Posts written by 13th.

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    friday de thirteenth
    L’adolescente Friday De Thirteenth, aveva odiato tutto dell’Inghilterra.
    Partendo dagli inglesi. Inesplicabile, la loro ossessione per il tè; assolutamente non condivisibile, l’assenza di patatine fritte ed hamburger nel menù della mensa, così come la mancanza di bibite gassate ed estremamente zuccherate. Per non parlare dell’accento. Hogwarts, poi? Regole in cui era sempre stata stretta, e da cui riusciva a scappare con il suo pureblood privilege strizzandosi in ogni angolo delle più infime concessioni, ed adottando ogni tipo di sotterfugio. Pur essendo la nuova arrivata, non aveva avuto problemi ad inserirsi, incapace com’era a tenere la bocca chiusa o farsi i fatti propri. Si era inserita a forza nelle dinamiche pre esistenti, sempre con una piuma a pendere dalle labbra ed una pergamena su cui prendere appunti fra le mani. Costantemente con qualcosa da dire, e farlo nella peggior maniera possibile.
    Polemica. Rumorosa. Crescendo aveva limato quegli angoli di se stessa, ma senza privarsene: era ancora rumorosa, e polemica, ed incapace di tenere la bocca chiusa o farsi gli affari propri. Aveva solo più esperienza alle spalle per uscire dalle situazioni scomode con (quasi. All’incirca. Ogni tanto?) classe.
    Nota a piè di pagina dell’autore, yours truly Sara: ho letto la scheda di Friday, ed ho scoperto cose sconvolgenti. Non solo era amica di Akelei, ma era perdutamente innamorata di Euge. Eugene Jackson! Bruh. Per la sacralità della narrazione, diremo che anche quel ricordo fosse un effetto dell’oblivion di Nate, tanto sfiga per sfiga il livello era quello, e quelli i peculiari gusti di una De Thirteenth sedicenne: buffi e seccanti. Back on crack.
    Battè le palpebre un paio di volte, l’americana, fino a riuscire a mettere a fuoco le pietre che componevano le pareti della stanza. Gli occhi verdi scivolarono sui divanetti rossi, il tavolo disordinato di fronte al camino, le coppe dorate sulle mensole. Riuscì quasi a sentire il calore del fuoco acceso. Abbassò corrucciata lo sguardo sul tappeto sotto i propri piedi, sul quale si soffermò più del necessario, perché non riusciva a sentirne la texture morbida sotto le suole delle scarpe. Provò, come esperimento personale, a battere i piedi.
    Si rese conto che, pur vedendoli, non percepiva realmente di avere dei piedi.
    Fu più o meno a quel punto, in una peculiare epifania nella quale rifletteva su quanto avesse dato per scontato di avere dei piedi fino a quando non li aveva persi, e come avrebbe fatto a continuare la sua vita senza sentire la gravità ancorarla a terra ed il tallone dolere nelle scarpe nuove?, che sentì le voci. Familiari nella maniera in cui lo erano i sogni del dormiveglia, incerti. Fragili. Reclinò il capo sulla spalla, osservando di sottecchi che ci fossero altre persone lì dentro, e rimase pietrificata nel realizzare che seduta di fronte a lei, arrampicata sul sedile del divanetto, a sbuffare sdegnata, ci fosse… lei. Più giovane, certo. Qualche brufolo sulla pelle chiara, fianchi più larghi in memoria di quando sopravviveva di soli conservanti, ma lei, con lo stesso curioso sguardo verde ad osservare qualcosa. Qualcuno. Riconobbe quell’occhiata perché conosceva se stessa abbastanza da sapere cosa significasse; ne perse il senso quando vide chi stesse guardando con tutta la rapita di attenzione. Quella di chi avesse la concezione fuori posto dell’artefice delle stelle, e delle onde, e dei seccanti scrosci gelidi sulla pelle dei poveri comuni mortali che cercavano di abituarsi con calmezza alla temperatura dell’acqua.
    Adorazione. Confusione. Fastidio nella linea stretta delle labbra. Poteva individuare anche un principio di rabbia, ma sapeva fosse una furia complice e giocosa.
    Uhm.
    «avete ancora una regina. Non siete nella posizione di giudicare nessuno.»
    Curvò gli angoli delle labbra verso il basso. La risata del ragazzino seduto con lei sul divanetto, la fece automaticamente sorridere in entrambe le versioni di se stessa, perché Elijah Dallaire le aveva sempre fatto quell’effetto. Quello dei cuccioli che inciampavano nelle loro stesse zampe, per intenderci – intenerito, ed un boost di serotonina. Si era unita alla squadra di Quidditch anche per lui, oltre per dare fastidio a Piz (perché a quanto pare dalla scheda ho scoperto avesse un problema con i texani), malgrado non sapesse giocare. Un fatto riconosciuto anche dal Dallaire, che era troppo buono, certo, comunque non abbastanza da metterla titolare. Con giusta causa. Era il ragazzo perfetto di cui innamorarsi a quell’età, il principe azzurro che ogni ragazza avrebbe desiderato, con quei sorrisi perfetti e le forme gentili dell’uomo che sarebbe diventato (giusto perché Fray si era persa l’era Gollum.).
    Ovviamente, non Friday De Thirteenth. Nossignore. Lei non era come le altre ragazze, lei era peggio. Il suo cuore era per le cause perse e disperate, per i casi umani conclamati, per le personalità cringe ed i ratti che piacevano a Giada da Napoli. Infatti il suo primo amore da diario e risatine era stato Eugene Jackson…. No? Non stava guardando Eugene Jackson.
    «cosa sta succedendo» inflessibile, senza punteggiatura.
    Davvero non lo sapeva, la Friday trentunenne.
    Non una novità, mi direte.
    «Fray- Friday. stai bene?» Ci mise qualche secondo più del necessario prima di rendersi conto che qualcuno le stesse parlando davvero, e per ricordarsi che - la tenda. La Veggente. Il cane. Spostò gli occhi verdi dalla versione giovane di Nate, a quello adulto in carne ed ossa. Erano in carne ed ossa? Strizzò una delle proprie guance fra le dita, tirandola verso l’esterno. «non sono certa di esistere come entità fisica, non ho assolutamente di cosa sia successo o come, non so dove siamo. ma direi di sì?» La conversazione all’interno della stanza andò avanti senza di loro, con una mini Fray ad aggiungere tonnellate di zucchero alla propria tazza, ed a rubare sguardi verso Nate ed Elijah. «si vede che non avete mai bevuto un pumpkin spice latte. tè. Ugh. Eli, ti credevo migliore di così» con tanto di note sulla propria pergamena, presumibilmente per l’articolo successivo in cui avrebbe diffamato il Capitano della squadra. Sembrava… qualcosa che avrebbe detto lei, in effetti.
    «Non so cosa stia succedendo, ma sono sicuro ci sia un modo per svegliarci-...»
    Svegliarci…? Era un sogno? Battè le palpebre, spostandosi per guardare il trio oltre Nate.
    «siamo...noi» cercò di superarlo, piazzandosi direttamente davanti ai tre Grifondoro. «è un ricordo? Sembra un ricordo» Aveva problemi di memoria – come i PC, doveva formattarsi ogni tanto per immagazzinare nuove, inutili, informazioni – quindi non la stupiva non ricordarsi nulla di quell’incontro. Sembrava piuttosto… banale. Nella norma. Del tutto dimenticabile. «figlio mio.» Posò un morbido sguardo sull’Henderson più giovane, prima di tornare sulla sua versione adulta. Sospirò. «sei cresciuto bene, dai» tentò un sorriso. Ritenne fosse meglio del dirgli che fosse stato un mostrillo deforme. Non era una grande ammiratrice dell’Henderson al momento, ma non era il tipo da giudicare qualcuno per il proprio aspetto. Si era cresciuta meglio di così. Guardò il modo in cui il viso del mini Nate si illuminava ad ogni sorriso del Dallaire. Vide qualcosa, nell’espressione del giovane Grifondoro, quando Elijah rise reclinando il capo all’indietro, con abbandono e sincerità.
    Mh. Aveva visto film che iniziavano così – cit.
    «è un… tuo ricordo?» oddio. Era una memoria core della sua relazione omoerotica con il suo migliore amico? Si sentì un po’ a disagio. «mh. mh. Se è questo il segreto… sto… bene così» Lanciò un’occhiata di sottecchi al Ministeriale, indicando con un cenno i giovani Nate ed Eli. «non un grande segreto, comunque» un’espressione gentile, che provò a non rendere la situazione più strana di quanto non fosse.
    Ti prego signor Veggente non farmi vedere limonare due adolescenti NON HO MAI FATTO DEL MALE A NESSUNO. Capiva perché non avesse memoria di quel momento: rimozione dei ricordi traumatici.
    I’m not the same
    That I was When I was seventeen
    All those old friends
    That I had They don’t remember me

