everybody wants to rule the world

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    It's fate, not luck.

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    stonehenge, england


    Siete stanchi.
    Tutti, siete stanchi.
    Non importa da quale parte siate schierati, non importa cosa vogliate - o non vogliate - da questa guerra: siete stremati, soldati. Alcuni fingono meglio di altri non esserlo, ma ne portate i segni sulla pelle e nello sguardo. Tutti voi, pro o contro, avete visto più di quanto avreste dovuto vedere, sentito più di quanto avreste voluto sentire: i pianti, i respiri pregni di sangue, le risate ad echeggiare folli da una pietra all’altra. I singhiozzi. Le preghiere.
    I bisbigli di un mondo alla sua fine.
    Lisbona, Nuova Zelanda, non importa: se chiudete gli occhi, potete sentire il fuoco sfrigolare nelle città, le fiamme mangiarsi palazzi e vite accorciate dalle circostanze. Se alzate gli occhi, sono le stesse stelle ad ammiccarvi dal cielo buio; la stessa luna a rischiarare il profilo di entrambe le armate, a nascondere le cicatrici ed i segreti seppelliti insieme ai vostri morti.
    Ne avete avuti. Entrambe le fazioni. E non hanno lo stesso peso, ma dovrebbero.
    Alzate il capo, contro, e guardando William Lancaster sapete che quello che vi sta chiedendo sia di sacrificare tutto con la promessa di poco - una possibilità.
    Alzate il capo, pro, ed al sorriso di Ivan Lamovsky scegliete di non farvi più domande, perché il tempo per farsele si è concluso da un pezzo.
    Da almeno un mese.
    Da allora, avete ucciso. Da allora, avete sanguinato – per chi, per cosa, non ha importanza: l’avete fatto. Non ci sono differenze, in quell’istante bloccato nel tempo. Non d’età, non di razza, non di allineamento.
    Avete tutti qualcosa da perdere. Avete tutti qualcosa da guadagnare. E qualunque sia il motivo, siete tutti a fare qualcosa. Cosa? Qualcosa.
    Salvare il mondo.
    Condannarlo.
    E non importa da quale parte del mondo siate: farete entrambi l’uno e l’altro. Lo sapete.
    Avete le vostre tende, le vostre mani da stringere e quelle che mancano sempre. Avete lo sguardo complice di un compagno, la pacca di un commilitone. Avete promesse da mantenere, ed altre da infrangere. Avete il silenzio, se lo volete; il suono della vita, se lo cercate.
    Ci siete stati dalla fine, e ci sarete al suo inizio.
    La notte del 31 Maggio potrebbe essere l’ultima notte al mondo. Non sapete cosa vogliano da voi - prendere tempo; prendere qualcosa che vi appartiene di diritto - ma dalle parole di Lancaster e l’espressione di Lamovsky, sapete che non ci saranno altre richieste.
    È l’ultima. E non porta con sé il sollievo che pensavate vi avrebbe donato, perché è l’ultima, e del domani non v’è certezza.
    Potreste non averne un’altra, di ultima notte. Il mondo potrebbe finire e collassare su stesso, o potreste morire prima ancora che abbia la possibilità di farlo. Potete pensarlo come un ultimo sforzo, se ne avete il coraggio. Un ultimo fiato trattenuto e respiro profondo.
    Tutto. Niente.
    Chiudete gli occhi.
    Magari scegliete che non v’importa. Magari sorridete, dei morti passati e futuri. Magari questo cazzo di mondo, neanche lo volete.
    O magari sì. Dio, magari sì.
    Vi chiedete se sia il caso di dire addio. Di fare quella chiamata. Di mandare quel messaggio.
    Di dirlo. Qualunque cosa sia a premere sulla punta della lingua, dirlo e basta.
    Vi rassicurate, magari.
    Comunque vada, sarà andata.
    Deglutite saliva, e il sangue versato nel mese passato. La cenere e la polvere sollevata da ogni maceria. Il battito perso od acquistato di ogni città rasa al suolo.
    Qualcuno vincerà, l’indomani.
    Qualcuno perderà, l’indomani.
    Qualcuno rivedrà il tramonto. Qualcuno potrà solo immaginarlo.
    E va bene così, perché l’avete scelto.
    Fino alla fine dell’inizio: perché il mondo, sta per cambiare.

    Ve l’avevano detto, che sareste tornati a casa.
    Non la ricordavate così, casa vostra. Non vedete il suolo della Gran Bretagna da un mese, ma nessuno di voi – non pro, non contro – potrebbe riconoscerla ora: il profilo della città di Amesbury in fiamme; il cielo coperto da nuvole, e quelle sì che vi ricordano casa, e polvere. Cenere.
    Respirate i vostri morti. La vostra vittoria, per alcuni; la sconfitta di altri.
    Sapete che alcuni dei vostri commilitoni sono in Galles. Altri, in Scozia. Voi?
    L’erba è ancora verde, nello spiazzo di Stonehenge. Sembra intoccata da tutto il resto; dall’altura, i rumori della guerra più in basso, più lontano, vi giungono ovattati come fossero sott’acqua. Magari lo siete, sott’acqua: da quando non respirate? Vi ricordate di doverlo fare.
    L’armata di Lamovsky è la prima ad arrivare.
    Vi guardate attorno senza notare nulla, sopracciglia corrugate e sguardo dubbioso sulle rocce monumentali. Qualcuno ci ha scritto sopra qualcosa, ma non riuscite a leggerne le parole. Vi sembrano rabbiose e iraconde; vi sembrano inni e preghiere. Qualcuno è passato di lì, ma non ci è rimasto a lungo: potete dedurre sia stato un rifugio, magari. Qualche famiglia fuggita alla ricerca di riparo. Speranza, magari. Un Dio. E vi domandate, vi domandate, se quella sia la vostra missione: vi hanno detto di un ostacolo da eliminare, l’ultimo.
    Dove -
    E arrivano, alla fine. I contro. Senza alcuna indicazione in merito al cosa fare, ma una risposta secca ai perchè: perché devono; perché è l’unica possibilità. Perchè gli è stato chiesto di prendere tempo, conquistare istanti in più su quella Terra. Per loro stessi, magari; per i soldati di Lamovsky, forse, rubati da altri campi di battaglia; per nessuno in particolare. Un atto di fede obbligato; non è più tempo per scelte.
    Siete armati. Tutti quanti. Indossate le divise. Tutti quanti, ma siete in grado di riconoscervi: quelle di Lamovsky sono nuove, intatte; quelle di Sartre portano i segni di tutte le battaglie precedenti, anche quelli coperti da incantesimi riparatori.
    Siete stanchi.
    Volete il sangue.
    Siete stanchi.
    Dovete prendere tempo.
    Vi guardate, per un attimo. Siete uguali, per un solo secondo.
    Indossate le maschere, contro, ma potete scegliere di toglierle. Di usare voi stessi a vostro vantaggio, perché -
    li conoscete. Li conoscete tutti. Se non personalmente, almeno di vista.
    Amici. Colleghi. Fratelli. Amanti.
    Un respiro trattenuto, ed uno profondo.
    Imbracciate le armi. Puntate le bacchette, se le avete.
    Non dovrebbe essere diversa dalle altre battaglie; magari non la è.
    O magari la è; Dio, magari la è.

    bells14 pa14 pd50 psattacco:
    wyatt14 pa14 pd50 psmazza da baseballattacco:
    arci14 pa14 pd50 psmazza chiodataattacco:
    emilian13 pa13 pd50 psfucile d'assalto | pirocinesiattacco:
    ellis13 pa13 pd50 pspiede di porcoattacco:
    hunter12 pa12 pd50 pstellenattacco:
    willa11 pa11 pd50 psspada a due maniattacco:
    wind11 pa11 pd50 psak47attacco:
    cora11 pa11 pd50 pspugnaleattacco:
    MOKA11 pa11 pd50 psGLOCK17 | ELETTROCINESIattacco:
    halley11 pa11 pd50 psmanganelloattacco:
    bertie10 pa10 pd50 pspistola semiautomaticaattacco:
    barry14 pa14 pd50 psbalestraattacco:
    isaac14 pa14 pd25 pstomahawkattacco:
    mac13 pa13 pd50 pspistola semiautomaticaattacco:
    nicky13 pa13 pd50 pspistola semiautomaticaattacco:
    dominic11 pa11 pd50 psarcoattacco:
    mort11 pa11 pd50 psrivoltellaattacco:
    gali11 pa11 pd50 psmazza da baseball | pirocinesiattacco:
    sorta11 pa11 pd50 psrivoltellaattacco:
    liz11 pa11 pd50 psberetta calibro 9attacco:
    law10 pa10 pd50 psnunchakuattacco:
    reggie10 pa10 pd50 pskusarigama | emocinesiattacco:
    cherry10 pa10 pd50 psmacheteattacco:



    ┉┉┉ recap.
    1. avete un massimo di 3 azioni a post, di cui solamente 1 di attacco (le altre due possono essere entrambe di difesa, o azioni curative/altro). Potete fare:
    DIFESA - DIFESA - ATTACCO
    DIFESA - DIFESA AOE - ATTACCO/o DIFESA
    DIFESA - ATTACCO/o DIFESA - ATTACCO AOE
    DIFESA - DIFESA/o ATTACCO - GUARIGIONE/o eventuali

