What hurry it was damn spring?

captain platinum - bar; Arturo with Koreain

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    Esci e prenditi una boccata d'aria gli aveva suggerito suo padre. Forse ieri, o l'altro ieri, o qualche giorno fa. O di più.
    Non ricorda bene, nemmeno è importante. Però aveva arricchito le labbra e smosso il capo in un evidente rifiuto.
    Eppure ricorda quante settimane, giorni, ore e minuti - ancora volanti secondo per secondo-continuano ad allontarlo dal 23. Pensa te, un mese prima aveva anche compiuto gli anni.
    Però è morta per una giusta causa non gli solleva il morale ma, per lo meno, riesce a essere meno arrabbiato con se stesso.
    Che poi dalla fine della Guerra, i purosangue vengano surclassati dagli Special, mica gli va tutto a genio. Sopratutto lasciando alle spalle New Hovel.
    Sorpassa anche DanBam senza battere più di tanto ciglio, sua madre adorava la loro carne.
    Forse semplicemente dovrebbe tornarsene a casa e togliersi anche la divisa, farsi una doccia e dormire. Per poi riniziare tutto in un loop.
    In fin dei conti ha respirato aria diversa, circa. Sperando che i babbani non abbiano contagiato l'aria di chissà cosa. Ormai che è caduto lo Statuto, ci si può aspettare di tutto. Già ci sono i ribelli, potrebbe mancare la versione poraccia?!
    Nel socchiudere gli occhi, espira la frustrazione, cercando di svuotare la mente dei pensieri. Ed in certi casi, la soluzione migliore è bere qualcosa.
    Così la punta della bacchetta apre la porta del Platinum (che schifo il Better run, buuuu I babbani) Buona sera o buon pomeriggio, chi vuol capire capisca. Che è pure mormorato, vai ad avere un superudito.
    Lo sguardo passa in rassegna i visi presenti, non è mica lì in qualità di Pavor! Tranquilli! Circa, per rompere le palle è sempre in servizio.
    Il bancone lo aspetta e non ci pensa nemmeno più di un secondo su cosa chiedere Whisky Incediario, grazie e prego!
    Koreain Hunt
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    ad[is]agio per qualsiasi incongruenza fammi sapere per favore!!! <3


    Edited by Cassianyx - 1/8/2023, 22:19
     
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    Turo contava i giorni che lo separavano dalle ferie.
    Meno tre e poi, per tre lunghe e benedette settimane, la porta principale dell’Helius Foundation sarebbe rimasta chiusa a chiave, i banchi immacolati, i giochi riposti ordinatamente nelle loro ceste, i pennarelli nei cassetti, i pavimenti sgombri dagli zaini o dalle briciole della merenda.
    Ma soprattutto, nelle orecchie di Turo solo il silenzio.
    Non fraintendete: in quell’anno di lavoro come maestro presso la scuola dell’infanzia e primaria per giovani maghi e streghe (e non solo) lo spagnolo era certo di aver trovato finalmente il suo posto, il suo scopo — non serviva nemmeno dirlo, ma l’aveva fatto ridere (istericamente) rendersi conto che, ancora una volta e senza nemmeno rendersene conto, aveva seguito le orme di Maeve Winston. Solo che, in quella vita, Turo non era un fiero Spezzaincantesimi ambizioso e sicuro di sé, ma un attento e premuroso insegnante, con ancora tantissimo da imparare.
    C’era un sottile velo di ironia, quasi di vena beffarda, a sorridergli dietro quella consapevolezza; per quanto ci provassero, alla fine, il destino e la storia trovavano un modo per ripetersi, nonostante tutto.
    La guerra, purtroppo, ne era stato un altro esempio, sebbene in maniera decisamente più negativa. Turo, però, cercava di pensare al conflitto il meno possibile: già fare i conti con il braccio ancora parzialmente indolenzito e fuori uso, a due mesi dalla battaglia a Brecon, era un quotidiano reminder di quello che era successo, dellla sua parte in quella guerra, e farci i conti non sempre era facile.
    La scuola, per quanto fosse stato (e fosse ancora) difficile tornare ad uno stato di semi normalità, l’aveva aiutato a distrarsi abbastanza; concentrarsi sui suoi bambini, e sugli impegni e le responsabilità da insegnante, aveva fatto sì che Turo non scivolasse lentamente in cattive abitudine, in quei vizi che non era stato capace di togliersi e che, come sirene omeriche bastarde e incantatrici, cercavano di trascinarlo a fondo, sussurrandogli che fosse più facile annegarli nell’alcol piuttosto che distrarsi con altri pensieri.
    Turo ci stava provando davvero; aver visto Al in pessime condizioni, poco settimane dopo lo scontro, l’aveva quasi rotto — non sapeva cosa poter fare per l’uomo, ma soprattutto non voleva finire come l'uomo. Il pensiero che quel particolare vizio fosse stato tramandato nel corredo genetico, insieme agli occhi chiari e il sorriso morbido, lo terrorizzava.
