pro: giza

«Mh.»
Ivette Beaumont schiocco un paio di volte la lingua sotto il palato, poi infilò l’indice nel colletto della divisa, tirando.
Faceva un caldo assurdo, anche se il sole stava tramontando.
ma non poteva lamentarsene, da lì a poco magari sarebbe crepata (e basta) di freddo; dita smaltate di rosso che tenevano strette il fucile, capelli intrecciati e raccolti dietro la nuca, sembrava quasi una caricatura, Ivette, per quanto minuta era, quasi l’arma sembrava più grande e pesante di lei, quasi sembrava che riuscisse a stento ad imbracciarla «Almeno il panorama è gradevole» morte e distruzione? i cliché di una guerra che allietavano l’animo della Beaumont, se infatti la statura e la corporatura esile potevano trarre in inganno, lo sguardo truce, la linea dritta delle labbra e le sopracciglia aggrottate non lasciavano spazio a dubbi: li odiava.
E non avrebbe avuto pietà per gente del genere, se vivere con sua sorella le aveva insegnato qualcosa, quello era il sadismo, e una passione nel far provare dolore alla gente, Ivette era una brava alunna, non avrebbe deluso Akelei «hai capito la resistenza ,ora hanno anche i soldi per comprare le mine» occhi azzurri che seguirono il suono della voce del suo compagno di squadra, quel suono metallico sotto le piante dei piedi, occhi sul pavimento «già, quando non dovrebbero nemmeno avere aria da respirare» non potevano muoversi, e quei bastardi incappucciati si godevano la vista, se la ridevano quasi.
Ivette chiuse gli occhi e prese un bel respiro.
afferrò la bacchetta «parli un po’ troppo, dovresti guardarti le spalle per bene» a kaz, catalizzatore verso Fazl «Aqua Eructo», quel tipo le dava proprio sui nervi. infilò la bacchetta nella cintura dei pantaloni e imbracciò il fucile sparandogli 4 colpi, sperando che andassero a segno; e poi? la tipa le lanciò un disco volante, Hot venne in suo soccorso lanciando uno stupeficium, Ivette la seguì a ruota pronunciando «Gravedinem», doveva dire che fra i membri i due innamorati erano quasi i suoi preferiti, feroci come piacevano a lei, con un cenno del capo ringraziò la bionda, pronta a riattaccare nel caso ci fosse stato bisogno, non potersi muovere era una maledizione, accidenti

Non era così che doveva andare.
Non era quello che doveva succedere.
Il fatto che Nicky Winston sapesse che una guerra significasse morte e distruzione, che significasse che civili avrebbero pagato con la perdita della casa o della vita le conseguenze di decisioni importanti, non voleva dire che si aspettasse settimane di combattimenti. Di genocidi. Di morti inutili. Ancora
e ancora
e ancora.
Quando le avevano detto che sarebbe partita di nuovo con Rick e gli altri, si era imbottita di ansiolitici, sperando che il dolore alla pancia e alla schiena, la nausea e il mal di testa, sarebbero passati prima di arrivare sul campo, permettendole di restare abbastanza lucida per quello che avrebbe dovuto fare all'ennesima missione che li avrebbe portati all'ennesima strage.
Nicky era stata cresciuta in una famiglia purosangue per bene, progressista a modo suo ma pur sempre fedele al governo. Nonostante lei in prima persona fosse favorevole all'integrazione degli special più di quanto non fossero certi suoi colleghi ministeriali, aveva sempre capito l'ordine che pretendeva il regime.
Il sangue che veniva pagato in cambio di pace.
Le torture e la morte come punizione per chi non si comportava bene.
Il dolore di pochi per un mondo sicuro per molti.
Si era arruolata perchè non voleva restare a guardare, perchè pensava non ci fosse nulla di male ad unire il mondo magico a quello babbano - anzi -, perchè sembrava conveniente liberarsi per tempo dei purosangue bigotti e dei babbani che - come i cacciatori anni prima - avrebbero fatto del male a special e maghi. Si era arruolata perchè voleva fare la differenza. Si era arruolata perchè voleva combattere i cattivi. Perchè voleva essere un soldato giusto, e non uno di quelli cattivi nei film lì solo per fare casino. Voleva essere utile, per una volta.
Ma ora sembrava tutto così sbagliato.
«Almeno il panorama è gradevole»
«quindi a scuola imparate anche cose utili tipo odiare i babbani. strano. pensavo foste tutti imbecilli in quel posto»
I suoi compagni, sembravano così sbagliati.
Chinava la testa ogni volta. Non rispondeva. Ma qualcosa si incrinava di più ogni giorno e ad ogni frase.
I rivoluzionari non erano ministeriali che non volevano dare un posto agli special nel nuovo mondo. Non erano neanche quattro babbani stronzi. Erano tanti. Alcuni erano giovani.
E Loro dovevano ucciderli senza guardare in faccia nessuno. Non loro, non i civili che cercavano di proteggere.
Voleva tornare a casa. Arrotolarsi sopra Halley sul divano mentre Meh le accarezzava i capelli e Hunter si lamentava che Beh fosse in ritardo per la videochiamata.
Voleva non essere una fottuta serial killer e non sentirsi un mostro che non sa più per cosa sta lottando ma lo fa solo per inerzia, perchè non sa come uscirne-
«...-Mine...»
Alzò la testa sbattendo gli occhi, cercando di ricollegarsi alle parole dei compagni fermando il piede appena in tempo, per fortuna.
O purtroppo.
Deglutì fissando il pavimento, e scosse la testa arrossendo da sola per il pensiero.
«...e... episodio due stagione uno dell'hellfire club» disse. A chi? A sè stessa, a chi voleva ascoltare «le trappole nel primo dungeon»
Ed era così che faceva per evitare di pensarci troppo, di pensare al male che stavano facendo per un bene superiore che sembrava sempre meno importante: spegneva la parte razionale del cervello, faceva finta fosse tutto un gioco. A volte scriveva a Mac, a Meh, a Erin. A volte parlava da sola e basta.
Fece un flos contro il proiettile che le stava arrivando addosso, lanciando poi un incanto roseus verso un altro Rivoltoso, perchè le rose lo bloccassero dall'attaccare Bae.

