as the wise man once said: elf me.

ft. marcus | @ hekate emporium

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    holdmaybeer
    Sapete la verità? Hold avrebbe indossato quel ridicolo vestito da elfo anche senza un motivo se non quello che la spingeva, da venticinque anni a quella parte, a fare tutto ciò che faceva: la follia.
    Ce ne era sempre stata in quantità eccessiva nella vita della Beer, e lei non l'aveva mai rinnegata: le piaceva fare per il semplice gusto di provarci, di lasciarsi andare al caso, di tentare la sorte e mettere alla prova il fato. Le conseguenze, Hold May Beer, non le teneva mai in considerazione. Perché avrebbe dovuto? Non poteva predirle, e con il loro peso avrebbero solo finito con il rovinare il momento impedendole di goderselo; quindi a che pro preoccuparsene? No thoughts head empty era la sua filosofia — nonché un riflesso spaventosamente esatto di quello che passava quotidianamente dietro la frangetta scompigliata (ovvero: nulla), parole nelle quali la special si ritrovava benissimo.
    Di cose strane, nella vita, ne aveva fatte tante, e spesso molto più strane di quella; alcune (troppe) erano state considerate persino moralmente sbagliate — ma sapete a chi non fregava una sega? A lei, esatto, che una morale non ce l'aveva mai avuta, strappata via ancor prima di poterne formare una sua, o lasciare che il mondo l’aiutasse a farlo, per quanto giusta o sbagliata.
    E comunque, accettare l'offerta trovata sul Golden Age rubato a Kieran, e farsi pagare per indossare un costume da elfo, era davvero in fondo alla lista di cose che avrebbero potuto (far preoccupare amici e parenti) rovinare la sua immagine — quale immagine, poi, bah. Certo, era una legionaria di tutto rispetto ora, e lavorava per i laboratori in maniera ufficiale (erano finiti i giorni di rapimenti e occultamento delle prove — le mancavano un sacco), ma questo non la rendeva meno Hold di prima. La guerra, contrariamente a molti altri che vi avevano preso parte, non l’aveva cambiata; le conseguenze – eccole lì, ancora una volta, ignorate come suo solito – che il conflitto aveva avuto su suo fratello, a malapena le aveva registrate; il fatto che fosse cambiato tutto, nel mondo magico e babbano, non l’aveva scalfita minimamente.
    Hold May Beer viveva la vita come se ogni giorno si svegliasse e non sapesse assolutamente nulla del mondo esterno, perché in parte era così: non si interessava, non si informava, non si preoccupava — e ancora più importante, non scrollava compulsivamente l’account di toctoc che Kier le aveva fatto con l’inganno, perché di vedere il mondo attraverso i trend pixellati, non le importava.
    Se Hold sembrava fuori da ogni possibile loop, svampita e con la testa persa in un mondo tutto suo (non in senso buono) era perché era esattamente così. Non aveva messo in conto di finire con un completino verde acceso e un cappello rosso con i sonagli, quando quella mattina aveva aperto gli occhi, ma perché non farlo, infondo, no? Era un’esperienza come un’altra.
    Quale fosse esattamente il suo lavoro non l’aveva minimamente capito — “invogliare i passanti” ad entrare nel negozio? Sembrava un po’ estremo (e molto faticoso) e onestamente Hold non aveva le social skills per convincere nessuno a fare nulla, perciò, come direbbe il saggio, insomma.
    I passanti, dal canto loro, si dividevano in due categorie: quelli che passavano ignorandola completamente, come se non esistesse affatto, e quelli che invece la guardavano ridacchiando, forse del suo look, o forse di lei — tentativi di bullismo che con la Beer andavano a vuoto, perché non si accorgeva di nulla, figurarsi delle prese in giro di quattro cretini sgallettati.
    Però la proprietaria del negozio, una rossa che sembrava inciampata in una sartoria per poi uscirne con i primi stracci che le erano rimasti incollati addosso, era stata molto chiara su una cosa: almeno un cliente avrebbe dovuto portarlo, altrimenti l’avrebbe rimandata a casa a calci. Hold, sguainando la dentatura che come quella del suo fratellino, mordeva e sapeva strappare carne, le aveva promesso che gliene avrebbe portati molto di più: quanto poteva essere difficile?
    Quasi tre ore dopo, Hold aveva la risposta a quella domanda: molto.
    Nessuno si voleva fermare, e lei non sapeva come diamine trascinarli nell’emporio senza ricorrere alla forza bruta.
    …aspetta un attimo.
    La tipa non aveva mai detto nulla riguardo il non usare le maniere forti, no?! GENIALE.
    Era tutto risolto, dunque: Hold era brava a colpire all’improvviso e tramortire poveri malcapitati — doveva solo ricordarsi di non farli svenire, a quel giro, o avrebbe fallito lo stesso nel suo importante compito.
    Sistemò le calze bianche e rosse e il cappellino sui capelli corti, poi iniziò a marciare avanti e indietro davanti al locale, fino a notare un passante in avvicinamento che faceva proprio <s>materiale da vittima perfetta al caso suo. Quando fu abbastanza vicina, Hold si avvicinò alla persona e lo tirò per un braccio, stringendo indumenti e carne. «entra nel negozio, ci sono un sacco di cose interessanti.» Non l’approccio più rassicurante, o ideale per la situazione, ma era quanto di meglio Hold May Beer avesse da offrire. «l’affare del giorno? il collirio magico che ti permette di vedere le emozioni della gente, non vuoi saperne di più?!?!» continuò, cercando di spingere, di fatto, l’individuo sconosciuto all’interno dell’emporio (sì, il negozio di Idys perché ego pandi). «eddai, entra!!!» cit?
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    prompt scelto tra quelli avanzati a natale '22, chiamatemi greta thunberg cit.
    CITAZIONE
    — Probabilmente col tuo lavoro non guadagni abbastanza perché hai deciso di accettare l'offerta di un nuovo negozio di Quo Vadis, trovata sul Golden Age, che offriva un discreto compenso in cambio di un po' di pubblicità: ora sei vestit* da elfo e devi cercare di invogliare i passanti ad entrare nel negozio.

