don't worry be rude

beck x dak - indagini

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    Beckah Sloan
    Mi raccomando la prossima volta mostra subito la tessera o quei vecchiardi si spaventeranno ancora!” per quanto fosse ironico che a pronunciare quelle parole fosse un uomo che ad occhio e croce portava sulle spalle una settantina Beckah sventolò il rettangolo di plastica sul quale erano appena stati scritti i suoi dati -totalmente fittizi- strizzando l’occhio al suo interlocutore “La prossima volta non ci faremo cogliere impreparate, grazie Fred” spinse forte la maniglia anti panico per tornare al gelo di Dicembre quando si ricordò: tornò sui suoi passi fino a intravedere l’amica e puntarle il dito contro “Fred! Se la signorina qui presente inizia a bere troppo per dimenticare quanto è scarsa chiama un… taxi? Rimase a fissare il vuoto con la bocca semi aperta sicura che qualunque cosa fosse uscita dalle sue labbra sarebbe stata quella sbagliata, probabilmente in quel mondo i taxi neanche esistevano me. Chiama me.” scomparve dietro la porta grigia prima che chiunque là dentro potesse ricordarle che un numero di telefono non lo aveva lasciato.
    Prendere in mano la situazione non era stato per niente facile, quei maledetti bavosi erano talmente attaccati alle proprie abitudini che qualunque cosa andasse contro la routine veniva vista come minaccia, anche se si trattava come in quel caso di due ragazze simpatiche e belle.
    Si erano dovute inventare una storia degna di un film natalizio con protagoniste gemelle Holsen: avevano deciso di intraprendere un viaggio con il nonno nella Londra che aveva vissuto e amato da giovane, andando a ritrovare tutti quei posti che per lui avevano significato qualcosa. Purtroppo quella mattina il nonnino non si era sentito bene preferendo così rimanere in albergo ed obbligandole ad uscire ugualmente. Dovettero azzardare qualche dettaglio in più per aggiudicarsi la loro attenzione e per essere ben volute ma, diciamolo, la sola idea che due nipoti potessero decidere di accompagnare il nonno di loro spontanea volontà addolciva i musi lunghi e gli sguardi rudi.
    Mentre si stringeva nel cappotto e abbassava il volto per coprire quanta più pelle possibile sotto la sciarpa -che giuro non aveva assolutamente sfilato da una delle sedie di plastica- ripensò alle informazioni racimolate, prima fra tutte: il tesseramento al circolo per i vecchi è più importante del bracciale che si ha al polso. Non avevano potuto fare domande dirette sul colore di questi, sembrava sott’inteso che dovessero saperlo, eppure dopo tre quarti d’ora passati a lanciare bocce avevano assistito ad abbastanza commenti ed imprecazioni per capire che da quelle parti chi comandava, chi teneva il coltello dalla parte del manico, era chi possedeva i poteri; al contrario i maghi venivano derisi, visti come ciò che di sbagliato c’è al mondo. Lei era stata entrambe le cose: élite e poi feccia. Il passaggio contrario è facile, quasi spontaneo, un povero si abitua facilmente al denaro, un ricco, al contrario, potrebbe uscirne matto. Ora che un branco di fan dei cantieri le aveva fatto intendere che avrebbe potuto fare il passo inverso provava una certa eccitazione, forse ovunque fossero capitati non era così male.
    Era tornata sui propri passi per rintracciare altri della squad: fortunati ma non troppo con l’idea di renderli partecipi delle loro scoperte. Non che ne avesse particolarmente voglia, fosse stato per lei si sarebbero potute facilmente abituare alla vita di quartiere, lavorare al bar della bocciofila e puntare alla conquista del mondo un altro giorno; nonostante ciò si rendeva anche conto che essere finiti lì -qualunque cosa volesse dire - non era normale e se mai sarebbe finita nei guai avrebbe potuto contare su poche persone, le stesse che aveva visto riaprendo gli occhi nell’aetas. Sospirò girando l’angolo della via e facendo scorrere lo sguardo sui mattoni chiari della palazzina si accertò di essere nella via giusta, la scritta incisa sulla pietra sembrava darle ragione, peccato che la persona che vi stava appoggiata a sorseggiare caffè le suggerisse tutt’altro, una cosa tipo non hai assolutamente voglia di farti accecare da tutta quella luminosità quindi vattene. “Ti sei persa?” alzò un sopracciglio mostrandosi sorpresa, pronta ad uscirsene con un oh, scusa, non ti avevo vista, ma quel cazzo di tono altezzoso che miss principessina le ho avute tutte dalla vita doveva usare ogni volta le faceva venire voglia di tirarsi giù i pantaloni e cagarle davanti. Per il solo e puro piacere di rovinare quell’aura intorno a lei. “In effetti sì, sono decisamente nel posto sbagliato” fece dietro front accennando un gesto con la mano dalla dubbia interpretazione: saluto o scaccia moscerini? A voi l’ardua sentenza.
    Non le voleva male, neanche la conosceva a fondo, era semplicemente una di quelle persone che stanno sulle palle a pelle e qualunque cosa facciano riescono solo a peggiorare la situazione, anche se si mettessero a salvare cuccioli in autostrada.
    Continuò a fare zig zag fra vie di second’ordine finché il vociare caratteristico di High street non fu abbastanza vicino: le informazioni reperite non erano abbastanza, non basta conoscere le regole di un gioco per essere bravi a giocare, doveva capire come erano solite muoversi le persone, cosa succedeva nei luoghi affollati, se a tutti era permesso muoversi liberamente e soprattutto se oltre a loro c’erano anche gli altri. Acquistò un giornale da un venditore ambulante per poi sedersi in modo composto su una panchina: le gambe accavallate, un sorriso rilassato in volto e gli occhi a seguire discretamente il flusso di parole stampate e il viavai della gente.
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    bello bellissimo shaia: sei stato nel lab?
     