«meh»
«poteva andarci peggio, dai.»
Sorrise, passando il braccio attorno alle spalle di Hot quando questa gli si avvicinò un po’ di più e facendo cadere lo sguardo sul resto del gruppo. Doveva dire che, a sentire i racconti di Mort, aveva davvero temuto ad ogni singola battaglia di beccare importanti casi umani – prendeva sempre con le pinze le parole del fratellastro, attento a spogliarne i monologhi da tutti i ghirigori e gli excursus narrativi che tendevano a farlo sembrare un sociopatico agli occhi della popolazione mondiale magica, ma non dubitava (sempre) di ciò che gli riportava: d’altronde, aveva potuto constatare con i propri occhi che a quella guerra avessero dato le armi davvero a cani e porci.
«quanti cammelli pensi possa valere? non li accetteresti, vero?» sollevò un ramato sopracciglio, iridi verdi a studiare il profilo della ragazza. «cosa dovrei farmene di una mezza dozzina di cammelli?» una domanda sincera, la sua – così com’era casuale il numero sparato: che cazzo ne poteva sapere lui, del cambio valuta sterline-camelide. «però se mi offrono qualche pezzo d’oro… potrei pensarci.»
«pensavo foste tutti imbecilli in quel posto; al ministero gira uno svitato tutto fiero e prepotente e distribuisce copie della sua autobiografia e si crede chissà chi – una macchietta, quasi mi dispiace per lui, penso anche che il black gli stia preparando già la tomba» volse lo sguardo al giovane vecchio, scoprendo i denti in un ghigno divertito. «ah, sì, mio fratello.» voleva bene al caposcuola, con tutto il cuore: era la sua famiglia, l’unico punto al quale appigliarsi quando era andato tutto a puttane; idealmente, era l’unica persona che potesse prenderlo per il culo. Praticamente? Eh, ce la stava mettendo davvero tutta per mettere il deretano in bella vista e farselo prendere a calci. Rispettava le sue scelte. Ciononostante, Kaz – uh, doveva essere un problema del nome – si era appena guadagnato un punto in meno sull’indice di gradimento del serpeverde.
E poi – le mine. «è un fottuto scherzo?»
«nel dubbio, non muoverti.» una constatazione banale e logica: il problema era che la Saus, logica, non lo fosse affatto. Da un momento all’altro, non si sarebbe stupito se l’avesse vista togliere il piede e scattare con la mazza a rotearle sulla testa. «winston?» richiamò l’attenzione della ragazza, sventolando in aria la mano. «qui siamo indecisi, puoi provare a vedere se sono bombe?» per la scienza. Non aveva nemmeno nulla contro Nicky, ma a guardarla sembrava quella che si sarebbe fatta esplodere con più felicità pur di non continuare a stare lì: l’avrebbero ricordata come una martire, un’eroina d’altri tempi, cose così.
«hai capito la resistenza, ora hanno anche i soldi per comprare le mine»
«già, quando non dovrebbero nemmeno avere aria da respirare»
Lanciò uno sguardo a Hot, illuminato. «oddio, mi piacciono loro.» potevano tenerli – ed usarli come scudo umano solo se strettamente necessario. Gli altri due erano più a rischio.
Estrasse la bacchetta, puntandola con un sospiro verso l’uomo che stava puntando l’ex Tassorosso e lanciando un blando «expelliarmus» per fargli perdere la presa sulla pistola. «pensaci, eh!» alla ragazza, un foramen alla testa dell’uomo e gli occhi chiari fissi su Nicky: rude da parte dell’egiziano volerle far togliere con la forza il piede dalla mina; non sapeva che aveva i suoi diritti e libertà di scelta? Se avesse voluto farsi esplodere, avrebbe dovuto essere per il team e non perché era stata costretta. E poi, lanciò uno stupeficium a Rihanna – perché non ho tempo di cercare qualcosa di più fantasioso.

Ivette Beaumont non era una persona paziente.
lo dimostrava il fatto che lo stare lì, ferma, senza poter agire come avrebbe realmente voluto le stava facendo saltare i nervi.
Avrebbe voluto strozzarli ad uno ad uno, stringendo le dita sulla loro gola, ma non poteva, era fottutamente bloccata.
«pezzo di merda» eh si proprio a te In’am, pure un nome di merda c’hai, manco tua madre lo sa come si pronuncia «perché non ti togli il passamontagna e vieni più vicino? così posso farti il culo a strisce pure se non posso muovermi » sorrise ivette mentre afferrava la bacchetta e la puntava verso di lui pronunciando un «Petrificus totalus» e ancora, verso la sua gola «Foramen»