Votes given by id/gaf

  1. .
    paris bentley tipton
    14.02.2007
    seattle
    In fondo, la violenza non era sempre la strada sbagliata. Quello glielo aveva insegnato Ficus, certified GGG che usava i pugni per difendere l’onore dei propri amici. Nel caso del Tipton, tuttavia, quei pugni avevano scopri meno nobili e più egoisti: «non l’ho fatto apposta». Sì, e Paris aveva un naso rosso e delle scarpe da clown– cioè, , ma quelli erano cazzi suoi. Vedete perché poi gli toccava ricorrere alle mani? Odiava sentirsi dire cazzate, specie quando erano così palesi. Ma sapevano entrambi che Theo era un pessimo bugiardo, e sarebbe stato come discutere come un bambino delle elementari quindi decise di lasciar perdere. Visto, lui era una persona matura. Magnanima, qualcuno avrebbe anche azzardato. E poi non aveva le energie mentali per esistere in quel momento, figurarsi per rispondere alle provocazioni del grifondoro. «Mh, se lo dici tu. Ma grosso come sei farei più attenzione.» si rese conto solo in un secondo momento di quello che aveva lasciato intendere, ma ebbe la grazia di rimanere composto anche di fronte a quel faux pas. Perché era un signore. O perché voleva far credere al Kayne di essere l’unico con una mente perversa tra i due, e torturarlo psicologicamente era uno dei pochi piaceri che ultimamente si poteva permettere nella vita. Logicamente, sapeva che avrebbe dovuto mettere a freno la sua maledetta lingua, ma non c’era nulla di logico quando si trattava di Theo. «vogliamo riprovare? però non metterti a piangere poi se decidono di bannarti da questo posto fino ai mago» ecco, quello fu abbastanza da disturbare l’espressione placida del corvonero. Potevano togliergli tutto, ma non la biblioteca. Sapete cosa significava vivere per nove mesi in un luogo senza internet? Un fottuto incubo, una condanna a morte, e l’unica cosa vicina alla civiltà erano i suoi romanzi storici. Ok, romanzi rosa con ambientazione storica, ma saranno stati pure affari suoi no? La mano tremò con l’istinto di estendersi e stringersi al colletto di Theo, ma riuscì a sopprimere quel bisogno in tempo. Altri bisogni, come lo sguardo a seguire la sua linea del corpo contro lo scaffale e le immagini che seguirono, erano più difficili da ignorare. Ma non era colpa sua! Era innocente, si stava comportando così be- «provaci e ti faccio piangere io. ma non come piace a te» eh, vabbè. Ma perché ci provava ancora, quando il Kayne riusciva a tirare fuori le parti peggiori di sé? Poggiò la schiena allo scaffale opposto al grifondoro, le caviglie a incrociarsi in una posizione che emanava nonchalance. Eppure, il suo sguardo diceva tutt’altro. Ecco perché si era obbligato a mettere distanza tra di loro, perché sapeva di non potersi fidare di se stesso, traditore maledetto e fottuto sottone. Lui se la ricordava la gita alle Hawaii, e anche il modo in cui si era reso ridicolo davanti a tutti. A Theo non interessava, e Theo non interessava lui, quindi non capiva quello stupido circo. O almeno, non nel modo in cui avrebbe voluto. MA ERANO DETTAGLI HHH moving on. «stavo cercando un libro» oh baby, quasi gli faceva tenerezza. Paris non era così stupido da pensare che fosse rimasto lì solo per parlare con lui, che non avesse niente di meglio da fare, ma voleva crogiolarsi nelle proprie delusions finché poteva. Almeno stavano avendo una conversazione civile senza mettersi le mani addosso, non era un segno in avanti? Chissà se il grifondoro lo odiava ancora, difficile da dire con gli eventi di quell’estate ma– eh, l’aveva evitato anche per quella ragione. Non voleva percepire ed essere percepito, e più stava in compagnia del Kayne e peggio era per la propria salute mentale. Era