a scar means I survived

ft. cranemort

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    Il silenzio nella stanza era rotto solo dai colpi di tosse saltuari dei pazienti e i respiri pesanti di chi stava già dormendo nonostante l'ora. Le mani di Dakota si muovevano lente e con precisione chirurgica, nessun tremore a smuore le dita che, con sicurezza, cucivano la pelle del ragazzo. Al Wayne non dispiaceva lavorare senza parlare - amava quello che faceva per vivere, non aveva bisogno di intrattenersi nel frattempo - ma di certo non era abituato ad avere a che fare con pazienti che non necessitavano di essere distratti mentre infilava un ago nella loro pelle - anestesia o meno; aveva giusto spiegato al ragazzo quello che stava facendo, come avrebbe operato per intervenire sulla ferita, ma non ricevendo domande in merito aveva preferito stare zitto anche lui, temendo l'altro non ne volesse sapere nulla. Di tanto in tanto spostava lo sguardo, giusto per assicurarsi che il biondo fosse sveglio, che non fosse svenuto alla vista del sangue o della ferita, ma il corvonero era intento ogni volta a seguire con sguardo fisso e neutro il lavoro del neo infermiere.
    Dakota non si era sorpreso per niente a trovare all'ingresso del castello Joseph sporco di sangue, in arrivo da chissà dove - ma questo non voleva dire che (soprattutto in quanto nuovo infermiere della scuola) non avesse insistito per portarlo in infermeria e curarlo. «È solo un graffio» «ti sporcherai la divisa». Joseph aveva guardato prima l'avambraccio, madido di sangue, poi verso il corridoio dei sotterranei, come aspettandosi che sarebbe spuntato qualcuno a dargli motivo di non seguire Dakota; non era arrivato nessuno. «Ok».
    Una volta in infermeria, Joey aveva provato a insistere per pulirsi da solo, con scarsi risultati, e poi Dakota si era messo a ispezionare il braccio e i grossi tagli.
    E a togliere pezzi di vetro.
    «come-» «Non sono cazzi tuoi» Dakota non aveva insistito oltre, conoscendo i propri limiti nel chiedere al Moonarie come si fosse procurato una ferita simile fuori Hogwarts, ma questo non voleva dire che non fosse preoccupato: perchè Joey si era dovuto difendere con il braccio da una bottiglia di vetro lanciata contro di lui? I lividi, su cui Joey per un po' aveva tenuto il ghiaccio, se li sarebbe potuti essere fatti ad allenamento di quidditch, cadendo dallo skate... e ok, anche in una rissa, ma erano lividi; non più gravi di certe ferite di guerre da cui uscivano gli studenti dalla sala delle torture. I tagli del braccio, alcuni dei quali profondi e che avevano necessitato cucitura, dentro alcuni dei quali aveva ancora trovato pezzi di bottiglia, erano davvero- troppo. Dakota continuava a chiedersi come fosse potuto succedere, contro di chi, perchè.
    «Perchè non usi la magia?»
