Komorebi

Dakota :)

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  1. …Heartless?
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    Oliver Abrasax
    Certe persone, quando hanno un problema, tendono a non pensare ad altro. La loro mente riesce a vagare soltanto per qualche istante, prima di ricadere penosamente tra le grinfie di quel mostro che altro non è che la loro preoccupazione. Io avevo il problema perfettamente opposto: avevo molti problemi, forse troppi. Ma non pensavo a loro nemmeno per un istante. Neanche per una frazione di secondo mi ero interrogato sul fatto che forse c'era la necessità di mettere a posto le cose, di tornare a vivere per davvero chiedendo scusa a chi di dovere e accettando la realtà: non ero la persona che volevo essere. Ma no, io continuavo senza sosta a fingere di essere qualcun'altro al posto di attivarmi per diventare chi volevo essere. Vivevo con la convinzione superficiale di stare bene e di avere tutto sotto controllo. Ma quando ero da solo, quando non c'erano più menti da leggere e pensieri nascosti da scoprire, quando non avevo più nulla a che pensare tranne me stesso...era allora che venivo travolto dai pensieri spiacevoli. E per impedire a questi di avere troppo controllo sulla mia persona, scappavo dalla noiosa solitudine e andavo a cercarmene una più interessante. Quel giorno, per esempio, avevo deciso di stare da solo...in compagnia della natura. Sì, sì. Consideravo chi andava a cercare il suo primordiale legame con madre terra un pappamolla e non mi spaventavo di certo ad esternare la cosa a tutti gli altri. Ma a me piaceva per motivi diversi. Tra gli alberi c'era un silenzio che non è davvero un silenzio. Il rumore del vento fra le fronde degli alberi, i versi degli animali, le foglie sotto le suole delle mie scarpe erano suoni che riuscivano a distrarmi e a non farmi pensare. Inoltre c'era pure un profumo diverso, nella foresta. Diverso da qualunque altro. E non mi dispiaceva, non mi dispiaceva affatto. Mi inoltrai nella foresta zigzgando tra gli alberi alla ricerca di un bel posticino dove sedermi, il sole che filtrava tra le fronde. Komorebi... Mi ritrovai a pensare, sorprendendomi poi di ricordarlo ancora. Lauren, una delle ragazze del mio gruppo poco prima di essere preso dai dottori, studiava giapponese. Era quella che tra di noi aveva più amici fuori e che quindi riusciva a portarci più roba dentro. Era costantemente fatta, dunque sparava nozioni così a caso ogni due per tre.
    Guarda, Oliver! aveva il dito puntato verso l'altro, gli alberi lasciavano filtrare dei piccoli fasci di luce che mi accecarono, una volta che alzai lo sguardo come lei mi aveva consigliato. Aveva un'espressione così stupida in volto, ma io non ero certo da meno. Gli occhi socchiusi, un sorriso idiota dipinto in volto. Cosa? Cosa devo vedere? chiesi scoppiando a ridere senza alcun motivo apparente. Lei mi guardò, per poi scoppiare a ridere come una matta prendendomi da esempio.Komorebi!
    Mi sdraiai su una panchina e mi accesi una sigaretta. la scuola era finita ed io ero riuscito a procurarmene un pacchetto. Forse non era la cosa migliore da fare, in un bosco. Ma avrei fatto attenzione...
    ❝ Thinking out loud ❞
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    Dakota Wayne
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    «Cosa fai quest'estate, Rosso?» Dakota aprì pigramente gli occhi, guardando Jason che aveva abbassato il libro che stava leggendo per i M.A.G.O. di fine anno. La scuola era finita, e approfittando del week end Dakota aveva chiesto all'ancora per poco serpeverde di vedersi; niente scopi, niente secondi fini. Un semplice pomeriggio insieme ad Hyde Park, Jaz che leggeva e Dak che dormicchiava appoggiato a lui. «Mmmh studierò, credo...» «Tutta l'estate?» «Beh, cos'altro avrò da fare?» «Venire con me ad esempio?» «Io vengo sempre con te» Dakota ammiccò, sorridendo malandrino, e Jason scoppiò a ridere per il doppio gioco. «Venire dove?» «Ovunque» e l'aveva detto con una convinzione che aveva stupito Dakota, che finalmente si alzò a sedere. «Ovunque...?» «Hai detto che volevi viaggiare, vedere il mondo... andiamocene. Facciamolo».