euforico per quei primi momenti dopo una lite con il portiere, perché aveva ricevuto la sua attenzione, perché voleva dire che allora esisteva ai suoi occhi, ma quello che seguiva era– non rimpianto ma…qualcosa che non sapeva descrivere. Malinconico? Perché non era solo quella l’attenzione che voleva da Theo. Ma lungi da lui aprire la bocca e rovinarsi la vita. «davvero, theo?» (aiuto ma aveva usato il suo nome???? AAAAA no vabbè ma play it cool) commentò piatto con un sopracciglio sollevato, le dita ad accarezzare distratte la spina del libro «e invece ho trovato te, palloso uguale» ah! Che simpatico. Alzò gli occhi al cielo, non preoccupandosi di nascondere il mezzo sorriso sulle labbra: che demente [affectionate] «questa è vecchia, kanye, cerca di aggiornare il repertorio» sì, aveva sbagliato apposta il cognome, ma era una payne thing ♥ ormai. Quello che seguì lo lasciò perplesso e vagamente amused, tanto che per un momento pensò di essere strafatto. Theo si stava preoccupando per lui???? MA IN QUALE MONDO. Cioè, ok, Paris immaginava di essere il ritratto della salute ma non pensava di essere messo così male da far preoccupare persino lui. Paris portò una mano a sistemare i capelli, un po’ self-conscious sotto lo sguardo di Theo, nello stupido tentativo di rendersi più presentabile. Peccato che non fosse quello il problema. Il suo problema era una condanna a vita, e non c’era un cazzo che poteva farci. «no, non sono un vampiro» ti piacerebbe, eh? Non aveva mai capito il fetish alla Twilight ma ok, poteva accettarlo «peggio» aggiunse sottovoce, appena un movimento delle labbra, una frustrazione scacciata in un fiato. Piegò il capo per osservare il Kayne, ed ebbe conferma di quello che aveva pensato prima, tutto terribile e non consigliato «ti stai preoccupando per me?» le sue parole non avevano la solita nota teasing che accompagnava ogni loro interazione, ma portavano una stanchezza che era visibile sotto ai suoi occhi e nel corpo abbandonato contro lo scaffale (molto solito, would recommend 10/10) (così per la vita) «non serve, sto benissimo» stava cercando di convincere il grifondoro o se stesso? Difficile dirlo a quel punto, ma non credeva di star facendo un buon lavoro «il ritratto della salute, non vedi?» eh, insomma. Ma era il look naturale degli emo, che ne sapeva il Kayne di quelle cose. E perché Paris non era un corvonero a tempo perso –nonché amico di un gaslighter esperto– tentò una strada diversa «te, piuttosto? ti è passato il–» con un gesto vago della mano indicò il proprio petto, e ok…ok! Lasciò anche indugiare lo sguardo su quello di Theo, ma non era colpa sua se aveva delle immagini impossibili da scacciare davanti a sé «la polmonite dalle hawaii» o qualsiasi cosa fosse, mica si era infromato!!! Non gli importava niente, ma vi pare. E poi Theo sembrava stare meglio di lui, quindi fuck you Kayne bravo e complimenti per non essere morto congelato.
    hogwarts
    ravenclaw
    americanvi yearlegacygoalkeeper

    after all of this time,
    I should be a pretty crier
    But now I only let me down
    When there's no one else around
    I've been thinkin' way too loud
    I wish that I could block me out
    Don't know how they see me now
  2. .
    moka telly jr.
    danette-pewpew
    We're losing all the reasons for our hate. Have we gone too far to find escape? Lay your weapons down We can't fight anymore

    «stessa cosa. è proprio vero: le grandi menti pensano uguali» nonostante le spalle contratte, i muscoli tesi nell'attesa di uno scatto che poteva diventare inevitabile da un momento all'altro, moka si concesse il lusso di assorbire quell'unica frase come fosse una battuta di spirito, sottotesto ironico compreso.