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    Shia ringrazia per il bellissim e si è stato nei lab.
     
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    Da sotto le coperte si levò un suono chiaramente proveniente dall'oltretomba, un grugnito che di umano aveva ben poco. "Sto morendo", pensava Dakota dalla sua tana oscura - o almeno, provava a pensare; era difficile fare anche quello, con quei tamburi a rimbombargli in testa prepotenti. "Karma, bitch"
    Ai versi di morte seguì una risata, e Dak spostò leggermente le coperte da sopra la testa, scudo contro la luce e i suoni del mondo, per guardare dallo spiraglio creatosi chi l'avesse fatta. Ovviamente Jason si stava divertendo un mondo.
    «Buongiorno, principessa»
    «No»
    Dakota sparì ancora sotto la coperta, e di nuovo Jason non nascose il proprio divertimento. Il medimago sentì la mano di Jason accarezzargli il fianco oltre la stoffa, e fu quasi tentato di lasciarlo entrare nel rifugio della vergogna, dove Dak non doveva pensare alla sera prima e a quello che aveva fatto.
    Quasi. «Vuoi nasconderti lì sotto tutto il giorno?» Onestamente? Sì. «non gridare così forte»
    Aveva i ricordi confusi, ma sapeva che c'era stata stata una festa da Olivander per i Prescelti (Chi la aveva organizzata? non ne aveva idea). Aveva provato ad approcciare Akelei Beaumont, che a mala pena conosceva di nome, ed aveva finito per baciarsi una studentessa. Femmina. Neppure Jaz era riuscito a prendersela.
    «Sto bene! Reggo bene!» aveva detto ad uno, o due, o tre, shottini di troppo. Era una bugia.
    «Ti prendo, Maeve!» aveva detto prima che la ragazza si buttasse da un palco. Era una bugia.
    Maeve. La sua Maeve.
    Si era. Rotta. Una. Gamba.
    Per colpa sua. Almeno l'aveva aiutata subito dopo? Era ancora abbastanza in sè da fare un incantesimo curativo? ALMENO ORA STAVA BENE?? Ricordava soltanto che dopo quella gaffe aveva preso il bicchiere dalle mani di Jason per finirselo, impanicato e desiderando soltanto morire.
    «Non sto gridando. E' solo che qualcuno ci ha dato dentro ieri sera»
    «Allora stai zitto» Dakota si stropicciò la faccia, la nausea a ucciderlo, prima di rendersi conto di quanto fosse stato inutilmente maleducato. Non era certo colpa del suo ragazzo se lui non sapeva dire basta all'alcol. La sua testolina fece capolino dalle coperte.
    «per favore»
    Strinse gli occhi istintivamente quando Jason si avvicinò per dargli un bacio sulla guancia, e quando li riaprì vide finalmente il vassoio improvvisato con il coperchio di una scatola. «colazione» Una bottiglietta d'acqua, cracker con marmellata, un mandarino già sbucciato.
    A fatica, Dakota si tirò su a sedere, la coperta tenuta addosso sui capelli come cecib il velo di maria vergine E.T. «Ti amo»
    «Lo so»