    La proposta era iniziata così, innocentemente. L'accennare al voler scappare dalla monotonia di Londra, da famiglie che non li volevano, ed ecco, ora Dak si ritrovava a pensare ad un viaggio programmato per un paio di mesi, sapendo che avrebbero scelto lì per lì luoghi e città da visitare. Era l'avventura più folle a cui Dak, ragazzino abituato alla calma, avesse mai preso parte. Persino le missioni dei ribelli erano più organizzate! Eppure fremeva dalla voglia di partire; non sapeva se Jaz sarebbe stato un buon compagno di viaggio, ma non aveva paura: dopo sei mesi che si frequentavano, gli sembrava di conoscerlo abbastanza bene per sapere che il massimo dei problemi che avrebbe potuto dargli, sarebbe stato dover badare a lui da ubriaco... ma allo stesso tempo sapeva che, nel caso Dak fosse finito nei guai, sarebbe stato al suo fianco o davanti a lui per difenderlo. E sapeva anche Jason non scherzava parlando di quel viaggio: con o senza il rosso, lui sarebbe partito all'avventura e senza soldi... e Dakota voleva disperatamente partecipare. «Appena finirò i M.A.G.O.», gli aveva detto Jaz, e Dak contava i giorni che lo separavano dall'agonato viaggio in Europa.
    Stava camminando per l'Aetas, una guida per turisti maghi e un giornaletto uguale ma della controparte babbana in mano, comprati per curiosità poco prima e che ora moriva dalla voglia di leggere. Non era pratico del mondo, Wayne, e se doveva viaggiare, voleva essere pronto. Cosa portarsi? Cosa aspettarsi? Come essere sempre pronto a ogni evenienza in un viaggio simile? Rimpiangeva, ora, non essere stato un giovane boy scout, di quelli che con una forchetta e dello spago costruiscono una zattera. E se anche lui e Jason avessero avuto bisogno di costruire una zattera? Come avrebbero fatto? Dakota, in quanto minorenne, non avrebbe neanche potuto usare la sua magia! ZAN ZAN ZAN. Inutile che la parte razionale (quella corva ereditata da Maeve) del suo cervello gli dicesse che sarebbero andati in luoghi civilizzati europei, avrebbero dormito in hotel e girato per città, lui era convinto di aver aver bisogno di imparare a fare... cose. Doveva svegliarsi: non voleva essere un peso per il serpeverde, voleva essere un bravo compagno. Ed era anche per questo che ora si trovava in un boschetto: i parchi erano troppo da smidollati. Lui aveva bisogno di un luogo più... macho. Da duro. Doveva iniziare la trasformazione da sfigato a... a... beh, visto che puntare troppo in alto sarebbe stato da ingenui (e essere ingenui è stupido, no?), diciamo che doveva diventare una persona almeno leggermente meno sfigata. E quindi ecco il perchè della sfacchinata nel parco, una maglietta nera e pantaloncini mimetici da vero montanaro (?), scarpe di tela, cappellino e uno zainetto in cui aveva messo una borraccia, bussola, corda, e altri utili arnesi comprati in giro qua e là. In tasca un coltellino svizzero, oltre nascosta la bacchetta magica (non poteva usarla, vero, ma essendo l'oggetto più prezioso che possedeva era restio a lasciarla a casa da sola, alla mercè di quello stupido elfo domestico), perchè... boh, magari tutta quella natura gli avrebbe fatto venire voglia di intagliare il legno, o avrebbe avuto bisogno di procacciarsi il cibo, o uccidere uno stupratore. "SEMPRE PRONTO!" era il suo nuovo motto!
    Dopo un'oretta che gironzolava, guardando ogni tanto le sue belle guide con il rischio di stamparsi contro un albero, decise che era stanco, e necessitava riposo (#dakotamorelikeapigrone). Si guardò in giro, chiedendosi se fosse il caso sedersi per terra, o andasse bene prendersi una panchina, e optò infine per la seconda scelta. Insomma, per quel giorno aveva fatto abbastanza vita selvaggia.... aveva pure raccolto more e lamponi da dei cespugli (o almeno, ci assomigliavano molto, guardando la guida): più selvaggio di così diventava Bear Grylls.
    L'unica panchina che aveva trovato era occupata da un ragazzo, e Dak lo collegò immediatamente a Jason. No, non ci assomigliava per niente, anzi sembrava più piccolo di vari anni, ma stava fumando una di quelle sigarette babbane che a Jaz piacevano tanto (e il cui odore a Dak faceva subito venire in mente lui), e barboneggiava su una panchina. CCCOMBO! Decise che gli stava simpatico. «Ehi?», lo richiamò, sorridendo. «Posso sedermi? Ti offro dei lamponi»
    No Dak, non si parla con gli sconosciuti. Non lo sai che potrebbero essere dei potenziali pedofili? E poi che diavolo gli offri dei lamponi...?

    giugno 2015
    Aetas

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    Edited by hear me WAYNE! - 15/9/2015, 01:22
     
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  3. …Heartless?
         
