Posts written by bitcj

  1. .
    cj knowles
    11.09.2000
    greenland
    Una spalla contro le travi in legno della Stamberga, caviglie incrociate fra loro. Lo sguardo vetro del Knowles pareva attento pur non essendolo, fisso su uno specifico filo d'erba accartocciato come se ne dipendesse della sua vita. Non pensava a nulla, con la cenere ad allungarsi sulla sigaretta in attesa che la gravità facesse il suo corso; più facile a dirsi che a farsi, quel peculiare spegnimento cognitivo. Un assentarsi dal mondo con i piedi ancorati al suolo, concreto in ogni atomo e distante in tutto il resto. L'aria settembrina a pungere la pelle rendendola secca e fredda al tatto, l'olezzo umido dell'autunno ad insinuarsi nelle narici come il principio di un mal di testa. Discipline new age che professionisti, sistemandosi gli occhiali sul naso, enunciavano con il nome di Mindfulness, come se vivere consapevoli di farlo fosse un'altra fottuta pratica da studiare sui libri di scuola. Il genere umano sapeva fare tutto, buon Dio, tranne che avere un cazzo di senso. Il contrario del principio stesso dell'evoluzione: se potevano complicarsi qualcosa, l'avrebbero fatto.
    Si sentiva osservato, CJ. Un ragazzo fatto d'istinti e di denti, animale selvatico abituato all'uomo senza esserne grato, nè particolarmente impressionato. Si lasciò guardare, perché fretta non l'aveva. Immaginava di fare un certo effetto, con quelle spalle magre e affilate, pallido come un bulbo cresciuto in cantina, con la catapecchia barcollante di sfondo; poetico nel loro decadere. Principe di tutto ciò che rimaneva in piedi per cazzo di principio.
    «è qui la festa?»
    Sunday De Thirteenth aveva sempre avuto un terribile senso dell'umorismo. Non era sempre bello sapere che certe cose non cambiassero mai, ma scelse che fosse una di quelle volte, perchè a qualcosa che non fossero dita fantasma bisognava pur aggrapparsi. Soffiò l'aria ed il fumo sopra la sigaretta, curvandosi lateralmente per non sporcarsi nel far crollare la cenere, azzardando una pigra occhiata verso l'americano.
    Occhi scuri, capelli bruni, un viso più tondo di quello di cui il Knowles avesse memoria. Aveva importanza? Cambiava più facce che mutande, l'ex Tassorosso; non era quello, a preoccupare il ribelle.
    «dipende. hai portato roba buona?» biascicò, piegando le labbra in una mezza smorfia piatta, e di rado intenzionalmente crudele. Distolse lento lo sguardo dal ragazzo, riportandolo sul filo verde a spuntare fra le assi della Stamberga. Si capivano, lui e quell'avanzo di flora; resistette all'impulso intrusivo di pestarlo e strapparlo. Una mera questione di rispetto e riconoscimento dell'aver provato a crescere quando nessuno l'aveva voluto fra i coglioni, ed esserci riuscito abbastanza da essere l'unico grumo verde in quella topaia.
    Sarebbe stato divertente, nella sua ironia, se solo non fosse già stato triste. Complesso essere l'uno e l'altro - roba di nicchia.
    «questa viene direttamente da novi lugubre, dicono sia terribile.»
    Aspirò fino a sentire le labbra ustionate, un sibilo soddisfatto a rotolare sulla lingua. Prese il filtro fra pollice ed indice, socchiudendo un occhio in direzione del De Thirteenth. «dicono di me» Sara o CJ, non vi è dato saperlo. La Tim mi ha distratto dicendomi che dovrò pagare altri soldi in più un'offerta che non uso, quindi ho passato l'ultima ora a bestemmiare (donby non mi giudica davvero, capisce le necessità della natura umana) ma fuck it we ball, finisco il post così anzichè rimbalzarmelo a casa. Back on track.
    Reclinò il capo sulla spalla, sollevando il capo per guardare prima il sacchetto - dubbie origini confermato - e poi quello che sapeva essere il De Thirteenth, pur non avendo nulla in comune con l'ultima versione che ricordava di lui. Lo guardò impassibile un paio di secondi, senza neanche sprecarsi a spezzare un sorriso nella sua direzione. Non aveva ancora deciso come sentirsi in proposito; CJ era troppo CJ per fidarsi e basta nell'essere se stesso.
