La verità era che nella vita di Troy Bolton Hawkins, nessuno era mai stato gentile. Gli unici che avrebbero potuto essere l’eccezione a quella regola non scritta, li aveva abbandonati ancora in fasce, e per quanto le sue scelte si fossero rivelate un enorme :sparks: fallimento :sparks:, sapeva anche che avendone la possibilità, l’avrebbe rifatto: almeno quel tipo di inferno se l’era trovato da sola. Le lusinghe, di conseguenza, aprivano tutte le porte, perfino quando così ovviamente mascherate dietro una scusa per cambiare argomento. «sono venuto qui solo per scelta. ma se non l'avessi fatto non ti avrei conosciuto, quindi sono doppiamente felice così» Alzò una spalla poggiandovi sopra guancia e sorriso, naso adorabilmente arricciato ed una mano ad agitarsi vaga nell’aria. «sei un ruffiano» che a quanto pare è sinonimo di pappone; due domande me le farei. «non una critica. Continua pure» Chi era lei per dire basta a complimenti gratuiti? BRAVO, DIMMI ANCORA CHE SEI FELICE DI AVERMI CONOSCIUTO, SEI LETTERALMENTE L’UNICA PERSONA AL MONDO CHE ME L’ABBIA MAI DETTO – e probabilmente l’unica – CONTINUA CON L’OTTIMO LAVORO! Vorrei dire che in quel momento si fosse fatto un’amica per la vita, ma… la vita di Troy non era propriamente sua, e non poteva dedicarla a nessuno. Riusciva a malapena a prendersi qualcosa per se stessa, ed era già una battaglia abbastanza ardua senza aggiungere terze – quarte, quinte, eccetera – persone. «posso depennare "farmi dedicare una canzone col nome sbagliato ad un locale pubblico" dalla mia lista di cose da fare prima di morire» Roteò il polso, abbassando il busto in un inchino. «quando vuoi. Se c’è altro sulla lista in cui posso aiutarti, fammi sapere» magari era quello il suo scopo nella vita. Anni ed anni a rincorrere l’obiettivo sbagliato, per poi scoprire che, come un Caronte da due soldi, dovesse solo aiutare le anime in pena di quel mondo a giungere a quello successivo con meno fili a tenerli ancorati a terra. Gesù, era pure un qualcosa di poetico; si annotò mentalmente di ripensarci in seguito. «ma davvero, scatoletta di tonno, ti serve una mano per uscire dalla tua... situazione? forse posso fare qualcosa per te» prese tempo sorseggiando il tè – troppo dolce, già detto? e troppo analcolico, grazie tante – ed umettandosi le labbra, un sospiro soddisfatto fischiato fra i denti. Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta in cui aveva passato del tempo con qualcuno come Troy, e non come la marionetta di Kosmo. Probabilmente, da quando era scappata di casa, e già allora le sue uniche compagnie erano bambini che ancora non sapevano parlare. Un assaggio di libertà che le fece soppesare la proposta più seriamente di quanto non potesse permettersi, sfiorando con le dita la possibilità che potesse davvero aiutarla, e quella potesse essere la sua vita. Non nello specifico fingersi sposata ed incinta per farsi offrire colazione-pranzo-merenda-cena (probabilmente. Non assicuro nulla) ma… qualcosa di suo da fare con il proprio tempo libero. Magari si sarebbe data al decoupage. Magari avrebbe chiesto il reddito di cittadinanza ed avrebbe comprato un telefono decente che provenisse effettivamente dal ventunesimo secolo. Magari avrebbe scoperto di amare l’equitazione. «dipende, sei ricco?» Non aveva chiesto aiuto quando ne aveva realmente bisogno, non l’avrebbe fatto in quel momento. «probabilmente puoi comprarmi. Tutto ha un prezzo per kosmo» fece spallucce. Stava scherzando? Sì, perché non pensava davvero l’avrebbe comprata., ma no, perché Kosmo davvero sarebbe stato disposto a venderla, ad una cifra ben al di sopra di quanto Troy meritasse (ed era un Leone; si amava e si riteneva senza prezzo, ma andiamo, bisognava anche essere realisti nella vita). «magari puoi chiedere un mutuo? Non sono economica, ma valgo ogni penny» non sapeva cucinare, né usare una lavatrice senza smadonnare, però era una grande compagna di maratone di film e serie tv, e sapeva tutti i bop degli anni ‘90. Also, «so anche fare questo» piegò indice e medio per fare la metà cuore dei gen Z. Tanta roba.
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