oh, so much déjà vu

@ mr worldwide, kai ft. renny

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +2    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Neutral
    Posts
    25
    Spolliciometro
    +33

    Status
    Offline
    kaito kageyama
    genghis khan
    I'm in my good girl era, but I still feel bad
    I'ma kill this bitch to get the chaos back
    Kai faticava a capire l’inglese, figurarsi l’italiano. Era rimasto sulla soglia del Mr Worldwide per ben cinque minuti, sopracciglia corrugate e labbra sporte all’infuori, cercando di comprendere cosa, l’omuncolo moro, andasse sbraitando al suo impassibile capo. Continuava a picchiettarsi il petto, l’altro; a muovere le mani davanti a sé, portarle sotto il mento, e spalancare gli occhi scuri, il braccio allungato verso l’entrata del locale. Lapo Linguini, dall’ultimo degli scalini che portavano al bordello, guardava il – cugino, gli era sembrato di capire – con quello che gli aveva detto essere il tipico Sguardo Del Nord, qualunque cosa volesse dire. Gli occhi scuri del Kageyama saettarono dall’uno all’altro, cercando di capire se dovesse fare… qualcosa. In qualunque altro contesto, avrebbe preso sotto braccio il ragazzo, e l’avrebbe accompagnato gentilmente all’uscita, ma sapeva che la famiglia fosse intoccabile. Era stata una delle prime cose che il Linguini, seppur con quello che avrebbe definito arrendevole rimpianto, gli aveva detto quando aveva firmato il contratto, una delle clausole da buttafuori slash pr slash fra tm sai cosa, fai quello che capita con cui era stato assunto.
    Qualcosa che Kaito capiva, integrato nel suo DNA in ciascuna delle sue vite: prima la (fffffff)amig(gggggg)lia, poi tutto il resto.
    Quindi.
    Piegò curioso il capo sulla spalla, spostando infine la propria attenzione sul torinese. Al Kageyama le gerarchie non piacevano, rispettarle ancora meno, ma visto com’era andata a finire la prima volta, poteva provare a fare un eccezione – senza contare che il suo direttore, gli piacesse abbastanza da non suscitargli istinti violenti ed infantili: non era cosa da poco. - e seguire le regole. Avrebbe atteso un … cenno. Un gesto. Qualcosa. Si appuntò mentalmente di stilare una lista di parole che potessero usare per interpretare momenti come quelli; potevano prendere una delle schedine che offrivano gratuitamente nella stanza del BDSM, trovava che le safeword fossero utili in più contesti che solo in quello sessuale (o forse tutti i contesti erano un po’ sessuali se eri abbastanza coraggioso e stupido, due delle sue qualità migliori; mah). Battè le palpebre, le dita a scivolare sotto la camicia dai colori decisamente offensivi, ed i polpastrelli a sfiorare dubbiosi il metallo incastrato nella vita dei pantaloni. Doveva…? Colse il side eye del Linguini, e si fermò a metà gesto, aprendo l’altra mano per mostrarsi innocuo. No, certo, non avrebbe tirato fuori il manganello, per chi l’aveva preso, aveva capito …. (non aveva capito). Vittorio Emanuele Linguini roteò gli occhi verso una nuova galassia sconosciuta, scosse impercettibilmente il capo, e si spostò con un sorriso (derogatory e affectionate) per far passare l’altro. Fu solo per principio, e perché era fondamentalmente una testa di cazzo, che resistette un istante in più sul percorso di Romolo verso il portone del bordello, ma visto che era un bravo dipendente, gli sorrise. Una schiera di denti appuntiti, premuti gentilmente gli uni sugli altri, ma comunque un sorriso - ed anche mezzo inchino, già che c’era.
    Era proprio cambiato.
    Cresciuto, maturato. La versione migliore di se stesso, eccetera eccetera. Da quando era trionfalmente approdato in Gran Bretagna, era riuscito a mantenere un profilo basso. Bassissimo. Non aveva ucciso nessuno, non era stato arrestato neanche una volta, ed aveva istigato solo un paio – o una dozzina; o un po’ di più – di risse nei bar. Certo, capitava che si vedesse costretto dalle circostanze a spezzettare un figlio di puttana o due, ma senza rancore. Gli piaceva essere sottovalutato solo quando era utile esserlo, altrimenti vaffanculo, doveva dimostrare il contrario per principio. Di nuovo, era sempre stato così. I brutti vizi non si perdevano mai, a quanto pareva; neanche nei viaggi nel tempo che avrebbero dovuto riscrivere la storia. Ammiccò al Grande Capo quando gli passò a fianco per tornare all’interno del locale, e gli sembrò di sentire un facciamolo bere, così lo sbattiamo fuori; forse l’aveva solo immaginato, perché quando si volse incuriosito verso di lui, l’altro si strinse solo nelle spalle, seguendolo a ruota verso il MWW.
