Posts written by satanic panic

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    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
    eggsy saintwich
    20 / dealer / teenage-dirtbag.mp3
    Avrebbe riso, Eggsy – del modo in cui il Serpeverde aveva trascinato ogni vocale e palesato il suo disgusto, della situazione in generale, di tutto – ma purtroppo era un pelino a disagio. Perché vedete, c’erano tante cose di quella scena in particolare ad avere del surreale, ma. Ma.
    Due erano le opzioni.
    (1) Dara pensava che Eggsy ci stesse provando con la sua amica, e che avesse deciso di giocare a beer pong per attirarla nella sua trappola ed essere il Machine Gun Kelly della sua Megan Fox. Di conseguenza si stava comportando in quel modo per sorprenderlo in un momento qualsiasi e ucciderlo per gelosia. O qualcosa del genere, non aveva ben capito quanto esattamente fossero psicotici i ben10. Sapeva solo fossero grandi ammiratori dei freaks, e qualcuno gli aveva detto che CJ possedeva una motosega, quindi le premesse non erano delle migliori.
    (2) Dara aveva deciso in quel momento, in quel giorno, in cui Eggsy era già stralunato di suo, di provare a farsi rifilare droga gratis. Non ricordava di aver mai venduto nulla ai marmocchi – e se lo aveva fatto, era a sua volta talmente fuori di sé da non riuscire a distinguere le facce dal muro –, ma magari in un futuro lontano sarebbero potuti essere clientela potenziale. E poi Eggsy non sapeva un cazzo (su nessuno, nel dubbio), quindi per quel che gli riguardava i ben10 potevano avere già la scuola nel pugno in qualità di nuovo gruppetto extra poppppulare. Non voleva di certo farsi rovinare la reputazione da qualche gossip malaugurato solo perché si era rifiutato di donargli tavolette come se fossero caramelle nella sala d’attesa di un ufficio medico.
    Altre spiegazioni che giustificassero l’improvviso interesse nei suoi confronti, d’altronde, non c’erano. Lui e i suoi amichetti non erano attirati dalle celebrità di Hogwarts come falene? Che se ne faceva, di un lower than low come Eggsy Saintwich. Cosa esattamente poteva ottenere da un disadattato sociale che poteva sperare, al massimo, di finire a lavorare in una topaia per quattro soldi e rimanere un miserabile per tutto il resto della sua vita.
    Rischiò uno sguardo in direzione di Dara, allora: stava ammiccando.
    Merda. Stava ammiccando a lui?
    Batté gli occhi da cerbiatto lentamente, e trattenne lo sguardo su di lui: il genere d’espressione che non traspariva altro se non una certa noia, un disturbo pigro. Che era il genere di tattica opossum che era solito usare con le persone che voleva placare. Quando uno dei tuoi amici più stretti vende ketamina al chilo e cresci in una scena dove la maggior parte dei concerti si svolgono nei garage con la puzza di piscio prevalentemente riempiti di cinquantenni skinhead col vizio dell’alcol facile e tu sei un ragazzino trans che non riesce a guardare la gente della sua stessa età negli occhi, bambini, impari tanti trucchetti per la sopravvivenza. Innanzitutto, ti tappezzi di tatuaggi orribili e illegali che fanno capire alla gente che sei un cretino qualunque come loro e non un fiorellino di campo della generazione dei social justice warriors. Poi impari a roteare le spalle e fingere di essere la persona più disinvolta e tranquilla che abbiano mai visto (e forzi, di concerto in concerto, di pub in pub, di garage in garage, a mantenere lo sguardo alto: non sei lì per creare problemi e non sei lì per farti spaccare le ossa nel mosh pit più deprimente che tu abbia mai visto). A un certo punto, diventi persino credibile.
    Sperava, cazzo se ci sperava, di esserlo anche per Sunwoo Darae, perché l’opzione 3 – quella che prevedeva che Dara ci stesse provando con lui, cristo – non era una che era particolarmente interessato a intrattenere.
    E Dara stava ammiccando e parlando con lui.
    Oh, merda.
    «sono della tua stessa generazione.»
    Lo disse piano, scandendo qualche parola e biascicandone altre. Disinvolto! Cool! Porca puttana.
    Che poi, boh, forse non era vero in effetti. Cioè Eggsy era un gen z, e fin lì: Dara non ne era troppo certo. Quanti anni aveva, tredici? Terribile.
    Tirò fuori il pacchetto martoriato di Winston e ne posò una tra le labbra; si prese la briga di accenderla, prima di lasciarla bruciare al lato della bocca, esalando dal naso come un drago.
    «tu sei americano, no?»
    Oddio, n’altro.
    Gli rivolse un sorriso divertito, battendo contro il petto per poi stendere le braccia in fuori, busto piegato in avanti – un semi-inchino. Aveva fatto anni di teatro; sue him.
    «cosa mi ha tradito?»
    Il twang pesante del sud più profondo? Eh, mi sa. La Gran Bretagna non era riuscita a lavare via il suo animo da redneck; qualcosa che, era certo, Remo poteva capire.
    «non fidarti troppo.»
    Che lui a quei giochi partecipava solo per ubriacarsi disperatamente.
    E via di tiri.
    And on the t-shirt that I wear
    Pick the thorns out of my hair