    Ricordo che (1) attacchi/difese ad area non possono essere fatti in combo, e (2) le difese ad area non prendono eventuale differenza dagli attacchi, né questa viene ereditata in un eventuale attacco ad area (discorso valido anche per i bonus rogue lame, 15-20 danno al png)
    2. INCANTESIMI - POTERI
    3. Il BONUS DI CLASSE (guerriero, etc) potrete usarlo una sola volta ad ostacolo (link ai bonus di classe)
    4. tempistiche bonus di genere:
    - INCANTESIMI OSCURI: + PA / - PD -- INCANTESIMI DIFENSIVI: - PA / + PD (da aggiungere secchi all'estrazione, 3 post di recupero)
    matricole e apprendisti: -1 pa / + 1 pd -- +1pd / -1pd
    mago, leader e master: - 1 pa / +2 pd -- +2 pd / -1pa
    - INCANTESIMI DI GUARIGIONE: 1-* PS (da estrarre, 4 post di recupero; post di recupero validi anche per altri bonus di genere degli special come la preveggenza)
    matricole e apprendisti: da 1 a 5 ps
    mago, leader e master: da 1 a 10 ps
    In caso di SPECIAL:
    ATTACCHI/DIFESE AD AREA (ALTRI NON SPECIFICATI): 5 post di recupero
    5. per le combo valgono le solite regole (entro 2h di distanza massimo)
    6. se avete caramelle dalla scorsa settimana, potete ancora usarle.
    7. ATTENZIONE! NON POTRETE USARE BONUS DI CLASSE (ma sì a quelli di genere: attacchi ad area, bonus incanti oscuri, etc.)

    ➞ pvp le fasce pa/pd sono stati equilibrati per evitare disparità troppo grandi, ma dovrete comunque usare solamente incanti/poteri del vostro livello. Ricordiamo che per quanto non sia obbligatorio usare strategie non letali, è caldamente consigliato: ad azione corrisponde reazione, e se le vostre offensive saranno efficacemente cruente, il Fato dovrà prendere provvedimenti in merito.
    IMPORTANTE! Per quanto riguarda le combo, non vi è concesso fare combo attacco ma esclusivamente combo difesa.

    avete tempo fino alle 00:00 del 31/05 per postare.

     
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    wyatt holland
    It's in my bloodstream, I feeling in my veins
    It's why we never sleep
    We've been trying to live our dreams
    We don't fold for pressure
    «ah beh,» sorrise dietro la maschera, Wyatt Holland.
    Non una piega divertita, ma sporca del sangue rappreso di un mese di battaglia; niente affatto sollevata nella consapevolezza che quello fosse l'epilogo di una storia già scritta, iridi nocciola a scivolare dai monoliti alla dozzina di soldati ad attenderli nel cerchio di pietra; forzata e stanca, ma non nervosa.
    Amareggiata, quello sì.
    Barry, Isaac, Mac, Nicky, Dominic, Mort, Gali, Reggie.
    Lynch, Teddy, Levi, Jessica, Heath, Birch, Charlotte, Juno.
    E Lawrence Matheson.
    Laurie Shine.
    Conosceva tutti loro – non personalmente, ma sapeva ogni cosa sul loro conto. A chi fossero stati legati, quali erano stati i loro ultimi desideri, perché fossero lì. Non aveva mai parlato con nessuna delle persone dall’altra parte del conflitto, se non vaghi saluti tra i corridoi di Hogwarts, ma non gli serviva averlo mai fatto per serrare la presa sul manico della mazza da baseball, accomodata sulla spalla, e sul tessuto della tasca, fino a che le nocche spaccate non impallidirono. Aveva foto, aveva ricordi vergati sulla carta, aveva braccia gettate al collo su immagini in movimento: per quante volte le aveva guardate, all’istituto, era un po’ come se fosse cresciuto con ciascuno dei ragazzi contro cui avrebbe dovuto alzare la bacchetta.
    Perché era giusto così, che gli piacesse o meno.
    «così va molto meglio.» si passò la mano sul volto, sollevando la maschera sulla nuca fino a sfilarsela del tutto. «già fa caldo, pure con quella cosa?» asfissiante; come se fosse quello il motivo per cui se n’era liberato.
    Non aveva nulla da perdere, l’inglese. Niente che lo attendesse a casa, se non un campo da Quidditch e la sua scopa – sempre che ancora ci fossero, ma se proprio doveva sperare in qualcosa era che Piz non lo avesse già sostituito in quell’ultimo mese di assenza giustificata. Che lo vedessero, che lo riconoscessero, non avrebbe fatto alcuna differenza; sicuramente non per loro.
    A lui piaceva giocare alla pari, farsi vedere in faccia mentre le dava e le prendeva.
    Sperare che un po’ lo riconoscessero.
    Schioccò la lingua sulle labbra, muovendo il primo passo tra l’aria statica e fitta come la nebbia; gettò soltanto uno sguardo a Bertie, a Halley ed Hunter, chiedendosi se anche loro si stessero ponendo i suoi stessi dubbi e covando le medesime incertezze; allargò le braccia, un invito caldo e cordiale a farsi sotto.
    «te l’avevo detto, no?» sorrise beffardo, occhi nocciola a cercare lo stesso tono in quelli del fratello.
    Se non schiattiamo, ti cerco per farmi dare il benservito: quale migliore occasione di quella. «io mantengo sempre la parola data.» ma non avrebbe aspettato la mossa del Matheson, per tirargli un pugno sul naso.
    gif code
    2001
    rebel
    seeker


    attacco law: gli da un pugno in faccia

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    archibald leroy
    Here is what they do not tell you about Death:
    when Death says You are born for this
    she clearly means You will die for this
    «mi fa girare così tanto i coglioni che fra un po' decollo» come a giuliano, sì; aveva praticamente vissuto con Jay per quasi due anni, era il padre dei suoi nipoti: certi modi di dire si imparano.
    Una mano cingeva Bells - protettivo - con l'altra Arci strinse di più la presa sulla mazza posata sulla spalla, sguardo truce verso le persone a cui si stavano avvicinando. Non aveva ancora riconosciuto tutti i volti, ma non era quello il motivo per cui era tanto scocciato. «odio gli atti di fede» sbuffò una mezza risata fra i denti serrati. «e sono fottutamente religioso»
    Ma che lo odiasse o no, che lanciasse frecciatine non velate alla Dallaire, Archibald Leroy era lì, a combattere, perchè Lancaster gli aveva chiesto di fidarsi, e di farlo e basta.
    Il più a lungo possibile.
    «-cristo, ci sono dei miei studenti» strinse un po' di più le dita sul suo fianco, per sentirla vicina.
    Per ricordarsi che erano lì insieme.
    Che almeno su di lei poteva contare.
    Stava sacrificando tutto (lo aveva già fatto?), si meritava almeno Bells.
    Non l'avrebbe vista morire come aveva visto morire Jeremy.
    «siamo una bella squadra» le ricordò - e nonostante quella frase non fosse mai stata di quei cata, un po' lo era diventata. Una specie di mantra.
    Piegò la testa per posarla alla sua, e si staccò definitivamente per attaccare. Head empty, solo attacchi tattici e non mortali per tenere l'esercito di Abbadon impegnato!!!
    «niente mazza?» avvicinandosi al ragazzo, fece roteare la propria «eppure sei un grande battitore; non avete vinto il campionato il tuo ultimo anno, Mac?» e avrebbe cercato di fargli uno sgambetto.
    Che poi, Mac era stato fra i suoi primi studenti, a Hogwarts, quindi proprio hhhh.
    Ma non lo sapeva che i Viaggiatori del tempo erano stati due anni a Bodie per evitare la liberazione di Abbadon? che combattere per lui avrebbe ucciso tutti quanti - o messo in ginocchio la società? Aveva una famiglia da proteggere, Arci, ed era piuttosto certo che anche Mac amasse la sua.
    gif code
    1999
    neutral
    (against)