    Kaito Kageyama aveva un lavoro. Ufficiale. Con un contratto (perchè il Nord non lavora con il favore delle tenebre, cit testuale, noi i nostri dipendenti li sfruttiamo con gli straordinari). Suo padre, bastardo che era, non avrebbe mai creduto ai suoi occhi se l’avesse visto in quel momento.
    … O forse sì, visto che aveva trovato lavoro in un bordello. Magari l’avrebbe anche finalmente riconosciuto come sangue del suo sangue, notando le somiglianze nello scegliersi la compagnia. Beh, non un suo problema: a Kai quel lavoro piaceva, i suoi colleghi gli piacevano, i clienti (non sempre, ma Lapo gli aveva lasciato abbastanza carta bianca in merito a quelli che non lo facevano) tollerabili, e la paga era buona. Pubblicizzava il locale per le strade, infilando biglietti da visita del bordello al posto dei portafogli che si intascava, esattamente come quelli che lasciavano i cartellini sulle auto parcheggiate; accompagnava i clienti presso le stanze prenotate; faceva i necessari vibe check a Ty, controllando che fosse vivo e non in una spirale di terrore in un angolo del suo ufficio; si assicurava che tutti si comportassero correttamente ed in maniera rispettosa; portava la merenda alle gentili fanciulle, fanciulli, in between, e non più così fanciulli, che lavoravano nei vari settori; quando il locale chiudeva, alle prime luci dell’alba, suonava offrendo musica live di un certo spessore (Taylor Swift) per augurare dolci sonni a tutti.
    In pratica era la versione sexy di Maria Teresa di Calcutta. Quella non razzista e nazi tendente, per intenderci. «kai?» «mh?» Si fermò, piroettando sul posto per osservare il volto della ragazza egiziana spuntato da una delle tende a tema. «abbiamo finito l’olio» ma ancora. «pompage?» «le articolazioni...» eh, sì. Annuì, perché capitava di frequente.
    Davvero molto di frequente. Infatti il Kageyama si fermò al centro della stanza, battendo rapido le ciglia, valutando di spedire qualcun altro nei loschi anfratti del bordello – quella parte di locale dove lanciavano tutto quello che non gli serviva. Un luogo di perdizione che definire magazzino sarebbe stato offensivo verso tutti i magazzini del mondo. Un antro buio, e oscuro, e pieno di terrori. Tornò quasi indietro proponendo di usare lo sputo, abbastanza certo che al signor Clarke potesse piacere comunque, ma - nuova era, ok? Nuova era - inspirò profondamente, sistemando la camicia nel superare anche l’ultima tenda, e raggiungere le scale. Non c’erano passaggi segreti magici, grazie a Dio; sarebbe stato alquanto imbarazzante chiedere ogni volta a qualcuno di aprirgli la porta, di conseguenza sapeva avrebbe trovato il modo di scassinarla o sfondarla, ed a Lapo non sarebbe piaciuto.
    Forse. Magari sì... L’assicurazione avrebbe pagato? Thinkin.
    Schioccò la lingua sul palato, salendo la rampa che l’avrebbe portato a – un rumore. Era arrivato al pianerottolo, e Kai being Kai, si affacciò come una persona del tutto normale verso il piano sottostante: appendendosi con le gambe al corrimano, ciondolando di fronte alla porta di servizio con un’occhiata curiosa verso il nuovo arrivato.
    Dall’uscita dei dipendenti.
    Fece scivolare lo sguardo dall’ingresso al ragazzo, rimbalzandolo un paio di volte. Inarcò un sopracciglio, affilando un sorriso. «cercavi il bagno?»
    squid
    criminal
    24 y.o.