    Dakota spostò lo sguardo su Joey, sorpreso che gli avesse rivolto una domanda. Il biondino guardava l'ago nella mano di Dak «nel ventiduesimo secolo a lavorare negli ospedali c'erano babbani, maghi e special, tutti insieme. Il mio tutor era un babbano e... immagino di essermi abituato ai suoi metodi? Ci sono cose che ora mi trovo meglio a fare senza magia» il biondo non rispose, e con un sorriso appena accennato Dakota tornò al lavoro. Quando ebbe finito, per la fasciatura usò un ferula, sentendosi quasi in dovere di stringersi leggermente nelle spalle spiegando a Joey: «è più veloce così» Il biondo si guardò il braccio, provò a piegarlo con successo. «senti prurito? L'incantesimo anestetizzante durerà anche qualche minuto» Joey non rispose. Dakota lo prese per un "tutto ok". Si spostò per lasciarlo scendere dal lettino dove si era seduto, e senza dire altro il biondo fece per andarsene. Non riuscendo a trattenersi oltre, il Wayne gli si piazzò davanti, bloccandolo. Sapeva ormai fosse grande, nonostante l'altezza e frequentasse ancora il quinto anno, ma gli sembrava di avere di fronte ancora il ragazzino che arrivava in silenzio in infermeria solo quando portato da altri, con troppi lividi e troppe ferite che non arrivavano mai tutte dalla sala delle torture. Qualcosa nel Moonarie gli ricordava il Jason studente che aveva conosciuto anni prima, e non in senso positivo. Oppure l'irrigidirsi similmente a Scott quando qualcuno entrava nel suo spazio vitale senza ricevere prima il permesso... «Joseph-» «Joey» «Joey, se succede qualcosa di grave, o qualcuno ti infastidisce-...» «Non verrei a dirlo a te» Dakota incassò annuendo. «immagino, ma sappi che potrei aiutare» «È tutto sotto controllo; non mi serve il tuo aiuto»
    «non l'ho mai pensato. Una mano da un adulto, però, potrebbe esserti comoda»
    Sbuffando una risata leggera dal naso Joey lo superò, ma fatti due passi con grande sorpresa di Dakota il biondo si fermò, voltandosi per fronteggiarlo di nuovo. «Probabilmente non lo ricordi, ma quando facevo il primo anno hai ritagliato un cerotto a forma di pesciolino, per cercare di convincermi a farmelo mettere da te»
    «me lo ricordo» Dakota sorrise leggermente, e per un momento vide qualcosa di simile alla sorpresa misto imbarazzo attraversare il volto del ragazzo; sparì in fretta. Dakota ricordava i ragazzini che erano passati dall'infermeria per i due anni e mezzo che ci aveva lavorato, se non tutti quasi; a volte non li riconosceva, perchè cresciuti tantissimo negli ultimi anni, ma Joey era difficile da dimenticare - e ricordava anche bene quell'episodio citato. «Ti piacciono ancora i pesci rossi?»
    Joey tentennò, ma riprese il proprio discorso ignorando la domanda: «Non sono più un bambino. Non devi ritagliarmi i cerotti per farmi sorridere» Fece una smorfia «Non sei mio padre»
    Dakota lo guardò allontanarsi senza aggiungere altro se non un «torna quando vuoi», e Joey non si voltò più, uscendo semplicemente.
    Il Wayne sospirò, e prese lui posto sul lettino. Aveva accettato il lavoro come infermiere a hogwarts credendo sarebbe stato fatto solo di lati positivi (un altro occhio ribelle a controllare la situazione, un tuffo nel passato...), e pensando che comunque non sarebbe cambiato molto da lavorare in pediatria al san mungo, visto i suoi pazienti sarebbero stati pur sempre bambini... ma non aveva considerato una cosa: «che peso gli adolescenti»
    sep '19
    h: 6pm
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    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco


    cosa? se continuerò a riciclare tutte le role di provA? sì certo .