    Senza la distrazione dolceamara dell’alcol, e con Costas alle prese con i M.A.G.O., e sempre meno tempo da passare con lui, a Turo non era rimasto altro se non l’Helius, e aveva forse concesso alla scuola e ai suoi alunni un po’ troppo di se stesso, al punto da arrivare quasi totalmente prosciugato alla fine dell’anno. Si meritava (la pensione) le ferie.
    Doveva solo tenere duro altri tre giorni.
    Alzò pigramente lo sguardo dal suo bicchiere ormai vuoto, e cercò quello scuro dell’Oh, ordinando un altro bicchiere di tè alla pesca; e sì che era in un pub, e sì che era lì per rilassarsi dopo una giornagta di lavoro, ma voleva anche essere coerente con se stesso: niente alcol.
    «Whisky Incediario, grazie»
    La voce familiare di Koreain catturò l’attenzione di Turo, che istintivamente cercò il viso dell’ex compagno di casata tra quelli affacciati al bancone del Cap. Non si vedevano da un po’, più precisamente da quando avevano calpestato insieme, sotto le suole dei pesanti scarponcini delle divise dell’esercito, il campo di battaglia, poco più di due mesi prima.
    Non lo vedeva da quando sua mamma era morta e lui era stato in grado solo di avvicinarsi all’Hunt e bisbigliargli, a bassa voce, le proprie condoglianze, troppo impacciato per alzare un braccio e consolarlo fisicamente, e troppo provato dalle battaglie che si succedevano le une alle altre. Era stato tutto terribile.
    Senza pensarci due volte, Turo afferrò il suo bicchiere di té freddo e raggiunse Rain.
    «Hey, Koreain» con il solito disagio sociale che lo precedeva e ne annunciava la presenza, prese posto al fianco del pavor, un sorriso cordiale e morbido a piegare appena gli angoli delle labbra, senza risultare troppo felice; c’era ben poco da festeggiare, e Turo lo capiva dallo sguardo scuro dell’ex compagno. «Co-come stai? Come.. come sta tuo papà?» Immaginava già di sapere la risposta, ma non poteva non chiedere, era semplicemente fatto così, Turo Hendrickson.
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    Di pesanti ora sono i pensieri, nemmeno i bicchieri pieni, i quali stordiranno tra un po'. Probabilmente entrambi, un mix micidiale.
    Nell'accarezzare i bordi del vetro con i polpastrelli sinistri, le sue orecchie seguono sussurri lontani, qualche risata, un bicchiere che si poggia sul bancone o dei passi nella sua direzione.
    La bacchetta viene stretta tra gli artigli della mano destra, mentre l'altra solleva di poco il bicchiere di whisky affinché sia pronto ad essere lanciato verso il viso del mal capitato desideroso di avercela con lui.
    Un po' too much vigile e paranoico. Ma... Può avere tutti i torti dopo tutto?
    Lo sguardo si affila... «Hey, Koreain» i tendini si ammorbidiscono ed il mento si gira verso la voce familiare.
    L'aveva sentita, o pensa di averlo, sentito quel giorno. Se non era solo la sua immaginazione provata da tutto e dal niente.
    Alla fine il liquore gli brucia la gola nel mandarlo giù, sebbene il suo sguardo spento e scuro rimane fermo su Arturo. Di poco stretto dall'infiammarsi dello stomaco.
    Fa sempre meno male.
    Bene è netto il taglio alle sue domande, solo per i ricordi delle ore passate a studiare insieme o condiviso gli stessi colori che gli da anche una spiegazione per tale freddura è un discorso che non porterà a nulla ma, grazie forse non è estremamente sentita la gratitudine dalla sua voce bassa, sebbene quello sbatte di palpebre riflesso degli occhi azzurri ha della sincerità.
    Apprezza l'interesse senza il desiderio di cadere in trappole di argomenti troppo privati e silenzi imbarazzanti.
    Lui non sembra voler controcambiare la domanda in nessun modo. Nemmeno per finta. O per formalità.
    Avrebbe solo mosso il bicchiere verso di lui per un brindisi.
    A cosa non lo sa nemmeno lui.
    Forse alla vita, o alla morte.
    Ai sopravvissuti.
    Koreain Hunt
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    Turo so precious :v: :kiss:
     
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    Turo non si sentiva affatto a disagio sotto lo sguardo scuro e incrollabile dell’ex compagno di casata, ah ah, no, assolutamente, cosa ve lo fa pensare.
    Nascose comunque il viso dietro il bicchiere di té freddo, le goccioline di condensa a bagnare e rinfrescare le dita, mentre il suo, di sguardo, cercava di rimanere morbido senza far trasparire il malessere tipico di un Arturo Maria Hendrickson; non così facile.
    «Bene»
    L’aveva saputo ancora prima di domandare, che le sue parole sarebbero state inutili e vuote, ma aveva dovuto farlo: non poteva dire di avere con Koreain lo stesso rapporto che aveva con un Charles, o una Sersha, e sapeva che aver condiviso lo stesso banco durante le lezioni, o la stessa scrivania in biblioteca per studiare, o lo stesso accampamento, non li rendeva amici — ma non sarebbe stato lui se non avesse almeno provato a dimostrare all’altro ex serpeverde che… non so, semplicemente che fosse lì, per qualsiasi cosa avesse avuto necessità; ed in qualunque momento. La sua offerta, la sua presenza, non aveva una data di scadenza.