    vabbè del tutto a caso ma ogni tanto penso a questa role
    beer pong! spiccia due parole con remo e dara
    5d2: 2 + 2 + 1 + 1 + 2

    alcol: 3 + 1 + 3 + 2
  2. .
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    eggsy saintwich
    20 / dealer / teenage-dirtbag.mp3
    Vabbè, everyone act surprised: lui con quel gruppo di gente non c’entrava un cazzo.
    Poco importava che il gruppo fosse abbastanza eterogeneo da essere in realtà venti comitive adolescenziali rinchiuse in un cappotto, tanto Eggsy (non lo sapeva) aveva l’invidiabile capacità di non riuscire a mimetizzarsi manco coi muri.
    Incrociò le gambe e sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, occhi a seguire furtivamente i movimenti dei presenti; gente che, contrariamente a ciò che si penserebbe di un individuo come il Saintwich, non disprezzava in quanto anticonformista ribelle. Non il genere di persone con cui era solito passare il suo tempo libero, certo. Un po’ troppo noiosetti per i suoi standard: le faccette pulite che vivevano la loro vita e prendevano ciò che il mondo gli offriva, perché non avevano mai dovuto combattere davvero per qualcosa. E non lo avrebbe mai ammesso apertamente, Eggsy, ma individui come la Byrne gli provocavano un forte senso di disagio – era in costante attesa di vedere la realizzazione nei suoi occhi, e un dito accusatorio puntato contro il suo petto a marchiarlo ufficialmente come impostore. Di motivazioni valide, dopotutto, ce n’erano a bizzeffe. Erisha avrebbe avuto solo l’imbarazzo della scelta.
    Il suo rientro a scuola era somigliato a ogni singolo altro rientro che aveva fatto in passato. Un po’ più sobrio, forse, dell’anno precedente; non aveva smesso di essere umiliante, la differenza d’età tra lui e buona parte degli studenti del suo anno, ma l’espressione sul volto di suo padre – la patetica curvatura della bocca e le rughe marcate sulla fronte mentre lo guardava battere pigro le ciglia e barcollare verso il vagone – lo aveva traumatizzato abbastanza da convincerlo a non voler ripetere quelle sue scelte discutibili (perché inutile dire che lo aveva sognato per buona parte dei mesi seguenti, lo sguardo a metà tra il deluso e il preoccupato del Saintwich senior, fino a che la pausa invernale non era arrivata ed era finalmente riuscito a concedere a entrambi un’immagine di Eggsy più composta, seppur altrettanto infelice).
    Il corpo studentesco lo aveva graziosamente ignorato. I docenti, per grazia divina, lo avevano lasciato a farsi i fatti suoi invece di tentare strani discorsi motivazionali che avrebbe in ogni caso dimenticato. Non che ci avessero mai provato, le anime pie di Hogwarts, ma l’assistente di Trasfigurazione – un ragazzo che a sua volta non era mai riuscito a diventare qualcuno nella sua carriera da studente, nonostante i suoi voti alzassero la media di buona parte del castello e possedesse una sorta di bellezza sovrumana che, inspiegabilmente, non gli aveva comprato un ticket automatico di sola andata nel gruppetto popolare – aveva tentato di prendere a cuore la sua causa, e non era finita bene. Senza contare che si portava dietro ancora i fantasmi di Salem: tutte le volte in cui si era dovuto sedere e abbassare lo sguardo e ascoltare, mortificato, un monologo sul suo potenziale sprecato. Lo so che sono un deficiente, avrebbe voluto dirgli, ma non potete accettarmi così come sono?
    C’erano pergamene dimenticate sotto al suo letto, in dormitorio; anche questo, nulla di nuovo. Decisamente più nuova la frequenza con cui i suoi occhi cadevano sulla squadra calcio Linguini in cerca di un volto in particolare, ma quello era un problema che aveva scelto con saggezza d’ignorare finché non sarebbe scomparso da solo.
    Altrettanto nuova la sua partecipazione a una festa studentesca – il genere di cosa che mai prima di quell’estate avrebbe fatto se non sotto esplicita minaccia di morte. Non che non si stesse pentendo di ogni scelta che lo aveva portato lì in quel momento, sia chiaro: semplicemente non sapeva dove altro andare, con il suo spazio dedito allo spaccio occupato da un po’ di italiani rumorosi.
    Roteò l’alcol nel bicchiere, e prese un sorso. Avrebbe potuto farsi i cazzi suoi. No, per dire. Non si era manco portato dietro la sua magica scorta, literally zero scuse. Forse, forse, forse quello era un suo tentativo di fare le sue esperienze. Si era imposto di rendere quello il suo ultimo anno a scuola, promozione o meno. Con tutto il rispetto per i gemellini di Shining che stavano scartando regali, lui non era intenzionato a festeggiare ulteriori compleanni tra quelle mura. Di fronte a un esito negativo avrebbe molto semplicemente rinunciato. Quindi: nel bene o nel male, la scuola per lui finiva quell’anno. Toccava prendere palle al balzo. Dire carpe diem e fare l’adolescente di merda comune.
    (86) ‘23, baby.
    «a squadre, due contro due?»
    «mi aggiungo.» e tirò un braccio in aria, alzandosi a fatica da terra prima di buttare giù un altro sorso di alcol unimpressive e condannarsi a quel momento d’alta socializzazione.
    And on the t-shirt that I wear
    Pick the thorns out of my hair