     
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    Oliver Abrasax
    Sistemai una gamba sopra l'altra, guardando le chiome degli alberi sopra di me. Lasciai per un istante la sigaretta poggiata sul mio labbro inferiore, per mettere le mani in tasca. Perché? Che domande. Perché fa figo. Ed io devo sembrare figo a tutti i costi, eh. Questa, lentamente, inizio a scivolarmi di bocca ed io fui costretto a tirare fuori la mano destra e acchiapparla col pollice e l'indice, buttando la testa indietro per soffiare una nuvoletta di fumo sopra di me. Non ricordavo di preciso quando avevo iniziato a fumare. Qual era l'orfanotrofio dove avevo incontrato il teppistello che mi aveva fatto accendere la prima. Dovevo essere piccolo, in ogni caso, non avrò avuto più di tredici anni. Perché l'odore del fumo per me era ormai familiare, come per molti lo è quello di casa. casa. Io avevo, una casa, finalmente. Ma mi era ancora difficile accettarlo. Non sempre la difficoltà sta nell'accettare le cose negative, alle volte capita pure per quelle buone. E avere una famiglia, un fratello, una sorella, una nonna, addirittura!, per me era del tutto nuovo ed inaspettato ed abituarmici non era affatto semplice. Loro ce la mettevano tutta per mettermi a mio agio, ma questo era parte del problema: non ero abituato a così tante attenzioni, che quasi mi sentivo soffocato. Passavo la maggior parte del mio tempo fuori casa.Un po' mi sentivo in colpa, ma certo non lo ammettevo e non facevo nulla per cambiare le cose. Come al solito. Mancava poco e poi sarei tornato in quella casa enorme, con tante stanze dentro le quali non ero entrato, con tante persone che dicevano di volermi bene anche se mi conoscevano da poco più di due anni. Come tante altre era una sensazione strana quella di sapere che, una volta finita la scuola - certo, la mia scuola di allora non era più la scuola di quando stavo in orfanotrofio, ma forse per me era il cambiamento meno traumatico - sarei tornato a casa mia. Dalla mia famiglia. Senza che nemmeno me ne fossi accorto, un sorriso si era dipinto sulle mie labbra, contro la mia stessa volontà. I miei pensieri si dissolsero come la nuvoletta di fumo che prima avevo liberato nell'aria quando sentii un legnetto spezzarsi sotto il passo di qualcuno. Con lo sguardo mi misi a cercare chi - o che cosa - avesse provocato quel rumore ed incontrai la figura di un giovane mai visto prima, dagli occhi chiari e i capelli rossi indiscutibilmente tinti, eh. Cioè, io c'ho l'occhio per 'ste cose, regà. Alzai un sopracciglio vedendolo. Pensava di essere un "Montanaro" come nei Pokémon? In tal caso, dovevo far finta di non vederlo. Altrimenti gli sarebbe apparso un punto esclamativo sulla fronta e avremmo dovuto lottare. Ed era veramente una noia quando ogni cinque passi ti beccavi un montanaro che voleva lottare, ugh. Carino, però. pensai con mezzo sorriso, per poi scuotere la testa forte. Ancora con questi pensieri malati...non è possibile! Perché era proprio così che li vedevo: come pensieri malati. Pensavo che in me ci fosse qualcosa che non andava, qualcosa di rotto, di sbagliato. Ero difettoso, senza ombra di dubbio. Posai il mio sguardo altrove, precisamente sulla poca erba color smeraldo che c'era per terra e qualche formichina che vi passeggiava accanto. Ti prego non venire qui, ti prego non venire qui, ti prego non venire qui... Ehi. alzai gli occhi al cielo, ma subito dopo fui costretto a chiuderne uno e a socchiudere l'altro per via dei raggi solare. Ormai dovevo averlo capito che Morgan mi aveva abbandonato, perché continuare a fargli richieste?Posso sedermi? Ti offro dei lamponi Mi lasciai scappare un piccolo sbuffo. Ormai era andata, tanto valeva accettare dei lamponi gratis e magari divertirsi un po', leggendo qualcosa di interessante. Non mi riferivo certo alla guida, ma alla mente del rosso sconosciuto. Certo. dissi facendolo accomodare e prendendogli un lampone. Mentre lo mettevo in bocca IL LAMPONE (nella vita non si sa mai) lo guardai dritto negli occhi, concentrandomi. Davanti a me si palesò un ragazzo, alto, bello scopabile con una sigaretta in mano e alcuni tatuaggi. Il rosso era lì per...fare il boy scout? No. Non voleva deludere il tatuato, al quale evidentemnete era legato. Potevo leggere soltanto i pensieri, io, non le emozioni. Allora, 'sto tipo ti piace? chiesi, continuando a fumare tranquillo. Mi piaceva uscirmene con frasi del genere, per godermi poi l'espressione sorpresa sul viso del mio interlocutore.
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    Babbano 18 Neutrale Telepatia
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2 replies since 13/6/2015, 21:08   286 views
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