    Prima di mettersi a mangiare o lavarsi aveva controllato che Maeve fosse sana e salva, che tutti fossero sani e salvi, solo per scoprire che la ragazza non era nella sala. Gli avevano assicurato che se n'era andata sulle proprie gambe insieme a Barrow Cooper, che ricordava bene e la sera prima quando lei si era fatta male era uscito dal torpore dell'alcol per entrare in modalità doc e medicarla, ma che subito dopo si era sentito così in colpa da iniziare a bere più di prima per essere pi di compagnia, con scarsi risultati. Bell'amico.
    Non riuscì a farsi passare magicamente il post sbornia, ma con il passare dei minuti e grazie alla colazione preparata da Jaz si affievolì, lasciandogli solo tanta - tanta - stanchezza che non poteva far sparire dormendo perchè ZANZANZAN erano in un luogo sconosciuto, un mondo diverso e scombussolato, e non aveva tempo di gingillarsi sugli allori.
    Salutò Jason più in fretta di quanto si sarebbe meritato per uscire e dirigersi in centro, l'intenzione di fare ammenda per la sera prima cercando nuove informazioni utili su quel mondo o, in particolare, su scott. Il giorno prima non aveva scoperto molto su di lui, ma non era intenzionato a mollare.
    High street gli pareva un buon posto da cui partire, dopo la visita al ministero del giorno prima. Gli avevano spifferato che il Larson il giorno dopo sarebbe stato lì, e poteva essere un bluff... ma poteva essere vero; mal che andava, avrebbe potuto fingersi un turista, mimetizzarsi con la folla, e fare domande su Londra.
    Non aveva un piano preciso, anche perchè al momento il suo piano era semplicemente «due caffè da portar via. Grazie» #priorità
    Uscito dalla caffetteria con i due bicchieri chiusi in mano, notò la ragazza sulla panchina. C'era una minima possibilità che si stesse sbagliando, ma era quasi sicuro che fosse una dei Prescelti (forse Becca? Becka?), e di averla vista vestita in quel modo qualche ora prima. Insomma, non poteva essere il suo doppione AU. Giusto? Giusto. Se lo era, stava per farsi un'epocale figura di merda. "Nel dubbio fingerò di starci provando, dai"
    Le si sedette di fianco, porgendole educatamente uno dei due bicchieri di carta, lo sguardo a vagare nelle persone che gli camminavano davanti «Se è un appostamento, vorrei farne parte» Sorseggiò il proprio caffè. Cavoli, quanto avrebbe voluto pensare anche lui al giornale, proprio come nei film! Forse poteva comunque farsi magicamente un paio di baffi finti #cos «Dakota, piacere» si conoscevano già? Arianna non ricorda, Dakota si presenta
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    SCOTT: frequenti ancora hogwarts?
     