    CODICE
    <b>ATTACCO MAC (arci): </b>


    gli fa uno sgambetto
     
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    moka telly
    black-hearted angels sunk me
    with kisses on my mouth
    there's poison in this water
    the words are falling out
    per dirla come la direbbero su una nave pirata qualunque, moka aveva fatto una [Cory:] cazzata.
    troppo grande perché potesse davvero ignorarla, anche se cristosanto ci stava provando con tutte le sue forze.
    quelle residue, per lo meno.
    recuperate a suon di diazepam, perché quello passava (sin) il convento; quattro ore di oblio a notte e la consapevolezza di non sapere assolutamente come fosse finito nel suo letto al momento di riaprire gli occhi. una branda, più che altro, e comunque non ricordava di averci dormito sopra. aveva finito per addormentarsi praticamente ovunque, il telly, che tanto l'importante non era il dove, ma riuscire a spegnere il cervello almeno per un po'.
    smettere di pensare a quei disgraziati morti nella gabbia, alla sensazione di troppi denti che gli si conficcavano nella spalla; alle notizie sempre di merda, alle città che andavano a fuoco — in Francia tutto bene? così, chiedeva, senza mai trovare il coraggio di chiedere davvero.
    smettere di pensare a cherry, all'istinto di chiamarla ogni volta che prendeva in mano il telefono: cercava il suo nome in rubrica, e rimaneva a fissarlo con il dito a sfiorare il touchscreen; leggeva gli ultimi messaggi che si erano scambiati in chat (insulti a law, sicuramente) e prendeva un'altra pastiglia nella vana speranza facesse un effetto immediato.
    e, cazzo, smettere di pensare a javi [derogatory]
    oh, era stato bravo fino all'ultimo, moka.
    così bravo che aveva cominciato persino a darsi delle pacche sulla spalla quando si guardava allo specchio, occhi verdi a cercare qualcosa di familiare nel volto di uno sconosciuto — you can do this, you stupid bitch. credeva davvero di meritarselo un po di sostegno morale, il telly: dopo aver stretto i denti e tirato avanti, mandato giù tutto quello che poteva, lasciato che ogni cosa gli scivolasse addosso; in modo meccanico, teso, elettricità a pizzicare troppo spesso sotto pelle.
    sarebbe stato più facile se non gli avesse chiesto scusa.
    se non se lo fosse ritrovato davanti aprendo gli occhi nel bel mezzo della notte, l'ennesima passata su un pavimento, con quello sguardo incupito che era diventato quasi familiare — e non avrebbe dovuto, perdio.
    se non si fosse fermato, ogni fottuta volta, un istante di più davanti alla porta del dormitorio, seguendo un copione già scritto (film candidato agli Oscar, scritto e diretto da anonima sceneggiatrice capitolina) del quale evidentemente moka non aveva ricevuto alcuna copia. a lui era toccato andare a braccio, improvvisare: inghiottire, sempre, e annuire quando il maggiore gli chiedeva se stesse bene — un fiore; respirare a fondo, fingere di poter trovare abbastanza ossigeno da cavarsi di bocca le risposte monosillabiche che, non aveva dubbi, il mendoza si sarebbe fatto bastare.
    perché non poteva essere altro che quello, un rapporto professionale tra due persone adulte con un paio di gradi gerarchici nel mezzo, costretti a passare troppo tempo nello stesso spazio ridotto.
    una compressione costante.
    e aveva deciso di farselo andare bene quello scenario, moka.
    ne aveva accettato tutti gli aspetti, anche quelli che continuavano a colpirlo ripetutamente sulle gengive con un tubo di ferro — fuck it, we ball, ossa rotte e tutto il resto. una questione di sopravvivenza, mantenimento dello status quo: c'era ancora una guerra a cui pensare, il fottuto mondo da salvare, e la concreta possibilità de morire prima; prima di perdere completamente il controllo su di sé e quel briciolo di dignità che gli era rimasta.
    a questo aveva pensato, moka telly, lo stesso nome di suo padre e un corredo genetico che gli aveva lasciato fossette e predilezione per fare scelte di merda, quando era stato selezionato per l'ennesima missione. qualcosa da fare, altro su cui concentrarsi.
    con un segreto, intimo sospiro di sollievo nel ritrovarsi da solo in mezzo a volti sconosciuti; gente che poteva benissimo ignorare, o a cui rivolgere uno sguardo in più senza sentire le costole premere contro i polmoni.
    era stato così bravo, moka, da sentirsi in una botte di ferro — al sicuro. con vince e sin a battergli le mani sulla spalla (custodi legaaaliii), frasi di circostanza che si era preso comunque, due pasticche di sonnifero in una tasca della divisa e qualche caramella nell'altra; la mente già proiettata sull'obiettivo successivo.
    ma no.
    no, ovviamente.
    un mese di duro lavoro su se stesso, bestemmie e sguardi persi nel vuoto, qualche insulto allo specchio per mantenersi umili, tutto mandato a puttane nel giro di un secondo. per tre parole che sarebbero potute essere cento, o anche una sola e non sarebbe cambiato assolutamente un cazzo: «buona fortuna, eh» e moka, an intellectual, aveva pensato bene non fosse il caso di rispondere. forse perché si era sentito vibrare con la forza di mille soli, tutto ciò che di negativo aveva somatizzato nelle ultime settimane a traboccare fuori dal vaso — un Giorgio arrivato a fine maggio e alla fine di se stesso.
    «possiamo—» fuck itwe ball fuck it we ball fuck it we ball [sospiro profondo] [bestemmia] «scambiare due parole? in privato» si sarebbe fatto i complimenti per la voce ferma, il tono civile, se solo fosse stato abbastanza lucido da rendersene conto; non lo era. altrimenti avrebbe valutato con più attenzione pro e contro di quello che stava facendo, fatto un passo indietro.
    invece non si era soffermato a valutare proprio una beata minchia.
    nemmeno la porta che aveva aperto, facendola sbattere un po più forte del dovuto; la mano destra a cercare l'impugnatura della semiautomatica nella fondina, trovandola: trovava sempre rassicurante, il telly, sentire il metallo freddo sotto i polpastrelli, il peso dell'arma a premere contro il fianco. sapeva che in una situazione particolarmente stressante, la presenza della glock nel palmo della mano sarebbe stata un toccasana; non quella volta.
    a javi, moka non aveva dato il tempo di parlare .
    lo sapeva, che anche una parola in più avrebbe potuto riportarlo alla realtà, con i piedi per terra: fuori dal suo au.
    non gli aveva chiesto di stare zitto, o un permesso che probabilmente non sarebbe arrivato comunque; non aveva parlato, punto, il telly, preferendo stringere i pugni sulla stoffa della divisa, entrambe le mani ad afferrare e tirare. verso di sé, contro di sé — avrebbe potuto fare un passo indietro, Javier, ma la presa sarebbe diventata solo più salda, carica di un'urgenza che moka non aveva affatto valutato.
    voleva solo togliersi un pensiero, senza pretendere niente in cambio.
    e mentre se lo toglieva, altri mille gli si erano insinuati in testa: avevano tutti i denti.
    ed erano tutti javi, perché era inevitabile finché la bocca cercava la sua, e la trovava; era inevitabile quando spingeva un po di più, di nuovo senza chiedere, inghiottendo aria che sarebbe dovuta essere del maggiore e che moka aveva deciso di rubargli, perché a tutto c'era un limite, compresa la compressione che il ventitreenne poteva sopportare prima di esplodere. ed era inevitabile, se passando la lingua sulle sue labbra si ritrovava a suggerire (poco politely, forse) che le dischiudesse per lasciargli spazio.
    e lo aveva fatto, occhi socchiusi e dita a stringersi attorno ai suoi polsi, perché l'ultima cosa che gli serviva in quel momento era che javi lo toccasse; o lo respingesse — scatenando reazioni contrarie alle quali nemmeno lui sapeva come avrebbe risposto.
    si era preso un po di quello che voleva, quel poco che poteva, con rabbia e frustrazione, raccogliendo il sapore della sua bocca sulla punta della lingua e concedendogli altrettanto: non che quello fosse il punto, ovviamente.
    e quando, perdio, si era reso conto di non avere più aria da offrire, aveva riempito i polmoni respirando contro la sua pelle, mordendo piano dove sapeva di poter affondare i denti. un punto soffice della gola, battiti ad affiorare in superficie.
    «forse non era così importante» lo aveva lasciato andare. le mani bene in vista, un passo di lato; iridi verde chiaro ostinatamente inchiodate alle sue «buona fortuna anche a te» e già mentre lo diceva, la voce sicura ma frammentata, moka si era reso conto di aver fatto un errore.
    the risk i took was calculated, but man am I bad at math.

    «te l'ho detto, una cazzata madornale» ma, moka, non hai detto assolutamente un cazzo di niente [meme di milord che se ne va] eh. rivolse un cenno del capo a wind, che gli stava di fianco, la voce soffocata dalla maschera. un sospiro trattenuto, che sapeva inderogabilmente di [bestemmia], mentre la terra bruciata che negli ultimi tempi si era abituato a calpestare tornava ad essere verde e viva sotto i piedi: poteva solo sperare di rimanerci secco, così da non dover affrontare le conseguenze del suo passo falso. e probabilmente non era nemmeno una speranza così vana.
    trovò persino il tempo di fermarsi in istante, lasciando passare i nuovi compagni d'armi, le dita rapide a scattare una foto delle imponenti pietre di Stonehenge e a scrivere un messaggio: [foto delle pietre] "🗿🗿🗿🗿 "; per cherry, unironically. senza ancora sapere che ce l'aveva davanti, ancora pochi passi a tenere separati gli schieramenti. con tutti i cazzo di posti dove avrebbero potuto mandare moka, avevano scelto proprio quello.
    bip
    — che cazzo di demente
    «ok, rude.»
    bip
    [stessa identica foto delle pietre da prospettiva diversa] "🗿🗿🗿"
    — ti vedo
    ah.
    ah.
    solo allora moka sollevò lo sguardo sulle schiene dei commilitoni, immobili. sulle figure che li fronteggiavano. su volti che portavano i segni di settimane troppo intense, di domande senza risposta: tutto sommato, era come se stessero annegando nella stessa pozza di acqua limacciosa. «oh, cherrycola» eh, ma cristoddio; e poi «tu guarda quel figlio di puttana» di preciso law, in quel casino, cosa minchia di faceva. istintivamente, ma forse anche perché voleva evitare che la benshaw lo passasse da parte a parte con il machete, il telly sollevò la maschera, rapidi battiti di ciglia che riabituassero gli occhi chiari alla luce. hm, quello era Mac — chiaramente, indiscutibilmente, Mackenzie Hale.
    una [bestemmia] per ciascuno di loro.
    «ok» cherry gli stava già correndo incontro per abbracciarlo e pugnalarlo alle spalle? come nella scena di Madagascar? chiedo. di sicuro moka fu distratto da un movimento improvviso, che per istinto lo portò ad estrarre la glock dalla fondina; ma era solo Wyatt che si lanciava unhinged sul Matheson per tirargli un pugno. e, vi dirò: «good for him» perché era già pronto per saccagnarlo, moka, a quello stronzetto.
    your crush is showing, cit. e forse in un certo senso era pure vero — le contava su una mano (volendo ammettere anche a se stesso come stavano le cose, forse sarebbe anche arrivato a due), le persone a cui teneva, e purtroppo Lawrence era una delle dita. il medio. quello che gli rivolse mentre Wyatt provava a menarlo.
    ora.
    doveva prendere tempo, il telly; ma non poteva stare fermo. ad aspettare cosa, poi? cherry.
    hhhh. «ok. ok, ok» che magari se lo ripeteva tre volte girando su se stesso funzionava pure — un mantra. gli parve di leggere qualcosa sul volto di Mac, una muta richiesta priva di transcript che con tutta probabilità era un'allucinazione dovuta alle troppe ore di sonno arretrate. gli stava indicando qualcuno? (no, moka, stai sognando ad occhi aperti) faceva proprio pump pump con le sopracciglia, e nel seguire lo sguardo fisso dell'hale si rese conto che puntava in direzione di mort rainey (moka nel suo au, com'è giusto) «ok»
    ancora? sempre.
    rimise la glock al suo posto.
    si avvicinò al caposcuola, generale autonominato dell'efercito di abby, sommo poeta e presto primo ministro immortale (forse mai, cit.); lo prese per la collottola, il peso del proprio corpo a premere contro la schiena di mort per tentare di schiacciarlo a terra e li tenerlo fermo «niente di personale» davvero davvero.