    31 y.o.journalistdeja uh?
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    friday de thirteenth
    Friday non aveva molti amici. Viaggiava spesso, e nei periodi in cui era a casa, preferiva passare il tempo con la propria famiglia piuttosto che fare catch up con chi si era lasciata alla spalle. Faticava a mantenere i rapporti a distanza, mettendo a repentaglio anche quelli che potenzialmente avrebbero potuto esserlo anche con pochi incontri l’anno. Ma! Ma. Aveva parecchie conoscenze amichevoli, persone a cui sorrideva sincera agitando la mano, con cui scambiava volentieri convenevoli, e talvolta offriva perfino spontanei appuntamenti per un caffè ed una chiacchierata.
    Era davvero convinta che Nathaniel rientrasse in categoria.
    Poi aveva visto la sua espressione pregna di aspettativa spegnersi come un cerino di manifestazione, il tono farsi piatto e lo sguardo stanco. Il sorriso, seppur confuso, dell’americana, era sparito in fretta. Ora. Non saranno stati migliori amici, ma «...non sono neanche sorpreso» anche meno? La De Thirteenth, che raramente non prendeva qualcosa sul personale, battè lenta le palpebre portando un’oltraggiata mano al petto. «scuuusa. la mia presenza ti offende?» Mostrò il palmo a Nate, appiattendo le labbra fra loro. A parte che aveva davvero sperato che il segno e l’altro fossero il cane – forse non voleva i suoi organi, forse voleva dirle che nel suo futuro vedesse una riserva felice di animali e creature magiche che la amavano e con cui non doveva essere politicamente corretta evitando il gesto dell’uccello – ma poi scusa, da cosa non era sorpreso. Che vendesse organi? Che – CHE COSA. Manco le interessava, l’attitudine fu abbastanza per farle drizzare le spalle, ed incrociare le braccia al petto, facendo atterrare deliberatamente gli occhi verdi sulla vecchia. «cioè. capito» girls support girls, perfino quando la girl puntava agli organi interni e già sognava il prezzo della sua milza al mercato nero – si faceva quel che si poteva. Il cane sbuffò, e Fray seppe fosse un cenno d’assenso nei suoi confronti. Il periodt queen canino, perfino.
    «Fray»
    «friday*» corresse. Cos’era quella confidenza, dopo il nOn sOnO nEaNcHE sOrPrEsO. Al prossimo incontro al Ministero, avrebbe aspettato che fosse vicino alle porte dell’ascensore prima di chiudergliele in faccia, anziché attendere come faceva di solito. «Ci conosciamo già» Non avrebbe potuto sembrare meno felice neanche se ci avesse provato. Ma che… problema aveva. Conscia di avere la coscienza pulita – dopotutto, aveva passato mesi in Siberia, poi c’era stata la guerra; aveva avuto poco tempo per fare danni sociali – riportò uno sguardo corrucciato sull’Henderson. Curvò le labbra verso il basso, scuotendo il capo con disappunto. «a malapena» concesse, in direzione della veggente; fosse mai che credeva si conoscessero davvero e Friday De Thirteenth fosse il tipo di donna che accettava di farsi trattare così. EVIDENTEMENTE, non lo conosceva affatto.
    Cioè. Entravi in una tenda occupata di qualcuno che prometteva una visione sul futuro, ed anziché sorridere – confuso ma piacevolmente sorpreso di avere ancora entrambi i reni ed essere IN OTTIMA, mind you, compagnia – e domandare perché foste lì, accettandola poi come la sfida avventurosa che era, dovevi comportarti da infame? Non era il genere di amicizia che la ex Grifondoro voleva nella sua vita.
    Non ricambiò il sorriso di scuse di Nate. Perlomeno, non alzò il dito medio – e solo perché era matura. Lo osservò prendere posto con il cinismo che meritava, lasciando trapelare sincera preoccupazione solo all’idea che gli spiriti si prendessero cura del Labrador. Uh? Approfittando dell’intenso scambio di occhiate fra Nate e la Veggente – ma che… affari avevano fra loro. Oddio. Che in realtà Nate, dicendo di conoscerla, volesse preservarla dal mercato nero suggerendo un’altra vittima? Thinkin. Assottigliò le palpebre, osservandoli entrambi – si avvicinò un po’ di più a Nathaja. Poteva anche non essere contenta del comportamento del suo padrone, ma avrebbe difeso il cagnolone a spada tratta da qualunque spirito nei paraggi.
    «C'è qualcosa fra voi»
    Lei e Nate….?
    «Un mistero»
    In che senso….
    «Un segreto»
    «signora veggente, sarò onesta con lei -» stava per farle notare, gentilmente e con rispetto, che non fosse lì per… quello, qualunque cosa quello fosse. Voleva risposte sul futuro, non una missione Goonie sul passato, soprattutto se riguardava lei e Nate. Nulla da togliere al responsabile special, ma non credeva avessero intercorsi così interessanti, o segreti particolari che valesse la pena svelare. Insomma, Friday De Thirteenth era troppo trasparente per possedere scheletri nell’armadio.
    «Ma solo uno di voi lo sa» Un… segreto davvero strano.
    A quel punto, necessità virtù, cercò interrogativa e solidale lo sguardo di Nathaniel, perché certo anche lui doveva essere smarrito quanto – uh.
    Uh.
    Vorrei ricordare al pubblico a casa, che per quanto Friday fosse impulsiva, e tendesse ad agire prima di pensare, non era stupida quanto le sue scelte la facevano sembrare. Era sveglia, in grado di cogliere le espressioni delle persone e tradurle in significati – aveva lavorato nella CIA, per la miseria, ed era una sorella maggiore. Forse quello, più dell’agenzia segreta americana, giustificava il piglio sempre critico ed attento. Battè le palpebre, la testa sulla palla mentre osservava l’altro.
    «hai un segreto per me Fray?»
    Oh, baby boy. Evil. Quel sorriso avrebbe anche potuto funzionare su una Friday più giovane (e infatti.) ma l’unico tipo di fascino che colpiva la De Thirteenth, ormai, era la stabilità mentale, e lungi dall’Henderson sembrare il tipo di persona che avesse la propria vita in ordine. Ricambiò comunque il sorriso, l’indice a far segno di no e lo sguardo ridotto ad una fessura: ci hai provato. «tu sai di cosa sta parlando» sembrava un’accusa, perché la era.
    «certe cose è meglio non dirsele, forse»
    Nei suoi sogni, forse. Inspirò profondamente, facendo scivolare il sorriso dalle labbra in favore di un’espressione seria e risoluta. «cos’hai fatto» severo, e che ammorbidì appena tenendo in considerazione che… beh, non era stato carino quel giorno, ma tendenzialmente Nate era un tipo a posto, e le piaceva. Era disposta a concedere il beneficio del dubbio. «tutto ok?» Si era infilato in qualche… brutta situazione? Il destino l’aveva voluta lì perché Nathaniel Henderson diventasse la sua causa? C’era solo onestà negli occhi curiosi della giornalista, un «posso aiutarti?» sinceramente interessato. Aveva i suoi :sparks: problemi :sparks: ma era ben più che felice di metterli da parte per concentrarsi su quelli di qualcun altro.
    La risata della Veggente la fece trasalire. Una risata… roca, bassa, e decisamente meno divertita, a giudicare dall’espressione deadpan del suo volto, di quanto la durata avesse lasciato intendere. Ma che stava succedendo. Forse gli spiriti si erano annoiati a giocare al riporto con Nathaja, ed avevano deciso di possederla. Forse Sara ed Arianna sono di nuovo incastrate con il Gargoyle King. Forse la droga sarebbe stata il per sempre delle loro role.
    «STA SUCCEDENDO»
    Si avvicinò maggiormente al cane. Non si sapeva mai. Lo sguardo di Fray rimbalzò dalla donna all’Henderson, un silente oh, amica tua che non giudicava, per carità, ma chiariva che non avrebbe preso parte a quella follia.
    «il futuro non è altro che il passato sotto una nuova lente»
    Uhm… uhm. Molto filosofico, ma anche… inesatto. Sperava.
    «quello che sarete domani, è il frutto di quello che siete stati»
    Non aveva paura, ma… quasi.
    «O QUELLO CHE AVRESTE POTUTO ESSERE!» La Veggente schioccò le dita, e due fili di fumo uscirono dalla punta dei polpastrelli. Un trucco da prestigiatore, ma comunque ad effetto. Annuì ammirata, perché un po’ di scenografia faceva sempre la sua figura. La donna indirizzò il fumo alla palla di cristallo poggiata sul tavolino, blaterando parole incomprensibili – le parve di cogliere chiaramente ”biblietto” nella sua litania – e scuotendosi tutta.
    «tu c’eri al corso di aggiornamento del primo soccorso?» domandò, temendo che fossero le prime fasi di un attacco epilettico. «dobbiamo -»
    «e se.
    E se……..»

    Inspirò, sentendo qualcosa di diverso nell’aria. Aveva un gusto… dolce, tanto che potè sentirlo sulla punta della lingua. I contorni della stanza sembrarono sciogliersi, e la De Thirteenth fu presa da momentanee vertigini. «già ai reni?» mormorò.

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    31 y.o.journalistdeja uh?