    «è un discorso che non porterà a nulla ma, grazie»
    Annuì, accettando quelle parole e il fatto che Koreain non sembrasse voler contribuire con maggiori informazioni o contraccambiare quel gioco di domande non abbastanza di circostanza ma neppure così profonde da poter portare ad una conversazione di un certo spessore. Quantomeno, in quell’impassibilità, c’era ancora un po’ del vecchio Rain che Turo aveva imparato a conoscere durante gli anni al castello. A quel pensiero, non poté trattenere un mezzo sorriso dolce, appena accennato, solo l’eco di un qualcosa nato più per se stesso che per gli altri.
    Muovendo il bicchiere in direzione dell’altro, accettò il silenzioso brindisi del compagno, stando ben attento a non far toccare i due bicchieri: lo sapevano tutti che brindare con le bevande analcoliche portasse male, e Turo era decisamente una persona scaramantica; anche per questo, tenne le iridi azzurre incollate in quelle scure di Rain, durante il loro veloce brindisi.
    Non chiese a cosa stessero brinando — voleva che fosse un po’ a tutto e un po’ a nulla; all’innocenza (forse mai avuta) degli anni scolastici, e quella persa con l’età adulta; a chi era sopravvissuto, e a chi non era più con loro; ai (pochi, ma consistenti) successi nella sfera lavorativa e alle soddisfazioni in quella personale. C’erano così tanti motivi per brindare, che era difficile scegliere su quale soffermarsi.
    Rimase in silenzio qualche minuto, dopo aver riportato il bicchiere alle labbra e bevuto gran parte della bevanda fresca, ma sapeva di non riuscire a rimanere in quello stato di quiete troppo a lungo: da un po’, ormai, nel silenzio tendeva a starci fin troppo stretto; perlomeno quando l’alternativa era riflettere, sapendo che la sua mente sarebbe corsa immediatamente lì dove si sforzava quotidianamente di non mandarla. Aveva bisogno di qualcosa con cui distrarsi, che fossero anche banali domande sulla vita quotidiana a cui né lui, né tantomeno Koreain, avevano voglia di rispondere.
    «Come vanno le cose al ministero?» Immaginava fosse ancora in fermento, sconvolto e capovolto dall’esito della guerra; non invidiava nessuno dei suoi conoscenti che lavoravano lì, sembravano tutti sul punto di impazzire.
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    Rain non ha mai pensato di poter mettere a disagio qualcuno con il suo sguardo o con semplici parole lapidarie di discorsi e condivisione. Eppure lo fa spesso, mettere a disagio, di mal umore o innervosire l'altro senza capirne il motivo. O lo capisce ma rimane in silenzio.
    Turo lo fa di poco sorride con quel brindisi educato e rispettoso. Nulla da aggiungere sulle fandonie scaramantiche.
    Gli ha sempre visti come speranzosi quelli che inseguono la fortuna o la sfortuna. Sempre a dare motivi o spiegazioni su ciò che non possono controllare.
    Vanno, a rilento alle volte ma vanno alcuni non ci sono più, quindi altri devono fare per due. Altri sembrano aver bevuto un ansiogeno o un paranoico senza ricetta del guaritore. Altri beh, altri sono sempre gli stessi è solo più faticoso per il momento mormora abbassando finalmente lo sguardo sulle stesse mani, rimandando giù quel sorso caldo.
    Quel bruciore di viscere ha quasi qualcosa di calmante e dolente.
    Il tuo lavoro? riprendere a guardarlo deve essere faticoso anche per te presuppone almeno.
    Il cambio regime avrà stravolto anche quel ambito. Cosa inculcano ai ragazzini?
    Koreain gira la frittata, riponendo i rifletturi su di lui che esporsi troppo pare brutto. E vuole almeno ricambiare in qualche modo il suo gentil gesto. Il suo rimanere lì, seppur sa di non essere chissà quale grande conversatore. Il suo apparire al suo fianco in campo di battaglia.
    Ci sta provando per lo meno...ad essere amichevole.