    gif code
    1999
    electrokinesis
    rebel


    hhhh scusate.
    CODICE
    <b>ATTACCO MORT (moka):</b>

    lo afferra come un gattino e lo schiaccia a terra
     
    .
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    wyatt14 pa14 pd50 psmazza da baseballattacco: 12 (law)
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    emilian13 pa13 pd50 psfucile d'assalto | pirocinesiattacco:
    ellis13 pa13 pd50 pspiede di porcoattacco:
    hunter12 pa12 pd50 pstellenattacco:
    willa11 pa11 pd50 psspada a due maniattacco:
    wind11 pa11 pd50 psak47attacco:
    cora11 pa11 pd50 pspugnaleattacco:
    MOKA11 pa11 pd50 psGLOCK17 | ELETTROCINESIattacco: 5 (mort)
    halley11 pa11 pd50 psmanganelloattacco:
    bertie10 pa10 pd50 pspistola semiautomaticaattacco:
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    isaac14 pa14 pd25 pstomahawkattacco:
    mac13 pa13 pd50 pspistola semiautomaticaattacco:
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    mort11 pa11 pd50 psrivoltellaattacco:
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    sorta11 pa11 pd50 psrivoltellaattacco:
    liz11 pa11 pd50 psberetta calibro 9attacco:
    law10 pa10 pd50 psnunchakuattacco:
    reggie10 pa10 pd50 pskusarigama | emocinesiattacco:
    cherry10 pa10 pd50 psmacheteattacco:


    ATTACCO LAW (wyatt): 12 PA
    un bel pugno.

    ATTACCO MAC (arci): 1 PA
    ci stai provando...

    ATTACCO MORT (moka): 5 PA
    impegnati di più.
     
    .
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    cherry benshaw
    So you wanna fight me, are you big enough?
    Kick the back of my knee, are you serious?
    I like your blood on my teeth just a little too much
    Now I’m twisting your arm 'till I hear it break
    [bestemmia]
    E si inizia alla grande, signore e signori.
    Charlyse Benshaw non era una veggente, non credeva ai sensitivi e al Terzo Occhio, ma chiunque con due neuroni funzionanti avrebbe messo quella possibilità in conto. Quasi le mancava il Cremlino e quel coglione di Carlos. Almeno lui aveva potuto trucidarlo senza tanti problemi.
    Aveva tracciato una netta linea tra la sua missione, il suo ruolo in quel conflitto e la coscienza una volta che aveva deciso di schierarsi dalla parte di Abbadon. Era stato fin troppo facile affondare la lama del machete in figure dal volto sfocato, calpestare corpi senza nome ed esultare a ogni nuova città rasa al suolo. Stava perdendo la guerra, la Benshaw, e non c’era un cazzo che poteva fare per impedirlo. Aveva creduto che le misere informazioni che era riuscita a passare all’esercito nemico avrebbero potuto fare la differenza- con il senno di poi, avrebbe attribuito quell’ingenuità alla giovane età. Si credeva tanto esperta del mondo ad appena ventitré anni, eppure non aveva ancora capito un cazzo: la vita trovava sempre un modo di mettertela nel culo.
    Nemmeno avrebbe dovuto avere il cellulare in mano in quel momento, specie se si consideravano che le probabilità di venire traforato da un proiettile erano alte. Fu sorpresa, ma nemmeno tanto, dal trovare un messaggio di Moka tra le ultime notifiche.
    Non avrebbe dovuto aprirlo, non quando il nemico poteva essere ovunque.
    [foto delle pietre] "🗿🗿🗿🗿”
    Ma dai, erano familiari.
    Che dire, il plagio doveva essere comune persino in epoca antica.
    ”che cazzo di demente”
    E poi, tanto perché era effettivamente divertente, sollevò il telefono per scattare una foto delle sue pietre.
    "🗿🗿🗿"
    Studiò per un attimo la foto, gli occhi a cadere su un particolare che fino a quel momento non aveva notato.
    ”ti vedo .”
    «senti law, ho le allucinazioni?» diede una gomitata al fianco di Lawrence per attirare la sua attenzione, passandogli il telefono così che potesse studiare la foto. La sua era una domanda ricorrente dopo aver inalato una quantità disumana di antrace, non si sarebbe nemmeno stupita più di tanto.
    E, invece, col cazzo che quella era un’allucinazione.
    Arabells, Archibald, Ellis, Hunter, Willa, Wind, Moka, Halley, Bertie.
    O insomma, chi tra di loro non stava indossando la maschera.
    Distolse lo sguardo dai suoi compagni. Dovette farlo, perché niente aveva un cazzo di senso e odiava con ogni sua fibra quella maledetta guerra.

    «Possiamo fare quello che vogliamo, giusto?»
    Quello che vogliamo.
    Ancora pensava di avere una scelta, il Telly. Lo invidiava, invidiava che ancora mantenesse l’illusione del libero arbitrio, come se le loro vite non fossero state segnate nel momento in cui avevano deciso di alzare le bacchette contro la loro famiglia, amici, compagni. Erano figli di un sistema malato, un cancro che divorava le parti migliori di loro e sputava fuori soldati. Ma qualcuno doveva pur offrirsi in sacrificio, no? E se poteva risparmiare a Moka di essere marchiato come traditore, di indossare una corona di spine e sanguinare per la Patria, si sarebbe accollata quell’ingrato compito. E sarebbe sopravvissuta per redimersi, con i denti e con le unghie, a costo di usare corpi inermi come stepping stones, perché Charlyse Benshaw poteva essere tante cose, ma non era un voltagabbana. «E lasciare il divertimento agli altri? non penso proprio.»

    Ma quale divertimento.
    Quale cazzo di divertimento, Benshaw.
    Doveva darsi una regolata, era fondamentale che non si lasciasse trascinare a fondo da sentimenti che in quella guerra non avevano nessun posto. Serrò la presa sul manico del machete, lasciando che il peso dell’arma sotto alla sua mano la riportasse alla realtà. Aveva un obbiettivo ben preciso, non era il momento di mandare di lasciare che futili sentimentalismi le impedissero di fare il suo lavoro.
    Ma prima aveva un conto in sospeso.
    Sì, la loro fu l’esatta replica della scena di Madagascar.
    Iniziarono a correre l’uno verso l’altra.
    Le braccia spalancate.
    «CHERRYCOLA!»
    «MOKAROTA!»
    Il machete ancora stretto nella mano.
    Imperterrita verso la figura del Telly.
    Minchia come gliela faceva pagare per aver voluto fare la testa di cazzo.


    «CHERRY?»



    «MOKA.»



    «cherry???????»

