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indagini: akelei + phobétor

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    akelei beaumont
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    Aveva capito che la situazione le era sfuggita di mano quando si era ritrovata chiusa in macchina con un’altra ragazza. Normalmente, la cosa non sarebbe stata così insolita, questo se la ragazza in questione non fosse stata troppo giovane. Samantha, così le pareva si chiamasse, tipico nome da ghetto londinese. Aveva bevuto troppo per preoccuparsi di come e perché fosse finita su quei sedili con la bambina, ma di certo non abbastanza per darle retta – Cristo, perché dovevano sempre capitarle a lei i casi umani? «mamm-dame, voglio fare un gioco con te» la Beaumont sollevò le sopracciglia, concedendosi altri dieci secondi prima di uscire di lì. «merci, ma non sei il mio tipo – torna tra un po’ di anni, se devi» cercò di non pensare al fatto che avesse limonato con Arci – e con numerosa gente che doveva avere l’età della ragazza – la sola idea le faceva venire i brividi, ora che considerava il Leroy più come famiglia che altro. Ma Samantha? Non era interessata ai giochi alla Saw, almeno, non con lei. «che cazzo? avrai dieci anni in più di me, cristo che schifo» rude, Samantha, molto rude. Alzò il medio in direzione della ragazza, l’unica risposta che si meritava. «guarda che figo» evitò a malapena una gomitata nelle costole, prima che la bionda si girasse e alitasse sul finestrino. Si sporse in avanti, dove la ragazzina stava tracciando un gigantesco “VFFANKULO” con il dito «lo sai che non si scrive così, vero?» la spostò via dal vetro, alitandoci sopra per insegnarle la vera magia. C’era chi scopava alla feste, e chi insegnava alla propria figlia ritardata a scrivere. Tra biondi, d’altronde, ci si capisce.

    Chiuse brevemente gli occhi, preferendo non pensare a quello che era successo la sera prima. Non aveva idea di come fosse possibile, ma era riuscita a perdere quella poca dignità che ancora le rimaneva - certo, c’era da dire che poteva dire lo stesso per il resto dei presenti.
    Per sentirsi meglio con se stessa, aveva bisogno di recitare la preghiera quotidiana.
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    Non funzionò, perché dopo la preghiera Akelei si trovava sempre in quell’universo. Lì, la Beaumont sedeva sul più basso gradino nella catena alimentare, laddove sarebbero dovuti esserci invece gli special. C’era qualcosa di fottutamente ironico in ciò, piazzata al posto di quelli che fino a pochi giorni prima cacciava, e ai quali poteva infliggere qualsiasi pena le aggradasse. Ora, non era altro che un pezzo di carne. Bella merda, pensò mentre alzava le carte per controllarle, riferendosi sia a quelle che alla situazione corrente. Il poker poteva anche essere il suo campo, ma al momento stava per perdere anche letteralmente le mutande. Schioccò la lingua sul palato e spostò lo sguardo felino sull’uomo davanti a lei, lo stesso che aveva riconosciuto dalla missione «visto che stai bluffando, tanto vale che inizi già a spogliarti» inclinò la testa di lato per inquadrarlo meglio, e concluse che no, non le sarebbe dispiaciuto vederlo senza quella camicia addosso.
    Poteva essere venuta lì per cercare Archibald, il francese non era l’unica cosa che gli aveva insegnato, ma dubitava che stando seduta a quel tavolo sarebbe riuscita a risolvere molto. Confidava che l’au!leroy, nel suo cuore, se ne sarebbe fatto una ragione: c’erano cose che venivano prima della famiglia.


    [per arci] è cresciuto con i baudelaire?
     