    si siede a terra, fissa la gente, beve, si aggiunge al team beer pong

    alcol: 3 + 1


    Edited by homini lupus - 25/9/2022, 21:00
  3. .
    ho mai usato questo account? chissà, nel dubbio la capatina in off ci sta sempre
  4. .
    yeet
    (exc.) to discard an item at a high velocity
    Massaggiò le tempie, cercando di concentrare tutte le sue attenzioni sul rumore distante del traffico. Fece viaggiare le dita fino al setto nasale, quindi, strizzando le palpebre in un tentativo di tenere sotto controllo il mal di testa che era pericolosamente vicino dal lasciarlo senza scampo.
    «non so…» umettò le labbra, ulteriore pausa a segnalare che quantomeno ci stesse provando sul serio, a mantenere un tono rasentante il civile. «non so come altro farti capire che non è una buona idea.» perché non c’era veramente bisogno, di farglielo capire.
    Era ormai giunto alla triste conclusione che lo sapesse già, quella bestia del suo coinquilino, che mandare lui (lui! di tante persone!) a fare una cosa simile fosse una pessima, pessima idea; addirittura era pronto a scommettere che stesse godendo nel sentire l’ovvio panico nella sua voce, il caro vecchio Benjamin. Non necessariamente un eterno pessimista, Zeke, ma anni passati a condividere il suo appartamento con completi (o quasi) sconosciuti gli avevano insegnato a leggere le persone, nel bene o nel male. Ecco: Benjamin era il genere di emerito stronzo che alle medie chiedeva agli sfigati della classe di uscire per poi dare loro buca all’ultimo secondo, lasciandoli totalmente soli per scherzo. Benjamin era anche il genere di emerito stronzo in grado di tornare a casa alle tre di notte, svegliando l’intero vicinato nel mentre, per festeggiare un’ultima volta prima della finals week – poi passare tale finals week a chiederti di poter copiare le tue risposte nel nome della solidarietà tra coinquilini, una cosa che sicuramente esisteva e che andava applicata ogni volta che l’altro ne sentisse il bisogno e mai quando serviva a te. «senti.» incrociò le caviglie, ignorando bellamente il collega improvvisatosi bagnino che si sbracciava alla sua destra pur di attirare la sua attenzione; quindi schiarì la gola, mano libera stretta a coppa attorno alla bocca. «voglio la metà del tuo affitto pronta almeno dieci giorni prima d’ora in poi. niente più “coprimi e poi te li ridò il prossimo mese”. e niente più visite oltre mezzanotte senza avvisare.» e vabbè, insomma. a mali estremi, estremi rimedi.
    Non attese che l’altro finisse di ringraziarlo con frasi strappalacrime affatto sincere; aveva già sforato di due minuti con la pausa, a detta del rompicazzo con le mani ancora tese in aria, manco stesse lanciando segnali di fumo. Fece un cenno con la mano in segno di scusa, quindi tornò all’interno del negozio, cuore in gola e la certezza d’essersi fottuto da solo come pensiero costante.