    good girl era (side a)
    upsahl
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Rebel
    Posts
    70
    Spolliciometro
    +95

    Status
    Offline
    zelda calloway
    renaissance beaumont-barrow
    We rip the start, the colors disappear
    I never watch the stars there's so much down here
    So I just try to keep up with them
    Red, orange, yellow flicker beat sparking up my heart
    Ebbene no, Renaissance Beaumont-Barrow non aveva sbagliato destinazione. Conosceva la sua direzione e la natura del locale verso il quale stava marciando, pugni stretti lungo i fianchi e mento alto- come se stesse entrando in un campo di battaglia. In un certo senso, lo era. Quelle che doveva affrontare erano le tipiche problematiche della guerra: infiltrarsi in territorio nemico, analizzare chi si aveva davanti, e trovare il modo di uscire vivi dal conflitto. C’era chi preferiva impiegare le maniere forti, e chi prendeva strade più diplomatiche. Quel giorno aveva scelto la seconda, perché come amava ribadire spesso: era un signore. Renaissance non era un estraneo all’incompetenza del Ministero, e con l’avvento di Abbadon la situazione interna non aveva fatto che peggiorare. Incompetenti che reclamavano un posto che pensavano gli spettasse di diritto, gerarchie che venivano rovesciate da un giorno all’altro. Un mal di testa continuo, un cazzo di supplizio, leggeva la stessa cosa negli occhi dei suoi colleghi ogni giorno. L’unico raggio di luce a graziare la sua giornata era la presenza di Mort Rainey, una costante finestra sulla natura umana e sul perché le persone non avrebbero dovuto riprodursi. Comunque, ritornando a lidi meno tragici: c’era una ragione per la quale Renée era diretto a un bordello. Non aveva a che fare con il soddisfare nessuno bisogno -era ben versato in quell’arte, altro che pagare- ma con degli affari interni. Questione di recuperare informazioni in luoghi discreti da una rete di spie meticolosamente curata, perché il Generale dell’Esercito aveva imparato ben presto che per avere la mano vincente serviva ben altro che solo un piedistallo da cui dirigere i fili dell’esercito. Era la prima volta che si approcciava al nuovo bordello aperto a Diagon Alley, e sinceramente? Sperava anche l’ultima. Se proprio doveva scegliere, preferiva l’ambiente classy del Lilum. Ora che si trovava davanti all’entrata del Mr Wordwide, aveva solo un aggettivo con cui descrivere l’intera faccenda: disperato. Un disperato tentativo di apparire un luogo di classe quando era chiaro che fosse paragonabile a un circo ambulante. Non che Renaissance fosse esperto, ripeto, ma aveva occhio per le cose raffinate e il buon gusto. Era vero, anche se poteva sentire la risata derogatory di Joe da lì. Renée non era così ingenuo da pensare di passare dall’ingresso principale, era pur sempre una figura pubblica e riconoscibile. Seppur fosse del tutto lecito lasciarsi andare ai piaceri della carne, il Calloway preferiva non essere associato a quel genere di passatempi. Si concentrò piuttosto sul fare un giro del perimetro in cerca di un’entrata da cui sgusciare dentro -il che non suona molto bene, ma sono le 4 e io provata. La sicurezza era….non era certo che esistesse davvero, ma immaginava che in quel luogo erano più preoccupati ad espellere i clienti che a tenerli fuori. Meglio per lui. Si affacciò a una delle entrare secondarie per controllare che fosse deserta e strinse la bacchetta in mano per evitare qualsiasi spiacevole sorpresa. Non aveva intenzione di usare la forza, almeno non troppa. Spinse la porta senza trovare nessun ostacolo davanti a sé, solo un corridoio illuminato da luci a neon che si apriva in diversi corridoi. Da quello che gli aveva riferito Carmen, la stanza dove lo aspettava non era distante da lì. Ripose la bacchetta al suo posto, non vedeva motivo di usarla ormai che si era fatto strada dentro l’edificio. E sapete cosa? Con il senno di poi avrebbe dovuto prestare più attenzione, ma di certo non si aspettava di calpestare un- un coso. Un sex toy dalle funzioni non meglio specificate, ma che faceva lo stesso rumore di quei giochi di gomma per cani. Cazzo. Non fece in tempo a lasciare la scena del crimine, che qualcuno gli spuntò davanti.
    Sotto
    fuckin’
    sopra.
    Ne aveva viste molte nella vita, Renée, ma mai qualcosa del genere. E viveva con Joe.
    Ci mise qualche attimo in più del solito per mettere a fuoco i lineamenti del ragazzo, una combinazione del fatto di essere contro luce e del fatto che fosse a testa in giù, ma quando lo fece- cristo iddio. Avrebbe preferito non farlo. Davanti a lui c’era il volto di qualcuno che non pensava avrebbe mai più rivisto nella sua vita, qualcuno a cui aveva ceduto qualcosa che non avrebbe mai più potuto prendere indietro: la sua dignità, qualcosa di insito dentro di lui. Ma andava tutto bene, fuckin’ splendidamente, perché il ragazzo che aveva aperto la bocca non era Gigi. Non più, almeno. «Cercavi il bagno?» fosse stato qualsiasi altro, Renaissance non si sarebbe fatto alcun problema a renderlo incosciente e ad abbandonarlo in qualche antro buio. Ma Gigi non era qualsiasi altro, e Renée aveva già perso quella battaglia in partenza, una vita fa. La consapevolezza che quello non fosse Genghis non gli impedì di cercare nelle iridi pece una scintilla di familiarità da parte del Khan. «Sì, proprio quello» sapevano entrambi fosse una cazzata, ma sapevano anche che l'asiatico non poteva provarlo «se non hai meglio di niente da fare» e lanciò uno sguardo alla sua figura appesa a testa in giù, come un dannato pipistrello che non aspettava altro che succhiare via- no forse era meglio mettere da parte qualsiasi metafora che avesse a che fare con il succhiare «potresti farmi vedere dov'è, sono sicuro che ci teniate alla customer experience» il fatto che stesse cercando una scusa per rubare qualche minuto in più per sé, perché era un maledetto egoista e lo sarebbe sempre stato, erano affari suoi. Sollevò un sopracciglio e incrociò le braccia come ad aspettarlo, perché in qualche modo doveva fingersi in controllo. Non come se stesse avendo una crisi nel bel mezzo di un bordello. Renaissance pensava di essere cresciuto rispetto a sei anni prima, ma la verità era che era rimasto un passo indietro a tutti. Sempre un passo indietro, perché era incapace di vivere nella realtà modellata da mani altrui.