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    PHOBETOR TORCHWOOD
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    ...
    Man mano che il tempo scorreva il Dallaire poteva quasi avvertirlo, quel senso di disagio, l'essere in qualche modo fuori posto, gli pesavano le maschere di cui -per necessità- si era coperto. Ma andava ammesso, quello non era il suo mondo: non si poteva abituare a vivere in un universo in cui nemmeno sapeva che diavolo di fine avessero fatto i suoi parenti.
    Ok. Ne aveva uccisa metà nel suo vecchio mondo, ma in fondo Mephisto sapeva di aver bisogno di risposte – o forse era solo un modo come l’altro per fingere di poter vivere in quel mondo. In fondo non era quello che voleva? Sfuggire, scappare dal suo vecchio mondo, dalle sue colpe e dal suo stesso fratello? Era l’occasione che stava aspettando.
    Eppure qualcosa nel suo cervello non funzionava.
    Era evidente, specie se ragionando realizzava che, più dei suoi parenti, a Mephisto mancava un qualcosa di ben più terreno e subdolo. In quel mondo non era un Mephisto come nel proprio, poteva essere una persona per bene, paradossalmente un mago o un magonò che a modo suo aveva imparato a vivere con un handicap nel proprio mondo. Magari era una famiglia normale—chi era lui per giudicare.
    In ogni caso a Mephisto mancava qualcosa. E da ben prima di abbandonare la sua vecchia realtà: a Mephisto mancava l'essere -in fondo- una primadonna, vantare di essere stato parricida e di aver attentato alla vita di una larga fetta del mondo magico solo per vendetta verso un mondo che non sapeva davvero accettare la diversità e una società viziosa.
    Gli mancava l'odio, l’essere la causa della furia altrui, attacchi di ira a cui aveva sempre risposto con ghigni sfacciati e autoritari, quasi avesse saputo. Gli mancavano gli sguardi traditi quando, suvvia, chiunque lo avesse conosciuto un minimo si sarebbe dovuto aspettare qualcosa del genere da lui, il giorno in cui avrebbe compiuto la più grande stronzata del secolo e solo perché, andava detto, si era svegliato con l’intento di vivacizzare il periodo pasquale. Già.
    Purtroppo c’era un “ma”.
    Non perché le cose ad un certo punto fossero precipitate, no, andava bene così—Amelia era un “ma”, l’incarnazione di un problema. Lo era sempre stata, e in parte perché l'aveva sempre avuta fra i piedi… ma nell’ultimo periodo tutto ciò si era aggravato. Fisicamente Mephisto aveva potuto allontanarla, ma da quando aveva iniziato ad essere uno strano chiodo nella sua testa… beh, lì diventava complesso liberarsene. Una parte di lui si era arresa qualche notte prima, nella grotta, all’idea di essere condannato… ma da quando la ragazza le aveva tolto la parola, si era ripetuto di riflettere su cosa stesse facendo, in cosa implicitamente la stesse lasciando immischiarsi.
    Al di fuori della situazione di merda in cui ora si trovavano – e ammettiamolo, per colpa di lei, visto che Mephisto ci aveva anche provato a trascinarla via – era pur sempre un Dallaire. E i Dallaire di scopo ferivano, nel sangue avevano un gene a dir poco degenerato che sapeva aprir ferite da cui il sangue usciva a fiotti, e lo stargli vicino ne era una prova: bastava pensare a dei Dallaire discretamente migliori di loro, i suoi cugini- quante volte era stato capace di tradirli, quanto li aveva feriti nell'egoistica ricerca di chissà quale malato affetto.
    Erano purtroppo fatti così.
    Alzò le carte quando gli furono passate le due ultime che aveva voluto sostituire, e fissando la situazione, un flebile sorriso comparve sulle labbra. In fondo sul piatto c'era abbastanza per tentare un bluff, con quel trio e la coppia in ogni caso non se la passava troppo male. Doveva essere il destino, sfortunato in amore, fortunata in gioco-- la prossima volta si sarebbe portato dietro Amelia, la ragazzina gli avrebbe tirato fuori una scala reale senza troppi sforzi.
    Fissò i volti dei suoi compagni di gioco, ai quali non era sfuggito il vago sorrisetto sul volto del temprato Torchwood. In particolare, una sua compagna di “viaggio” non mancò di aprire bocca, facendo ulteriormente allargare il sorriso dell’uomo «non vorrei mai togliere l'onore a chi sta davvero rischiando di mettere sul piatto più di qualche banconota» che poi lui ‘sta tipa pensava pure di riconoscerla—aveva qualcosa di familiare, una somiglianza che al momento, preso dal gioco, gli sfuggiva. Magari era parente di qualcuno che conosceva (bazinga!), o più semplicemente l’aveva vista in qualche ambiente conosciuto… non certo alla resistenza, visto che l’aveva notata a combattere per vasilov. Magari ad Hogwarts?, dalla stanza di qualche insegnante? (Vorresti Will, eh?)
    In ogni caso, la vera domanda non era tanto chi fosse la gnocca bionda seduta al suo tavolo, ma più… che cosa ci facevano, entrambi, in un locale a giocare a poker? Beh, quale posto migliore per proseguire le ricerche sul fratello, lui che ‘sti vizietti ce li aveva e non provava nemmeno a mascherarli—del resto, l’ipocrisia non era una caratteristica dei Dallaire.
    Puntò e mentre il resto del tavolo si arrendeva o rilanciava, Mephisto attese la mossa della ragazza.

    can you hear me? spotify insp. by ms. atelophobia


    Domanda per Ethan:
    È mago?
     
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    Ebbene si!
     
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