    Koreain Hunt
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    «Vanno, a rilento alle volte ma vanno» Annuì, Turo, prestando le dovute attenzioni all'ex concasato e alle sue risposte che, per quanto telegrafiche, erano pur sempre un tentativo di fare conversazione e lo spagnolo apprezzava lo sforzo; conosceva Rain abbastanza da sapere che non fosse proprio nella sua indole fare due chiacchiere con amici e colleghi, e il fatto che ci stesse provano – e con lui, nondimeno! – era già molto per l'ex serpeverde. «è solo più faticoso per il momento»
    «immagino» e anche se poteva sembrare esattamente qualcosa che diceva qualcuno solo per dire qualcosa, quando in realtà non poteva immaginare, per Turo non era così: lui, per definizione e per carattere, non era mai stato bravo a gestire i cambiamenti, specialmente quelli repentini ed enormi come quelli portati dietro dalla guerra, perciò sapeva bene cosa volesse dire fare i conti con le certezze minate, il pavimento a tremare sotto i propri piedi, e l'ansia di non sapere come gestire tutte le conseguenze. Applicarlo al ministero, anche solo banalmente nella sua mente, non gli veniva troppo difficile. «sersha–» Rain si ricordava della loro compagna di casata? Si erano diplomati insieme, e Sersha Kavinsky aveva una fama che la precedeva in quanto Freak e in quanto.. beh, Sersha. Turo ancora faticava a credere fossero amici, essendo letteralmente i poli opposti; eppure era felice fosse così. Inoltre la Kavinsky lavorava come pavor, perciò quantomeno Rain avrebbe dovuto conoscerla come collega; Turo non si sentiva troppo a disagio ad averla nominata così dal nulla. «–mi racconta qualcosa, ogni tanto, e sembra davvero un periodo terribile» infondo, lo era un periodo terribile. Per tutti. Cercò di alleggerire l'umore, con un mezzo sorriso complice e un «tranquillo, non mi racconta i segreti del vostro Livello» e Turo non aveva intenzione di chiedere: c'era un motivo se aveva resistito con le unghie e con i denti alle ripetute minacce proprio della Kavinsky di fare domanda per un posto come Cacciatore, proprio al ministero, ed era che a Turo, della politica e dell'azione, non era mai interessato nulla.
    Non fino alla guerra, comunque.
    «la situazione si stabilizzerà, vedrai» prima o poi, sperava. Non era mai stato un tipo troppo ottimista, lui, ma in quel caso voleva convincere anche se stesso che le cose sarebbero tornate ad una (finta) normalità in futuro.
    «Il tuo lavoro? deve essere faticoso anche per te»
    Si strinse le spalle, ricambiando lo sguardo di Rain. «si e no» ammise infine, dopo qualche istante di riflessione. «è sempre faticoso, i bambini richiedono davvero un sacco di energia, e di attenzioni.» alcuni più di altri, e se poi pensava al fatto che di alcuni di quei marmocchi conosceva bene la loro versione cresciuta, rendeva tutto ancora più difficile; ma Turo stringeva i denti e faceva del suo meglio per non deludere nessuno, non i bambini, non i genitori e soprattutto non la Direttrice o i benefattori della fondazione. Erano molte le persone che contavano su di lui e sul suo duro lavoro, ma era anche cosciente che un altro insegnante sarebbe stato estremamente facile da trovare, nel caso in cui lui avesse fallito.
    Non voleva fallire.
    «probabilmente ci saranno dei cambiamenti a partire da settembre,» lo informó, giocando distrattamente col bicchiere, «ma per ora nessuna novità, procediamo come… beh, come prima Erano un'istituzione privata, lì all'Helius, ma in quanto scuola, e occupandosi della formazione di giovani menti, erano comunque controllati dagli organi ministeriali preposti all'educazione e quello faceva sempre un po' paura a Turo, reduce da terribili otto anni di scuola che l'avevano quasi spezzato. Non voleva che i suoi bambini venissero trattati allo stesso modo dal regime. Non lo chiedeva più morbido, ma almeno tollerante e comprensivo. Per il momento, poteva quasi fingere che la guerra non avesse intaccato almeno quel piccolo angolo del suo mondo, mentre tutto il resto andava allo sbaraglio.
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    Lo sguardo si sposta, quella coda dell'occhio indaga la sua immaginazione. Quella sottile linea tra verità e compassione, o anche empatia.
    Perché Turo può solo immaginare ciò che accade al Ministero, ma può scendere davvero nei meadri del suo reparto?
    Per poi chiudere le palpebre al nome di Sersha. Non vuole vederla, né sentirla.
    Non perché gli abbia mai fatto qualcosa ma, perché è Sersha. Non gli è mai stata simpatica, soprattutto a colpo d'occhio, figuriamoci a pelle.
    Non che sia una novità. Le persone che gli stanno simpatiche si contano su un dito, nemmeno una mano.
    Mhh non è nemmeno una risposta, circa. Gli crede solo un pochino di più: può iniziare ad immaginare, Turo.
    Non che Rain sembri preoccupato, né chissà qualche divertito. Eppure quel angolo di labbra accenna a sollevarsi di poco, quasi impercettibile, insieme ad uno sbuffo nasale. Ha apprezzato, a suo modo il tentativo di rassigurarlo. Come se servisse.
    Poi sarebbero stati cavoli di Sersha. Il che non gli sarebbe nemmeno dispiaciuto.
    Mh è di poco più pesante e discordante con quella frase speranzosa solo se muoriamo tutti ci sarà la stabilità. Perché essere speranzosi ed ottimisti gli sembra brutto.
    Credere nella bontà d'animo anche.
    Un sorso scivola tra le viscere non esistono certezze Turo non fino a quando esistono i Pavor, i ribelli e chi ne ha più ne metta. È un cerchio infinito: l'eterno ritorno è nel solo sangue.