    sembrava il tipo di insulto sarcastico che Cherry avrebbe rivolto a lui e Lawrence, vedendoli uno accanto all'altro, e inevitabilmente gli venne da sorridere: una piega leggera, l'accenno di canini a imprimersi nella carne «in questo caso non siamo messi così bene» era in vena di autocritica, il telly — sapeva di essere sveglio e intelligente, abbastanza da rimanere vivo nonostante le discutibili scelte di vita, ma molti di quei neuroni avevano evidentemente scelto di suicidarsi. come lemmings giù da una scogliera.
    un meccanismo di difesa, l'estremo tentativo di proteggere se stesso da qualunque cazzo di orrore stesse accadendo nel mondo.
    la conseguenza, inevitabile, erano certe idee insensate che moka non si frenava più dal mettere in pratica: recarsi a Kyoto per toccare con mano il male che lui stesso aveva contribuito a fare era solo uno dei tanti, recenti, esempi.
    si prese il suo tempo per osservare meglio la ragazza, mantenendo una distanza di sicurezza che era insieme frutto dell'esperienza sul campo e favore nei confronti di cloud — conosceva i suoi limiti, moka, e alcuni erano diventati maledettamente difficili da non superare «affascinante, con quel tono un po’ inquietante da fine del mondo, non trovi?» quando claudia rivolse lo sguardo alle rovine che li circondavano, il telly non la imitò; mantenne le iridi acquamarina sulla giornalista, il respiro a farsi un po più lento e profondo. doveva solo calmarsi.
    ignorare tutta quell'elettricità a risalire dal terreno.
    la sentiva grattare la pelle e avvilupparsi come un viticcio lungo le gambe, mille spilli a pungere i muscoli facendoli guizzare in un misto di tensione e sovraccarico.
    tutto sommato, cherry aveva ragione: proprio una bella idea di merda «soprattutto la trovo rilassante, come atmosfera» questa volta non sorrise, moka, niente fossette a spuntare agli angoli della bocca. era chiaro l'intento di voler comunicare l'esatto contrario rispetto a quanto detto, poi comprendere o meno diventava un problema esclusivo della Moore. più che avvisarla — perché era un signore — della rapidità con cui le cose rischiavano di mettersi male, non poteva fare «probabilmente perché non te l'ho detto» ignorando la prima domanda, si concentrò su quel tentativo molto poco smooth di trarlo in inganno, una ruga sottile a formarsi proprio tra gli occhi.
    ora, di base, a moka le persone non piacevano.
    non c'era (quasi mai) niente di personale, quanto più una sua propensione caratteriale a eludere qualunque rapporto che comprendesse chiacchiere, condivisione e responsabilità; le rare volte in cui aveva fallito, cascando nella trappola delle relazioni sentimentali con altri esseri umani, ne aveva sempre pagato le conseguenze — e ne era sempre valsa la pena (questo non diciamolo troppo in giro)(javi infame, mortacci tua), ma non voleva dire che ci tenesse a provare la terribile esperienza all over again.
    Claudia Moore era una sconosciuta.
    una che si trovava nel posto sbagliato, al momento sbagliato.
    se gli avesse detto subito di cherry, forse sarebbe stato più semplice; o magari no. non è che a tal proposito l'elettrocineta si fosse mai fatto molti problemi, e certo di moka si poteva dire tutto (solo cose belle!!!) tranne che tenesse in considerazione gli amici degli amici — semmai il fottuto contrario, e non perché fosse geloso come una merda, cit.
    «non è più il posto adatto per pregare, questo. qui la gente ci muore e basta» mentre la ragazza si muoveva, seguendo una linea che la teneva ancora fuori dallo spazio personale di moka, il ventitreenne non mosse un muscolo. avrebbe potuto estrarre la Glock e spararle nel giro di pochi secondi, l'ennesimo corpo a fecondare un terreno nutrito da sangue e orrore «forse dovremmo fare la nostra passeggiata di salute altrove» cloud, soprattutto — una richiesta gentile, quella dell'elettrocineta, e sinceramente altruista.
    avvertì l'ennesimo formicolio alle braccia, e quando finalmente distolse lo sguardo dalla bionda per portarlo su si sé, non si sorprese nel riconoscere le brevi scariche elettriche a guizzare sotto pelle, una danza tribale nel palmo della mano «non è davvero il posto ideale. per nessuno dei due» però, insomma, moka la buttava lì: stava a Claudia decidere se e come lasciarci le penne.