    non ho specificato la fine nel post così ti lascio il Grande Potere del libero arbitrio, ma what if. what if. la sciura ci drogasse a andassimo un po' a spasso nei ricordi?? WHAT IF!! dai, come ospiti ad osservare i mini noi!!&& pensaci
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    friday de thirteenth
    Sembrava destino.
    Chiaramente non lo era, visto come si erano evolute le cose – Friday, stranamente, non si era persa in strani labirinti magici, e Nathaniel aveva rimandato il milkshake al giorno dopo, perdendosi la pseudo rapina in corso – ma lo era sembrato. Uno strano intricarsi di fili dettati da un volere superiore (la palla) a scrivere una storia tutta particolare che li aveva portati in momenti eguali ed opposti, binari paralleli destinati a non incontrarsi mai, hashtag star crossed almost lover.
    Eccetera eccetera.
    Insomma, il Fato non aveva davvero previsto quell’incontro, figurarsi Friday De Thirteenth, che quel giorno come i cento precedenti, ancora non aveva capito da che parte fosse girata nel mondo.
    Era sparita per cinque mesi, rapita in un Laboratorio Siberiano dove sperimentavano magia radioattiva su dei bambini. Non le avevano tolto la bacchetta, ma qualcosa le avevano preso comunque: promesse che non aveva mantenuto, integrità morale, fiducia in se stessa. Quando il Ministero, con una task force chiaramente prevista per sopperire nell’impresa, li aveva raccolti e riportati nella società, Fray aveva… lentamente cercato di inserirsi negli ingranaggi che prima l’avevano ospitata oh, così comodamente. Era una giornalista, una ricercatrice, un’esploratrice, ed era una obliviante, anche se quel lavoro aveva iniziato ad andarle stretto. Il pensiero di usare la magia, perfino dopo mesi, continuava a farla sentire… sporca, come stesse facendo qualcosa di sbagliato. Non lo sentiva naturale. Ogni volta che impugnava il catalizzatore magico, sentiva sulla lingua il sapore di cenere delle pire accese fuori dai Laboratori, i corpi dei caduti a disintegrarsi nella neve.
    Un mese…? Dopo, Abbadon era tornato da ovunque fosse nascosto, per dichiarare guerra a tutto. Non una fazione specifica, non una parte geografica delimitata, a tutto il mondo. Aveva riso all’idea che potesse infrangere lo statuto di segretezza, agitando una mano nell’aria per liquidare la questione: ma dai, e chi mai gli avrebbe dato corda in una follia simile -
    Tutti. La risposta era tutti.
    Sapeva che ci fossero delle forze opposte in quella guerra, ed era stata dannatamente tentata di mandare tutto a fanculo, e tornare l’adolescente riottosa che saltava sul tavolo della Sala Grande aizzando la rivolta per offrire uno stipendio agli Elfi. Poi aveva guardato Thor, gli occhi enormi e spaventati con cui l’aveva osservata al lockdown di Hogwarts. Le spalle irrigidite ed i pugni lungo i fianchi, a fingere di non essere terrorizzata da qualunque cosa stesse succedendo, ed era stata egoista, scegliendo sua sorella rispetto alla cosa giusta da fare. Poi era apparso Sandy, con una faccia… diversa, ma Sandy comunque. Lo ricordava bambino con quegli stessi occhi e identiche fossette; non si era resa conto di quanto fosse cambiato negli anni, finché non si era presentato al loro zerbino con quell’aspetto. Smarrito. Spaventato e perso, con strani vuoti di memoria – «no, sunday, non sono stata io – e momenti in cui sembrava dimenticarsi di esistere nel loro stesso spazio e tempo. Un mese ad aspettare che finisse. Il massimo che era riuscita a fare, dal covo13th, era stato mandare risorse finanziarie a gruppi di nicchia dei quali non avrebbe neanche dovuto conoscere l’esistenza; non era bastato.
    Un (breve) preambolo per dirvi che alla De Thirteenth, come ad un Giuliano abbarbicato sul cuscino più comodo del divano di casa #Alzheimer, giravano i coglioni così vorticosamente, che poteva tranquillamente essere la mascotte dei #Sette a distruggere qualche cittadina dall’altra parte del mondo.
    Troppo presto?
    Passò le mani sul volto, premendo le dita sulle palpebre abbassate prima di trascinarle sulle guance tirando verso il basso. Come si fosse ridotta a quello, di nuovo, non avrebbe saputo dirlo. Uno pensava che dopo un po’ si imparasse dai propri errori, ma non la nostra De Thirteenth, nossignore: lei perdeva la vagina incastrandosi nella sua forma metamorfomagus per far riavere la magia a suo fratello, poi rintracciava l’unico mago in circolazione che l’avrebbe riportata alla sua forma originaria perché in possesso dell’anello, poi seguendo una pista per un articolo si faceva rapire per la Siberia e, bonus, ritrovava il mago che le aveva ridato le ovaie, solo che non era più un mago ed era uno special depresso e tossicodipendente. OPLA! Ed eccola in quella che si prospettava essere un’altra meravigliosa avventura, spinta dalla frustrazione di non sapere più cosa fare di se stessa. Come rendersi utile, in primis; come smettere di sentirsi colpevole per cose che non aveva fatto. Aveva addirittura valutato la possibilità di sganciare il cash nei Laboratori, e tentare il tutto e per tutto sperando le dessero la chiaroveggenza, ma alla fine si era risolta a metodi più… umani. Razionali? Non tanto: dipendeva dai punti di vista.
    Aveva trovato quella piccola bancarella nella periferia del Wicked, dove La Veggente leggeva il futuro in maniera, dicevano le recensioni, spaventosamente accurata. Il suo carro sarebbe rimasto solo per pochi giorni, quindi bisognava prendere appuntamento, ed offriva diversi servizi ai suoi clienti. Friday credeva che fosse una grandissima baggianata, ma era così disperata da essersi aggrappata perfino a quello: le avrebbero tolto il MALOCCHIO? Sì, per favore. Non era disposta a vendere il suo primogenito solo perché non progettava di avere figli, ma almeno ad un rene poteva rinunciare.
    «TREDICI!»
    Sì, c’era il biglietto come dal macellaio. E sì, per una peculiare ironia dell’universo, le era capitato il 13. Sollevò le tendine, volgendo un sorriso a labbra serrate alla donnina, che immagino inquietante come quella della Città Incantata, seduta al centro della baracca.
    «dov’è l’altro?»
    «...l’altro?»
    «ne manca uno»
    Stavano già parlando dei reni? Corrugò le sopracciglia, cercando di essere il meno sospetta possibile nel tastarsi i fianchi. «no?»
    «e ti dico di sì invece. Io lo so» si puntellò violentemente un dito alla tempia.
    Friday ebbe un po’ paura.
    «LO :eye: :ball: :eye: SHENTO»
    «oh…….» annuì, malgrado non avesse capito. L’altra la invitò ad accomodarsi.
    «arriverà a momenti. Abbiamo molto di cui parlare»
    Oh, Cristo Santo: voleva anche un polmone?!
    I’m not the same
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    31 y.o.journalistdeja uh?
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    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    31 y.o.journalist
    friday
    de thirteenth
    Non aveva neanche voglia di girarsi. Voleva rimanere con le spalle all'entrata e la schiena rivolta alla voce che aveva interrotto il suo ordine, lo sguardo fisso sulla ragazzina dall'altra parte del bancone. Ma potevano romperle il cazzo quando l'unica cosa che voleva fare era mangiare delle maledette patatine in santa pace? Frittura di seconda categoria che si era meritata, e che le aveva consigliato la sua terapista? Non lo avevano un briciolo di rispetto? Iniziò a vibrare appena, Friday, scossa come superficie dell'acqua interrotta da un passo più lungo degli altri sulla spiaggia. Strizzò l’interno della guancia fra i denti, stringendo il palmo sul legno appiccicaticcio del tavolo. Si obbligò a riempire i polmoni un millimetro alla volta, allargandoli con la stessa lentezza con cui la mora spalancava lo sguardo.
    Ed era molto piano.
    Abbastanza da far sorgere un dubbio alla giornalista, che drizzò impercettibilmente i muscoli e rimase semplicemente in attesa. Date le sue tristi scelte di vita, e le altrettanto tragiche conseguenze, qualcuno avrebbe potuto erroneamente dedurre che Friday fosse stupida. Ingenua, forse, troppo accecata dal suo personale senso di giudizio e la propria; spontanea, più del necessario, ma stupida? No. Purtroppo, perché era conscia di fare una stronzata almeno l’80% delle volte. Tant’era. Arcuò le sopracciglia, reclinando appena il capo sulla spalla. Nessuno si mosse – non il rapinatore, non la ragazzina – ma il silenzio venne rotto dall’unico altro avventore del locale. Sembrò essere abbastanza perché il teatrino continuasse, minacce da parte della persona armata e suppliche dalla fanciulla, ma prestò solo parte della propria attenzione ai due. «secondo te se la cava da sola o dobbiamo darle una mano?» Una frase che normalmente le avrebbe fatto girare testicoli che non aveva, perché ma che razza di domanda era certo che dovevano fare qualcosa, ma che in quello specifico frangente le fece solo ruotare gli occhi. Sul soffitto, prima; ci mise qualche secondo di riflessivo silenzio per voltarli sul ragazzo seduto ai tavoli. Che conosceva perfino, perché – ricordo sbloccato! - la magione De 13th era stata la sosta di Yoann e (pg di lia di cui non ricordo il nome e sono troppo pigra per cercarlo). Dove fossero andati in seguito, solo Dio poteva saperlo.
    Magari erano ancora lì. Siete ancora lì?
    «non lo so, vorrei vedere un po’ come si evolve il drama» E lei invece era stanca del drama: voleva altre patatine, ed affogarle con salse chimiche dalla dubbia provenienza. Schioccò le labbra fra loro, usando le mani appiattite contro il bancone per darsi la spinta e voltarsi verso il moro – gli altri due erano troppo presi fra loro per far caso ai due sfigati capitati lì per caso. «lei è stanca di lavorare in un fast food. Lui è probabilmente o il suo ragazzo, o suo fratello. Questa è veramente una» puntellò la lingua sull’arcata superiore dei denti, occhi verdi ridotti ad una fessura e indice contro il malvivente. «grandissima stronzata.» soffiò l’aria fra i denti, chiudendo poi la mano a pugno.
    Qualche mormorio di dissenso. Diversi strilli – e qualche sputo di bava, che schifo – da parte del ladro. Voleva già prenderli a calci e farsi dare razione doppia. Invece fece un vago cenno con il capo a (lo sapeva, lo sapeva, si chiamava come qualcuno che conosceva. COME SI CHIAMAVA?) moretto, un ampio gesto verso bonnie e clyde alabama version. «tu che dici? Chi vince si becca la cheescake» indicò la vetrina con la triste torta in esposizione.
    Furenti occhi verdi sulla dipendente del Wizburger. «con panna doppia
    No, no, you ain't the same
    I'll cut the ties
    I can feel that evil eye, uh
    What's this disguise?
    Is it the rain, or is it you crying?
    space ghost coast to coast
    glass animals
    dreamland
  5. .
    (sara hai rotto il cazzo) (vabbè dai almeno qui non disturbo nessuno.)

    TI CONVINCO AD ASCOLTARE UNA CANZONE CON UNA FRASE, HALSEY VRS


    magari anche due, perchè halsey è halsey ed è tutto bello. tutto.

    1. I WALK THE LINE
    I keep a close watch on this heart of mine
    I keep my eyes wide open all the time
    I keep the ends out for the tie that binds
    Because you're mine, I walk the line


    2. 1121
    But I won't die for love
    But ever since I met you
    You could have my heart
    And I would break it for you

    bonus:
    And, yeah, I know
    The parts of myself that I've hated
    And I can't tell which ones are mine
    And which I created


    3. WHISPERS
    Sabotage the things you love the most
    Camouflage so you can feed the lie that you're composed

    bonus perchè può bisbigliarmi quello che vuole e my heart skips a beat
    "You do not want this"
    This is the voice in your head that says, "You do not want him"
    This is that space in your bed that says, "Bet I could fuck him"
    Isn't it lonely?


    4. NIGHTMARE
    "Come on, little lady, give us a smile"
    No, I ain't got nothin' to smile about
    I got no one to smile for, I waited a while for
    A moment to say I don't owe you a goddamn thing

    niente bonus, solo sara che grida in background OWE YOU GODDAMN THING


    5. (eh, questa probabilmente la conosce perfino sara vj, ma sono una persona coerente) CONTROL
    Do you tear yourself apart to entertain like me?