    2022
    vigilant
    general
    flicker
    lorde


    Edited by kerosene dreams - 29/2/2024, 22:09
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Neutral
    Posts
    25
    Spolliciometro
    +33

    Status
    Offline
    kaito kageyama
    genghis khan
    I'm in my good girl era, but I still feel bad
    I'ma kill this bitch to get the chaos back
    Dondolò pigramente sul posto, reclinando il capo per cercare di raddrizzare l’immagine davanti a sé. Diede poco spazio al volto del nuovo arrivato, gli occhi scuri a scivolare per abitudine sugli abiti, notando fossero di fattura troppo buona per uno dei soliti disagiati che non potessero permettersi di pagare l’entrata. «Sì, proprio quello» Sollevò - o abbassò? - infine lo sguardo a cercarne il viso, sopracciglia arcuate ed una curva scettica a piegare le labbra nell’imitazione di un sorriso. Indugiò qualche istante sull’angolo della mandibola e la linea del naso, fermandosi poi sugli occhi chiari. Ebbe un istante, ed uno soltanto, in cui l’espressione si fece più seria e riflessiva, riconoscendo in quelle righe qualcosa di familiare.
    Kaito Kageyama non era interessato alla politica. Non in generale, figurarsi quella di un mondo che non l’aveva mai voluto: non avrebbe saputo riconoscere il Ministro; uno dei suoi adepti, era fuori discussone.
    (Ed a Gigi i rompicapi erano sempre piaciuti, guancia sul palmo della mano ed occhi neri a studiare le micro espressioni di Renèe Beaumont Barrow alla ricerca del Motivo Del Giorno per cui il BB fosse provato – perché provato lo era sempre; dalla nascita, narrava la famiglia leggenda.)
    «se non hai meglio di niente da fare» Kai era: intrigato. Dal tono arrogante, le spalle dritte come se il biondo avesse avuto dei diritti pur entrando dalla porta sul retro, e fosse lui quello ad aver frainteso la situazione e dover in qualche modo redimersi. Se non aveva niente di meglio da fare…? Sul posto di lavoro? Arcuò maggiormente le sopracciglia, invitandolo con il proprio (raro) silenzio a proseguire. Avrebbe dato il beneficio del dubbio a chiunque – era una creatura che si annoiava in fretta, e quella aveva tutte le premesse per essere una parentesi alquanto divertente; Lapino l’avrebbe perdonato – ma doveva ammettere con se stesso, sospiri profondi, di essere prevenuto: i like my men sad and pathetic, you wouldn’t get it. Aveva l’aria di qualcuno con un piede nella fossa, e l’altro a tamburellare in attesa di entrarci, il tutto in un pacchetto troppo costoso che Kaito Kageyama non poteva permettersi. Ne adorava ogni centimetro. «potresti farmi vedere dov'è, sono sicuro che ci teniate alla customer experience» Lo guardò. Lo guardò e basta per un paio di secondi, un po’ per tradurre la frase fra sé, ed un po’ perché l’aveva capito benissimo e lo trovava davvero… qualcosa. Da quale assurdo, e meraviglioso, universo arrivava, per pensare di poter fregare il sistema ed avere perfino la guida turistica al proprio fianco a supportarlo nelle sue tristi scelte di vita? Kai puntellò la lingua contro la guancia, studiandolo con un sorriso ferino ed occhi a mezzaluna. «da morire Facendo pressione con le gambe, contrasse gli addominali per tornare sul proprio piano – fisico ed astrale – per poi issarsi sulla ringhiera, e saltare direttamente al piano sottostante, invadendo appena gli spazi personali del Milord.