    25.10.99
    shadow⚡
    mechanic
    lay your weapons down
    unsecret ft. tinnesz


    ciao socc, scusa l'attesa interminabile e pure il post brutto ❤
  3. .
    friday
    de thirteenth
    30 y.o.
    journalist
    obliwhat
    champagne diet
    I think I'm bored
    Everyone I know is trapped in boxes,
    always fighting the same wars
    All of my friends Transparent in their
    search for perfect purchases and trends
    “Role flash!” Disse, inaffidabile, la Sara di due mesi prima, che ora chiede umilmente perdono alla sua Pandina: it really be like that sometimes.

    Trattenne il fiato così a lungo da iniziare ad avere le vertigini. Si obbligò ad espirare piano, pianissimo, misurando ogni milligrammo d’aria in uscita, pazientando il momento in cui avrebbe potuto incamerare di nuovo ossigeno. Diciamocelo: Friday finiva spesso in situazioni scomode e desiderate, ma raramente si era sentita così vulnerabile. Il fatto che nulla, in quelle circostanze, dipendesse da lei, le faceva venire voglia di strillare e mettere fine a quella sceneggiata il prima possibile; probabilmente l’avrebbe fatto, se l’unico pericolo corso fosse stato il rapimento.
    Non voleva morire. Non quel giorno, non quello dopo, e non per almeno altri sessant’anni, quando sarebbe stata troppo vecchia per capire la differenza fra la ceramica del water e del bidet. Volevano toglierle la magia? Ok, rude, ma poteva conviverci. La vita? Uh uh, e visto che ancora non sapeva i piani dei loro malvagi adduttori, preferiva giocare sul sicuro e non fare niente di azzardato. «non ancora. Verrà organizzato un altro trasferimento.» Non sapeva se prenderla come una buona o una cattiva notizia, e si limitò a non prenderla affatto, troppo concentrata nel mantenere la posizione e tenere gli occhi chiusi per pensare ad altro.
    Aspettò.
    Aspettò.
    Ed aspettò ancora, ingoiando il battito del proprio cuore per poter sentire eventuali altri rumori. Socchiuse le palpebre solo quando sentì suoni provenire dal letto dove non aveva soffocato abbastanza efficacemente il Withpotatoes. Rimase sdraiata per terra, stremata dal calo di adrenalina, e con la guancia premuta contro il pavimento, guardò lo stratega.
    «Spero tu sappia che non funzionerà di nuovo.»
    «manca il complemento oggetto.» osservò, atona, arcuando un sopracciglio. Fingersi morti? Fingersi addormentati? Cercare di aprire la porta? COSA, REESE, COSA NON AVREBBE FUNZIONATO, DIMMI UN’ALTRA VOLTA QUANTO SIAMO FOTTUTI TI PREGO!
    «Non dovevano essere più di due o tre, ma non sappiamo quanti saranno quando torneranno.»
    «mi piace il tuo ottimismo. Dovresti lavorare per la prevenzione suicidi, quelle persone avrebbero proprio bisogno della tue spintarelle» nel vuoto, a decine di metri dal suolo, perché a parlare con l’altro sembrava l’unica alternativa possibile. Rotolò supina, intrecciando le dita sul ventre e sollevando riflessivi occhi verdi sul soffitto. Trovava sempre un modo per uscire da quelle situazioni. Sempre. Quel giorno non sarebbe stata un’eccezione.
    Potevano aspettare che tornassero, fingere un malore, approfittare dell’effetto - «Pensare di coglierli di sorpresa è una follia. saremmo in svantaggio, e disarmati» duuuude. Roteò così veloce il capo verso Risotto, che sentì il collo scricchiolare. Le leggeva nella mente? Sperava di sì, così da risparmiarle di pronunciare ad alta voce tutti i coloriti insulti che aleggiavano qua e là fra i suoi pensieri. «E poi, anche se riuscissimo a scappare..cosa? Dove andremmo? Non conosciamo il posto, i corridoi; non sappiamo se ci sono altre... guardie» Strinse i denti, socchiudendo le palpebre ed inspirando profondamente. Non poteva permettersi di perdere la pazienza. «rischieremmo solo di finire in qualche altro vicolo cieco, e bruciare il nostro unico vantaggio»
    Utile.