    «sei ancora brutto, comunque. mai pensato di chiedere un rimborso?» diede un calcio alla porta, roteando come un Carmine Di Salvo - con la testa sul legno, esatto - per entrare, senza guardarsi indietro per assicurarsi lo stesse seguendo.

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  2. .
    cj knowles
    11.09.2000
    greenland
    La scelta più saggia, sarebbe stata non tornare a Londra. Rimanere all’estero, cittadino del mondo e di nessun paese. Offrire la propria spada ai nuclei ribelli degli altri stati, un ginocchio al suolo e l’altro già nei denti del primo rompi coglioni. Non lasciare che alcun filo lo tenesse legato a terra, così da poter fingere che quella guerra, seppur non vinta, non fosse stata neanche persa. Mandare una cartolina ai suoi amici, ogni tanto. Il necessario perché il tempo potesse levigarne la memoria e far sì che si dimenticassero di lui. Dire a Sersha Kavinsky di non aspettarlo, perché in patria sarebbe tornato solo il suo feretro.
    L’aveva già fatto. Un altro tempo, un’altra vita, ma l’aveva già fatto, convinto di poter salvare il mondo un grumo di sangue sputato alla volta, perdendo anima per strada come un rubinetto difettoso. Ci aveva pensato. Quando la voce s’era diffusa che fosse tardi, sempre cazzo di tardi, ed il Knowles aveva sentito crollare quella traballante, figlia di puttana, speranza che l’aveva tenuto in piedi sino a quel momento, ci aveva pensato.
    Sersha e Barry a celebrare la vittoria. Joey a guardare il cielo, chiedendosi cosa sarebbe cambiato a lui. BJ a stringersi i palmi sulla bocca sopprimendo un grido che Dio, buon Dio, CJ sapeva neanche meritasse di pensare, figurarsi soffocarlo con i denti sulla carne. E Sandy. Dove cazzo era, Sunday, mentre il mondo del Knowles gli scivolava ancora sotto le suole, deridendolo per aver creduto nella fottuta forza di gravità. Aveva battuto ritirata svuotandosi ad ogni passo come un sacchetto bucato, alimentato da pura e contaminata rabbia affilata. Chirurgica. La fortuna poteva permettersi il lusso di essere cieca; l’ira, quella più costante e compagna di ogni sorriso, di occhi aveva bisogno di aprirne tre. Pulsava come un secondo cuore, e scorreva nelle vene infettando tessuti e muscoli. Non sapeva cosa sarebbe rimasto di lui, quando tutte le cellule del suo corpo fossero state sostituite. Dall’ennesima cenere, l’ennesima fenice bastarda con un difetto di fabbrica.
    Era stato un soldato prima del fronte, perché di guerra ci era nato e vissuto. Aveva imbracciato le armi quand’erano state più grandi di lui, e pagato il prezzo di una vita puttana su ogni osso rotto e rimontato. Ne portava i segni sulla pelle e nei sorrisi malati, l’ex Tassorosso. Nei fendenti occhi verdi posati con ironia sull’ennesima stronzata. La scelta più saggia sarebbe stata non tornare a Londra, ma CJ Knowles era un sentimentale del cazzo a cui piacesse torturarsi testando fortuna ed azzardo. Guidato dall’unico filo conduttore che dalla sua nascita non s’era mai spezzato: principi.
    Christopher Jeez Knowles, era una fottuta questione di principio.
    Più lo schiacciavano a terra, più ferocemente strizzava le dita attorno alle caviglie. Più lo tenevano sott’acqua, più violentemente rideva, e rideva e rideva, ingoiando acqua e sputando veleno; il contrario, quando capitava l’occasione. Di rado, ma capitava. Sarebbe tornato a Londra, perché aveva fatto una promessa. Cristo, se quel cazzo di mondo l’avrebbe bruciato. Fosse stata l’ultima cosa che avrebbe fatto, prima di portare le dita alle fronte e salutare la mortalità, l’avrebbe raso al suolo, così che qualcun altro potesse ricominciare. Schiudere l’uovo di un’altra fenice bastarda dal difetto di fabbrica. Sarebbe tornato a Londra, perché se lo meritava, e lo doveva ad un mondo che avrebbe persistito a non cambiare se non avesse fatto qualcosa; lo doveva a Sersha, ed ai freaks, di tornare. E di combattere. Che loro lo volessero o meno.