    AGGIUNGETEVI PURE XOXO drama o meno *^*


    Edited by ‚soft boy - 22/10/2019, 20:07
     
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    Spostò il borsone dal letto, abbandonandovisi poi con un sospiro stremato ed il braccio a ricadere pesantemente sopra gli occhi. CJ Knowles - diciannove anni, ex prefetto ed attuale alunno dei Tassorosso, eredità di un futuro dov’era figlio e nipote e padre - trovava più stancante essere quel CJ in quel mondo, che l’essere il cazzo di figliol prodigo del prete di paese a Bodie, California, 1917. Da quand’erano tornati nel presente, c’era un assurdo senso di quiete angosciata che, in quanto bestia bipede, lo agitava senza alcun motivo apparente. Come la leggenda narrava gli animali si inquietassero in procinto di una tragedia imminente, così il Knowles reagiva alla tregua di Abbadon: male. Era sempre stato un ragazzo all’erta, mai rilassato malgrado il sorriso noncurante a pender dalle labbra facesse intendere altro; sempre sull’orlo di un abisso invisibile ad altri, affacciato su pozzi senza fondo in attesa che la terra cedesse e lo risucchiasse nei suoi cazzo di buchi sotterrandolo mai del tutto vivo, e non abbastanza morto. Quella…quella vita normale, fatta di lezioni, quidditch, la sua ragazza ed i suoi amici, era – era irreale, ecco che cazzo era. Lo stressava più dei viaggi nel tempo, più delle lotte intestine fra gang nelle periferie di Londra, più di domandarsi ogni notte dove fottutamente avrebbe dovuto dormire. Non la capiva, una vita che non andasse giornalmente conquistata. CJ Knowles, il camaleontico CJ Knowles, non riusciva ad adattarsi all’equilibrio; tutto il caos che mancava attorno a sé, a cui per tutta una vita s’era disposto ordine per potervi dare un senso, gli si era fottutamente ritorto contro. Gli aveva morso la mano, quel piccolo bastardo, contaminando una mente che nel caos ci aveva vissuto per esistenze, ma che quello stesso caos l’aveva sempre lasciato fuori dal cazzo. Lo annebbiava; lo impigriva, rendendolo indolente e – fottutamente stanco.
    Inspirò ed espirò, concentrandosi sul dolore al petto nell’eccessiva dilatazione dei polmoni. Non era fatto per vivere, lui; i CJ del mondo, sapevano solo sopravvivere o morire.
    Accolse il (poco) delicato tentativo di Cocaine di salire sul materasso con un basso ringhio frustato, premendo però la mano sul letto così da abbassarlo e facilitare la salita del cane. Quando gli pungolò il fianco con il piatto muso deforme, sibilò solo un «non ora, cocaine» prima di rendersi conto che quella bestia infida, sibilenca e sbercia, del suo bulldog francese, non fosse affatto interessato a lui.
    Perlomeno, non quanto lo era al copriletto sotto, di lui.
    Oh, no. «oh, no» una sensazione d’umido si fece strada attraverso la sottile camicia della divisa, anticipando già quel che il Knowles, conoscendo I suoi polli handicappati, temeva. «oh, nO» saltò in piedi tirando con sé il copri lenzuolo, scagliando così un esaltato Cocaine a rimbalzare sul letto del vicino. Gli occhi verdi del Tassorosso scattarono dal lenzuolo, alla borsa.
    Dalla borsa, al lenzuolo. E tolto quello, rivolsero il proprio disappunto al materasso. «merda» un’occhiata al calendario posto sul comodino, con le date cerchiate di rosso e la scritta inferno a pulsare di vita ogni ventotto giorni. Uno, due, tre – diciotto, diciannove, venti, «ventun giorni??» tu ququoe Trincea, vagina mei. Il primo ciclo mestruale di Trincea, era stato il giorno stesso in cui suo suocero, anche conosciuto come prof Barrow, aveva dato loro l’ingrato compito di prendersi cura di un organo genitale. Era stato tentato di prendere un pene, il Knowles, ma si era infine convinto a stringere le mani attorno a Trincea in quanto sarebbe stata una sfida personale, fare da baby sitter ad una vagina.
    Rimpiangeva tutto.
    «vaffanculo» il ciclo anticipato no, non l’avevo considerato. Una delle tante testimonianze sul perché il Knowles sarebbe stato un genitore di merda: non sapeva davvero prendersi cura di qualcuno senza imprecare tre volte ogni due; Dio grazie che Fawn fosse già adulta e vaccinata. Seccato, afferrò materasso (stretto sotto braccio, perché ovviamente non c’erano altri modi di trasportarlo.) e lenzuola indirizzato verso il bagno, Trincea a sanguinare dimenticata sul pavimento del dormitorio.