    Attese una manciata di secondi, il tempo di assicurarsi che non avrebbe alzato la voce o fatto qualcosa di cui (non) si sarebbe pentita, quindi si alzò a sedere. «quindi la tua alternativa è? Aspettare? Oh, non credo proprio» si alzò in piedi, tornando ad inginocchiarsi vicino alla porta. «sei uno stratega. Sai che non è possibile eliminare del tutto i rischi, solo scegliere l’alternativa meno rischiosa – che, per inciso, non è aspettare che arrivino per il trasferimento e lasciarsi portare via. Se le incognite sono tante in questa cella, figurati nel momento in cui ci spostano da un luogo all’altro. No signore.» girò la testa per poterlo guardare, schioccando la lingua sul palato.
    «ora ti dico il mio piano.
    Cerco di scassinare questa maledetta serratura.
    Se non ci riesco, mi – boh – arrampico, o nascondo dietro la porta, e nel momento in cui arrivano, li colgo di sorpresa e scappo. A caso, perché un’uscita da qualche parte dev’esserci, ed in ogni caso, nulla può essere peggio di rimanere bloccata qui dentro.
    Tu, reese withpotatoes, puoi fare quello che vuoi»
    portò una mano al cuore, scandendo lentamente, «non sei un mio problema» anche se invece un po’ lo era, ma non nel modo che li avrebbe fatti uscire entrambi da lì – anzi. «a meno che, oltre a giudicare, tu non abbia un piano infallibile. Sono tutta» posò la guancia contro la porta, cercando di sentire il meccanismo della serratura, alzando gli occhi al soffitto. «orecchie.» posò nuovamente lo sguardo sul suo compagno di avventure. «ma se devi aprire bocca per dire altre ovvietà, risparmia fiato. Non si sa mai quando potrebbe servirti» tipo quando avrebbe deciso di soffocarlo con un calzino infilato in gola .
    2:05
    4:02
    i think i'm bored, dbmk
  4. .
    We do our best vampire routines
    As we suck the dying hours dry
    lightbenderrebel spy chief
    aloysius angus
    crane
    Tamburellò le dita della mancina sulla scrivania, scandendo tra un colpo e l'altro sul legno un ritmo meccanico, quasi ipnotico. O almeno, questo avrebbe potuto pensare uno spettatore esterno entrando in quel preciso istante nella stanza, e da una parte al Crane sarebbe piaciuto poter esercitare un simile potere sulla gente - soltanto Morgan poteva sapere quanto ne avrebbe avuto bisogno nella vita di tutti i giorni. Era tutto tremendamente statico, elettrico tanto quanto inamovibile, e se non fosse stato per le casse toraciche a sollevarsi lente ad ogni silenzioso respiro si sarebbe potuto pensare che il trentatreenne stesse facendo qualche strano meeting con dei manichini. Che, a volerla dire tutta, non era un'immagine così surreale come poteva sembrare: c'era sempre un margine di miglioramento, indi per cui un costante bisogno di esercizio e simulazioni; a maggior ragione se riguardava una persona come Al, che mai si era ritrovato a dover parlare tanto spesso con più di due persone contemporaneamente, e soprattutto ricoprendo un ruolo. Prendeva seriamente, a volte anche troppo, i propri compiti e doveri, ma era altresì consapevole di quante lacune avesse - soprattutto sotto il punto di vista della leadership.
    Quindi sì, era capitato che prendesse in prestito da Nelia wooden dummy e manichini da combattimento e se li portasse in stanza per parlarci.
    Sarebbe anche potuto ricapitare.
    Non se ne vergognava.
    Okay, forse solo un pochino.