    Così come quelle piccole menti, un giorno cresceranno. Sperando che ragionino con la loro testa, la probabilità che qualcuno diventi ribelle è minima ma, mai azzerata.
    Capisco non immagina ma, capisce. Rain non ha una passione astronomica per i bambini però, ha una sorella. È per lui è sempre una bambina, anche tra trent'anni che avrà figli. È faticoso e stancante, eppure adora prendersi cura di lei. Vederla solare.
    Non te l' ho mai chiesto: perché proprio l’insegnante? in fin dei conti, ci sono una marea di lavori, eppure Turo si è dedicato alla cura dei piccoli e fragili.
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    Grazie per la pazienza <3
     
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    L’accenno di sorriso, a sollevare appena l’angolo delle labbra di Koreain, fu abbastanza per Turo; ricambiò con il proprio sorriso timido quel gesto che, lo sapeva bene, era più raro di una mosca bianca, e lo conservò con cura nella propria memoria, ben conscio che, di quei tempi, fossero sempre più rari sorrisi e risate.
    «Mh,» al che Turo rispose sollevando appena un sopracciglio, domandandosi cosa avrebbe portato quel “mh” appena borbottato dall’ex compagno di casata. «solo se muoriamo tutti » Ecco, appunto.
    Fu più forte di lui, e proprio non riuscì a resistere dallo strizzare fuori una risata nasale, affrettandosi comunque a coprire il viso con il dorso della mano. «scusa, scusa.» Non c’era nulla di divertente, eppure il modo così neutro con cui Rain aveva lasciato cadere quelle quattro paroline nella conversazione era appena un po’ comico. «è… solo il modo in cui l’hai detto.» Si scusò ancora, riprendendo controllo di sé. «sai cosa? sono stufo di parlare di morte.» ce n’era stata troppa, ultimamente; lui per primo ci era andato incredibilmente vicino, alla fine della guerra — il solo pensiero ancora lo teneva sveglio la notte. Avrebbe potuto perdere tutto; l’aveva quasi fatto.
    Portò le iridi ghiaccio sull’altro ragazzo, e allargò il sorriso timido sulle labbra. «per una volta voglio celebrare la vita.» era troppo da chiedere, in quel mondo lì? Probabilmente sì, ma Turo doveva almeno provarci.
    Lavorare con dei bambini gli aveva permesso di sviluppare un punto di vista tutto nuovo, uno più leggero e spensierato; la compagnia di Kieran, poi, aveva fatto il resto. La mimetica era in grado di influenzare positivamente chiunque avesse intorno, ed era una presenza ormai importantissima per Turo; un faro che schiariva la nebbia fitta delle giornate più grigie e tristi.
    «non esistono certezze Turo»
    «no, è vero.» Non ne esistevano, se non una: ma come già detto, Turo era stufo di pensare alla morte. «ma non è sbagliato volerne… avere qualcuna, no? almeno nel piccolo, nel quotidiano.» si strinse nelle spalle, abbassando gli occhi sulle mani che giocavano col bicchiere ormai vuoto. «è quello che vorrei fare per i ragazzi, sai. costruire– o, beh, aiutarli a costruire, qualcosa di solido, e che il futuro non potrà distruggere, o spazzare improvvisamente via.» Sapeva anche che fosse un progetto utopico, che nulla durava per sempre e che prima ci si abituava all’idea di rimanere delusi e feriti, da quel mondo, meglio era; ma uno cresciuto in una bolla di inadeguatezza e miseria come lui, non poteva non volere di meglio per i bambini affidati alla sua cura. Crescere forti non significava solo essere pronti a fronteggiare gli aspetti brutti della vita, ma anche – forse soprattutto – bilanciarli con quelli belli.
    «Non te l' ho mai chiesto: perché proprio l’insegnante?»
    Si prese un istante per riflettere, consapevole che non ci fosse una sola risposta lineare per quella domanda: troppi fattori avevano influito sulla scelta, contribuito a renderlo l’adulto (poco funzionale) che era oggi, ma non tutte potevano essere condivise con chiunque.
    «perché credo–» di aver bisogno di dimostrare che si può fare meglio di così, «di poter aiutare, nel mio piccolo. non sarò il maestro divertente, o quello che sa un sacco di cose, ma…» aggrottò le sopracciglia, cercando le parole adatte. «credo di poter dare ai bambini qualcosa che a me è mancato, e che fuori non troverebbero. credo anche che l’esperienza di Hogwarts mi abbia marchiato a vita,» scherzò su, lasciandosi sfuggire una risata amara, «e che vorrei almeno prepararli ad affrontare… tutto quello. per quanto possibile, insomma. Non faccio… non faccio miracoli, ma credo di potergli dare… una chance.» Guardare se stesso negli occhi e assicurargli che sarebbe andato tutto bene, che non doveva per forza essere triste come lo era stato lui in ben due vite, e che se avesse lasciato entrare prima gli altri e non li avesse chiusi fuori, o cacciati via, avrebbe avuto una possibilità maggiore di resistere. «e perché l’influenza di maeve winston, a quanto pare, è stata più forte del previsto.» aggiunse infine, una nota solo lievemente imbarazzata nell’ammettere di aver desiderato seguire le orme della professoressa di incantesimi per renderla fiera. «ti dirò di più. credo di avere tanto da imparare da loro, anche.» ogni giorno era una nuova scoperta, in quel dell’Helius.