    Era rimasto fuori dalle porte del Ministero abbastanza a lungo da convincersi che riprendere il proprio tesserino fosse un’idea del cazzo, e che se ci avesse rimesso piede, l’avrebbe fatto impregnato di cherosene come il primo tronco di un falò. Un vero peccato che CJ ascoltasse il proprio istinto, ma non i consigli o bisogni; andando contro il proprio credo, e buttando benzina sulla sempiterna fiamma della sua furia, un altro passo l’aveva fatto comunque, ed un terzo ed un quarto, chinando il capo allo sguardo inquisitorio di Akelei Beaumont – capo del suo dipartimento, madre dei suoi migliori amici e della sua eccezione - con un sorriso sbilenco e terribile.
    Odiava tutto. Odiava cazzo tutto.
    Ed aveva odiato l’espressione di Friday De Thirteenth, più pallida di quanto la ricordasse, quando l’aveva fermato per i corridoi dicendogli cose come Sandy è con noi e qualcosa non va, ha perso la memoria e devo chiedervi di dargli tempo, elaborando come i ricordi di un individuo fossero elementi fragili, costituissero la sua persona, e senza quelli, la psiche fosse un muro vulnerabile che non avrebbe rispettato i canoni di sicurezza per il rischio sismico. A CJ, l’aveva detto; lui, che c’aveva anche il cappotto termico e rischiava di soffocare in ogni stanza. Aveva provato a non prenderla sul personale. A giudicare dallo sguardo smeraldo dell’obliviante, doveva aver fallito, ed alla grande. La sua specialità.
    CJ le aveva detto, «ok»
    Quand’era uscito dal Ministero, aveva aspettato che Joe King finisse il suo turno al San Mungo, ed il suo saluto era stato un palmo contro il petto ed una sigaretta spenta nell’incavo del collo. «non me ne fotte un cazzo di chi cazzo sei. giuro su dio che se è colpa tua, ti ammazzo» se fosse stato più crudele, gli avrebbe detto che ad ammazzarlo sarebbero stati i suoi fratelli, perché lui per loro era un nessuno, e Sandy famiglia. Se non l’avesse amato, un tempo. Un legame che sentiva ormai contaminato, inquinato da false memorie marchiate sulla pelle come cicatrici infette. Voleva credere che Ronan fosse stato migliore di così; poi si ricordava che l’Hamilton fosse stato peggio, e tutto andava al proprio fottuto posto.
    Il suo omonimo, in luce del loro essere puttane, gli aveva lasciato in eredità solo malattie veneree.
    Il tempo non era il punto forte della sua famiglia, ma CJ, come da gentile richiesta, a Sandy l’aveva concesso lo stesso - per un po’ - complice la rabbia che in primo luogo l’aveva fatto allontanare dal De Thirteenth. Non sapeva cosa farsene di quelle parentesi un tempo spese a farsi riempire le orecchie dal fiume di parole dell’americano. Era passato più volte di fronte all’appartamento delle gemelle, dilettandosi con l’idea di forzare la serratura ed entrare. Ricominciare da dove CJ e Sandy avevano iniziato molti, molti anni prima.
    Non l’aveva fatto. Il discorso “Sunday” era tornato ad essere tabù come quand’era in America, venato appena dal fatto che fosse obbligata, e che nessuno dei freaks si trovasse a proprio agio con le regole. Erano nate per infrangerle. Non a quel prezzo, che era quanto bastava a contenerli. La maggior parte del tempo, almeno.
    Era il giorno del suo compleanno. Non quello che celebrava, inconsciamente, ogni ventun Luglio da ventidue anni a quella parte – no, quello era più intimo e privato, un segreto spezzato al centro – ma quello segnato sulla carta d’identità, e testimoniava che contro ogni pronostico, fosse arrivato a compiere ventitrè anni. Quello in cui, come di consueto, spariva dalla circolazione, introvabile da amici e nemici in egual maniera. Non aveva più CJ da battezzare sul muro dei CJ dove per una vita aveva scritto decine di cognomi e storie, dando a quel che era stato un degno funerale con l’unica compagnia dei suoi cani, ma si prendeva comunque quel giorno di libertà per esistere e basta. O non farlo, e basta. La differenza, risultava più sottile ogni anno. Era il giorno del suo compleanno ed aveva rotto il silenzio per primo, uscendo dalla propria routine nel prendere il telefono, digitare un breve messaggio al De Thirteenth con il luogo d’incontro, ed aspettare alla marcescente entrata della Stamberga che Sandy arrivasse. Lo faceva sempre.