    Era più alto di lui, come pressochè chiunque sulla faccia della Terra, ma il Kageyama compensava i centimetri in altezza con un carattere esuberante che tendeva a riempire tutto lo spazio rimanente. Era anche abbastanza agile da limare le differenze in qualsiasi tipo di scontro, quindi nulla poteva cancellare l’espressione sicura di sé dal giapponese: sapeva che avrebbe potuto fargli il culo, se avesse voluto.
    Ma voleva?
    Thinkin.
    Avrebbe dovuto. Sarebbe stato anche del tutto lecito a farlo, vista la posizione compromettente in cui l’aveva trovato. Invece, quello che sollevò sul biondo fu un mezzo sorriso divertito, gli occhi a brillare nella fioca luce della scala. Portò una mano sul cuore, offrendo un mezzo inchino al chiaramente principe arabo appena giunto in incognito sui loro lidi per cercare moglie – inventare storie era sempre stata una delle sue parti preferite - indietreggiando nel mentre d’un passo per evitare di colpirlo accidentalmente con una testata. I danni collaterali piacevano poco al Kageyama; li preferiva intenzionali, e per quelli, c’era sempre tempo. «kaito kageyama, qui per servirla» non ci provò neanche a nascondere il timbro derisorio della propria voce, ma ammorbidì il colpo con una languida occhiata di sottecchi, ed una piroetta con cui gli offrì il braccio sinistro. Glielo indicò anche, a scanso di equivoci: se quello era il modo in cui voleva giocarsi la sua trionfale entrata di scena, così fosse. Kai più che felice di assecondare i pensieri intrusivi di chi lo circondava. Per il momento.
    [Lapo in background: are we ….getting banned…. From england….]
    «non ho di meglio da fare, perché il mio meglio» Gomito sul bancone di un qualsiasi locale dei bassifondi, bicchiere di rum stretto nel palmo, e le peggiori frasi cringe da rimorchio tutte sulla punta della lingua: sei tu. Vi dirò, funzionavano più di quanto gli si desse credito; puntare sulla simpatia non deludeva mai. Comunque: non erano in un bar dei bassifondi, e Kai non stava cercando di abbordarlo <s>(probabilmente). Ahimè, quando aveva detto di voler prendere sul serio quel lavoro, era sincero. «sono i clienti» concluse quindi, con l’usuale sorriso a metà, guidando il Pallido Milord oltre le scale.
    Si fermò. Guardò la rampa successiva, la lingua a guizzare rapida sui denti.
    Poteva sempre portarlo di sopra e insaccarlo di botte. Non li avrebbe sentiti nessuno, non quando erano così impegnati, e Kaito avrebbe risolto diversi problemi. Esitò, lo sguardo a saettare ancora sul Principe. Doveva annoiarsi davvero molto, perché sospirò piano e proseguì all’interno del bordello. «esigenze particolari, o uno vale l’altro?» domandò, ampliando il sorriso. Aveva tutta l’intenzione di accompagnarlo davvero in bagno, e poi spintonarlo fuori da qualche finestra? Sì. Forse. Chissà. Magari avrebbe trovato una scusa per tenerselo tutta la sera. Braccia in più facevano sempre comodo < 3
    squid
    criminal
    24 y.o.
    good girl era (side a)
    upsahl</td
     
    .
  4.     +2    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Rebel
    Posts
    70
    Spolliciometro
    +95

    Status
    Offline
    zelda calloway
    renaissance beaumont-barrow
    We rip the start, the colors disappear
    I never watch the stars there's so much down here
    So I just try to keep up with them
    Red, orange, yellow flicker beat sparking up my heart
    Renaissance si rendeva conto che tutto di quella situazione stava assumendo sfumature al limite del ridicolo, una barzelletta che non suscitava alcun umorismo da parte propria. Anche se, ad essere perfettamente onesti, si rendeva conto di essere un pubblico difficile da impressionare. E dire che una volta non aveva avuto di quei problemi, non quando si trattava del Khan. Vi era stato qualcosa di dirompente e caotico nella persona di Genghis, una forza antagonistica che era riuscita a far vacillare persino le fondamenta del suo essere. Renée non escludeva che potesse succedere di nuovo, polveri fini ormai erose dalla macina del tempo e lasciate come eredità a un nuovo tempo. «da morire» osservò confuso, affascinato e vagamente preoccupato le acrobazie del ragazzo. Non era sicuro che il corpo umano fosse fatto per articolarsi in quel modo, ma il fatto che non finì con la faccia spiaccicata sul pavimento lercio raccontava un'altra storia. Percepì uno spostamento d’aria, il più vago accenno di un odore sconosciuto, e poi un paio di occhi a mandorla fin troppo vicini per i suoi gusti. Nonostante ciò, il Barrow si rifiutò di muovere un passo indietro, testardo nel rubare ossigeno al Khan. Sollevò appena un sopracciglio, piegando appena il capo per poterne osservare l’espressione divertita e l’inchino altrettanto derisorio «kaito kageyama, qui per servirla» kageyama? masticò quel nome tra i denti, cercando di trovare la familiarità tra le curve delle lettere e le memorie che solleticavano la sua mente– per qualche motivo gli era familiare. Forse quel deficiente (disadattato, criminale,