    6. EASTSIDE
    My love is yours if you're willing to take it
    Give me your heart 'cause I ain't gonna break it


    7. STRANGERS (il video d'obbligo)
    Said that we're not lovers, we're just strangers
    With the same damn hunger
    To be touched, to be loved, to feel anything at all

    sara in background crying in lesbianism


    8. CASTLE
    Now my neck is open wide, begging for a fist around it
    Already choking on my pride, so there's no use crying about it


    9. (sara vj ti supplico questa anche i muri eh) CONTROL
    I'm well acquainted with villains that live in my bed
    They beg me to write them so they'll never die when I'm dead


    10. SORRY
    I've missed your calls for months it seems
    Don't realize how mean I can be
    'Cause I can sometimes treat the people
    That I love like jewelry
    'Cause I can change my mind each day
    I didn't mean to try you on
    But I still know your birthday
    And your mother's favorite song


    11. HURRICANE
    He says, "Oh, baby, beggin' you to save me
    Though lately, I like 'em crazy
    Oh, maybe, you could devastate me
    Little lady, come and fade me"


    12. (cristo sto ridendo è di nuovo la tumblr era) GHOST
    I like the sad eyes, bad guys, mouth full of white lies

    13. TROUBLE
    I bet you kiss your knuckles
    Right before they touch my cheek

    bonus perchè quella era iconica ma:
    Would you lie for me?
    Cross your sorry heart and hope to die for me?
    Would you pin me to a wall?
    Would you beg or would you crawl?
    Stick a needle in your hungry eyes for me?


    sì halsey. si


    14. DRIVE
    Over analyze again, would it really kill you if we kissed?
    dovevo per i miei trc babies perchè DAI ANDIAMO ma aggiungo anche:
    All we do is sit in silence waiting for a sign
    Sick and full of pride


    15. WALLS COULD TALK
    Told my new roommate not to let you in
    But you're so damn good with a bobby pin
    Now you gon' play me like a violin, hittin' these notes

    :lunetta:


    16. HEAVEN IN HIDING
    And you thought that you were the boss tonight, but I can put up one good fight
    I flip the script like I can take a beating

    *inhale*
    *exhale* I CAN PUT ON A SHOOOOOOOOOOOOOOW


    17. YOUNG GOD (aiuto sono di nuovo giovane)
    He says, "Ooh, baby girl, don't get cut on my edges
    I'm the king of everything and oh, my tongue is a weapon
    There's a light in the crack that's separating your thighs
    And if you wanna go to heaven, you should fuck me tonight"


    18. COLORS (STRIPPED)
    You're ripped at every edge but you're a masterpiece
    è così da basic bitch ma mi rende felice ogni volta. aiuto


    19. THE TRADITION
    And they said that boys were boys, but they were wrong
    perchè il senso della canzone è quello e lo lascio bello slay halsey ma dang siamo in un gdr dai doveroso citare:
    Take what you want, take what you can
    Take what you please, don't give a damn
    It's in the blood and this is tradition


    20. STRANGE LOVE
    They know you walk like you're a God, they can't believe I made you weak
    sara inspirando profondamente e muovendo la testa come fosse ad un concerto punk, ma le mani come ad un concerto rap:
    THAT'S THE BEAUTY OF A SECREEEEEET YOU KNOW YOU'RE SUPPOSED TO KEEP ITT


    21. 11 MINUTES (con mimo figlio fake!!!!!)
    Talkin' love but I can't even read the signs
    I would sell my soul for a bit more time

    bonus. bruh:
    You run your middle finger up and down my spine


    22. EXPERIMENT ON ME
    Bloodstained mouth, gonna blow a kiss
    WHO NEEDS A Y WITH THIS MANY X?????


    23. LILITH (vi lascio anche quella con ken per self care)
    Tuck a knife with my heart up my sleeve
    And change like a season, reason for nothin'
    I am disruptive, I've been corrupted
    And by now, I don't need a fuckin' introduction

    HAVE YOU NOTICED???????????? TELL ME HAVE
    YOU
    NOTICED??????????????????????????????????


    24. DON'T PLAY
    I don't give a damn what you say to me
    There ain't no time for games with me


    25. BAD AT LOVE
    Look, I don't mean to frustrate, but I
    Always make the same mistakes, yeah
    I'm bad at love


    26. BELLS IN SANTA FE
    Better off dead, so I reckon I'm headed to Hell instead
    DON'T WAIT FOR MEEEE DON'T WAIT FOR MEEEEEEEE IT'S NOT A HAPPY ENDINGGGGGGGGGGGGGGGG


    27. EYES CLOSED
    Would've gave it all for you, cared for you
    So tell me where I went wrong


    28. NOW OR NEVER
    Tryna talk to a wall
    But you could never tear it down for me, yeah


    29. HAUNTING
    You've got a fire inside, but your heart's so cold

    30. LIE
    I'm watching you choke down the words that you said
    I watch you devour, mistake me for bread


    ma ci pensate che ci sputtano ore? io si. me ne vergogno? un po'. ma poi mi sento sempre anche meglio.
  6. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    31 y.o.journalist
    friday
    de thirteenth
    «un altro»
    La ragazza dall’altra parte del bancone, capelli castani accuratamente legati in una coda e la visiera rossa del locale ben calcata sulla fronte, inarcò le sopracciglia. Osservò il tavolo alle spalle di Fray, quello su cui erano accartocciati almeno una decina di involucri di carta vuoti, e spostò intenzionale lo sguardo sull’americana. Non c’era alcun bisogno che esplicitasse a voce l’ancora? dipinto così chiaramente sul volto. In Siberia non aveva sviluppato alcun potere, ma la rossa non aveva bisogno della telepatia per rispondere «sì.» a quel non verbale.
    Friday De Thirteenth non era nel mood per litigare con il customer service del Wizbuger, ed ancor meno con una ragazzina che aveva tutta l’aria di frequentare ancora Hogwarts. Se voleva l’undicesimo pacchetto di patatine fritte, erano solamente affari suoi e di nessun altro. Credeva di meritarseli, santiddio. Credeva di esserseli guadagnati, dopo cinque fottuti mesi in un Laboratorio russo dov’era stata prigioniera insieme a dei maledetti bambini a cui aveva promesso sarebbero usciti e che invece aveva visto bruciare. Pensava di non dovere alcuna cazzo di spiegazione ad un’adolescente la cui preoccupazione più grande, evidentemente, era giudicare i propri clienti per le loro scelte di vita. Era tanto da chiedere? Da aspettarsi? Voleva delle maledette patatine fritte, non tornare indietro nel tempo e rifare tutto. Le sembrava una richiesta accettabile, tutto sommato.
    Morse il labbro inferiore, chiuse gli occhi, e sbattè il palmo sul bancone del fast food. Rimase immobile una manciata di secondi, cercando di ingoiare saliva nonostante il nodo alla gola le impedisse di respirare e sentisse le palpebre umide di lacrime, l’indice sollevato per chiedere un minuto. Solo un minuto per ricomporsi, e smetterla di sentire l’odore acre e asciutto di cui non era riuscita a liberarsi sotto alcun doccia schiuma.
    E le voci. Dio mio, le voci. Le sentiva in ogni istante della giornata, nel silenzio e nelle folle gremite. Vedeva i loro occhi ovunque. Se fosse stata più coraggiosa, avrebbe socchiuso le palpebre e guardato quegli occhi anche sul volto della mora, bisbigliato appena un mi dispiace che a poco sarebbe servito perfino alla propria coscienza.
    Per un periodo ci aveva creduto, che sarebbe andato tutto bene e li avrebbe portati fuori da lì. Era rimasta aggrappata al proprio ottimismo, la testardaggine, il mero principio che le tragedie accadessero solo agli altri e mai a se stessa. Poi aveva capito, che si era spinta troppo in là. Che non avrebbe potuto mantenere quella promessa. E gliel’aveva ripetuto comunque, conscia di star mentendo, e l’aveva fatto per se stessa, perché nessuno di quei bambini voleva davvero uscire da lì. La guardavano smarriti e vacui, persi; dopo un paio di mesi in cui uno dei bambini più grandi – l’unico che parlasse anche inglese – le aveva insegnato un russo molto elementare, anche la scusa che non capissero cosa stesse dicendo, non aveva più retto. Quando il fumo acre dei loro corpi in fiamme aveva raggiunto e bruciato le narici, si era detta che fosse meglio così; che tanto, un mondo fuori da lì, non l’avrebbero capito e non li avrebbe capiti. A mente un poco più lucida, ed in solitaria nella propria cella di isolamento preventivo, si era resa conto di aver già visto quella storia una volta, e quella giustificazione non funzionasse. Aveva aspettato Sandy dal far west, aveva ascoltato i racconti di Sandy del far west, ed aveva trovato tutto incredibile ed assurdo. All’epoca si era detta che non ce l’avrebbero mai fatta ad adattarsi al loro mondo, gli scapestrati afferrati in extremis in California.
    Ma ce l’avevano fatta, non era forse vero? I più piccoli ancora frequentavano Hogwarts; i più grandi, già si univano a missioni di smembramento in territorio straniero, e sceglievano di fare la cosa giusta anche quando non la era per loro. Aveva spostato lo sguardo sulla Wesley, in quella distesa di neve. Sul volto rigato di lacrime, ma l’espressione solenne; sulle labbra a muoversi in preghiere che Fray non capiva ed in cui non credeva. Mckenzie l’aveva incontrato una settimana dopo al Ministero, e non si erano parlati. Era rimasta immobile quando all’ennesima parola bisbigliata dai colleghi all’interno dell’ascensore, l’altro gli aveva sbattuto la testa contro i pulsanti dei piani, uscendo al quinto piano come se non fosse successo nulla e rientrando solo per offrire un fazzoletto di carta. In seguito, Fray avrebbe affermato di non aver visto nulla.
    Forse la seconda occasione nel loro secolo non stava andando come avevano immaginato, ma l’avevano avuta, e stava andando. Non pensava che i bambini della Siberia potessero avere le loro stesse possibilità di inclusione, ma… qualcosa. Magari non tutti, ma qualcuno che fosse meno infetto; qualcuno che avesse più controllo.
    Qualcuno e basta.
    «e una coca cola» gracchiò, il capo chino.
    Non aveva rivisto né Jeremy, né Syria, né Grey o Ryu, da quando erano tornati. Immaginava che, come lei, non volessero rivedersi per almeno un intero anno solare. Aveva volontariamente deciso che Reese Withpotatoes sarebbe stato il problema di una Friday del futuro, qualora ancora non fosse spuntato magicamente così com’era sparito dai laboratori. Aveva scelto di non sentirsi in colpa, perché non era colpa sua, e di non preoccuparsi, perché credeva di averne già abbastanza per se stessa, e di rimanere nel territorio neutrale dell’odiarlo, perché si sentiva giustificata a farlo sia nell’ipotesi che fosse morto che in quella in cui fosse riuscito a scappare.
    Era stata dimessa dall’ospedale.
    Era tornata in Gran Bretagna.
    Aveva abbracciato Thor, ed entrambe avevano ignorato le lacrime di ambedue. Aveva assicurato a Sandy che potesse tornare in America a finire il tirocinio, Gesù, Sunday, ogni scusa è buona per non lavorare, hai preso tutto da Wendy, perché più facile dell’alternativa. Aveva mentito alla sua gemella dicendole di non ricordare molto di quanto fosse successo, e lei, pur sapendo fosse una stronzata, non aveva insistito.
    Andava tutto bene.
    Era perfino tornata a lavoro. Aveva valutato l’idea di non farlo? Sì. Non voleva più essere un obliviante. Non voleva più usare la magia. Sapeva di averla, perché la sua bacchetta l’aveva riconosciuta quando stretta nel palmo, ma non voleva usarla, Fray. Non più. Si stava dannatamente, maledettamente, sforzando di tornare alla normalità. Lo psicomago d’ufficio a cui l’avevano caldamente consigliata di recarsi, le aveva detto avesse solo bisogno di tempo per processare quanto successo – che non fosse facile, che fosse autorizzata a trovare il mondo diverso, e se stessa al contrario.
    Doveva riadattarsi.
    Tornare alla propria quotidianità.
    Aveva iniziato con le patatine fritte; non aveva ancora smesso.
    Aveva solo bisogno di quiete, e respirare, e - «MANI IN ALTO, QUESTA è UNA RAPINA»
    «oh, cristo santo.»
    No, no, you ain't the same
    I'll cut the ties
    I can feel that evil eye, uh
    What's this disguise?
    Is it the rain, or is it you crying?
    space ghost coast to coast
    glass animals
    dreamland