    Solo dopo qualche istante di silenzio, finalmente riportò lo sguardo su Rain. «e tu?» non gli chiese come mai — era lo stesso motivo che avrebbe spinto anche Costas, dopo il diploma, a seguire le orme della famiglia; un “come mai” che forse, se non avesse scoperto la verità sugli Hendrickson e non si fosse allontanato da loro, sarebbe stato costretto a seguire anche lui. Se non altro, per timore. «sei… mh, ti piace il tuo lavoro?» Turo, al suo posto, non sarebbe resistito un solo giorno. Non poteva capirlo, e non avrebbe comunque finto di poterlo fare.
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    cucciola, ma ti pare <3 BACINI!!
     
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    Oh..?...ma c'è un accigliarsi sorpreso in quel girare di colpo il viso verso di lui. I lineamenti tirati e saldi, estremamente offesi del coreano non sembrano voler mascherare il fatto non l'abbia presa per nulla bene.
    e come l'ho detto?! le ciglia sfarfallano con serietà mentre le labbra si arricciano, chiudendosi come lui sul piede di guerra: Toru sta dicendo che lui ha una voce strana? Che è strano?
    Mr permalositá sicuramente, è estremamente ben disposto a sentire le sue ragioni dopo quel +4 non scritto da nessuna parte!
    Ed è forse meglio appunto cambiare argomento, scivolare su lastre più solide per evitare il congelamen... celebrare la vita ed è lì che Rain guardandolo, anzi fissandolo, si rende conto di quanto sia diventato pessimista.
    Celebrare qualcosa che spezza, inevitabilmente, ogni certezza.
    Allora insegna loro a costituire se stessi in fin dei conti, è il consiglio più spassionato che un individualista può dare a qualcun altro.
    Non sa dirsi se apprezza o meno quelle idee del ex concasato.
    Sa solo che è troppo sobrio per sentirsi una coscienza e dare lezioni etiche agli altri.
    Troppo sobrio per tutto quel altruismo, quella speranza che più Rain sente al calcare di ogni parola. Più lo sente dentro. Vibra infastidito. Invidioso. Si rivolta sottosopra quel marciume.
    Non basta nemmeno finirsi il bicchiere in un sorso per bruciarlo via.
    Non so se tu sia altruista o meno ma, capisco perché eri un Serpeverde: le grandi ambizioni.
    Lo sguardo non è ammorbidito o toccato dalle motivazioni, irragionevoli per lui.
    L'altruismo non è mai stata la sua cup of tea. Oltre al fatto di avere una bassa sopportazione per quasi tutto il genere umano, figurarsi con gli stampini in mignatura. Al primo inconveniente avrebbe fatto prende loro il volo. wuiiii
    Spero tu ci riesca che almeno qualche bambino colga quella opportunità, per quanto il modello primario di vita proviene dalle famiglie, soprattutto a quella età.
    Toru è un pazzo idealista. O forse è troppo buono?
    Un indice si eleva per attirare l'attenzione del barman, spingendo di poco il bicchiere vuoto per farselo riempire.
    Si è abbastanza secco e lapidario ai colleghi non piaccio molto stranissimo!
    Assurdo! Incedibile! Qualcuno avrebbe detto di più il contrario.
    appena mi specializzo avrá sicuramente meglio finalmente sorride però!
    Sará l'idea che le povera vittime delle torture urlano solo e viene anche pagato. Top.
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    Edited by Cassianyx - 20/11/2023, 23:17
     
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    «Allora insegna loro a costituire se stessi»
    Un consiglio, quello dell’Hunt, al quale Turo non potè far meno di annuire pensieroso: era proprio quello che stava cercando di fare, seppur lentamente, con i suoi tempi. Non riteneva che fosse una procedura da affrettare, quella lì, ma che piuttosto andasse nutrita un poco alla volta, con dedizione, pazienza e molta cura. I bambini erano fiori delicati, alcuni germogliati in terreni pericolosi e, più spesso che no, difficili; meritavano una chance di costruire se stessi, come diceva Rain, lontani dalle pressioni delle famiglie. O, al contrario, dal loro completo disinteresse.
    In quel mondo, non c’era un equilibrio tra le due cose, purtroppo, e i più giovani erano i primi a risentirne; in quanto facente parte, suo malgrado, del primo gruppo, Turo ne sapeva bene qualcosa di vivere una vita vuota e arida solo per far contenti (e rendere fieri) dei genitori che poi, tutta quella cieca devozione e ubbidienza, non la meritavano.
    Il commento di Rain, poi, trascinò nuovamente Turo fuori dai suoi pensieri, e lo costrinse a riportare l'attenzione sull'ex compagno di casata. «Non so se tu sia altruista o meno ma, capisco perché eri un Serpeverde.»