    «ciggei, chi dobbiamo sotterrare oggi?» assottigliò le palpebre verso Sandy, la testa del De Thirteenth reclinata sulla spalla ed i pensosi occhi azzurri fissi sulle evidenti macchie di sangue. «oh, gasp!, hai per caso deflorato mia sorella? Lol xd xd» haha (citando Betta: ) che ridere. «ex vagino munita,» gli lanciò contro materasso ed affini (un vero freaks o sapeva lavare il sangue dai tessuti, o aveva abbastanza soldi da sputtanarli in una lavanderia; scegli quale freaks essere, sandy), recuperando poi la borsa gocciolante da terra. «hai ancora degli assorbenti da spacciarmi?»

    Avrebbe preferito la risposta fosse no, Christopher Jeez Knowles.
    Aveva passato venti (20) minuti in bagno a lavare orripilato Trincea (ne aveva visto di sangue, ne aveva fottutamente visto di sangue, e nulla l’aveva raccapricciato quanto i grumi di sangue incastrati nei peli pubici di Trincea: era stato quasi tentato dal chiedere alla Kavinsky di farsi impiantare un pene; non sapeva se dopo quel periodo, volesse aver altro a che fare con le vagine), dopodiché CJ era rimasto in contemplazione della vagina chiedendosi come…come dovesse infilare quella merda di cotton fioc gigante al suo interno. Cioè, al dove ci arrivava, ma il come…? E cosa – cosa gli rappresentava quel filo interdentale, doveva usarlo come un cazzo di nunchaku? Infilò cauto un dito all’interno della cavità, le palpebre serrate per ignorare l’odore di sangue morto (diverso da quello vivo; fottutamente diverso) e la sensazione di umido sui polpastrelli. Serviva a ben poco armarsi di guanti - poteva anche non bagnarsi, ma quel cazzo di freddo superava perfino il lattice. – ma ci provò comunque, CJ: tastò la fessura, fece seguire alla falange l’inizio di quella fottuta tortura cinese in finto cotone, ma – niente.
    Non entrava.
    Com’era possibile.
    Ecco perché alla fine optò per fasciare Trincea nella carta igienica, strizzarla sotto braccio, e bussare scocciato al suo logo preferito di Hogwarts. «doc-» si spostò appena in tempo per far sgusciare lontano un faina!Joey selvatico («ciao eh, merda.») che non diede neanche segno di vederlo, affacciandosi poi in infermeria dove un del tutto sano Dakota Wayne, parlava con i lettini.
    Non che CJ fosse nella posizione di giudicare, eh. «mi accodo» un mezzo sorriso, il sopracciglio biondo a scattare verso l’alto. Gli adulti potevano non sopportare gli adolescenti, ma sapevate a chi piacessero anche meno? Agli adolescenti.
    Benvenuti nella Gen Z.
    Comunque: «ha mica degli assorbenti? Trincea perde» come i rubinetti, ma più horror.
    19 y.o.