    volete essere clienti come fray? personale del wiz? QUELLI CHE VENGONO A RAPINARE UN FAST FOOD (in quest'ultimo caso, mi spiace per voi.) VIECCETE.


    Edited by 13th. - 4/7/2023, 21:06
  7. .
    arms crossed with the attitude, lips pouted
    «Sei malvagia. Sul serio»
    Fred sorrise mostrando tutti i denti, mento all’infuori ed una spalla scrollata con noncuranza. «non ci dormo la notte» per sottolineare quanto la cosa non la disturbasse, bevve sonoramente un altro sorso dal suo bicchierone di plastica. Entrambe sapevano non lo intendesse davvero, perché quello era semplicemente un piccolo sipario del loro rapporto: erano sorelle, sì, ma quei quattordici anni di differenza avevano da sempre portato con sé un senso di responsabilità che andava oltre la fratellanza. Friday sentiva, sapeva, che Thor fosse affar suo molto più di quanto non lo fosse di mamma o papà.
    Meglio così. Sapeva May e August De Thirteenth li amassero, ma da adulta, si rendeva conto che non fosse il modo corretto per amare i figli: per Sandy e Thor, Fray aveva - ed avrebbe sempre - cercato di essere una versione migliore di se stessa e dei loro genitori. Quella che entrambi meritavano. «E poi non c’era crisi? Niente posti di lavoro? Persone che mandano cv a destra e manca e non vengono mai chiamate, manco per lavare le scale?» Forse da giornalista non avrebbe dovuto dirlo, ma proprio perché praticava il mestiere, si sentì in dovere di sospirare ed incrociare le braccia dietro al collo. «non credere a tutto quello che senti in giro. C’è una seria mancanza di manodopera e di figure professionali formate adeguatamente» insomma, il problema non era trovare lavoro, era trovare quello dei sogni. Troppi laureati in una Italia Gran Bretagna non adeguatamente aggiornata per ospitarli offrendo loro le opportunità che meritavano: ecco perché la fuga di cervelli. «e di persone che abbiano effettivamente voglia di lavorare: le piccole realtà hanno sempre bisogno di mani in più. Il quidditch ti aspetta dopo il diploma, e ne avrai per tutta la vita: fai qualche esperienza diversa ora che puoi.
    Ti ho mai raccontato di quando io e Wendy abbiamo lavorato al circolo del golf di papà?»
    Sorrise entusiasta, gli occhi verde muschio ad illuminarsi.
    (Le avevano cacciate perché Fray aveva sputato nel piatto di un convinto colonialista. Era stato molto divertente.)
    Era il momento di tornare al discorso serio, ed anche l’espressione di Friday lo dimostrò. «Ma è… orribile» Non sapeva se essere felice o triste che la sorella fosse così ignorante riguardo il mondo in cui vivevano. Era un segno che le nuove generazioni stessero portando una ventata di novità? O che fossero così abituati a come funzionasse da non rendersene conto? Come già detto, loro erano e restavano una famiglia privilegiata. Anche togliendo il denaro, ed era molto da ignorare (in tutti i sensi) erano una famiglia con pedigree. Avevano avuto tutto ciò che avevano voluto, senza faticare più del necessario. Essendo parte del mondo magico, non avevano neanche dovuto combattere il patriarcato. Fray trattava i pregiudizi di sangue esattamente come un babbano avrebbe trattato quelli razziali: sapeva che il mondo fosse così; cercava, almeno lei, di essere diversa. Fare qualcosa in merito. L’idea della Resistenza non l’aveva neanche mai sfiorata, perché – da cittadina comune – li reputava solamente dei fanatici che creassero disordini di cui davvero, davvero, non avevano bisogno.
    Ci credeva davvero, che andasse cambiato dall’interno. Non rivoluzionato, solo alterato.
    «Ma come… come possono? Fregarsene così degli altri, dico. Sapere che gli altri stanno bene… o peggio, che stanno male… Come fanno a, be’, vivere?» Le rivolse un’occhiata dubbiosa, labbra strette fra loro e sopracciglia corrugate. Non era forse così che aveva vissuto tutta la sua vita? In modo meno estremo, ma comunque. Fray, da adulta badger, riconosceva i propri privilegi ed errori. Non ne andava fiera. Sorrise all’entusiasmo di Thor, riconoscendo nell’indignazione della sorella la propria.
    Minchia. Aveva proprio preso tutto da lei.
    «Non hai appena detto che devo trovarmi un lavoro? Che sono abbastanza – bleah – grande da farlo? Parlami. Spiegami. Voglio sapere. Voglio… aiutare.»
    Non era certa di saperlo fare. Studiò l’espressione di Thursday, la lingua ad umettare le labbra. Era abbastanza grande da aver sviluppato un senso critico proprio, no? Fray alla sua età istituiva rivolte presentandosi a lezione con la divisa dei Wildcats – casata a cui non poteva accedere perché gender specific; ugh, my ass – e non trovava quel discorso particolarmente… diverso. Sapeva anche Thor fosse consapevole che il trattamento non fosse eguale per tutti. Cosa le stava chiedendo, esattamente? «parlano così perché sanno di poterlo fare» spiegò, gentilmente. «non ho un’idea specifica di quale articolo scrivere in merito. Mi occupavo solamente di… indagini generali, per farmene un’idea. La “vecchia scuola” non dovrebbe essere una priorità» sì, avevano diritto di voto (teorico, mica si votava davvero) e detenevano il potere in quel momento, ma era nel futuro che Fray nutriva speranze. Nei giovani. In Thor, ed i suoi compagni. «aiutare?» potevano? Forse era una discussione che non erano pronte a fare, né l’una né l’altra. Richiedeva più strategia di quante entrambe in cuor loro avessero. «basta non essere come loro. Il cambiamento inizia da te» che saggia, Friday.
    dirty heads
    vacation
    Everybody sour like a lemon tree
    I'm just smiling down upon my enemies
    Do this shit, I love it on the daily
    You say you hate your job,
    but you'll never leave
    fray de13th.gifs cr.playlistaesthetic
  8. .
    friday
    de thirteenth
    30 y.o.
    journalist
    obliwhat
    champagne diet
    I think I'm bored
    Everyone I know is trapped in boxes,
    always fighting the same wars
    All of my friends Transparent in their
    search for perfect purchases and trends
    «Ti -
    «giuro su dio»
    - lamenti -
    «reese withpotatoes»
    - davvero ta-»
    «un’altra parola e -» parole sputate fra denti così stretti da far male, palpebre serrate per recuperare il minimo di sanità mentale che ancora possedeva. Non era una qualità comune nei De 13th, ma Friday – sì, Friday - era quella che ne era più dotata.
    Faceva pensare.
    Al colpetto con la gamba, espirò piano ed intenzionalmente, due fessure giada a sollevarsi con intenti crudeli sul suo compagno di cella. «cosa. cosa» un briciolo di timore si insinuò nelle parole della giornalista, lo sguardo a seguire quello del (finto.) stratega. Mh. Mh? Cosa era decisamente la reazione adeguata.
    «Dimmi che la vedi anche tu,» L’idea di gaslightarlo era allettante, ma non li avrebbe fatti uscire prima da quel posto. Piegò gli angoli delle labbra verso il basso, testa reclinata da un lato per cercare di capire… come. Come? Si fece trascinare lontano – aveva insegnato lei a Thor a non mordere chiunque la toccasse, sarebbe stato incoerente da parte sua non dare il buon esempio – restia a distogliere l’attenzione dalla guardia sul soffitto. Sembrava una di quelle scene da film dell’orrore in cui bastava spostare gli occhi dal killer per BAM!, ritrovarselo alle spalle. Fray dedusse che dovesse trattarsi di un qualche tipo di special. L’ipotesi di spiderman l’aveva titillata, ma immaginava avesse di meglio da fare che farsi arruolare da criminali terroristi per torturare le persone.
    «Ascolta. Il corridoio è vuoto, c'è solo -» Inarcò un sopracciglio, ma tenne per sé i commenti in merito al fatto che sembrasse, vuoto. C’era una guardia sul soffitto, le probabilità che ce ne fossero altre in posti improbabili, era alta. Non condivise i propri leciti dubbi, solo perché il Withpotatoes, finalmente, sembrava deciso a fare qualcosa.
    Friday davvero non voleva morire (punto, ma nella peggiore delle ipotesi) lì dentro.
    «quella guardia. Se creiamo abbastanza disordine potrebbe decidere di intervenire, e una volta dentro, noi la attacchiamo.» Gli occhi di Fray si incollarono decisi in quelli dell’altro cercando il briciolo di follia trasparito dal suo piano, e il momento in cui le avrebbe detto nah come...fai a sapere che sono io ti stavo prendendo per il culo. Niente? Quello era davvero il suo piano? Non lo trovava più sicuro del proprio, ma non le importava: poteva avere ragione dentro di sì senza crearne una Questione TM.
    E con quelle parole, Reese si guadagnò il primo sorriso sincero della giornata.
    «il mio momento di brillare» creare disordini era decisamente qualcosa in cui era brava, regina indiscussa di qualunque manifestazione a cui fosse riuscita a partecipare. Ascoltò il piano cercando di visualizzarlo graficamente, e pragmaticamente, nella propria mente. Nutriva speranze in merito? Sempre. Mal riposte? Probabile, ma quella scintilla bastò ad animare lo sguardo di Friday, l’adrenalina a far sbattere il cuore contro lo sterno.
    « […] Forse»
    «forse.» confermò, ma con più ottimismo, alzando una mano per battere il cinque.
    Alzando una mano per il battere il cinque.
    Alzando una mano per ... «reese che palle.

