Una mano era a coprire gli occhi stanchi, l'altra si scaldava stringendo la tazza ancora tiepida avanti a sè. Se aveva pensato che le cose sarebbero migliorate di giorno in giorno, dopo l'arrivo in quel luogo, si sbagliava di grosso.
Non sapeva ancora come mai erano finiti in quell'universo, nè come fosse possibile che ci fossero loro doppioni (viaggi nel tempo che avevano incasinato la linea temporale? Buchi neri? Follia collettiva?); non sapeva chi fosse il responsabile di tutto ciò (se l'attivazione simultanea di Chro e Nos, o addirittura qualcos'altro che trascendeva le due missioni); non sapeva che fine avessero fatto le persone che erano state più a stretto contatto con i due oggetti protetti dai presidi, come ad esempio Helianta e Will, o a Salem Run e Jay; non sapeva se fossero vive e al sicuro a casa o morte; non sapeva che fine avesse fatto la metà dei Prescelti.
Non sapeva dove fosse Maeve.
Sinceramente, all'inizio aveva preso sottogamba la sparizione da Londra di alcuni Prescelti, immaginando che avessero semplicemente trovato un altro posto dove stare (tanto più che si trattava di studenti non certo famosi per il loro spirito collaborativo), ma la sera prima si era reso conto che oltre a mancare all'appello ad esempio Maeve ed Al, non c'era traccia degli amici di Sunday, di nessuno di loro, mentre lui era ritornato per la notte. Non era strano che se ne fossero andati senza dire niente ad uno soltanto di loro? Non era strano che lo avessero lasciato da solo? Forse si era fatto un'idea sbagliata dei Freaks, ma dubitava: la gente così dava importanza a poche cose, ma non certo agli amici.
«Hanno parlato di qualche altro nascondiglio? Sai dove volevano andare?» Ovviamente, il ragazzo tatuato non era stato di nessun aiuto - che non potesse o non volesse esserlo.
Dak si stropicciò gli occhi, tornando a guardare il foglio scarabocchiato che aveva davanti. Date, eventi, frecce, nomi. Appunti di tre giorni che ancora portavano a un nulla di fatto. Non ne capiva niente. Non sapeva cosa fare. Non... non. Sospirò stanco (assonnato? Era stato difficile chiudere occhio senza sapere Maeve al sicuro - era stato difficile chiudere occhio senza sapere nessuno di loro al sicuro), per poi posare la guancia sul tavolino del bar, gli occhi azzurri spalancati a fissare la tazza di caffè ormai vuota.
Gli mancava casa, gli mancavano i suoi amici, gli mancava la sua famiglia. Si stavano prendendo cura dei vari animali che vivevano a casa Makota? Si stavano prendendo cura l'uno dell'altro? Un altro sospiro sconfitto, i denti a mordere il labbro. "Mae, dove sei? Non ce la posso fare senza di te". Si era alzato prima per andare al bar dicendo a Jaz che avrebbe ragionato un po' da solo su tutto quello, per mettere a posto le idee raccolte in quei giorni parlando con gli altri e le informazioni fattosi su Scott!AU, ma la verità del perchè si fosse diretto lì era che sperava avrebbe incontrato Maeve (la vera, o dell'AU); era uno dei loro bar, quello, un posticino un po' di nicchia in una traversa che avevano scoperto l'estate prima; il posto dove andare se avevano bisogno di incontrarsi senza nessuno intorno. E invece Mae non c'era. Ci aveva sperato, ci aveva sperato davvero.
Si tirò su deglutendo. Aveva una penna in mano, fogli sparsi sul tavolo, ma era chiaro che non avesse la più pallida idea di cosa stesse facendo; le teorie le aveva provate tutte, e non c'era in ogni caso granchè che potesse fare. Non sapeva come cercare gli scomparsi, o da dove iniziare per trovare un modo per tornare a casa.
Odiava non capire. Odiava doversi fermare e pensare, perchè pensare da solo non lo portava mai a niente di buono.
Chissà se stava per avere una crisi di panico. Groppone alla gola, occhi lucidi; si stava trattenendo dal non piangere, dal non rendersi ridicolo di fronte a- beh non tryhard. In effetti, cosa gliene importava di rendersi ridicolo? Quello non era il suo mondo, non conosceva davvero nessuno lì. Poteva uscire e gridare e piangere e "sì, credici Dakota". L'ennesimo sbuffo. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere. E se lo avesse visto qualcuno, e questi si fosse preoccupato per lui? L'ultima cosa che voleva era essere parte del problema, e non della soluzione.
Portò distrattamente gli occhi all'orologio, rendendosi conto di aver speso lì più tempo di quanto gli fosse sembrato. Raccattò veloce il materiale, infilandolo nello zainetto ricevuto giorni prima, e lasciò una lauta mancia al cameriere (grazie Dak!AU per i soldi ancora nascosti nel salvadanaio; non è rubare se prendi a te stesso).
Non dovette camminare molto prima di raggiungere l'angolo con la via principale di Hogsmeade, per attendere lì l'arrivo della Beaumont.
Non era sicuro neanche lui al cento per cento del perchè si fosse offerto per aiutarla a ricercare Archibald Leroy, tanto più che quella donna fosse poco più che una sconosciuta per lui (una sconosciuta che aveva combattuto contro la Francia solo pochi giorni prima). Forse perchè Dak sapeva che l'unione faceva la forza, e se si fossero tutti dati una mano a vicenda sarebbero riusciti a capirci qualcosa; forse era solo spassionatamente altruista. Forse sperava che rendendosi utile sarebbe riuscito a terminare la settimana senza sentirsi una nullità e mettersi a piangere.
Si sedette su una panchina in attesa, tirando fuori il libro di storia recuperato allo spacobot; più sapeva di quel mondo, meglio era.
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