    + oggetto avvento: "collirio magico"
    CITAZIONE
    5) Un collirio magico che ti permette di vedere le auree degli altri. Ciascuna emozione ha un colore diverso, e tu - purtroppo o per fortuna? Sta a te deciderlo - puoi vederle tutte, senza filtri.
     
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    marcushowl

    tutto poteva essere detto di Marcus, tranne che avesse l'aria di godersi lo spirito natalizio delle feste appena iniziate.
    dentro, nel profondo dell'anima, dove il cuore batteva regolare ma più pesante del solito, l'uomo provava un fastidio che virava pericolosamente verso l'astio — associare il Natale con le cervella di suo padre incollate alla parete non aiutava a viversela serena, diciamo.
    visto da fuori, però, l'unica emozione a trasparire dal volto serio e imperturbabile era l'indifferenza: camminava per la strada con il suo cappotto firmato, non permettendo alle vetrine dei negozi di catturare lo sguardo; scansava i capannelli di gente accalcata sui marciapiedi con eleganti slalom da sciatore professionista, senza nemmeno rallentare il passo. e se qualche volta sentiva l'impulso irrefrenabile di mettere mano alla glock che portava sempre con sé, nessuno incrociando le iridi cobalto avrebbe potuto immaginare certi intrusive thoughts — a parte forse quelle due o tre persone capaci di riconoscere i piccoli segnali: una ruga appena accennata al centro della fronte, quanto si dilatavano le narici quando respirava.
    dettagli, che nella maggior parte dei casi venivano semplicemente ignorati; un pregio non da poco quando si faceva un lavoro come il suo. uccidere, ma anche il settore vendite. chiunque abbia mai avuto a che fare con (il genere umano) dei clienti, capirà.
    un preambolo necessario per capire come mai, tra le decine di persone a spasso per le vie di quo vadis in cerca del regalo perfetto, hold maybeer avesse commesso l'errore di scegliere proprio Marcus. se la ragazza fosse stata in grado di guardare oltre l'aspetto esteriore del sicario, sotto la patina di quiete e serietà, probabilmente avrebbe atteso la vittima successiva; potendogli leggere nella mente, dove tutta una serie di pensieri venivano macinati da ingranaggi precisi quanto orologi svizzeri, di certo non l'avrebbe afferrato per un braccio. interrompendo di fatto un'importantissima conversazione cuore a cuore con se stesso su un argomento che sperava di non dover mai più tirare fuori dal cassetto delle stronzate commesse in gioventù — amos ryder hamilton.
    un altro punto a sfavore da segnare nei contro: aveva sempre mantenuto la concentrazione, Marcus. anche nei momenti di delirio puro (vedi la sniffata collettiva di cocaina in quest) riusciva a non farsi dominare dagli agenti esterni; o interni, se è per questo. e dopo aver commesso una volta l'errore fatale di lasciarsi distrarre da un paio di occhi che chiedevano troppo, e aver giurato a se stesso non sarebbe capitato di nuovo, eccolo lì. a pensare ad altri occhi, ad un'altra bocca, al battito di un cuore sotto le dita che cercava disperatamente di raggiungere il suo.
    aveva detto basta, e non era bastato.
    e quando si sentì strattonare, colto alla sprovvista come l'empatico sapeva di non potersi permettere, fece una cosa che non gli succedeva da anni: prese la propria frustrazione, il desiderio e la mancanza, i dubbi e i rimorsi; confezionati in un bel pacchetto regalo da donare alla giovane special vestita da elfo. per un attimo, rapido quanto un battito di ciglia, l'howl avvertì la massa di quel groviglio allentare la pressione sul suo petto, defluire attraverso il flusso sanguigno. era più facile ragionare, fare chiarezza — e recuperare il controllo di se stessi sfuggendo con un movimento morbido alla presa delle dita attorno al braccio.
    a contatto interrotto, gli venne spontaneo cercare lo sguardo di Hold per assicurarsi fosse ancora stabile sulle sue gambe: quasi nessuno reagiva bene colto alla sprovvista da un'ondata emotiva di quella portata, soprattutto se i sentimenti in questione trovavano terreno fertile in cui attecchire
    aveva pensato a Kieran?
    si era chiesta, per una frazione di secondo, se qualunque cosa ci fosse tra loro fosse sbagliata, perché lei era sbagliata?
    «l’affare del giorno? il collirio magico che ti permette di vedere le emozioni della gente, non vuoi saperne di più?!?!» forse non era poi così provata.
    o forse anche lei, come rob dopo aver mandato per sbaglio il pin kinky alla sua responsabile del nido, aveva semplicemente deciso di fingere indifferenza facendo buon viso a cattivo gioco. lungi da Marcus farle notare quanto appena accaduto, se potevano farne entrambi a meno «ma almeno idrata gli occhi? altrimenti il gioco non vale la candela» decise di darle corda, dimostrando ancora una volta a se stesso quanto poco fosse abituato a perdere il controllo. lo costringeva a ricorrere ai ripari, attivando un senso di responsabilità che funzionava contro ogni logica; doveva chiudere la questione con Amos il prima possibile.
    che un conto era ritrovarsi in una situazione come quella, con un paio di vie d'uscita ancora praticabili.
    un altro sarebbe stato pensare al ragazzo quando in gioco c'era il suo lavoro, e la sua vita — in questo ordine di priorità.
    si strinse nelle spalle larghe, affondando entrambe le mani nelle tasche del cappotto, ma non prima di aver allontanato con il palmo le dita della maybeer, ancora intente a toccacciarlo come tanti tentacolini «il tuo metodo qual è, portare i possibili clienti alla disperazione?» fece un passo avanti, Marcus, ma ancora senza entrare nell'emporio. anche perché non aveva nessuna intenzione di farlo: in quel caso gli sarebbe rimasta la soluzione estrema di sparare a tutti un proiettile in
    fronte e uscire dalla porta sul retro, come un qualunque altro adulto badger avrebbe certamente fatto.
    [gif di jessic day, dai sapete di quale parlo. ]