    1. «Non ti sopporto più, non ti sta bene niente.» Non sembrava stesse fingendo.
    Neanche un po’. «mcFUCKINscusemeBITCH» tutto attaccato anche verbalmente, finalmente libera di esprimersi. «non credo che la violenza sia la risposta, ma sono tentata di PROVARE» invece di stringere le mani al collo del Withpotatoes, acchiappò il letto da un lato aiutando il calcio dell’altro per ribaltarlo. «VIECCE. VIECCE SE HAI CORAGGIO»

    2. «non mi guardare così» bisbigliato fra i denti mentre scivolava dietro la porta, indice e medio ad indicare prima i propri occhi, e poi l’altro. Malfidato maledetto.

    3. Ok. Ok. Aveva seguito corsi di autodifesa. Aveva gestito due (2) adolescenti.
    Non scrocchiò le nocche.
    (pregò)
    Non aveva oggetti contundenti.
    Poteva farcela.
    L’adrenalina l’avrebbe aiutata: se poteva far sollevare un auto a una vecchia, Friday di sicuro poteva stendere una guardia. ERA UN FUCKIN MEMBRO DELLA CIA (me ne dimentico sempre, ma è così.) CERTO CHE SAPEVA FARLO.
    3…
    2….
    aiuto…..
    1…..
    Inspirò, e si lanciò contro la guardia a gomito proteso, aiutandosi con il movimento rotatorio del busto per assestargli un colpo secco alla tempia.
    Sdang.
    E la guardia cadde come corpo (si spera non) morto cade. «madonna, sono dio» cit. Ale quando uccide tanti nemici a League of Legends. Una citazione che Friday sentì molto propria, nel cuore a pulsarle sulla lingua. Sorrise estasiata, alzando le braccia in segno di vittoria. FUCK YOU REESE I DID IT.

    4. «Cazzo, questo qui ha solo una chiave.»
    «basta che sia quella giusta» La è?
    una chiave che apre qualsiasi porta chiusa.
    Si avvicinò alla serratura, dita a tremare appena.
    La era.

    «Andiamo.»
    Un peso che non sapeva di avere sulle spalle, si sollevò. Il primo ostacolo era andato. Al resto, avrebbero pensato strada facendo. La sua cosa preferita. Era così felice, che abbracciò il suo aguzzino (Reese, non la guardia). Potevano essere le sue ultime parole, quelle, quindi ci pensò qualche istante. «spero di non rivederti mai più» soffiato con sincero affetto.

    Era giovane ed ottimista, quella Friday. Ci credeva davvero che quella fosse la fine, che ce l’avessero fatta e di lì a poco sarebbe stata una donna libera - e con una storia da raccontare.
    Ha!
    Haha…

    Il corridoio era libero.
    Avevano la chiave, e – l’allarme …? E – celle aperte, ma -
    non era stato abbastanza.
    Aveva deglutito febbrile, mani alzate in segno di resa.
    Non ci poteva credere. Non ci voleva credere: chiuse gli occhi, e finse di non vedere.
    «merda»
    eh. Merda.

    2:05
    4:02
    i think i'm bored, dbmk



    scusa alla fine ho chiuso alla cazzo di cane senza scrivere nulla, ti lascio una Vera Conclusione se vuoi . FREESE NOT FOR THE WIN AMO CI VEDIAMO DALL'ALTRA PARTE BACI BACI

    OH MIO DIO MA SIAMO ARRIVATE A PAGINA DUE!!!!! TROPPE EMOZIONI
  9. .
    friday
    de thirteenth
    30 y.o.
    journalist
    obliwhat
    champagne diet
    I think I'm bored
    Everyone I know is trapped in boxes,
    always fighting the same wars
    All of my friends Transparent in their
    search for perfect purchases and trends
    “Role flash!” Disse, inaffidabile, la Sara di due mesi prima, che ora chiede umilmente perdono alla sua Pandina: it really be like that sometimes.

    Trattenne il fiato così a lungo da iniziare ad avere le vertigini. Si obbligò ad espirare piano, pianissimo, misurando ogni milligrammo d’aria in uscita, pazientando il momento in cui avrebbe potuto incamerare di nuovo ossigeno. Diciamocelo: Friday finiva spesso in situazioni scomode e desiderate, ma raramente si era sentita così vulnerabile. Il fatto che nulla, in quelle circostanze, dipendesse da lei, le faceva venire voglia di strillare e mettere fine a quella sceneggiata il prima possibile; probabilmente l’avrebbe fatto, se l’unico pericolo corso fosse stato il rapimento.
    Non voleva morire. Non quel giorno, non quello dopo, e non per almeno altri sessant’anni, quando sarebbe stata troppo vecchia per capire la differenza fra la ceramica del water e del bidet. Volevano toglierle la magia? Ok, rude, ma poteva conviverci. La vita? Uh uh, e visto che ancora non sapeva i piani dei loro malvagi adduttori, preferiva giocare sul sicuro e non fare niente di azzardato. «non ancora. Verrà organizzato un altro trasferimento.» Non sapeva se prenderla come una buona o una cattiva notizia, e si limitò a non prenderla affatto, troppo concentrata nel mantenere la posizione e tenere gli occhi chiusi per pensare ad altro.
    Aspettò.
    Aspettò.
    Ed aspettò ancora, ingoiando il battito del proprio cuore per poter sentire eventuali altri rumori. Socchiuse le palpebre solo quando sentì suoni provenire dal letto dove non aveva soffocato abbastanza efficacemente il Withpotatoes. Rimase sdraiata per terra, stremata dal calo di adrenalina, e con la guancia premuta contro il pavimento, guardò lo stratega.
    «Spero tu sappia che non funzionerà di nuovo.»
    «manca il complemento oggetto.» osservò, atona, arcuando un sopracciglio. Fingersi morti? Fingersi addormentati? Cercare di aprire la porta? COSA, REESE, COSA NON AVREBBE FUNZIONATO, DIMMI UN’ALTRA VOLTA QUANTO SIAMO FOTTUTI TI PREGO!
    «Non dovevano essere più di due o tre, ma non sappiamo quanti saranno quando torneranno.»
    «mi piace il tuo ottimismo. Dovresti lavorare per la prevenzione suicidi, quelle persone avrebbero proprio bisogno della tue spintarelle» nel vuoto, a decine di metri dal suolo, perché a parlare con l’altro sembrava l’unica alternativa possibile. Rotolò supina, intrecciando le dita sul ventre e sollevando riflessivi occhi verdi sul soffitto. Trovava sempre un modo per uscire da quelle situazioni. Sempre. Quel giorno non sarebbe stata un’eccezione.
    Potevano aspettare che tornassero, fingere un malore, approfittare dell’effetto - «Pensare di coglierli di sorpresa è una follia. saremmo in svantaggio, e disarmati» duuuude. Roteò così veloce il capo verso Risotto, che sentì il collo scricchiolare. Le leggeva nella mente? Sperava di sì, così da risparmiarle di pronunciare ad alta voce tutti i coloriti insulti che aleggiavano qua e là fra i suoi pensieri. «E poi, anche se riuscissimo a scappare..cosa? Dove andremmo? Non conosciamo il posto, i corridoi; non sappiamo se ci sono altre... guardie» Strinse i denti, socchiudendo le palpebre ed inspirando profondamente. Non poteva permettersi di perdere la pazienza. «rischieremmo solo di finire in qualche altro vicolo cieco, e bruciare il nostro unico vantaggio»
    Utile.
    Attese una manciata di secondi, il tempo di assicurarsi che non avrebbe alzato la voce o fatto qualcosa di cui (non) si sarebbe pentita, quindi si alzò a sedere. «quindi la tua alternativa è? Aspettare? Oh, non credo proprio» si alzò in piedi, tornando ad inginocchiarsi vicino alla porta. «sei uno stratega. Sai che non è possibile eliminare del tutto i rischi, solo scegliere l’alternativa meno rischiosa – che, per inciso, non è aspettare che arrivino per il trasferimento e lasciarsi portare via. Se le incognite sono tante in questa cella, figurati nel momento in cui ci spostano da un luogo all’altro. No signore.» girò la testa per poterlo guardare, schioccando la lingua sul palato.
    «ora ti dico il mio piano.
    Cerco di scassinare questa maledetta serratura.
    Se non ci riesco, mi – boh – arrampico, o nascondo dietro la porta, e nel momento in cui arrivano, li colgo di sorpresa e scappo. A caso, perché un’uscita da qualche parte dev’esserci, ed in ogni caso, nulla può essere peggio di rimanere bloccata qui dentro.
    Tu, reese withpotatoes, puoi fare quello che vuoi»
    portò una mano al cuore, scandendo lentamente, «non sei un mio problema» anche se invece un po’ lo era, ma non nel modo che li avrebbe fatti uscire entrambi da lì – anzi. «a meno che, oltre a giudicare, tu non abbia un piano infallibile. Sono tutta» posò la guancia contro la porta, cercando di sentire il meccanismo della serratura, alzando gli occhi al soffitto. «orecchie.» posò nuovamente lo sguardo sul suo compagno di avventure. «ma se devi aprire bocca per dire altre ovvietà, risparmia fiato. Non si sa mai quando potrebbe servirti» tipo quando avrebbe deciso di soffocarlo con un calzino infilato in gola .
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    i think i'm bored, dbmk
  10. .
    -- un mio pg ha preparato in role una pozione
    vin e kier!!!!