    Ma non era quella una di quelle volte - e per quanto sarebbe stato bello, non era neanche (ancora: non avrebbe smesso di esercitarsi) ancora in possesso di certe doti da incantatore di serpenti capaci di ipnotizzare le persone.
    Certo, in parte il perché di quel silenzio poteva essere attribuito a lui - alla posizione che rivestiva, al suo nome scritto sulla targhetta laccata appesa alla porta dell'ufficio (metaforicamente parlando, dal momento che non aveva né targhetta né ufficio; già era tanto avere una scrivania, e se la faceva andare più che bene) -, ma per il resto quella particolare tensione che si respirava lì si era creata da sé, cementificando articolazioni tra le parti di un organismo che altrimenti avrebbero collaborato senza rimanere talmente incastrate tra di loro.
    Senza mai nemmeno sapere cosa facesse l'altro segmento, se non in funzione di ciò che l'altro poteva trasmettergli.
    Era un aspetto, quello, sul quale aveva premuto molto dal momento in cui Will si era fidato abbastanza di lui da chiedergli di amministrare le spie ribelli. A proprio dire, e senza assolutamente nulla togliere agli altri campi operativi della Resistenza, quello era il lavoro potenzialmente più importante ed il più pericoloso - personalmente per chi lo operava, ma anche in un'ottica più ampia e trasversale -: era fondamentale che tutte le persone che avevano scelto quella strada fossero consapevoli della vitale rilevanza di ogni minima informazione che raccoglievano quotidianamente, e di quanto incosciente sarebbe stato divulgarle a chi svolgeva il medesimo compito. Non soltanto perché più persone a custodia dello stesso segreto bisbigliato alle orecchie aumentavano la percentuale di possibilità che le intenzioni dell'intero collettivo venissero intercettate, sebbene questo fosse un punto cardine del silenzio tra i ranghi dei servizi segreti ribelli, ma anche per il semplice e banale fatto che fossero spie - e una spia, per antonomasia, era una persona di cui non potersi mai completamente fidare. La diffidenza doveva essere il fulcro di tutti loro, ed impararla con i propri compagni era essenziale.
    Si schiarì la voce, cercando lo sguardo chiaro della ragazza seduta dall'altra parte del tavolo, e spinse il piatto sul legno per avvicinarlo a lei. «Prego.» soffiò appena, ma tanta era la quiete che quell'invito parve suonare come un imperativo. Non sorrideva affatto, Aloysius, ed era lieto di notare che la serietà con la quale aveva iniziato quell'incontro fosse condivisa.
    «Mh-mh.» Cherry Benshaw incrociò le braccia sotto al seno, la testa reclinata di lato e lo sguardo a cercare di fissarsi su qualsiasi altra cosa che non fossero i presenti in stanza. Lo special sollevò la mano quando, invece, sentì Kieran al suo fianco fremere e vibrare, intimandole in un certo qual senso di rimanere composta e serena: voci di corridoio dicevano che la mimetica avesse ucciso per molto meno e con particolare semplicità, e lui era già a corto di personale.
    «Bene,» rilassò le spalle contro lo schienale della propria seduta, sospirando greve. «probabilmente non sei davvero pronta per essere una spia,» si strinse nelle spalle, le labbra premute tra di loro in un sorriso di circostanza. «forse sarebbe meglio consigliarti allo Smirnoff... o al Leigh, perché no?» le gambe della sedia stridettero appena sul pavimento quando Al la tirò indietro per permettersi di alzarsi, diretto già alla porta che li separava dal resto del Quartier Generale.
    «Ma...» si fermò a metà strada tra la spia e l'uscio, piegando la testa in direzione della prima. «perché non voglio mangiare dei dolci?»
    «Perché non vuoi mangiare dei dolci.» ripeté atono, voltandosi completamente. Le mani affondate nelle tasche dei pantaloni e le sopracciglia bionde arcuate, mosse dunque qualche altro passo per farsi più vicino alla scrivania. Non gli serviva far vagare lo sguardo per sapere che Charles fosse confuso dalla sua esistenza in quel momento dello spazio e del tempo, e che Kieran stesse ghignando come mai aveva fatto in vita sua: tutta la sua attenzione era per lo sbigottimento di Charlyse.