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  3. .
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    «è il primo matrimonio a cui sono stata invitata» Scosse appena la treccia oltre le spalle, Heidrun Crane, abbastanza da non sentire più la punta affilata del sai, usato come fermaglio nella chioma bruna, pungerle la base del collo. Sospirò, satolla e felice, affondando con l’usuale poca grazia su una delle sedie riservate al pubblico. Non nelle prime file, non era da lei, ma neanche nelle ultime, perché voleva essere abbastanza vicina da assorbire per osmosi gli heart eyes di Akelei e Will – soprattutto la prima, ma aveva passato bei momenti (pump pump!) con entrambi, e non era tipa da sputare nel piatto dove aveva mangiato. Nel mezzo, come piaceva a lei: dopotutto, non c’era faccia che non conoscesse, lì in mezzo. Non necessariamente una nota positiva.
    Di sedie c’erano parecchie, a quella celebrazione. File e file e file; dovevano essere almeno un centinaio.
    CJ Knowles alzò gli occhi al cielo, lì fermandoli sul piatto azzurro della Provenza, ed appiattì la lingua sul palato: tante, sedie. Avrebbe dovuto immaginarlo che se ci fosse qualcuno in grado di sfidare ogni legge della probabilità, quel qualcuno sarebbe stata sua madre. Scorreva nel sangue, uh? Umettò le labbra, mimando la posa della mimetica al proprio fianco: gambe divaricate, schiena affondata sul sedile, capo leggermente reclinato sulla spalla. La osservò di sottecchi, prendendo marginalmente nota dell’outfit stranamente… sobrio della donna che, in un’altra linea temporale, l’aveva messo al mondo. Dal canto proprio, CJ essendo CJ, non era uscito dal personaggio. Indossava un completo elegante, certo; giacca e pantaloni abbinati, perfino. Poi c’era la camicia, canonicamente già sbottonata fino a metà busto, e la cravatta appesa slacciata al collo. I vibes del mi sono svegliato così, non erano poi così lontani dalla verità. «non sei mai stata ad un matrimonio?» biascicò, attorno alla sigaretta spenta. Quando Run ruotò gli occhi verdi su di lui, gli venne quasi da ridere.
    La stessa sfumatura. E lo stesso sguardo, piatto ed annoiato, ma sempre affilato. Passò il pollice sulla guancia per assicurarsi di non essersi tagliato.
    «ho detto invitata. per chi mi hai presa» Scrutò il Knowles a palpebre assottigliate, soffermandosi sulla cravatta abbandonata al collo. Sorrise, lenta e sorniona, allungando una mano per sollevarla e farla ricadere sul petto. C’era qualcosa, in quel CJ; c’era sempre qualcosa su cui non riusciva a mettere il dito, ma che le fece drizzare la schiena e sospirare tutto assieme. Familiare, forse. Più intimo del già visto. Lo osservò una manciata di secondi in silenzio, seguendone lo sguardo verso l’altare. Provò una punta di invidia nel far scivolare gli occhi sul Barrow, per quanto capriccioso ed infantile fosse. Era felice per lui, lo era davvero, ma non poteva impedirsi di farsi La Domanda.
    Tipo perché il suo Will ci stesse mettendo tanto. Cercava di non pensarci e convincersi che fosse merito, mai colpa, sua; che non fosse pronta, e stesse rimandando, e che fretta c’era?, ma le questioni in sospeso di Gemes Hamilton stavano prendendo più spazio di quanto la Crane si fosse aspettata, e – Deglutì, scuotendo il capo.
    «è troppo bella per te» Sollevò un angolo delle labbra, una bieca occhiata all’ex Tassorosso.