    un mio pg ha bevuto polisucco
    -- yale!!

    ho collezionato un intero player (con 5+ pg)
    PANDINA!!! 16/16 !!!!!!!!

    tutti i miei pg sono stati collezionati (se 5+)
    !!!!!!!!!!!!! VENTICINQUE
  11. .
    friday
    de thirteenth
    30 y.o.
    journalist
    obliwhat
    champagne diet
    I think I'm bored
    Everyone I know is trapped in boxes,
    always fighting the same wars
    All of my friends Transparent in their
    search for perfect purchases and trends
    La prima role random Sandi, sono stati Mac e Turo. Così simili da essere in parte terrificante, e di conseguenza perfetti per ufficializzare l’unione delle player. Perfetti.
    Poi c’è stato il caos.
    Troy e Kyle.
    Melvin e Grey.
    Hyde e (Hart.) Maddox.
    Ora questo.
    Il loro tempo di armonia e comprensione, chiaramente, aveva avuto un biglietto di andata e ritorno, apertosi e conclusosi con quella prima role, dando spazio al famigerato gli opposti si attraggono di cui, chiaramente, le due fanciulle si sono rese testimonial.
    Alla fine dei fatti, però, hanno funzionato tutti; ce l’avrebbero fatta anche i #freese, malgrado Goku avrebbe detto il contrario.
    ...Probabilmente. Se Friday non avesse ceduto all’istinto primordiale di urlare e lanciargli addosso qualunque oggetto contundente a portata di mano e non, partendo dal letto.
    «Dobbiamo trovare il modo di uscire di qui.» Non poteva credere di aver sentito quelle parole. Non poteva – non aveva - MA DAVVERO? Lentamente, molto lentamente, si voltò verso di lui, guardandolo come non avessero passato l’ultimo quarto d’ora a conversare pacificamente e non l’avesse mai visto prima. Dopo un minuto intero, battè le ciglia, ingoiando lo strillo acutissimo che premeva sulla lingua, e la marea di ingiurie che sentiva ribollire fra i denti. «te lo meriti proprio il tuo stipendio» sancì secca, in un filo di voce. Una nota più alta, e sapeva non avrebbe potuto contenere l’immigrant song dentro di sé. Ricambiò impassibile, e non impressionata, la scettica occhiata alla richiesta di qualcosa di utile, perché evidentemente capitava di rado che dovesse FARE UN FUCKIN QUALCOSA, e si vedeva. Lo guardò anche mentre cercava in giro, rimbalzando gli occhi verdi dal tesserino fra le mani, allo stratega che vagava per la piccola stanza. Era stata entusiasta per tre secondi, all’idea di poter fare qualcosa; era durata poco, ed il suo compagno non alimentava per nulla quelle fiamme. «Può andare bene?» Abbassò lo sguardo sulla graffetta. Decise che non meritava risposta (cosa poteva dirgli? perchè, c’è di meglio qua intorno?), e si limitò a strappargliela dalle mani, ed aprirla fino a che non divenne un (deforme) laccetto di metallo.
    Poi si mise all’opera.
    Si inginocchiò di fronte alla porta, armeggiando con la tessera sull’ingranaggio di chiusura, e con la fu graffetta nella serratura. Strinse gli occhi in concentrazione, cercando di ricordare gli insegnamenti di Sandy, ma non era facile - soprattutto non quando qualcuno la osservava come La Morte personificata attendendo solo il momento propizio per sospirare e dire te l’avevo detto. Digrignò i denti, impegnandosi un po’ di più, quando -
    un rumore.
    E non era stata lei.
    Si volse allarmata verso Reese, occhi spalancati e labbra dischiuse.
    PENSA FRIDAY, PENSA.
    «fingiti morto» sibilò, alzandosi in piedi e guardandosi freneticamente attorno, il cuore a battere allo stesso ritmo dei passi in avvicinamento. Spinse l’altro con entrambe le mani, bisbigliando furiosa «fInGiTi mOrTO» mentre cercava di capire – di pensare – di
    ok.
    OK!
    Oddio. Ok.
    Non sapevano ancora (chi) quanti fossero, o dove fossero, ma … iniziava ad avere un piano. «no solo addormentato, solo addormentato» lo spinse dall’altra parte, iniziando a lanciargli addosso (finalmente) tutti gli stracci con cui era coperto inizialmente, e si coricò nell’esatta posizione in cui si era svegliata poco tempo addietro.
    Si volse abbastanza da portare un dito alle labbra, intimando al Withpotatoes di tacere.
    Magari avrebbero origliato qualcosa di utile.
    Sempre che non li avessero uccisi proprio in quel momento. Haha! Haha……...
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    arms crossed with the attitude, lips pouted
    «Ma a me piace fare la maleducata.» Fray corrugò le sopracciglia, sinceramente risentita dalle parole della sorella minore. In quale senso, esattamente, le piaceva fare la maleducata? Nè lei, né Wendy, e sicuro non Mama, l’avevano cresciuta così. Si allungò sul tavolo, raggiungendo con il palmo aperto la nuca della rossa, che colpì con uno scappellotto secco e meritato. «male» sibilò, tornando al proprio posto ed incrociando seccata le braccia sul petto – era sempre strano non doverle incastrare sotto il seno, o comprimersi le tette nel tentativo di farlo; non che ne avesse molte, ma comunque abbastanza da trovarlo disagiante – perché non voleva credere di averla viziata tanto da essere giunti a quello. Sapeva che, in parte, fosse facciata, ma poteva essere sicura non ci fosse una parte che ci credesse veramente? Friday De Thirteenth aveva tanti, troppi, difetti, ma la mancanza di rispetto o educazione non erano fra quelli.
    Di certo non lo sarebbero stati per Thursday De Thirteenth. OVER. MY. DEAD. BODY. Per responsabilizzarla su questioni come l’educazione ed il rispetto, le parse del tutto giusto ed opportuno proporle di cercarsi un lavoro. Avere dei privilegi, non significava doversene approfittare; un po’ di umiltà, le avrebbe fatto solo che bene. «Dov’è finite la storia dello studio prima di tutto?? Non devo dare la priorità ai – ugh – libri??» Schioccò le labbra fra loro, un mezzo sorriso mentre le agitava davanti al naso un indice. «hai sedici anni. Impara a fare due cose insieme. Si chiama “gestione del tempo”, te lo detto se non sai come si scrive» le mostrò la lingua, arricciando il naso in un ghigno divertito. Friday sapeva gestire il proprio tempo? No. Almeno, non in modo funzionale, ma non avendo mai smesso di provarci, era riuscita a portare sempre a compimento i propri obiettivi, e le mansioni che le venivano richieste. Diligente.
    A suo modo. Ma diligente.
    «E comunque un lavoro ce l’ho già!! Cioè, ok, non ora, ma ce l’avrò quando avrò finito al Castello. Piz mi ha anche regalato una Broomyota Ajò!!! NON TI RICORDI??? UNA BROOMYOTA!!! Se non è un segno, questo…!!» Non voleva essere il tipo di persona che tarpava le ali a qualcuno. Mai. I sogni, a dire di Fray, andavano rincorsi a cento all’ora, raggiunti e strappati con i denti. Ma, innanzitutto, non erano un buon motivo per dormire sugli allori, e in secondo luogo… il Quidditch non era una carriera facile. Piz si era re inventato come coach, ma perché era abbastanza in gamba, coraggioso, e volenteroso dal farlo; molti giocatori, dai loro infortuni, non si erano mai ripresi. Attese che recuperasse l’ordinazione e tornasse al proprio posto, prima di continuare la filippica che avrebbe reso fiera ogni madre di qualunque serie tv. «non hai ancora finito al castello. Se non vuoi passare i restanti mesi a fare l’elemosina alle tue amiche» inarcò le sopracciglia. Non ce la vedeva proprio Thor a chiedere soldi alle sue Furie. «o a non offrire neanche un gelato a nessuna di loro» e perché proprio Sana, direte voi. «trovati un lavoretto part time. Cercano davvero ovunque» se non ci credi, guarda la lista lavori! «e non iniziare con il “ma le altre non devono farlo boohoo” perché le prendi .» chiuse secca le labbra attorno alla plastica del bicchiere.
    Sul discorso cospirazioni, non potè che trattenere un sospiro fra le labbra. Thor era… proprio giovane. Le offrì uno sguardo intenerito, sperando il mondo non la obbligasse a cambiare e conscia che l’avrebbe fatto lo stesso. «gli altri non sono nessuno per loro. Letteralmente, non importiamo - neanche noi. Ci sono famiglie purosangue, e “famiglie purosangue”» i De Thirteenth si erano incentrati sul denaro piuttosto che sui giochi di potere politico. La loro influenza era pari a zero, se messa a confronto con chi dell’onore s’era fatto vanto e orgoglio. «non vogliono apertamente che qualcuno li senta, ma non gli interessa se invece lo fanno» agitò vaga una mano nell’aria, sospirando e trattenendo un sorriso. «lo capirai quando sarai più grande» conscia che fosse la origin villain story di chiunque.
    dirty heads
    vacation
    Everybody sour like a lemon tree
    I'm just smiling down upon my enemies
    Do this shit, I love it on the daily
    You say you hate your job,
    but you'll never leave
    fray de13th.gifs cr.playlistaesthetic
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    friday
    de thirteenth
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    «Sono uno stratega.» Friday De Thirteenth fu abbastanza matura da non fargli il verso, e solo per quello si sarebbe meritata un premio. Strinse le labbra fra loro, scrutandolo a palpebre socchiuse. Strizzò i denti per impedirsi un’ingente mole di cattiverie che il Withpotatoes meritava, ma non in quel preciso momento. Alla fine, si risolse per un diplomatico «si vede» gonfio di piatta ironia, occhi ruotati al soffitto e posati allusivamente sulla stanza. Non aveva neanche le scarpe, e s’impettiva pure a rispondere su quale fosse il suo lavoro.
    Come se Fray gliel’avesse chiesto, poi.
    Infilò le mani nelle tasche del camice per impedirsi di scuoterlo come una pignatta, perché sentiva di essere ad un passo dall’usare le maniere forti. Di nuovo, era abbastanza in sé da rendersi conto che solo una parte di quella frustrazione fosse causata dal suo spiacevole compagno di gattabuia; non era il tipo di persona da sfogare la propria irritazione sugli altri, LEI. CAPITO REESE? DUH. Abbassò il capo, poggiando le dita giunte fra loro sulla fronte, cercando un modo – un’idea, un qualcosa - per uscire da lì. Non poteva rimanere a lungo lontana da casa, proprio perché sapeva che sarebbero andati a cercarla, e le probabilità che si perdessero anche loro, erano altissime.
    Fray era la badger di casa. Dovrebbe già dirvi tante cose.
    Era brava a risolvere i problemi. Non era il supporto emotivo che si necessitava in determinate circostanze, ma aveva sempre un piano. Funzionavano? Raramente, ma non era schizzinosa. «Qualche barriera magica innalzata per confondere le nostre menti?» Mordicchiò distrattamente l’angolo delle labbra, posando distanti occhi verdi sul pavimento. Scosse appena il capo, iniziando a misurare l’ambiente in grandi falcate. «non proprio? Non mi sento confusa» Una pausa. Lo guardò, anticipandolo prima che potesse dire qualcosa di estremamente offensivo. «non più del solito. non è… uno sbilanciamento. Penso sia una barriera, sì, ma penso anche che abbia un’altra funzione» Annuì alla domanda del Withpotatoes, sopracciglia corrugate. «penso di sì? O un posto simile. Potrebbe essere un luogo di stallo prima del trasferimento vero e proprio» Oppure un contrabbando di organi. In effetti, che ne sapeva Friday. Aveva sempre vissuto una vita privilegiata, così lontana da quel genere di realtà, che era difficile dare un contesto concreto. Era anche uno dei pochi pg di Sara a non essere mai stati rapiti! «è come se non riuscissi a collocare temporalmente come sia arrivata qui, quasi qualcuno non volesse far sapere come arrivarci. è...» si strinse nelle spalle, senza sapere come continuare. «Chi ti dice non sia per colpa tua che siamo finiti qui? Potrei essere vittima di qualche tuo gesto folle, per quel che ne so, Dory.» Oh, signore – signora, signori, chiunque ci fosse a darle la forza. Umettò le labbra, pronta ad una risposta piccata ed oltraggiata, quando …
    beh.
    Sapete che c’era.
    In effetti, non era così assurdo. Se fosse stata da sola, non avrebbe avuto mezzo dubbio, perché quella era esattamente il genere di situazione nella quale tendeva a cacciarsi, ma «con te? Non penso proprio» senza offesa, ma non vedeva neanche un quarto di motivo per il quale avrebbe dovuto includere qualcuno in uno dei suoi piani, perfino inavvertitamente. A meno che, certo, non avesse visto qualcosa che non doveva vedere. «non è vero. Potrebbe essere. In quel caso, sono certa avessi avuto un ottimo motivo» allargò le braccia lungo i fianchi, perché era vero. «Hai niente nelle tasche di quel camice non tuo?» Schioccò le labbra fra loro, svuotando le tasche verso l’esterno. Sapeva già non ci fosse niente, grazie tante, ma le sembrava il modo migliore di dimostrarlo, visti i precedenti. Ci mancava solo che la perquisisse come una delinquente qualsiasi. «no, non ho nient-» abbassò lo sguardo sul proprio petto.
    Guardò la porta.
    Guardò la mascherina plastificata con il nome di Dory.
    Battè le palpebre.
    Tolse il tesserino, sentendone gli angoli con le dita. Era abbastanza resistente? «hai qualcosa di lungo» title of your sextape «e sottile? Possiamo provare a scassinare la porta alla vecchia maniera» Gli occhi le brillarono di pura euforia. Sandy – pace all’anima sua – le aveva insegnato a farlo! Non aveva mai avuto occasione di metterlo in pratica!! TRIGGER
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    CIAO SIN! Lo sai che abbiamo un personaggio che si chiama Sin? è un grande fan dei piccioni e dei cantieri, e sì, mi sembrava giusto che questa fosse la prima informazione con cui darti il benvenuto ♥
    Tranquillo, le presentazioni non piacciono a nessuno, mai conosciuto qualcuno che sapesse effettivamente cosa dire... o come dirlo... insomma, sono un po' come le schede pg: un incubo. Ma un incubo necessario per rompere il ghiaccio! Mannaggia alla fanciullezza, ormai siete tutti più giovani di me. Però! Lato positivo! I millenials si sono impossessati dei circuiti, sono anni che non vedo in giro under 20 - insomma...da quando eravamo noi under 20. Che siano il facebook dei boomer?? Non so cosa provare in proposito .
    CITAZIONE
    (no, non scrivere male, scrivere e basta)