    Non c'era comprensione o morbidezza nello sguardo di Rain, perciò Turo non fu propenso a prenderlo come un complimento — a maggior ragione quando, a distanza di quasi dieci anni, ancora non aveva compreso le ragioni dietro la scelta del cappello. Si strinse dunque nelle spalle, abbassando lo sguardo sul bicchiere ormai vuoto. Non gli sembrava così ambizioso da parte sua voler provare ad aiutare quei bambini — tutt'al più, ottimista e folle, ma se non lo faceva lui, chi?!
    «Sarà...» ma lui proprio non lo capiva: quali qualità condivideva con i suoi ex compagni? Con River? Si era domandato spesso, nell'ultimo anno, se quel giorno il cappello non avesse magari percepito in lui qualcosa che, al tempo, Turo stesso ignorava sulle proprie origini, e avesse deciso autonomamente di piazzarlo nella sua casata originale solo per vedere se sarebbe emerso il lato “River” che era in lui o meno.
    Aveva chiaramente fallito nel suo intento, ma a quello l'Hendricksob cercava di pensarci il meno possibile.
    «Spero tu ci riesca»
    «lo spero anche io» era per quello che faceva l'insegnante, no? E avrebbe fallito su tutta la linea se non avesse almeno provato con l'intento di riuscire.
    Rimase in silenzio quando Rain ordinò un altro bicchiere, nonostante la tentazione di unirsi a lui era tanta, ma si era ripromesso di non cedere a quel vizio, almeno per quella sera, e voleva fingere di avere almeno un minimo di autocontrollo per rimanere fedele a se stesso.
    Guardò in direzione di Rain solo quando sentì la sua risposta secca, quel «Si» lapidario e così da Korain Hunt che Turo non poté né offendersi, né trovarlo strano. «ai colleghi non piaccio molto» avrebbe voluto sorridergli e dirli che probabilmente non lo conoscevano abbastanza bene, e che con il tempo le cose sarebbero cambiate, ma lui conosceva Rain e sapeva bene non fosse così. La cosa lo fece sorridere.
    «non mi stupisce, no» con il carattere chiuso e schivo dell'altro, era prevedibile: Turo ricordava ancora quanto tempo fosse servito a loro per instaurare quella mite conoscenza, pur avendo condiviso la sala comune tutti i giorni per sei anni. «dagli tempo…» magari lo avrebbero apprezzato, come aveva imparato a fare lui, o magari l'avrebbero odiato ancora di più: impossibile dirlo. «e dattene anche tu» gli ricordò, ben sapendo che, come lui, anche Rain aveva l'abitudine di chiudere fuori gli altri ancora prima di dar loro un'occasione per dimostrare chi fossero.
    «appena mi specializzo avrá sicuramente meglio»
    Ricambiò il sorriso, ed annuì.
    «a proposito, in cosa volevi specializzarti?»
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    Little Lamb, who made thee?
    Dost thou know who made thee?



    Piccoli e fragili, quei simboli di innocenza.
    Le loro manine piccole pronte a stringere un dito, alzando il capo con quelli occhi luccicanti e quel sorriso sdentato. Quanta fantasia, curiosità e speranza c'è in quei boccioli.
    Oh Rain ancora ricorda quei momenti in cui sua sorella prese possesso della parola: un continuo peche?peche?
    Eppure, eppure, si semina quel che si raccoglie.
    Perciò Rain non spera ma, davvero spera che lo stelo di quelle piantine seguisse la retta luce del sole.
    Anche perché dall'altra parte c'è solo morte certa.
    Lo sorveglia per un attimo, Turo, il polso ondeggia anticipando il movimento irrequieto del liquido al interno del bicchiere. Irrequieto come le loro menti.
    pff questa volto meno offeso, più rilassato, il caldo dell'alcol gli sta scogliendo i nervi, tanto da farlo ridere di po' potresti fingere almeno un po' di stupore scuote la testa con un grande sospiro. Sa poco di rammarico o delusione.
    Circa, ormai non è più un ragazzo misterioso sigh.
    La testa la lascia cadere all'indietro, gli angoli delle labbra rimangono tirate all'insù in quel girare di sbiego il capo con un occhio chiuso. Vedendo a metà il suo interlocutore Mhhh penso proprio che non lo farò! sorpreso eh?! poi diventerei troppo popolare e non avrei più tempo per te non che adesso gli stesse concedendo chissà quanto tempo. Il quanto basta per non annoiarsi mai.
    Il capo batte da un lato all'altro, lasciando scrocchiare la nuca sempre torturatori ma, voglio avere più esperienza in tutto non è che sia indeciso ma, prima vuole godersi anche le altre possibilità.
    Koreain Hunt
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    «potresti fingere almeno un po' di stupore»
    Nascose il sorriso intorno al bordo del bicchiere, mandando giù quello che rimaneva della sua bevanda, a si strinse nelle spalle: sapeva essere (a suo modo) divertente quando (era a suo agio e) voleva, non c'era da stupirsene. Peccato che Rain non conoscesse quel lato di Turo, più leggero e sereno, perché a malapena lo conosceva egli stesso. Ad Hogwarts non era stato certo famoso per essere l'anima della festa, e solo una volta uscito da scuola aveva imparato a (vivere) respirare correttamente. E a lasciarsi andare, un poco alla volta, per scoprire chi fosse Turo Hendrickson lontano da chi cercava a tutti i costi di farlo essere qualcuno che mai sarebbe stato.