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    holdmaybeer
    Era stato ripetuto già infinite volte (da me, e da chiunque conoscesse Hold May Beer), che la special non facesse mai nulla dopo aver riflettuto – in generale, perché non era sua abitudine riflettere, punto –, ma faceva sempre bene ricordarlo.
    Quindi no, non aveva osservato con attenzione ciò che la via affollata aveva da offrire, prima si scegliere la sua vittima in modo costruttivo e ponderato (quindi, a caso) perché non le interessavano poi tanto la razza, l'età o il genere purché riuscisse ad attirare il primo (e potenzialmente unico, duh, se avesse continuato così) cliente della giornata.
    O della sua vita.
    Dopo aver deciso che le parole fossero superflue e che l'unico (rimedio) modo efficace per fermare qualcuno fosse la forza bruta, era stato automatico per Hold allungare il braccio e afferrare quello del primo cristo a passare da quelle parti — un cristo con le spalle larghe e grosso il doppio di lei – che comunque, per fortuna!, era abbastanza alta da guardarlo quasi negli occhi, almeno quello – senza pensare alle conseguenze, tipo, che ne so, che quello potesse tirare fuori un'arma dalla tasca e aggredirla di rimando. Figuriamoci!!
    E di certo non aveva pensato alla possibilità di essere investita da… qualunque cosa fosse stata quella terribile cosa. Difficile dirlo, per chi di emozioni capiva ben poco.
    Aveva solo saputo che fosse — sbagliata. La situazione, e più in generale lei; aveva sentito mille dubbi prendere forma e premere con ferocia fino a minacciare di soffocarla; il disagio di sapere, più che sentire, di non essere abbastanza
    (–sveglia, normale, calma, sensibile, razionale)
    da potersi sentire all'altezza; la convinzione più che mai radicata in sé di non potersi permettere qualsiasi cosa stesse cercando di raggiungere, da un paio di anni a quella parte, perché Kieran meritava di meglio. Meritava qualcuno che non fosse Hold; che fosse in grado di sostenerla e amarla e aiutarla — non che generasse altro caos nella sua vita. Una per cui non doversi preoccupare costantemente solo perché era impossibile sapere quando ne avrebbe combinata un'altra delle sue, mettendo in pericolo tutti.
    Era lì, quella frustrazione (nel sapere di non essere abbastanza) mista a rimorsi (per aver rovinato ogni cosa) e al desiderio (che mai prima aveva sentito così forte per un altro essere umano).
    Un cocktail così forte, così prepotente, ad insinuarsi tra una costola e l'altra fino a schiacciare i polmoni e qualsiasi muscolo trovasse sul suo cammino, da toglierle il fiato per qualche istante.
    Era così che ci si sentiva ad essere presi alla sprovvista? Non era mai stata colpita e rintronata (di solito succedeva il contrario), ma non le piaceva affatto.
    E, ancora più certo, non aveva mai provato tutte quelle cose insieme – delusione, rabbia, sconforto, un affetto che scivolava lento innegabilmente in qualcos'altro –; era così che si sentivano le persone innamorate?! E poi, del tutto in maniera casuale e senza senso?! Assurdo, bloccato, cancellato, non consigliato!