    Mi ha fatto ridere, ti voglio già bene.
    Sono felice che tu abbia scoperto il piacere della scrittura!! E grazie di averci dato una possibilità! Io sono Sara sr (ne abbiamo altre due di sara: sara jr, e sara vj; si, tipo le chanel di scream queens) ed il mio account principale è #epicwin, ma qui trovi tutti i miei profili con bimbi annessi ♥ insomma, mi troverai ovunque come il prezzemolo!
    Ti lascio i link più utili per il primo approccio! E anticipo che siamo consapevoli che sia tanto da sapere, ma siamo qui per aiutarti ad orientarti e rispondere ad ogni dubbio ♥

    - PRIMI PASSI (utilissima per non perdersi!)
    - GUIDA ALLE SEZIONI
    - CHE PG POSSO FARE

    Abbiamo anche un gruppo telegram, se ti fa piacere unirti!
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    Non era paziente. Friday De Thirteenth non era mai stata paziente, e non avrebbe di certo cominciato quel giorno, in debito di caffè ed in una situazione così drammatica con un imperfetto sconosciuto. «hai visto la mia bacchetta?» Roteò gli occhi su di lui, stringendoli in due fessure. «ti sembro forse tua madre?» e dov’erano le scarpe, e dov’era la sua bacchetta, era proprio un uomo - e non era un complimento neanche alla lontana. Che poi, anche l’avesse trovata, se la sarebbe tenuta per principio, visto che la sua mancava, e non si fidava affatto di quel tipo. Era così… sospettoso. Perchè era così sospettoso? Solo le persone colpevoli diffidavano sempre degli altri. Drizzò le spalle, scuotendo i capelli ramati con stizza, passando le dita fra i capelli e solo per puro caso lasciando che il medio indugiasse sulle lunghezze. «anche giornalista» si morse la lingua prima di inveire su una polemica che non li avrebbe portati da nessuna parte, e di cui – perlomeno in quel frangente. - Reese non sembrava colpevole. Non bastò ad ammorbidirla il fatto che la conoscesse di nomea (...un pochino sì.) e più lui la osservava come un non particolarmente caso scientifico, più si sentiva ribollire di tutti gli impulsi per i quali sgridava sempre la sua sorellina, tipo ringhiare e mostrare i denti. Cioè. Sapeva che a probabilità, e statistiche matematiche!, avrebbe dovuto essere lei quella guardinga nei suoi confronti? Non sarebbe stata né la prima né l’ultima donna tramortita da uno psicopatico qualunque, portata in un seminterrato, e indotta ad una sindrome di Stoccolma che avrebbe rovinato tutta la sua vita anche se, ed era un grande se, fosse uscita da lì fisicamente illesa. Incrociò le braccia sul petto, allontanandosi di un passo. «Quale delle “centinaia di migliaia di motivi” ti ha portata ad indossare un camice non tuo?» Respira, Fray. Respira. Chiuse gli occhi, le dita a massaggiare la radice del naso. Inspirò profondamente, espirando ed agitando vaga una mano nell’aria. «non so, te la butto lì. halloween?» non sapeva se fosse la verità, ma sicuro un’opzione più probabile rispetto ad un furto. «tu normalmente ti svegli in celle con donne sconosciute? Perché per questo non ci sono centinaia di migliaia di motivi» gli offrì il palmo, invitandolo a consegnare le sue scuse. «ma poi cos’è, un interrogatorio? se è tutto parte di qualche gioco di ruolo – non giudico – sappi che non do il mio consenso» specificò, strizzando gli occhi e poggiando i pugni sui fianchi. Sapeva non fosse il caso; a quel punto, voleva solo dargli fastidio. Prima o poi avrebbe capito che doveva accettare di collaborare, anziché trattarla come il nemico. ...Oppure no, perché era solo un alcolizzato, ma tentare non poteva nuocere.
    A meno che quel tentare non fosse cercare di aprire nuovamente la porta che Fray aveva appena dimostrato non si aprisse, in quel caso nuoceva e di brutto.
    «Ok. È chiusa.» Lo guardò truce, i denti stretti e le unghie conficcate nei palmi per evitarsi di fare qualcosa di stupido tipo tirargli uno schiaffo. «insieme alle scarpe e alla bacchetta, devo cercarti anche il buon senso? chiedo. Chissà se è li da qualche parte… soffocato da tutta questa mascolinità tossica…. » allargò le braccia indicando la piccola stanza nella quale si trovavano. Non c’erano molti posti dove cercare; non c’era neanche un bagno, e dire che il cesso sarebbe stata la sua prima scelta come inizio delle ricerche.
    Umettò le labbra, stringendo il labbro superiore fra i denti, occhi piantati testardamente sul soffitto. «non...lo so, ok? Non ricordo. Ma è strano. non è la mancanza di memorie da alcool, o il vuoto di un incantesimo. Sembra più… sfocato» distolse lo sguardo dall’alto per posarlo sulle pareti, che sfiorò delicatamente con l’indice. Chissà, magari possedevano i Poteri TM dei 7 ed i puri di cuore avrebbero avuto fantastiche visioni sul futuro e la morte imminente! «penso sia questo posto» conosceva abbastanza dei Laboratori da sapere non fosse un’ipotesi così azzardata. Anzi, aveva perfettamente senso che le pareti fossero intrise di magia, risultando in quei buchi neri, perché LEI, al contrario di QUALCUN ALTRO, contribuiva davvero alla risoluzione del caso. «chi hai fatto arrabbiare per finire qui? Immagino sia una lista lunga, ma abbiamo tempo» era indubbio che fosse colpa di Risotto, Fray era una patata e nessuno voleva farle del male. «spero.»
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383 replies since 22/4/2012
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