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    non ha mai frequentato hogwarts :1up llama:
     
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    sono tanto fusa che nel post precedente non ho considerato né la notta né la festa, propongo di far finta di niente ok? ok.

    Beckah Sloan
    Non era brava a stare ferma a meno che non avesse la possibilità di farlo per l’intero giorno direttamente dal suo letto, sotto il piumone e con del cibo. Non aveva mai capito se questo bisogno di muoversi di continuo facesse parte del suo corredo genetico o derivasse dal prurito che provava quando era circondata da altre persone, fortunatamente queste psicocazzate non le erano mai interessate ed era così sollevata di poter sopravvivere nonostante quest’enorme lacuna, un po’ meno contenta di ritrovarsi seduta su una panchina con un giornale. Non poteva scegliere qualcosa di un po’ più dinamico? Andare avanti e indietro per High street sarebbe andato bene comunque ne era certa, peccato fosse troppo tardi. “Hai scelto la tua postazione ciccia, ora ti attacchi al c…
    Se è un appostamento, vorrei farne parte
    …ampanello! Dicevo: che bei campanellini che hanno attaccato come decorazioni di Natale.” sorrise a trentadue denti -cosa che davvero non le si addice- senza sapere esattamente come reagire all’approccio del ragazzino. Fosse stata un’altra situazione -una in cui non avesse combattuto per giorni perdendo talmente tanto sangue da pensare di essere in paradiso quando si era ritrovata all’aetas, una in cui non avesse bevuto talmente tanto da vestire i panni di Benedetta Parodi per convincere qualcuno a cucinarle qualcosa, socializzando- avrebbe pensato ci volesse provare con lei, si sa che i ragazzini sono attratti da donne più grandi, indipendenti e con il fascino da bad girl, ma con le vene che si riuscivano quasi a scorgere sotto la pelle troppo pallida e le occhiaie violacee era più facile le fosse venuto a chiedere se aveva bisogno di una trasfusione.
    Dakota, piacere” aaaah, era il rossiccio che aveva pensato di sacrificare durante lo scontro finale (n.d.a. non è vero, solo non ricordo in quale occasione lo avevo citato), ringraziò il fatto di avere fra le mani un quotidiano che si sarebbe sicuramente accartocciato su se stesso se solo lo avesse lasciato per stringergli la mano “Beckah, ma tu puoi chiamarmi Sloan” rimase a fissarlo qualche secondo sperando che la risposta lo soddisfacesse facendolo allontanare, poi si rese conto che no, se avesse continuato così non sarebbe andata da nessuna parte. Già miss Winston non sarebbe corsa in suo aiuto se si fosse trovata in punto di morte, non era il caso di inimicarsi anche quel paciocchino. Sospirò “Sarebbe un appostamento se ci fosse qualcosa da appostare sorrise, questa volta quasi normalmente abbiamo già provato l’approccio diretto, speravo che sistemandomi una via tanto affollata avrei carpito discussioni che mi avrebbero dato nuove e più utili risposte.
    Abbassò il giornale aprendosi la visuale sullo scalpiccio di centinaia di scarpe, non era diverso da casa, era certa che dentro ognuno di loro sopisse la stessa paura che si annidava in ogni ribelle, nato babbano o esperimento nel mondo che avevano lasciato, il fatto che colpisse generi diversi non aveva grande significato. Forse, per lei, sarebbe valsa la pena provare ad ambientarsi, dire addio una volta per tutte al suo passato da mago, se solo avesse avuto la certezza di ritrovare la sua famiglia, i pochi amici che ancora non la odiavano… rialzò il giornale con stizza “Ti è già capitato di incontrare qualcuno che conosci? Qualcuno di qua intendo. Sarei curiosa di provare” e terrorizzata.
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    bello bellissimo shaia: anche qui ha acquistato il potere di generare acidi e veleni?
     
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    ma è ovvio sciocchina. Il suo potere è così figo che lo ha in tutti gli universi alternativi.
    Forse. Qui sì comunque.
     