    Gli saltò addosso e lo-
    Accoltellò?
    Ma magari.
    Gli tirò una testata sul naso che mai più si sarebbe scordato nella vita.
    Ah sì, poi c’era Lawrence che aveva deciso di darsi alle botte per la prima volta nella sua vita. «ma vuoi vedere che ci facciamo i nostri 30 galeoni a testa alla fine?» si rivolse a Moka, quasi divertita perché da qualche parte doveva trovare una valvola di sfogo. Poi, si voltò verso Lawrence «MIRA ALLE PALLE!» cristo, ma pure le liti dell’asilo doveva sorbirsi. Ci mancava solo che si tirassero i capelli.
    gif code
    twenty-four
    rebel
    spy


    CODICE
    (12) <b>DIFESA LAW  (law + cherry):</b>
    <b>ATTACCO MOKA (cherry):</b>


    ATTACCO MOKA (cherry): testata
    (12) DIFESA LAW (law + cherry): distrae wyatt
     
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    lawrence matheson
    all this bad blood here,
    won't you let it dry?
    It's been cold for years,
    won't you let it lie?
    Poco ma sicuro (Law non avrebbe più messo piede in Russia) Anjelika Queen lo odiava.
    E come biasimarla, infondo.
    Al Cremlino le cose non erano andate molto bene, e Lawrence sperava di rifarsi un po' con quell'ultima battaglia.
    Salazar, fai che sia l'ultima.
    E per quanto potesse averla desiderata e agognata — per quanto avesse saputo, in cuor suo, che sarebbe finita così, mai si sarebbe aspettato di trovare quello.
    Amici.
    (L'unica persona di cui gli importasse qualcosa era lì al suo fianco; quelli che decidevano volontariamente di schierarsi contro non potevano rimanere tali molto a lungo.)
    Colleghi.
    (Un termine che presupponeva avesse un lavoro, o una professione generale, o una qualsivoglia affiliazione o gruppo di appartenenza; non ce l'aveva.)
    Fratelli.
    (Avrebbe dovuto sapere di Wyatt, per poterlo considerare un fratello; e invece quel codardo non gli aveva mai detto nulla.)
    Amanti.
    (Tanti, troppj per tenerne il conto o per ricordare le loro facce; uno valeva l'altro, Lawrence non si soffermava troppo sui volti e non li lasciava mai stagnare troppo a lungo nei suoi ricordi.)
    A conti fatti, non aveva nulla da perdere in quella battaglia — se non la sua maschera da ragazzo per bene. In Russia non aveva avuto molta scelta, in preda ai deliri febbrili dell'antrace, ma lì poteva compiere scelte logiche e rimanere freddo, razionale. Poteva essere il Lawrence che voleva tutti vedessero, e non quello che era realmente.
    Per questo motivo, solo per questo motivo, finse di rimanere deluso quando una delle maschere dei sovversivi si sollevò, mostrando il volto di Wyatt Holland. Ovviamente, che gran figlio di puttana (senza salvare la loro madre); doveva immaginarlo.
    «senti law, ho le allucinazioni?»
    E non cedette neppure al ghigno soddisfatto che sentì nascergli dentro nel riconoscere, dietro un'altra maschera che cadeva, il viso di Moka; approfondì, al contrario, l'espressione smarrita, un cucciolo di labrador confuso e triste. Si trattenne anche dal cercare con lo sguardo Cherry, affondando due lame color cioccolato in quelle chiare dello special — chiaro che fosse dalla parte sbagliata, tipico di Moka Telly. Desiderò per un istante che l'altro fosse in grado di leggere nella sua mente: come puoi farle questo. Ma in effetti, bastava conoscere un po' il Matheson per poter riconoscere quella domanda nell'espressione opportunamente creata per l'occasione.
    «no, chers, nessuna allucinazione questa volta.»
    Il senso di colpa feriva più di qualsiasi arma, e a giudicare dal viso scavato del Telly, e dalle occhiaie profonde, non se la stava passando granché bene.
    (Nemmeno Law, che ancora doveva riprendersi del tutto dai postumi della febbre, e con una gamba ancora parzialmente dolorante per via della pallottola che vi si era confficcata — ma tutto sommato, stava meglio dell'ex grifondoro.)
    Al Telly, comunque, e al suo stupidissimo dito medio, rivolse un sorriso triste; quel “ti prendo a sberle, coglione” rimasto taciuto, e per il quale sperò che non fosse presente nessun telepate lì nel cerchio di sassi monumentali: non voleva rovinarsi la reputazione.
    Anche per questo, quando vide l'Holland dirigersi verso di lui, Lawrence non si mosse.
    Non alzò le mani, se non per aprire i palmi davanti al viso in un gesto di resa ancor prima di iniziare — spara sulla fottuta croce rossa, pezzo di merda. E lo lasciò tirare il pugno, provando a schivarlo solo all'ultimo secondo. Un po' ci sperava che Wyatt lo prendesse: guardatelo tutti! È stato lui a tirare il primo pugno, unprovoked, e senza motivo.
    Lawrence era innocente.
    Ma non era stupido.
    Perciò, con il tifo di Cherry a coprirgli le spalle (si spera.), tentò di afferrare il braccio del giocatore e di portarlo dietro la sua schiena, per tenerlo fermo. «Ed io che credevo avessimo legato, quella sera al parco.» Gli disse, a pochi centimetri dal suo orecchio, aggiungendo poi: «e se non sbaglio, era il mio turno,» un sorriso, quello di Law, che non prometteva nulla di buono: ma solo per attimo, un brevissimo istante, così veloce che Wyatt avrebbe pure potuto credere di averlo immaginato. Poi si ammorbidì, facendosi più sincero. «ma non sono una persona violenta, io» al contrario di quel buzzurro che stava cercando di tenere fermo.
    Bugie, bugie!
    Ma che ne poteva sapere il minore, no?
    «specialmente senza motivo» Pregò quasi che glielo fornisse, un motivo valido per restituire il favore.
    Ripensò alle parole di Wyatt, allora, e allargò il sorriso.
    «ma hai visto? Alla fine mi sono buttato nella mischia anche io» strattonò appena il braccio dell'altro, facendo forza, «a quanto pare, mi facevi il tipo sbagliato»
    «MIRA ALLE PALLE!» non il tifo in cui aveva sperato, ma eh: si accontentava.
    E sapete cosa? Law being Law decise di rispondere nell'unico modo che conosceva: «ew, no, non è il mio tipo» aveva la mascella troppo squadrata e un po' troppo astio nei confronti del mondo a scurire occhi che, altrimenti, sarebbero stati impressionanti per quanto simili ai suoi. «niente di personale, fratello» un eco, quello, al loro ultimo incontro — e ad una vita che nessuno dei due ricordava, ma di cui solo Law era all'oscuro.
    gif code
    nunchaku
    sanguinario
    matricola


    SPOILER (click to view)
    (12) DIFESA LAW (law + cherry): schiva il colpo
    ATTACCO WYATT (law): gli piega il braccio dietro la schiena

    CODE
    <b>(12) DIFESA LAW (law + cherry):</b>
    <b>ATTACCO WYATT (law):</b>
     
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    Adalbert Behemoth
    In my dream I was drowning my sorrows
    But my sorrows, they learned to swim
    Surrounding me, going down on me
    Spilling over the brim
    Waves of regret and waves of joy
    I reached out for the one I tried to destroy
    You, you said you’d wait
    ’Til the end of the world
    “L’ultima notte della nostra vita.”
    Quante volte, nel mese appena passato, aveva formulato quel pensiero? Ogni notte, coricandosi sulle scomode brandine dell’accampamento ribelle di turno, che fosse in Nuova Zelanda o da qualsiasi altra parte, Bertie aveva ascoltato i respiri tutt’altro che regolari dei compagni ed era giunto a quella conclusione. Ogni notte aveva fissato il soffitto della tenda finché questo non aveva cambiato colore, rivelando, nonostante tutto, l’alba di un nuovo giorno. Eppure non era mai riuscito a sentirsi grato. L’ombra di quell’ultima notte aveva continuato, inesorabilmente, a stendersi su di lui, occupando sempre più spazio. Le occhiaie si erano fatte più scure, la rassegnazione più profonda.
    Ora che la parola fine stava assumendo contorni sempre più precisi, la realtà era difficile da ignorare. Forse era stato tutto inutile. Forse sarebbe stato tutto inutile, ancora di più, specialmente quegli ultimi, disperati rigurgiti di quello in cui, in fondo, credeva. Era ironico pensare che, proprio lui, potesse credere in qualcosa. Sempre così apatico, e disilluso, Bertie era consapevole di non poter fare la differenza. Tuttavia, era altrettanto certo di non potersi tirare indietro. Era un imperativo morale. Doveva farlo.
    E doveva fare anche questo.
    Fissò ancora una volta lo schermo del cellulare, reprimendo a stento l’impulso di scagliarlo lontano. Il cursore lampeggiava a un ritmo molto più lento di quello del suo cuore. Già così, non aveva detto addio a tutte le persone a cui avrebbe voluto. E dire che si contavano sulle dita di una mano, o quasi. Ad alcune non poteva dirlo. Ad altre non voleva. La nuova vita di Nice, che tanto l’aveva fatto soffrire – e che tanto aveva invidiato – negli ultimi due anni, in quel momento gli donò un accenno di conforto. Se il mondo non fosse finito, per lei c’era ancora una possibilità, nonostante tutto.
    Ma per lui?
    Non che avesse importanza, in realtà. Era l’ultima notte, quella che stava per cominciare. Lo era davvero, stavolta.
    Chiuse gli occhi e, pur sforzandosi, non riuscì a respirare a fondo, sentendo l’aria fermarsi in gola, lì dove quel groppo sempre più ingombrante gli impediva quasi del tutto non solo di mangiare, ma anche, appunto, di respirare a dovere. Paradossalmente, cosa aveva da perdere?
    “È una cosa a dir poco idiota, te l’ho già detto. Da persone deficienti che sono così inette da credere che tutto il mondo si regga su qualcosa di così insulso. Invece la tua vita non può, non deve ruotarci intorno. Non deve ruotare intorno agli altri. Tu, e solo tu, devi essere al centro della tua vita. Quello che sei, quello che desideri. Quello che vuoi diventare e quella che stai già diventando. Sei più importante di qualunque altra persona, di qualunque altra donna, incrocerà mai il tuo cammino. Ma dato che il mondo sta per finire, e che ci tieni così tanto, lo dirò solo una volta, così puoi toglierti questa stronzata dalla testa.”
    Digitò trattenendo quel poco fiato che ancora aveva, senza ripensamenti, senza pause. Almeno fino a quel momento. Strinse i denti, e il telefono, e guardò l’immagine del profilo nella parte alta della chat. Il sorriso di chi aveva ancora tutta la vita davanti. Mentì a sé stesso, dicendosi che le cose stavano proprio così, sebbene tutto, in lui, sentisse che era esattamente il contrario.
    “Sei amata, Sorta.”


