po’ di fortuna, sarebbe stata battezzata di liquido cremisi in quell’istante.
«suppongo ti serva ancora la gamba, anche se non è la terza»
«hm.»
Strinse la bocca a cuore, e le rivolse un’occhiata di sottecchi. Beh. Affermazioni da esplorare col tempo necessario.
Anche perché nel frattempo c’era «ma io ti conosco.» Poor da tenere in salvo. Un rapido confundus così da troncare la traiettoria degli shuriken. E basta.
«no, davvero.»
Buongiorno Aidan.