    «E perché questi non sono semplici dolcetti.» ne prese uno e lo addentò, sollevandolo poi verso la Sargent.
    «Sono brownie,»
    «Non era quello a cui mi riferivo, ma ok-»
    «li ho fatti con Erin!»
    Bene. Non benissimo, ma bene. Decise di ignorare l'ultimo scambio di parole e fingere non fosse mai esistito.
    «Questi sono un... compromesso, ecco!» incurvò le labbra verso il basso, posando il quadrato di cioccolato e marijuana sul piatto dove lo aveva preso. Per quanto avrebbe voluto, non poteva andare in giro fatto. «Se questi ti fossero stati offerti dal ministro in persona, non le avresti detto che non ti piacevano.» non una domanda, né un'affermazione. Una banalità, quello senz'altro; un esempio stupido. «Ministro che magari basa tutta la propria fiducia su quanto le persone sedute al tavolo con lei apprezzino le sue doti culinarie.» diede una pacca sulla spalla della ragazza. «Le informazioni che portiamo a casa hanno sempre un costo, e spesso il prezzo da pagare è la nostra integrità verso noi stessi. La nostra, di verità, è negligibile. Oggi è un piatto di dolci, domani una rivelazione scioccante; tra un mese, un omicidio del quale sarai costretta a fregartene mentre ne nascondi le tracce.» abbozzò un sorriso dolceamaro, stavolta rivolto a tutti quanti. «Non dovrai mai storcere il naso, o voltare lo sguardo dall'altra parte: nessuna traccia di fastidio o disgusto. Chiaro?» gli bastò che annuisse, non voleva una vera risposta. E non impose nemmeno di dimostrarglielo mangiandone uno, dato che non sarebbe stato un comportamento degno di un capo promuovere la droga tra i propri ranghi.
    «Comunque sono buonissimi.» ci pensavano benissimo da soli ad approfittare delle doti culinarie della Sargent e della Chipmunks in coppia. «Vedi:» indicò il ragazzo con un ampio gesto del braccio. «puoi dire che Charles sia sincero? Che gli piacciano davvero quei brownies o che li trovi terribili, ha detto esattamente ciò che Kier voleva sentirsi dire - e tu non saprai mai se questa sia la verità o meno.» notò la visibile offesa sul volto della cuoca, e con un «tranquilla, sono buonissimi davvero» sussurrato con dolcezza ammirò il suo viso illuminarsi. «capisci cosa ho appena fatto, vero?» per poi abbatterla nuovamente al suolo.
    «Su,» batté le mani tra loro. «ora sloggiate e tornate ai vostri lavori - sì Cherry, figurati se te ne andavi per dei dolcetti. Suvvia, non sono così severo!» ma doveva esserlo: «questo era solo il primo strike, ti pare.» ammiccò, prima di cingere con un braccio le spalle del francese ed invitare le ragazze ad uscire (e bisticciare di fuori).
    «Ti ho portato il report mensile che avevi chiesto.» si accomodò alla scrivania, invitando il minore a fare lo stesso. «Gentilissimo. Comunque non dovresti continuare a mangiarli mentre sei qui, sai...» un vago cenno con la mano ai pasticcini, gli occhi fissi sulle pagine del dossier. «potrebbe esserci della-» «maria? Lo so.»
    Mh. Ok. L'importante era che lo sapesse.