    pezzente, ritardato, fallito, inferiore, MONGOLOIDE) di suo fratello aveva menzionato quel nome tra una stronzata e l’altra. Almeno, aveva finalmente un nome da attribuire a quel viso. Kaito, uh? Supponeva che gli si addicesse, ogni nome sul pianeta migliore di…Genghis Khan. Le lesbiche gli facevano paura, loro e la loro abilità di dare nomi alle persone. «chiamami renny» un sospiro esausto incastrato tra i denti e la lingua, quello stupido soprannome era tutto ciò che aveva di abbastanza vicino alla verità per non svelare completamente le proprie carte «anzi, non chiamarmi affatto» decise di stare al gioco di Kaito, e fece scivolare il braccio sul suo, stringendo appena la presa da fare inciampare il ragazzo più vicino a lui. «non ho di meglio da fare, perché il mio meglio sono i clienti» pausa
    di riflessione
    molto lunga
    Si bagnò le labbra, ogni movimento misurato e deliberatamente rilassato, come se il Kageyama non gli avesse appena confessato con nonchalance di essere un escort. E forse in effetti era normale fosse così disinvolto, dopotutto si trattava del suo lavoro. Renaissance non giudicava, lungi da lui, ma– beh. «stai cercando di abbordarmi, kaito?» era scettico, il Calloway, ma vagamente intrigato. Lo guardò di sottecchi, indugiando per qualche momento in più del dovuto sulla curva della mascella e le linee sbiadite di un’onda. Quando si accorse del suo errore fu rapido nello strappare gli occhi dal suo profilo, ritornando alle scale davanti a loro. «perché non sta funzionando» pensò alla bacchetta che aveva riposto, a come sarebbe stato facile puntarla addosso al Kageyama e fargli rimpiangere di averlo mai approcciato, una soluzione pulita a una situazione imprevista. Invece, per qualche assurdo motivo, aveva deciso di stare al gioco e continuare quella messa in scena che entrambi sapevano essere una grande stronzata. Renaissance conosceva i propri motivi per il proprio lapsus in giudizio, ma quelli di Kaito gli erano sconosciuti «se vuoi i miei soldi dovrai essere un po’ più convincente, non sono mica la caritas» o almeno così narrava la leggenda, Renée stava incominciando ad avere i suoi dubbi. Ripercorse nella mente la strada che aveva preso per arrivare fin lì, e le rampe di scale che aveva salito insieme al ragazzo, cercando di individuare la propria posizione all’interno dell’edificio. Se il Kageyama aveva intenzione di portarlo in una stanza buia ed affondare il coltello, non voleva essere colto alla sprovvista. «esigenze particolari, o uno vale l’altro?» anche qui, ci mise un attimo prima di capire a cosa si stesse riferendo Kai, ma decise di dare la colpa alla natura dell’ambiente piuttosto che alla propria mente. «perché, avete i bagni a tema?» una domanda lecita da parte sua, aveva sentito che avevano una stanza per ogni cosa «sai cosa ti dico? stupiscimi, tanto non c’è fine al peggio» sollevò la mano non stretta al braccio del Kageyama per indicare il corridoio che avevano appena imboccato, dove vi erano diverse persone in veste BDSM intente a cavalcarsi, fare cose «quindi, qual è la tua specialità esattamente?» fu attento nel celare la propria curiosità dietro a un tono volutamente annoiato, gli occhi a cercare quelli del Kageyama per rubare un fotogramma da confrontare a quello che vi era nella propria testa.
    2022
    vigilant
    general
    flicker
    lorde


    Edited by kerosene dreams - 29/2/2024, 22:10
     
    .
  5.     +2    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Neutral
    Posts
    25
    Spolliciometro
    +33

    Status
    Offline
    kaito kageyama
    genghis khan
    I'm in my good girl era, but I still feel bad
    I'ma kill this bitch to get the chaos back
    Guardando Kaito Kageyama, era difficile immaginare che il suo tratto distintivo fosse la sfortuna. Si tendeva sempre a credere che le persone a cui il Fato fosse avverso, ne portassero con sé l’impronta come un profumo sottomarca, o un’ombra sbiadita sotto gli occhi. Un peso ad appesantire le spalle, nella migliore delle ipotesi. Kai? Kai sembrava avere il mondo ai propri piedi, anche se la verità era che avesse solo imparato ad inciampare facendolo sembrare voluto. Se qualcosa poteva andare male, sarebbe andato male, ed il Kageyama, un inguaribile ottimista, l’avrebbe comunque resa una vittoria. Un manipolatore di statistiche, profeta del pensiero positivo. Mostrava piccoli denti affilati in un sorriso, ed asciugava il sangue del naso fratturato con il dorso della mano, sporcando poi inevitabilmente i capelli quando li avesse portati all’indietro per spostarli dagli occhi. Non aveva problemi o intoppi, solo… deviazioni.