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    Ok, la tipa parlava da sola; eh vabbè, non tutti possono essere normali: chi era Dakota per giudicare? «Hai ragione, sono adorabili» per lo meno lui, lei e l'altra (la doppia personalità della ragazza #cos) convenivano nel trovare belli i campanellini natalizi; era già un buon punto di incontro, poichè non a tutti piacciono le decorazioni natalizie. Basi per una grande amikizia.
    Dakota ritirò imbarazzato la mano quando si rese conto che - giustamente - lei non avrebbe potuto prendere il caffè, tenendo già il giornale, nè quindi suggellare la loro conoscenza con una stretta di mano. Bravo Dakota, bravo. Posò uno dei due bicchieri sulla panchina, tenendolo fermo fra le gambe, e sorseggiò il proprio tenendolo stretto con entrambe le mani, non sapendo dove mettere le dita. Cercò di convincersi che non si fosse appena fatto una figura di merda; quando aveva smesso di sapersi relazionare con le persone? Era almeno mai stato capace? Forse aveva raggiunto il numero massimo di amici che poteva farsi, e ora c'era soltanto il declino. O forse non si era ancora ripreso bene dalla festa della sera prima, e il cappello troppo stretto che gli stava metaforicamente schiacciando la testa stava uccidendo i suoi pochi neuroni svegli. Qualsiasi cosa fosse, era chiaro non fosse stata una buona idea approcciare una sconosciuta. "Meglio una sconosciuta, suvvia: potrebbe dirmi qualcosa che non so, e se va male sparirò dalla sua vita come un cavaliere oscuro".
    «Beckah, ma tu puoi chiamarmi Sloan» Sloan era il cognome o un nomignolo, oppure entrambi? Era importante ai fini del proseguimento della conversazione, perchè se si fosse trattato del cognome sarebbe stato piuttosto rude. "Si, il mio nome è questo, ma tu non usarlo, non siamo amiki". Doveva dirle in cambio il proprio cognome? Il proprio nome da ghetto? Aveva un nome da ghetto? "Beh, un sacco di persone mi chiamano Lil Wayne" (spoiler: non è vero) "Dio, ho preso decisamente troppo poco caffè per relazionarmi con il mondo" «Tu puoi... chiamarmi Dakota» nel dubbio. Sorrise, lasciando a lei l'interpretazione se fosse serio o una battuta.
    «Sarebbe un appostamento se ci fosse qualcosa da appostare. abbiamo già provato l’approccio diretto, speravo che sistemandomi una via tanto affollata avrei carpito discussioni che mi avrebbero dato nuove e più utili risposte.»
    Ah bene, almeno questo Dak lo capiva. Annuì, passando lo sguardo dagli occhi della ragazza alla strada, studiando i passanti con nonchalance. Di scott neanche l'ombra. «idem. Non sapevo bene che fare, ma non volevo starmene con le mani in mano» non quando il suo mondo non esisteva più
    «Ti è già capitato di incontrare qualcuno che conosci? Qualcuno di qua intendo. Sarei curiosa di provare»
    «Sono venuto qui per questo» Portò il bicchiere alle labbra, mandando giù il caffè non più bollente. «Speravo di beccare una specie di amico» fratellino, nipote, figlioccio. Era difficile classificare la loro relazione «La scorsa settimana avevamo detto che saremmo venuti in hight street a cercare regali di Natale, ma non l'ho ancora visto. Evidentemente non sono un bravo detective» sospirò, creando una nuvoletta bianca di fronte a sè a causa del freddo. Era davvero passata già una settimana, e allo stesso tempo solo una settimana? Quanto era strano il tempo «Ho un po'... paura di trovarlo, a dirla tutta. Paura in questo universo sia diverso» e se fossero rimasti lì bloccati per sempre, e a Scott non fosse piaciuto? Se, anzi, lo avesse odiato?
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    SCOTT: sei mago?
     
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    yep ♥
     
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