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    Sersha ed Eligio erano diventati migliori amici in questione di poche ore, sempre insieme, non importava che si trovassero in bagno oppure a mangiare. Proprio come dei gemelli siamesi, lei e il suo pene. A differenza della maggior parte dei suoi compagni, non trovava quel compito imbarazzante o terribilmente noioso, anzi!, appena suo padre aveva incominciato a distribuire i vari organi genitali era cosa subito in fila. Ma volete mettere la rarità di ricevere un dildo gratis? Nessuno le aveva mai fatto un regalo così bello, e di certo non se lo sarebbe aspettato da suo padre! Era palese che in fondo non era così ignaro dei bisogni figli, e con bisogni di intendeva bisogni puramente psicologici. Un pene come animale domestico, dato che il suo gatto si era dissolto nel nulla. Un giocattolo non lo poteva essere, purtroppo, si era premurata di chiederlo a Will non appena aveva ricevuto Eligio tra le mani. Certo, nonostante ciò le avventure con il suo nuovo amiko erano state speciali, come quella volta che l’aveva portato al negozio di intimo perché doveva procurargli delle mutante. Non poteva farlo andare in giro nudo, insomma non era così bello esteticamente da mostrarlo a tutto il mondo, e poi alla prima volata d’aria fredda diventava semi eretto – quindi, davvero sempre. Esistevano le mutande di lana, o quelle cose che usava la gente sull’Himalaya? Aveva provato a chiedere ai suo bff, ma nessuno sembrava averle, forse perché il loro pene non pativa così tanto il freddo come il suo. Stava imparando così tante cose su di loro, cose che nemmeno gli yaoi ti insegnavano (e sì, aveva messo a punto le tattiche insegnate dai suoi tachi guru). Comunque, alla fine le aveva trovate sì le mutande di lana, anche se l’ardua scelta tra quelle e i completini più secsi l’aveva uccisa. Chi non avrebbe voluto vedere Eligio andare in giro come uno stripper? Sapeva che papi avrebbe apprezzato, qualcosa da lui doveva pur averlo preso. «cosa c’è eli? ti vedo moscio oggi» chiese sinceramente preoccupata all’amico, di solito si alzava sempre con un’astabandiera di cui prendersi cura, ma quella mattina la situazione era fin troppo calma. Si avvicinò al comodino, tirando giù la stoffa delle mutande con mani fin troppo abili e quello che vide per poco non le fece rimettere la cena «perché sei cos셅..gonfio» la Kavinsky non riusciva a trovare una spiegazione per quel testicolo improvvisamente ingrossato, come poteva essere, dopo che se n’era presa cura come con un figlio? Lo sapeva che l’avrebbe fatto morire, e quella volta non aveva nemmeno avuto bisogno di accoltellare qualcuno. Lo sapeva di sembrare una pazza a correre per i corridoi con un busto umano in braccio e con la treccia mezza sfatta, ma in quel momento aveva solo paura che Eligio le morisse addosso. Per caso venivano gli aneurismi al pene? Non si sapeva mai, magari era una sepsi e stava per morire, NON ERA UN DOTTORE. La strada fino all’infermeria le sembrò infinita, e il quasi scontro con Joey non l’aveva aiutata a raggiungerla più velocemente, cristo per poco non si era rotta qualcosa.
    «JOEY TOGLITI DI MEZZO» prima di raggiungere la porta rischiò di scivolare a terra, eppure alla fine raggiunse la sua meta, roba che Balto togliti proprio. «c’è un dottore in sala?????» sul suo volto c’era la disperazione di uno di quei film d’azione dove moriva la gente, quello che però mancava a molti di questi era un pene che dondolava tra le loro braccia. «mi aiuteresti un attimo?» si precipitò da Dakota, uno degli infermieri che conosceva meglio, ormai familiare con quel caso umano che era Sersha Kavinsky «non capisco cosa gli sia successo, stava bene e poi l’ho trovato con un testicolo gonfio?» stranamente il Wayne la prese sul serio, e dopo qualche minuto era lì a palpare Eligio come se fosse un qualcosa che si ritrovava a fare tutti i giorni. Non era certa di potersi fidare, ma sempre meglio di chiedere a quei due coglioni dei suoi amici «penso sia un varicocele, ossia un blocco del flusso sanguigno. Però non è niente di grave ed è abbastanza comunque nei giovani adulti, basterà intervenire chirurgicamente con una scleroembolizzazione retrograda solo in un ospedale» «dai ma che palle, devo anche portarlo all’ospedale? non è nemmeno una persona vera» perché andava bene tutto, ma non si sarebbe presentata in un ospedale con il suo pene giocattolo. «non puoi fare qualcosa te? tanto al massimo non può morire» almeno sperava? Non ne era certa. Beh ciao elisa out.
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