    E non aveva paura. Mai. Neanche quando avrebbe dovuto, come suggeriva il fatto che l’avessero fottutamente ucciso come un Giulio Cesare qualsiasi. Riteneva di essere immortale, a suo modo; che una scappatoia, l’avrebbe trovata sempre. Preoccupazioni? Le lasciava a chi peccava di creatività e potere d’improvvisazione. Nella vita, esattamente come al MWW, era un jolly, ed il fatto che fosse raffigurato come un giullare non era poi così lontano dalla realtà.
    Un pagliaccio medievale. C’erano similitudini peggiori.
    L’eventualità che a varcare le soglie secondarie del locale fosse uno dei capi ministeriali, era bassa. Davvero bassa. Alle probabilità importava forse qualcosa dei dati statistici, quando in turno c’era il Kageyama? No, infatti, ed eccolo stretto al braccio del Generale dell’Esercito mentre lo accompagnava ai servizi del bordello, sentendo frasi come «chiamami renny» e «anzi, non chiamarmi affatto» che lo fecero ridere, un passo laterale per permettere all’altro di avvicinarlo. Molto prepotente da parte sua, ma era un contesto – una linea molto sottile - in cui il Kageyama ancora accettava quel tipo di trattamento, ad un limitare che lo spinse però a sporgersi per picchiettare un palmo aperto sul petto di Renny come monito ed avviso, le dita a lesinare sui bordi della giacca per sistemarli. Quando smise di ridere, tenne la mano un battito di ciglia più del dovuto sull’altro, un po’ perché distratto da qualcosa - ma cosa - ed un po’ perché tendeva a non perdere mai del tutto il filo, rimanendo aggrappato quanto bastava a fare quel che andava fatto. In quel caso, sentire se avesse una bacchetta a portata di mano. «divertente,» mormorò, ancora sorridendo. Trovava che lo fosse davvero, ed al contempo, che potesse smettere di esserlo molto in fretta, come suggerirono gli occhi neri sollevati sul viso del Pallido Milord. «renny.» giusto per dimostrare che faceva quel cazzo che gli pareva, a scanso di equivoci. L’espressione divertita lasciò in fretta il viso di Kai, sostituita da qualcosa … d’altro. Qualcosa che sembrava morbido, ma che stretto fra i denti riverberava in ogni osso. Passò la lingua sul palato, rotolando il nome mentre salivano gli scalini del locale. Dove l’aveva già sentito? Considerando che l’inglese non fosse la sua lingua madre, era facile che lo stesse confondendo con altri termini che nulla avevano a che fare con il biondo. Lo studiò di sottecchi, improvvisamente serio e riflessivo, cercando … somiglianze. Ricordi. Qualcosa. «sei già venuto qui?» Perchè non sembrava il tipo di persona che frequentasse i suoi stessi locali, ma aveva comunque qualcosa di… conosciuto, se non familiare. Forse era lo sguardo morto dentro, simile a quello di Lapo. «renny» ripetè ancora, in un sospiro, sollevando il viso al soffitto con la guancia stretta fra i molari. Corrugò le sopracciglia, guardando oltre le proprie spalle la direzione da cui erano arrivati. Se fosse stato uno dei nuovi acquisti del bordello, glielo avrebbe detto… no? «stai cercando di abbordarmi, kaito?» Lo stava facendo? Un tizio a caso che era appena entrato dalla porta di servizio, con l’aria di passare troppo poco tempo al sole ed una preoccupante quantità di tempo a guardare l’abisso? … Merda, forse sì. Battè le ciglia, soffiando una risata nel distanziarsi abbastanza da tenerlo ancora per braccio, ma non perché il resto dei loro corpi si toccasse. «ora? nah» Magari dopo decretò fra sé, notando come lo sguardo dell’altro lesinasse appena sul suo volto. Si chiese se anche a lui sembrasse familiare; si disse fosse molto occidentale da parte sua. Arricciò il naso in un sorriso, portando le dita alla fronte nell’incontrare uno o l’altro degli sporadici colleghi incontrati per le scale. Qualcuno si soffermò a guardarli più del dovuto, e Kai strinse i denti trascinandosi dietro Renny prima che potessero crearsi situazioni spiacevoli per tutti. «perché non sta funzionando» E quella, signori, diventava una questione personale. Si fermò a metà scalinata, obbligando l’altro a fare lo stesso. Una parte del Kageyama avrebbe voluto dimostrare il contrario, premendo entrambi contro le pareti della stanza