    “Vedesti un uomo, in fondo alla valle, che aveva il tuo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore.”
    Parafrasando De André, che forse risuonava anche nella testa di Bertie, e non solo in quella di Sara, al centro della valle e, ancora di più, del cerchio di monoliti, c’erano uomini e donne. Si sforzò di contarli, tentando di concentrarsi su particolari tanto minuti quanto inutili, dalle divise impeccabili alle armi più o meno visibili strette in mano, dalle espressioni all’irreale silenzio che, nonostante tutto, regnava su di loro.
    Non voleva davvero vederli.
    Non voleva che quei volti assumessero un nome, una storia, un’identità.
    Eppure era bastato uno sguardo, sebbene di sfuggito e subito allontanato, sebbene da lontano e da dietro la maschera, per riconoscerli (quasi) tutti, uno a uno. Compagni di questi e di un’altra vita che solamente adesso, dopo tre anni, per la prima volta gli parve quasi irreale.
    A differenza di quei volti.
    A differenza di lei.
    L’aveva sempre saputo, Bertie, ma aveva fatto di tutto per imprigionare quel pensiero nei recessi più remoti della sua mente, costringendolo a scontare la sua pena insieme a un’altra idea, o meglio, a un sentimento, che non voleva, e non doveva, vedere la luce. Ma giusto qualche ora prima aveva girato la chiave di quella cella, mettendo nero su bianco quelle parole.
    E adesso lei era lì, in carne e ossa, esattamente dove se l’era sempre aspettata.
    “Vedesti una donna, in mezzo alla valle, che aveva il tuo stesso identico umore, ma la divisa di un altro colore.”
    Istintivamente si portò una mano al viso: la maschera era ancora lì. Non che sarebbe servita a molto, sospettava, ma sempre meglio di niente. Senza riuscire a smettere di fissarla si accorse che i suoi piedi si stavano muovendo, proprio come avevano fatto, a poca distanza di lui, quelli di Wyatt, Arci e Moka. Non importava cosa stessero dicendo, o che si fossero già svelati all’altro schieramento.
    Le aveva detto di andarsene, di salvarsi. Ma ovviamente lei non l’aveva ascoltato.
    “Come sempre.”
    Non erano lì per uccidere, ma per prendere tempo. E allora, perché fece così male puntarle la bacchetta contro?
    gif code
    2000
    EX SLYTHERIN
    REBEL


    CODICE
    <b>ATTACCO SORTA (bertie): </b>

    oblivion exponentia

    CITAZIONE
    Oblivion exponentia. Elimina temporaneamente la capacità di chi ne viene colpito di ricordare qualsiasi incantesimo. Colore: lilla. Non Verbale.
     
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    mac13 pa13 pd50 pspistola semiautomaticaattacco:
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    mort11 pa11 pd50 psrivoltellaattacco:
    gali11 pa11 pd50 psmazza da baseball | pirocinesiattacco:
    sorta11 pa11 pd50 psrivoltellaattacco:
    liz11 pa11 pd50 psberetta calibro 9attacco:
    law10 pa10 pd50 psnunchakuattacco: 9 (wyatt)
    reggie10 pa10 pd50 pskusarigama | emocinesiattacco:
    cherry10 pa10 pd50 psmacheteattacco: 4 (moka)


    (12) DIFESA LAW (law + cherry): 5 + 7 = 12
    ATTACCO WYATT (law): 9

    ATTACCO MOKA (cherry): 4

    ATTACCO SORTA (bertie): 3
     
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    willa matthews
    && the worst part is
    I'd do it all over again
    (no, the worst part is:
    I know it's never gonna end)
    Willa era stanca.
    Beh, cosa ti aspettavi dalla fottuta guerra, Will? Certo che lo aveva messo in conto (la stanchezza e i sacrifici e il sangue e le perdite e gli incubi) quando aveva risposto all'appello di William — entrambi, nel dubbio: Barrow e Lancaster.
    Lo aveva messo in conto, ma non voleva dire che lo avesse accettato senza sforzi.
    Ma d'altronde, la guerra non era mai stata una scelta, per lei; aveva imparato, negli ultimi anni, che non c'era posto dove si sentisse più a suo agio di un campo di battaglia, dove sfogare la rabbia era non solo catartico, ma anche rinvigorente. Era diventata esattamente quello che, per tutta la vita, le avevano rinfacciato di essere (senza sapere quanto potesse esserlo, e quali livelli fosse in grado di raggiungere): era diventata distruzione.
    Quando scendeva sul campo di battaglia, Willa smetteva di essere Wilhelmina Matthews e diventava un soldato, un'arma. C'era un tempo e un luogo per dimostrare di avere un'anima (ce l'aveva?) e per fare i conti con i rimorsi di coscienza — e non era di certo quello, con la battaglia che imperversava e i nemici che sferravano attacchi letali senza guardarsi in faccia.
    Non era stanca di combattere, Willa; era stanca di farlo senza mai mettere al sicuro nulla.
    Avevano resistito in Italia (a quale prezzo) e avevano resistito a Washington; avevano mantenuto il controllo su una porzione importante di Parigi e scacciato l'esercito di Lamovsky dalla Norvegia, in qualche modo; avevano evitato che la Grecia e le Galapagos venissero distrutte da creature immonde, vomitate fuori direttamente dalla bocca dell'inferno.
    Ma non bastava mai; qualsiasi cosa facessero, rimanevano sempre un passo indietro. Sempre, fottutamente, indietro. I giornali li davano per spacciati, e ad un mese dall'inizio del conflitto Willa iniziava a sentirsi esattamente così: sconfitta. Non lo ammetteva (in primis a se stessa) ma era così; temeva che avessero fatto troppo, per nulla; che le parole, e gli ordini, di Lancaster li avrebbero portati allo sfacelo più di qualsiasi altra cosa. Voleva credere in qualcosa di buono, Willa, e sperare che tutto quello servisse davvero a qualcosa — ma non era un Wren, ottimista e fiducioso; lei era pragmatica, era diretta, era realista.
    E non vedeva come tutto quello sarebbe potuto finire bene per loro.
    Ne capiva che senso avesse combattere contro amici, colleghi, fratelli e amanti; perché Lancaster li avesse spediti lì, sapendo che avrebbero trovato volti familiari nell'esercito di Lamovsky.
    Ma non era quello il momento di farsi domande.
    Quello era il momento di agire.
    E la prima azione di Willa fu —
    gettare la spada in terra.
    Non l'avrebbe alzata contro delle studentesse, né contro Dominic, né contro presunti compagni d'armi.
    (Cherry, che diavolo ci fai lì?)
    La gettò a terra — perché non poteva promettere che quella lama, già macchiata di fin troppo sangue nemico, si macchiasse anche di sangue amico; non poteva promettere che non sarebbe stata letale, perché nella foga della battaglia, Wilhelmina Matthews smetteva di essere coerente e diventava pericolosa.
    Anche per se stessa.
    La lasciò cadere a terra, e subito dopo buttò in terra anche la maschera, i capelli biondi stretti in due trecce arrotolate alla base della nuca: aveva combattuto già troppe battaglie con il viso coperto, quel giorno voleva guardare occhi negli occhi i presunti nemici. E a quanto pare non era l'unica.
    Avanzò lentamente in direzione dell'unica persona che, ne era certa, l'avrebbe perdonata se avesse colpito un po' più forte. Il loro compito era prendere tempo, no? Sperava di guadagnarne abbastanza intrattenendo la Benshaw.
    «Hey, biondina» alzò entrambe le mani, un sorriso freddo rivolto alla spia, indicando Moka con la testa «lascialo stare, non vedi che si tiene in piedi per miracolo?» invece Willa era il ritratto della salute, eh, con un occhio nero, il labbro spaccato e lividi più o meno giallastri a costellare la pelle chiara. E invece no: Cherry tentò comunque di dare una testata a Moka: okay, I guess. Si strinse nelle spalle: chi era lei per giudicare, se quello era il modo in cui i due amici volevano risolvere le loro questioni. La Matthews, dal canto suo, voleva solo impedire che l'uno o l'altro schieramento facessero qualcosa di cui poi si sarebbero pentiti.
    Ecco perché aveva abbandonato la spada.
    Sospirò, greve.
    E [bestemmia].
    «Va bene, ora basta bambini» afferrò la Benshaw dalla vita, tirandola via: aveva abbastanza forza nelle braccia da potercela fare, e aveva trascinato via Theo Kayne da abbastanza risse da sapere di poterci riuscire davvero (#1pa). «Non ne vale la pena», ma infondo che ne sapeva Willa, che di amici ne aveva forse due e una era sotto terra da svariati anni.
    gif code
    spada
    berserker
    apprendista