    (La società, il rigore, i suoi genitori.)
    All'Hunt, rivolse la fine di un sorriso birbante e un silenzio ora meno impacciato, conscio che la situazione si fosse distesa abbastanza per entrambi da poter finalmente parlare con abbastanza libertà senza rischiare di urtare (accidentalmente o meno) la sensibilità altrui.
    Al punto che Turo si sentì persino abbastanza a suo agio da osare, con un commento che forse avrebbe tenuto solo per i suoi amici più stretti.
    Enfasi sul forse.
    «Mhhh penso proprio che non lo farò! diventerei troppo popolare e non avrei più tempo per te»
    «impossibile,» affermò, bicchiere lasciato libero e vuoto sul bancone, e busto ora ruotato in direzione di Rain, «mi adori troppo e faresti carte false per passare del tempo con me»
    Ci fu un momento, seppur effimero e dalla durata di un battito di ciglia, in cui l'insegnante non provò la sensazione di familiare disagio nell'essere andato troppo oltre; un istante in cui finse, mentendo persino a se stesso, di essere una persona normale e funzionale e spensierata, una a cui battute simili uscissero naturali e prive di imbarazzo.
    Poi, quella sottile patina di normalità cedette sotto il peso di una realtà ben più ingombrante, e lo stomaco si chiuse al pensiero di ciò che aveva detto, ciò che avrebbe potuto erroneamente far intendere, e l'ex serpeverde si sentì avvampare le guance, consapevole di aver acquistato un colorito di qualche sfumatura più rosso, nonché di aver appena fatto la figura dell'idiota.
    Tornò in fretta sui suoi passi, passando una mano sulla nuca con fare impacciato, e scusandosi col ministeriale. «non-non intendevo… cioè… scusa, io– non–» per un attimo, desiderò di avere un bicchiere pieno di qualsiasi-alcolico-disponibile, per avere una scusa con cui distrarsi (e nella quale affogare); ma c'erano solo lui, Rain, e l'enorme imbarazzo di un ventenne che non aveva ancora capito affatto come stare al mondo, e in mezzo alla gente.
    Sospirò; uno sbuffo d'aria che sapeva più della sconfitta che altro, e abbassò lo sguardo sulle proprie ginocchia.
    Per sua fortuna, erano già pronti a cambiare argomento — e sperava non sarebbero mai tornati alle sue parole idiote.
    «sempre torturatori ma, voglio avere più esperienza in tutto»
    Fu più forte di lui, l'istinto di dischiudere le labbra in una O incredula, e le palpebre a battere più volte per mettere a fuoco la figura dell'ex compagno di dormitorio. Che razza di dannato tumore aveva quella società, per far sì che specializzarsi nel torturare la gente fosse una scelta di carriera assolutamente normale? Turo non l'avrebbe mai capito, né mai condiviso; probabilmente, proprio per questo, sarebbe durato molto poco in quel mondo.
    La sua data di scadenza era già applicata sulla confezione, lo sentiva, ma per sua fortuna non era ancora riuscito a trovarla; dubitava gli sarebbe piaciuto sapere il momento esatto della sua morte, ma non voleva dire non sapesse fosse già lì. Forse era per quello che viveva sempre trattenendosi, per paura di lasciare poi qualcosa di incompleto dietro, al momento della sua sparizione.
    Dopo interminabili silenzi, durante i quali aveva solo osservato Rain prendendosi del tempo per cercare di capire cosa potesse spingere un giovane intelligente, e di buona famiglia, come l'Hunt, a macchiarsi di atrocità come quelle – salvo poi ricordarsi che lo stesso Turo, solo pochi mesi prima, aveva puntato la pistola contro innocenti pronti a combattere una guerra non loro – abbassò lo sguardo.
    Non sapeva come dire all'altro che quella particolare scelta lo preoccupasse, e spaventasse, in maniera esagerata; non poteva nemmeno dirgli che fosse in disaccordo, perché chi cavolo sei, Turo, per giudicare le scelte altrui; ma non poteva nemmeno fingere che andasse tutto bene, che quella consapevolezza non lo facesse rabbrividire almeno un po'.
    Non era mai stato bravo a mentire, e le sue espressioni erano sempre troppo aperte, oneste e sincere, per nascondere ciò che realmente provava. Immaginava che Rain non avesse difficoltà a leggere tutte quelle preoccupazioni sul suo viso, nei suoi occhi, ed era per questo che non si azzardava ad alzarli, per incontrare i suoi.
    «capisco…» non capiva; non capiva assolutamente. «sembri avere le idee molto chiare,» che non era un'accusa, né una frase invidiosa; semplicemente la speranza di star sbagliando, e capire che l'altro stesse semplicemente… sondando il terreno, facendo delle prove, sbagliando, prima di rendersi conto che quella scelta di carriera fosse orribilmente sbagliata.
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