    Manco fosse stata la prima volta che glielo diceva. Non lo ricordava, CJ Knowles, così come non poteva saperlo, Run, ma avevano già avuto quella conversazione – ed esattamente come l’allora CJ Hamilton, la sua unica risposta fu un dito medio alzato alla guancia, dove lo premette fino a lasciarci l’impronta. Non aveva creduto fossero cazzi suoi quando a darle ragione c’era stata Meara Beaumont, figurarsi quando a sollevare un dito alla gola da metri e metri di distanza c’era Sersha Kavinsky. CJ offrì anche a lei il gesto volgare che meritava, e se sembrò più una promessa che una minaccia, non erano cazzi vostri.
    «però sono il suo +1, pensa. Il tuo ha già iniziato a piangere?» Si raddrizzò, lanciando un’occhiata alle proprie spalle alla ricerca della testa (bionda…?) di Murphy Skywalker. Sua cugina. Il suo appuntamento per il matrimonio, era sua cugina. Quando sorrise a mamma cara, ferino e brutale, sapeva non fosse un sorriso piacevole.
    Per inciso, sì, Murphy stava già piangendo.
    Heidrun sibilò offesa fra i denti, alzandosi ed allungando le dita per strizzarle sulle guance del degenerato che in un altro tempo – un altro ancora! - padre Shaw aveva adottato, rendendolo ufficialmente il suo non ufficiale figlioccio. «sono già tutti vestiti eleganti, non facciamolo diventare un funerale» si chinò anche per premere le labbra sulla testa, prima di piroettare sul posto e scivolare fra le file fino a trovarsi vicina al salice.
    «baby» le diede un colpetto con la spalla, avvolgendola in una stretta. «non un vezzeggiativo. Aspetta almeno che cominci» con tanto di lieve percussione come fosse stata una pignatta.
    You must've made some kind of mistake
    I asked for death, but instead I'm awake
    The Devil told me, "No room for cheats"
    I thought I'd sold my soul,
    but he kept the receipt
    when3 september 2023
    avignon, provencewhere
    board'till death do us part
    doomed
    bring me the horizon
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    giusto perchè la linea temporale non ha senso, QUESTO post è ambientato PRIMA della cerimonia.
    oggi mi sento chaosbringer
    run parla con murphy, e basta. non fanno niente.
  4. .
    22 y.o - cacciatore - tassofesso
    cj knowles
    CJ l’aveva saputo al primo sorriso affilato, che la discussione sarebbe giunta a quello. Non fu sorpreso dalla risposta della Hatford, una replica che seppur in modi diversi, il Knowles aveva sentito altre cento volte da altri cento ribelli differenti. Non era impressionato, lo sguardo giada dell’ex Tassorosso, quanto più annoiato dalla solfa con cui la Resistenza giustificava il comportamento degli altri. Non sono loro, è la società. La stessa società che aveva masticato il culo di tutti coloro che erano passati sotto il tetto del QG, allo stesso fottuto modo: faceva pensare. Faceva riflettere, tanto che si ritrovò a sollevare gli occhi al soffitto, osservando un punto imprecisato della parete mentre si domandava, non per la prima volta, quale fosse il punto di tutto quello.
    Era stanco di mettere le mani avanti. Di infilarsi nei loro panni, quando quegli stessi abiti li aveva indossati e strappati con i denti. Perchè non potevano semplicemente dire che non fossero le ideologie sbagliati ad ancorarli alla parte sbagliata della barricata, ma la stracazzo di pigrizia? Era comodo, vivere nel loro mondo. Era la scelta più facile, lasciare che ci pensasse qualcun altro. Strappare madri, padri, e figli che ogni giorno, ogni stra fottuto giorno, sceglievano di non guardare e camminare sulle loro ossa, non gli sembrava un reato.
    Era il cazzo di karma.
    Come avrebbero detto i twentyone pilots, nobody think what i think.
    CJ Knowles, con i Ribelli, non c’entrava proprio un cazzo.
    Un suo posto nel mondo, non ce l’aveva. Era fatto per lavorare da solo, seguendo leggi e costumi propri. Un anarchico, un cazzo di vigilante che non dovesse rispondere a nessuno, e potesse essere crudele e brutale il giusto - un giusto molto diverso da quello dei suoi colleghi. «scelte» commentò nel silenzio, a denti stretti. Morse la parola fra i canini, sputandola in un sorriso insensibile. La società non chiudeva i loro occhi, sceglievano di tenerli sigillati; biasimare il sistema era la scusa più vecchia del mondo per non fare un cazzo di niente.