    SPOILER (click to view)
    — si toglie la maschera (e abbandona la spada)

    ATTACCO CHERRY (willa): la blocca da dietro

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    <b>ATTACCO CHERRY (willa):</b>


    Edited by kaja - 5/24/2023, 11:29 AM
     
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    Does he laugh the way I did?
    Is this a part of your story?
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    Wind non piangeva, non lo aveva mai fatto, nemmeno da adolescente quando la sua vita andava a rotoli.
    Non piangeva, ma qualche settimana prima aveva salutato Yejun con gli occhi umidi.
    non piangeva, ma qualche giorno antecedente a quello lo aveva fatto, guardando Yejun addormentato, in un letto che non era il loro, in un tempo che non era per loro.
    Non si era pentita di aver preso la prima passaporta per Madrid ed averlo sequestrato per un giorno intero, dandogli speranza, facendogli credere che sarebbe rimasta con lui, che non avrebbe più combattuto, per un po’ ci aveva creduto anche lei a quelle bugie, si stava troppo bene fra le braccia di quel Mun, talmente bene da farle dimenticare tutto il resto, da farle dimenticare la guerra.
    Non lo aveva svegliato, non avrebbe avuto il coraggio di guardarlo negli occhi e dirgli addio ancora una volta, un biglietto con tre parole, sette lettere, ed era andata via
    codarda come lo era sempre stata.

    Anche Halley non l’aveva presa bene, ed infatti l’aveva assalita, quasi picchiata, quando l’aveva poi rivista
    Si era spogliata, silenziosa, dei suoi vestiti da civile a suon di «W I N D» mentre si infilava i pantaloni della divisa «A RISCHIO DI FARCI BECCARE TUTTI» su la giacca, e i capelli che non potevano darle fastidio durante la battaglia «COME HAI POTUTO PER UN WOMO» (si alice, lo lascio così) «Avrei potuto cambiare aspetto in qualsiasi momento» ricordandole la sua natura di metamorfamaga, si tirò su la maschera, imbracciò il fucile, mise a tacere il cuore, terribile consigliere «andiamo, su» e uscì dalla tenda
    Verso l’ultima notte al mondo

    Erano a casa? Wind non ce l’aveva mai avuta, una casa, ma forse la Gran Bretagna era quel posto che più si avvicinava a quel concetto, non con quel panorama, ovviamente, la distruzione le era sempre piaciuta ma ora le lasciava l’amaro in bocca.
    era tutto così difficile
    «te l'ho detto, una cazzata madornale», Wind sorrise da sotto la maschera, quanto era chiacchierone? le ricordava… no basta, non doveva più pensarci, aveva proprio voglia di rispondere a chi lo dici, ma si trattenne, e si sentì unicamente di dargli una pacca sulla spalla, prima che si trovassero dinnanzi ai nemici
    loro non erano mascherati, ovviamente
    si prese il suo tempo prima di decidere chi attaccare, poi fece due passi verso la ragazzina cercando di sferrarle un pugno
    non c’era niente da dire

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    <b> Attacco Gali (Wind):</b>

    le da un pugno


    Edited by Empress. - 24/5/2023, 12:20
     
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    mckenzie hale
    I used to see beauty in people
    But now I see muscle and bones
    You know I never wanted to hurt you
    But I'm sorry, my friend, this is the end
    Mckenzie se ne voleva andare.
    (ma per andare dove)
    Lontano e basta.
    Stava lì, labbra strette fra loro, sguardo basso sulla punta dei propri piedi, e se ne doveva andare. Sentiva il cuore pulsare bradicardico sulla punta della lingua, la vista appannata da stanchezza e tutto quello che in quel mese aveva visto. Sentito. Lamovsky parlava, e Mac - e Mac si faceva delle domande, anche se non avrebbe dovuto permettersele.
    Non era per quello che si era arruolato. Se lo ripeteva di continuo, notte e giorno, sotto il sole e le stelle. Serrava le palpebre e cercava giustificazioni e motivi. Premeva i palmi sulle palpebre abbassate e tratteneva il fiato finchè poteva ed un po' di più. E se la prima settimana si era mantenuto ottimista, dicendosi di fare il minimo necessario per evitare che altri facessero il suo lavoro in maniera peggiore e più violenta, per assicurarsi che Reggie tornasse a casa, la seconda settimana era stanco, e si era lasciato colpire dagli avversari per errore.
    La terza, volontariamente. Non razionalmente, perchè non era così stupido, ma aveva esitato. Ovviamente aveva esitato, perchè se non poteva andarsene e non voleva rimanere, sperava che qualcun altro scegliesse per lui.
    E l'avevano fatto; non nel modo che avrebbe voluto.
    Ingoiava aria, bile, sangue, polvere; si stringeva nelle spalle con mi dispiace non verbali, sollevando gli angoli delle labbra nell'ombra di un sorriso perchè quello poteva ancora farlo.
    Ogni
    giorno
    perdeva qualcosa.
    Ogni
    giorno
    sceglieva qualcosa a cui aggrapparsi per non lasciarsi andare.
    Se prima sognava in grande, nelle settimane aveva dovuto costringersi ad abbassare le proprie aspettative, stringendo le dita sulle cose più banali: se non per un mondo migliore, per sentire tutti i soprannomi che Corvina avrebbe dato al campo; se non per salvare qualcuno, per la luce delle fiamme a riflettersi sul volto immobile di Reggie Lynch; se non per offrire una possibilità, per il sorriso morbido di Turo quando guardava Costas o Sersha - amori diversi, ma sempre di quello si trattava. Se non per se stesso, per Harper; se non per una nuova alba, perchè Joey si sarebbe molto arrabbiato se non si fosse presentato agli allenamenti.
    Ma voleva andarsene. In quel momento, aveva bisogno di andarsene, perchè c'erano troppe persone e troppe voci e troppi rumori e
    - premette i polpastrelli sul collo, forse più forte del necessario -
    voleva volersi abbastanza bene da andarsene, almeno quella sera. Lontano da tutti, perchè onestamente? Mckenzie Leighton Hale avrebbe voluto morire prima di arrivare a quello. Sparire nel buio almeno tutta la notte, prendendo le distanze da ogni persona presente, perfino quelle che nella propria vita voleva davvero. Magari valutare di non tornare. Magari smetterla di strofinarsi la pelle pulita delle dita e le braccia cercando di grattare il sangue - il suo, quello d'altri, quello rimasto appiccicato quando ridendo Run l'aveva stretto a sè spezzando qualcosa di così vicino al cuore da ingannarlo ancora ce ne fosse uno.
    Aveva bisogno di - tempo. Solitudine. Piangere? Forse, ma si sentiva troppo vuoto e distaccato perfino per quello. Non essere giudicato, magari. Non lo sapeva. Magari solo smettere di fingere.
    Non lo fece. Si chinò per soffiare un bacio sulla tempia di Nicky, e non lo fece, perchè erano amici e non l'avrebbe lasciata da sola. E sapeva, certo che lo sapeva, che non aveva bisogno di lui specificatamente, e che fosse solo un... simbolo di qualcosa, ma andava bene così. Tendeva ad accontentarsi, l'Hale, ed afferrare polvere piuttosto che niente. Si diceva anche che se ne fosse andato, qualcuno se ne sarebbe accorto e si sarebbe preoccupato, e non voleva essere un altro problema, perchè pensava ce ne fossero abbastanza.
    Senza farla superfluamente teatrale, il succo era che rimase perchè era la scelta più semplice, e perchè prendersi qualcosa per sè richiedeva un coraggio che il legionario non aveva.
    Il mattino dopo, finse addirittura di svegliarsi come se avesse dormito per davvero.

    Sospirò.
    Strinse le labbra fra loro.
    Non chiuse gli occhi, solo perchè gli servivano per guardarsi spaesato attorno e cercare la strada da cui erano arrivati per ripercorrerla a ritroso. O qualcuno che ridesse di quella enorme battuta, chi poteva saperlo. Tutto era meglio che accettare stesse accadendo davvero, e fossero bloccati lì, e stesse accadendo davvero, perchè ovviamente Mckenzie aveva deciso di svegliarsi stupido e scelto che quelli di fronte a loro fossero dalla stessa parte.
    Di nuovo, più semplice. Ignorò tutti gli indizi delle divise usurate e le maschere in favore dei pochi volti che vedeva e conosceva, e che si rifiutava di credere fossero lì per loro e non con loro.
    Battè le palpebre.
    «non ho capito il gioco» ed invece aveva capito, ma preferiva credere di non averlo fatto perchè era Moka, quello lì, e Mac l'aveva cercato senza trovarlo. Indietreggiò di un passo, battendo ancora le palpebre, sopracciglia corrugate. Espirò di sicuro; inspirò anche? Curvò le labbra verso il basso, una dubbiosa occhiata verso Nicky e Dominic. Poi su Barry.
    Aprì la bocca per chiedergli qualcosa, e la richiuse senza farlo.
    Guardò la mini piromane del gruppo.
    E la ragazza dall'altra parte con il fucile d'assalto.
    «c'è sicuramente un errore»
    (la sua nascita, ad esempio.)
    Guardò Moka.
    Moka guardò Mort.
    Mac guardò Mort.
    Moka guardò Mac guardare Mort.
    Mac guardò Moka guardare Mort.
    Moka: ho connesso i puntini
    Mac: non hai
    Moka: ho connesso i puntini.
    «ok»
    «ma -»
    Niente, era andata così.
    «niente mazza?» Guardò l'altro sventolargli la propria davanti chiedendosi se fosse una minaccia o una proposta. Voleva sfidarlo a Quidditch? Perchè forse allora preferiva farsi sparare subito e mettere fine a quell'atrocità (esistere). Mac non aveva alcuna arma in mano: non aveva estratto la pistola, e la bacchetta era già stata abbassata e riposta. «eppure sei un grande battitore; non avete vinto il campionato il tuo ultimo anno, Mac?» Mac? Istintivamente, ancora in modalità .exe, cercò di afferrare la prima cosa disponibile per tenersi in piedi, stringendo le dita attorno ad un braccio della Losca Figura. Losca figura che tenne lì, strizzando un po' di più, assottigliando le palpebre per - per cosa.
    «un lavoro di squadra» la risposta automatica dell'Hale, perchè era vero e voleva sottolinearlo. Non era mai stato un bravo battitore, dopotutto; solo un ottimo matematico. «uhm» si schiarì la voce. Lo conosceva? HhHh. «senti ma... tu perchè sei qui. magari è la stessa cosa? possiamo -» [bestemmia] [thinkin]
    Niente, alla fine non aveva nulla da aggiungere.
    gif code
    20 y.o.
    help
    sir?
    (1) DIFESA ARCI (mac) si ...aggrappa per tenersi in equilibrio
    ATTACCO ARCI [thinkin] scruta. (però dai vale che lo tenga fermo!!??)