    «Come procede all'istituto?» moriva dalla voglia di chiedergli come se la passasse Turo alle prese con i bambini, se fosse appagato, un sacco di cose, ma si tenne sul professionale ed attese soltanto che il ribelle rispondesse come credeva fosse meglio. «Il progetto in sé sembra essere partito bene, dai, niente di cui lamentarsi. Tranne i bambini - mon dieu, i genitori» il Crane si limitò ad alzare lievemente il capo dal fascicolo, un singolo sopracciglio sollevato sulla fronte: sapeva di non rientrare nella categoria, ma era sempre bene ricordargli che fosse uno di quei genitori che gli pagava la retta. Preferiva che, in caso di problemi con River e Flow, le cose gli venissero dette senza retorica, ma grazie a Dio Charles certe cose le sapeva già. «di alcuni bambini... molti, in realtà, dovrebbero davvero imparare come si educano i figli. Per il resto,» la cosa che importava di più ad Al in quella sede, per inciso. «i pettegolezzi delle mamme sono sempre gli stessi, però pare che ci sia stato un po' di fermento ai piani alti del ministero. Nessuno osa dire cosa sia successo, ma credo qualche riunione dei capi... comunque lì c'è scritto tutto più nei dettagli.» aveva da fare, e Al non intendeva trattenerlo più del necessario per farsi dire cose che aveva già messo nero su bianco.
    «Senti, mentre vai via...» scarabocchiò qualche parola su un foglio di carta e glielo porse, senza troppe spiegazioni. «non vorrei farti fare il facchino, ma se ti capita di passare davanti all'ufficio di Will dagli questo - sennò non fa niente, ci parlerò nei prossimi giorni -, e se incroci Maeve chiedile di passare! Prenditi un brownie per il disturbo.» gli mostrò che già l'aveva fatto, alzando le dita che ne tenevano stretto un pezzo.
    «AH!» lo stava sicuramente odiando. «in caso chiedile se ha un passaporto internazionale.» ah!, sarebbe stato divertente.

    «Ultima - ma non di certo per importanza, tutt'altro!, la religione era un punto cardine di questa piccola comunità -, ecco la chiesa. Prego, seguitemi al suo interno!»
    «Se non sbaglio, qui è dove mia figlia ha sposato Jay.» bisbigliò all'orecchio della bionda, mentre le iridi verdi indagavano la marcescente facciata della struttura.
    Aveva fatto così per tutta la durata del giro turistico. Quando erano tornati dal viaggio nel tempo, Run ci aveva tenuto davvero tanto a fargli una panoramica di Bodie, illustrandogli ogni luogo della cittadina e la sua importanza storica - aka, i gossip del ventesimo secolo.
    «Signori Johnson, voi non entrate?» si voltò, Al, sollevando una mano in direzione della guida turistica. «Oh, ci scusi, è che mia moglie ha perso il portafogli... deve averlo poggiato sul bancone del negozio di souvenir, andiamo a prenderlo e torniamo!» Maeve probabilmente nemmeno sapeva cosa fosse un portafogli, ma Janet Johnson sì - e gliene aveva trovato uno apposta, quando le aveva proposto di andare oltreoceano a seguire la vaga pista lasciata da una voce di corridoio, fornendole anche un documento falso per rimanere il più anonimi possibili.
    Serviva? Non necessariamente, ma aggiungeva brio e la professoressa non aveva fatto troppe domande al riguardo.
    «Allora...» si erano già allontanati abbastanza dal gruppo di turisti, quando aprì la porta di una casa fatiscente - per non dire che la sfondò: a sua discolpa, i cardini erano particolarmente instabili. «ops» strinse i denti in un sorriso colpevole, invitando la ragazza ad entrare con lui mentre tirava fuori i propri appunti. «questo dovrebbe essere il punto di cui parlavano.» punto in cui, secondo delle rilevazioni condotte nell'ultimo mese, pareva esserci stata un'attività magica insolita.
    Aloysius Crane non aveva assolutamente idea di cosa ciò significasse, ma sapeva fare due più due ed era sicuro che potesse interessare anche la Resistenza sapere di più su degli sbalzi mistici in una città fantasma legata ad un mago in grado anche di riportare in vita i morti. «Che ne pensi?»
    When the darkness don't let you sleep
    I'ma hold you close
    And when space is all you need
    I can let you go
    And if the spark in your eye goes out
    I can be your glow
    Bringing you home
    welshly arms
    sanctuary
    no place is home
  5. .
    abilitata ♥ GO PANDINA
5 replies since 31/8/2022
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