    Era stata così tanto – ma così tanto! – presa in contropiede che non ebbe il tempo di fare assolutamente nulla se non evitare saggiamente (e con un pizzico di irresponsabilità tutta made in hold my beer) di elaborare qualsiasi cosa avesse provato in quel caotico e lunghissimo istante, prima di battere le ciglia un paio di volte e tornare a rivolgersi all'uomo come se niente fosse.
    Un giorno qualsiasi nella vita di Hold, infondo.
    E se il cuore continuava a battere un po' più veloce, e la mente tornava con insistenza sulle stesse quattro, fottute, immagini, rimaneva un problema tra Hold e un dio a cui non credeva.
    Osservando l'altro, e osservando la strada, concluse poi che doveva essere durato non più di un momento, il tempo di far fare tre o quattro(cento) capriole capricciose al suo cuore e via, era passato tutto.
    Pensare che potesse esser stato un attacco (volontario o meno, che differenza faceva) da parte dell'uomo, o una reazione istintiva e di protezione nel sentirsi tirare via da una pazza sconosciuta vestita da elfo, non la sfiorò nemmeno. Il bello di avere quasi sempre zero pensieri coerenti a rimbalzare in solitudine nella scatola cranica.
    «ma almeno idrata gli occhi? altrimenti il gioco non vale la candela»
    Battè le ciglia una, due, tre volte, a quella domanda. Mica… mica l’aveva provato. Cosa ne sapeva?! «è… un collirio.» cos'altro doveva fare, se non idratare gli occhi?! Mcscuse me. Lo fissò intensamente nelle iridi chiare, e persino sotto le luci scarsamente illuminanti dell'emporio riuscì a vedere che quello lì chiaramente non aveva mai usato un collirio in tutta la sua vita. Si spiegavano tante cose.
    (Quello lì, un paio di mesi dopo, si sarebbe rivelata essere l’anima gemella di suo nonno, capite?! Aiuto.)
    «immagino dovrai comprarlo per scoprirlo, comunque» duh!!! Che ci stava a fare lei lì, altrimenti.
    Mollò la presa solo quando si sentì abbastanza sicura di aver pescato il primo pesce della giornata, piazzando entrambi i pugni sui fianchi e osservandolo con una strana luce (di follia) nello sguardo.
    «il tuo metodo qual è, portare i possibili clienti alla disperazione?»
    «funzionerebbe?» non era affatto ironica, nel chiederlo. «compreresti qualcosa se ti portassi alla disperazione?» oh, lei chiedeva: era il suo primo giorno lì, avrebbe accettato tutti i consigli e i suggerimenti che le venivano offerti!
    Allargò la mano verso l'entrata, invitandolo a procedere prima di lei. «ci sono tante belle cose all'interno,» immaginava – non aveva minimamente idea di cosa si vendesse all'interno dell'Hekate Emporium, «sono certa troverai anche tu quello che stai cercando.» piccola pausa. «qualunque cosa sia. Per scoprirlo, devi solo entrare!!»
    1998specialacidok.legionnaire

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