    CODICE
    <b>(1) DIFESA ARCI (mac)</b>
    <b>ATTACCO ARCI</b>
     
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    raegan fucking lynch
    I feel the blood rush come right over me
    You know you will never be right
    In the eyes of the ones who know
    You trusted the devil, she will betray you
    curvò le labbra in un sorriso morbido, reggie. una mano a intrecciare la catena del kusarigama tra le dita, l’altra a carezzare le ciocche setose. gli occhi fissi sulla scena in evoluzione davanti a lei – sui pochi volti scoperti che scorgeva tra le file dell’opposizione, e l’espressione di sconforto riflessa su quelli dei suoi compagni.
    che cazzo di dramma inutile. c’era un je ne sais quoi di esilarante, eh, ma fino a una certa; che tutte quelle lagne le parevano un po’ esagerate, insomma. e lei che pensava d’essere il pesce fuor d’acqua della situazione. lì non per seguire un ideale, ma per imbrattarsi le mani di sangue – rendersi utile alla sua personalissima causa, quella della convenienza, e possibilmente dissetare un po’ la venuccia sadica. e invece, tu guarda. un soldatino coi fiocchi, in confronto. indifferente a tutto e a tutti, come da volontà di papino abby.
    cioè, capito a chi cazzo spettava fare la persona seria.
    «non ho capito il gioco»
    manco lei, nel dubbio.
    «sarò schietta, perché i bravi bambini non dicono le bugie.» un avviso da parte di raegan lynch in persona, ma anche di giulia che tra una revisione e l’altra fissa il vuoto e sente un istinto ferale in crescita vorticosa: «non esiterò» virgola, bitch.
    e che nessuno l’accusasse per aver tentato di amputare un braccio all’amico di merende dell’asilo. come se a lei potesse fregare una beata minchia, poi.
    dettagli.
    impugnò meglio l’arma, schiarendo teatralmente la gola prima di fare i suoi passi leggeri verso la faccia anonima più vicina. una valeva l’altra: la filosofia di vita che l’aveva trascinata fino a quel punto, e che nello stato corrente delle cose non aveva fatto altro che intensificarsi.
    piegò il volto contro la spalla, e squadrò la figura da capo a piedi. «ciao amo.»
    e gli diede appena il tempo di registrare la sua presenza, ad adalbert behemoth – alzando il kusarigama per rotearlo in aria e possibilmente incastrarlo nella carne della sua spalla, trascinarlo in avanti.
    «ti conosco?»
    mah. una risposta che dipendeva dai punti di vista, probabilmente. di faccia? di nome? certo che lo aveva conosciuto, bertie. tra i corridoi di hogwarts, sui registri di scuola; in un incubo condiviso, persino. terminato con la cruda morte di reggie, per giunta. same old, same old.
    non erano stati amici – ma di chi era stata amica, reggie, d’altronde. un quantitativo così limitato di persone da poterle contare tra pollice ed indice. un ratio perfetto, il suo, tanto da non essere minimamente intenzionata a cambiarlo. di certo non in guerra. di certo non per bertie.
    anche perché: si strinse nelle spalle, un sospiro a fuoriuscire dalle labbra tinte. «non importa.»
    era lì per ucciderlo, o no?
    no, era lì per perdere tempo. ma cos’era, quel perdere tempo, se non un sillogismo inutile? sapeva leggere tra le righe, raegan lynch. quando voleva.
    gif code
    est. 2003
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    sanguinario


    SPOILER (click to view)
    ATTACCO BERTIE (reggie): gli infila il kusarigama nella spalla
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    <b>ATTACCO BERTIE (reggie):</b>
     
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    cherry10 pa10 pd50 psmacheteattacco: 4 (moka)


    ATTACCO CHERRY (willa): 10 PA

    ATTACCO GALI (wind): 2 PA

    (1) DIFESA ARCI (mac): 12 PD (+11 PA)
    ATTACCO ARCI: 10 + 11 = 21 PA
    [heavy thinkin]

    ATTACCO BERTIE (reggie): 10 PA
     
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    bengali tipton
    The burning is so low it's concerning
    'Cause they know that when it goes out
    It's a glorious gone.
    Gali sapeva che, prima o poi, sarebbe arrivato il momento di tornare a casa. Lo sapeva ma aveva provato a non pensarci, a rimandare il problema fino a che non sarebbe più stato possibile ignorarlo. Fosse stata una cronocineta, probabilmente avrebbe fatto sì che quel giorno non arrivasse mai. Non lo era però.
    Era una dannata pirocineta.
    Non l'aveva mai pensata a quel modo prima. Aveva sempre detto cose come "so controllare il fuoco" o "ho la pirocinesi", come fosse una malattia e non un dono. Non aveva mai dato ai suoi poteri la possibilità di definire la sua stessa essenza, li aveva sempre rifiutati, aveva sempre cercato ogni modo possibile per dissociarsene.
    Sono una pirocineta.
    Lo aveva capito solo quando, con le sue fiamme, aveva ucciso un uomo. Quando, dopo averlo fatto, non aveva provato rimorso o senso di colpa o paura o disgusto – soltanto soddisfazione. La sensazione di essere finalmente utile a qualcosa, di avere un senso, uno scopo. Un posto.
    Non sapeva se il suo posto fosse realmente lì, tra le fila di quell'esercito e da quel lato del campo di battaglia. Forse sì, forse se ne sarebbe pentita, ma poco importava a quel punto: era lì perché lo aveva scelto, perché voleva essere lì, ed avrebbe lottato con le unghia e con i denti affinché la sua presenza non fosse stata vana.
    Però tornare a casa restava pur sempre difficile.
    Era facile scappare dall'altro lato del mondo, combattere al fianco di persone sconosciute contro facce altrettanto sconosciute. Fingere di essere un'altra Gali, in un altro tempo, in un altro pianeta. Più difficile era farlo lì, in Inghilterra, a casa. A quel punto le opzioni erano due, vivere o morire, ed entrambe portavano con sé una discreta dose di contro indicazioni.
    Vivere significava dover dare delle spiegazioni dopo. Significava assumersi le responsabilità delle proprie scelte. Morire significava non poterlo mai più fare. Non era una decisione semplice e, in fondo, non dipendeva nemmeno completamente da lei. Poteva soltanto fare il suo, come aveva fatto fino a quel momento, come sempre.
    «o la va...» spostò lo sguardo sugli altri. Maschere, sì, ma che se anche non ci fossero stato non avrebbero cambiato niente per la Tipton. Nessuno di loro era importante. Nessuno indispensabile. Le uniche persone in grado di fermarla non erano lì, e questo era tutto ciò che contava.
    Lanciò un'occhiata verso i suoi compagni. A loro dispiaceva sicuramente più che a lei, e forse la cosa avrebbe dovuto quanto meno turbarla.
    Non lo fece.
    Non quando una degli altri aveva già deciso di sferrarle un pugno senza farsi alcuno scrupolo. Era una pirocineta, sì, ma era una bambina. Quale scrupolo avrebbe dovuto porsi lei, allora?
    «o la spacca» si abbassò con uno scatto, cercando di evitare il gancio della Thunderstorm. Strinse quindi le dita attorno all'impugnatura della mazza «Roxie dammi la forza» mormorò, prima di puntare alle gambe di Wind per uno sgambetto violento. O magari per romperle una gamba. O tutti e due (lo sgambetto e la gamba rotta, non entrambe le gambe) (ma alla fine anche entrambe le gambe perché no).
    gif code
    16 y/o
    pyrokinesis
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    (2) DIFESA GALI (gali + nicky): si abbassa
    ATTACCO WIND: le tira una mazzata sulle gambe


    CODICE
    <b>(2) DIFESA GALI (gali + nicky):</b>
    <b>ATTACCO WIND:</b>
     
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