    «sento di star per morire.» e scrollò le spalle, perché what can you do. Ezekiel Rubén Walsworth, telefono stretto in una mano con così tanta forza da poterlo spaccare in due e involucro in plastica trasparente precariamente trattenuta tra pollice ed indice come se fosse una mutanda sporca, era [così] vicino dal crollare a terra o possibilmente farsi prendere in pieno da una macchina. «Benjamin, sto letteralmente per crepare.»
    Ma lo volete sapere come s’era ritrovato con una simile testa di minchia per coinquilino, tra l’altro? No? Meglio così. «cosa faccio. che di - play it cool. è il massimo che sai dirmi. lo fai regolarmente e il tuo unico consiglio è questo.» annuì tra sé e sé, non facendo caso alle occhiate dei passanti. Non era pronto ad affrontare anche Becky e Karen, in un momento simile. E vabbè, vaffanculo: se ne sarebbe occupato da solo. Dopotutto una vita gli serviva veramente, a lui? ma no, figuriamoci.
    Un lungo respiro, e si posizionò esattamente nel punto suggerito dal consumatore. Deglutì, imponendosi di non saltare nel momento in cui la voce lo raggiunse per fingere quantomeno di possedere contegno. Un minimo. Un minimo.
    Poteva farcela.
    Poteva farcela.
    Poteva farcela.
    Poteva farcela.
    Poteva farcela.
    «le hai portate?»
    Hm. «ecco. dunque.» schiarì la gola, portando casual alle labbra il microfono delle cuffie – sì, classic earpods: non era abbastanza ricco per le wireless, scusatelo. «c’è stato … temo, un piccolo incidente.»
    Poteva farcela.
    Poteva farcela.
    Poteva farcela.
    Poteva farcela.
    Poteva farcela.

    «prendi un lungo respiro. Cerca i chakra. Trova i chakra. Parla coi chakra e chiedi loro di darti forza.» sicuro ne avrebbero avuto bisogno entrambi, perché: «potrebbero essermi cadute… giù.» e dove mai potrebbero essere finite, le pasticche di Adderall che con tanta fatica si era portato in giro. «giù… nel tamigi.» la voce ridotta praticamente a un sussurro, e continuò la spiegazione con la calma di uno youtuber in piena sessione ASMR: «un tipo mi ha dato un’ombrellata sullo stinco e sono volate via. si sono… spaccate in modi che mai avrei pensato possibili. Quindi…» e strinse le labbra a cuore, ormai arreso al triste destino che lo attendeva. «ecco.» Ecco.
    [chuckles]
    i'm
    in
    danger
    zeke-walsworth
    coming out of my cage and i've been doing just FUCK
  5. .
    come puoi farmi questo quando cerco di postare e dormire
5 replies since 29/2/2020
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