finché non avesse sentito il battito accelerato sulla lingua, ma – al contrario di quanto suggerito da Pandi, con quel “Kai…?” all’esposizione dei kink furry di Renny - non era un animale, ed optò per guardarlo e basta. Testa leggermente reclinata, sguardo scuro e intenso a scontrarsi inevitabilmente contro l’impassibilità del biondo. Alzò veloce la mano per stringergli il mento fra le dita ed obbligarlo a ricambiare l’occhiata, l’ombra di un sorriso sulle labbra. Potevano anche aver cambiato linea temporale, ma sapeva sempre quanto stesse dicendo una cazzata. «peccato» gentile e basso, il tono di Kai, nel concedere e togliere rapido la mano prima che potesse schiaffeggiarla via il diretto interessato. «se vuoi i miei soldi dovrai essere un po’ più convincente, non sono mica la caritas» Disse, quello che era entrato dalla porta secondaria senza pagare l’ingresso. Sorrise e basta, al pavimento ed all’universo, valutando dove fermarsi. Ancora non l’aveva deciso, se volesse lasciarlo a divertirsi con una pacca sulle spalle, menomarlo, o portarlo in ufficio perché se la vedesse il capo. Magari l’avrebbe portato a salutare Ty, prima di staccargli una mano e tenerla come suppellettile. «perché, avete i bagni a tema?» Li avevano, per inciso, ma non era quello il punto. Piroettò su se stesso per superarlo e trovarsi di fronte a lui, senza comunque lasciare la presa. «non volevo allontanarti troppo dalla tua zona» masticò piano le parole, prendendo lenta familiarità con la lingua. Aveva finto di essersi perso, no? Poteva almeno continuare a fingere così che lo portasse da qualche parte, ma se insisteva che scegliesse lui, così fosse. Tamburellò l’indice sul labbro, occhi alzati al soffitto. Il fatto che pensasse non ci fosse limite al peggio, la diceva lunga su tanti, tanti fronti. Pensò molte cose, Kaito Kageyama. Le tenne tutte per sé, perfino nello studiarlo distratto ed apatico, perché era un signore. «il prossimo» sancì, accompagnandolo oltre l’ennesima porta e verso il nuovo piano. Si fermò a soffiare un bacio ad una delle ragazze del bordello, ed un paio di parole bisbigliate veloci all’orecchio. Si affacciò su una stanza buia la cui unica luminosità sembrava provenire dall’acqua delle piscine, ed assicuratosi non ci fosse nessuno – Lapo si sarebbe molto arrabbiato se oltre a perdere tempo e farli bannare dalla Gran Bretagna avessero perso dei clienti paganti. Nord core, yknow - gli indicò l’angolo più lontano dell’ambiente. «quindi, qual è la tua specialità esattamente?» Pausa. Una pausa più lunga, il passo a rallentare.
    Mh. L’aveva. Scambiato. Per un lavoratore sessuale? Oddio! Pensava fosse una dei fanciulli – e non – del Linguini, e non la sicurezza del posto? Si sentiva: deliziato e lusingato. Aprì la bocca per dirgli che non si occupava di quello, ma la richiuse. Importava a qualcuno? Lo accompagnò verso i famosi bagni – quelli veri, e con una porta – che ciascuna stanza o quasi conteneva, un cenno verso la porta socchiusa. Solo a destinazione raggiunta lasciò la presa, poggiandosi pigro contro la parete in attesa. L’eterno sorriso a pungolare gli angoli delle labbra, perché qual era la sua specialità. «manette» le sue, della polizia; era capitato spesso. «nodi» per evadere, principalmente, ma una passione recente che lo obbligava a bloccare i suoi avversari anziché ucciderli; terribile e sconsigliato. «armi» manganelli, asce, tirapugni, pistole, coltelli, davvero tutto quello che passava il convento, non era schizzinoso. «o quello che mi ha dato il signore dio» indicò il proprio corpo. Le mani, i piedi, i denti – giocava sporco, ed il combattimento mongolo restava la sua specialità. «sono flessibile» e lo era davvero, con una capacità di adattamento invidiabile.
    Inumidì le labbra, osservandolo di sottecchi. Sospirò, incrociando serafico le dita dietro la schiena, lasciando che gli angoli delle labbra si curvassero di poco verso l’alto. Quasi triste, Kai. «non penso ti piacerebbe» Morire, intendeva.
    Probabilmente.
    squid
    criminal
    24 y.o.
    good girl era (side a)
    upsahl
     
    .
4 replies since 20/8/2023, 02:24   171 views
  Share  
.
Top