    Croci sul cuore.
    Anche CJ ne aveva, ed erano tutte sue - nomi, identità, vite che non aveva avuto la possibilità di vivere. Il resto erano effetti collaterali, e farlo perché andasse fatto toglieva la patina del rimorso come un soffio d’aria fredda sui vetri appannati. Capiva da dove arrivassero le spalle dritte e fiere dei suoi colleghi in merito al discorso morte, ma non lo condivideva: esistere non era per tutti. Certamente non lo era per il Knowles, che le parole di Nelia poteva arrotolare nel palmo della mano, e flettere il polso cercando di far canestro nel cestino più lontano.
    Nulla di personale.
    Davvero. CJ non provava rabbia per quel filo di pensieri che intercorreva al QG, a ognuno il proprio, lo trovava semplicemente inefficiente. Era un pragmatico, e pure uno del cazzo. Se qualcosa non funzionava, sbranava la carne fino all’osso togliendo il marcio così che potesse funzionare di nuovo – ma non poteva, con loro. Poteva solo guardarli distruggersi; fare la propria parte, e con essa una grande, enorme, barcata di cazzi propri.
    Un sorriso sfuggì alle labbra del Knowles. Scappato dalla stretta in cui le aveva forzate, strizzato fra i denti di un’ironia che Nelia Hatford non sembrava in grado di cogliere, perché erano troppo diversi. Poteva apprezzare, almeno marginalmente, che non stesse cercando di fargli cambiare idea in merito: era già qualcosa. Perfino gentile nello spiegare il proprio punto di vista, esponendolo semplicemente come fatti. Solo che più parlava, più CJ si allontanava - moralmente, emotivamente; nella realtà, era seduto esattamente dove quella conversazione era cominciata – perché era quello che gli veniva meglio. Distanziarsi, morire solo come i gatti, eccetera eccetera. Non era fatto per la comunità.
    Soprattutto non per quel tipo di comunità, ancora legato al concetto primitivo che per una vendetta si dovessero scavare due fosse: si era allenato, CJ Knowles. Di fosse ne aveva scavate almeno cinquanta, ed ancora ne contava – ma nessuna era per lui.
    Era quello vivo. Nonostante tutto, e tutti, avessero provato a metterlo in una bara, era ancora in piedi, al contrario dei figli di puttana su cui aveva sputato prima di far scivolare un pugno di terra sul feretro: fanculo.
    Di motivi per i quali CJ si trovava dalla loro parte, ce n’erano cento e più. La vendetta rientrava fra quelle; non era l’unica, ma non corresse Nelia Hatford. Non gli importava abbastanza. CJ nasceva come solitario, e farsi conoscere - capire - non rientrava affatto nella sua lista priorità.
    Sorrise, dunque. Denti aguzzi, pelle sporca di lividi e sangue, e sorrise, palmi piatti contro il tavolo per alzarsi in piedi. «ok» Non disse rifacciamolo qualche volta, perché pensava di aver già dato. Non c’era stizza, rabbia, disappunto, o quel cazzo che vi pare nell’espressione di CJ Knowles, solo – quello.
    Solo ok. Non aveva nulla da aggiungere; non aveva senso ribattere, perché al contrario di Nelia, non voleva capisse il suo punto di vista. E andava bene uguale. Alzò le sopracciglia, guardando prima la tazza e poi la donna. «se hai finito il tè» perché era un ragazzo galante, in fondo.
    Molto in fondo.
    Le aveva tenuto compagnia dopotutto, no? «io andrei» un condizionale solo per gentilezza.

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    What I let you
  5. .
    22 y.o - cacciatore - tassofesso
    cj knowles
    CJ, team cani, lo era come preferenza e come stile di vita. Uno di quelli abbandonati tutta la loro vita che avevano imparato dove morire e dove non farlo sulla propria pelle, e ne portavano i segni in cicatrici e orecchie mozzate. Di quelli che mostravano i denti facendoli scattare fra loro, pelo rizzo sulla schiena e sguardo cattivo ad ammonire di non avvicinarsi; non cazzo avvicinarsi, perché se costretti a mordere, lo facevano con l’intento di uccidere. Sbranare e scrollare impregnandosi il muso di sangue, le ossa a scricchiolare sotto la pressione. Preservazione, nulla di personale. Leale nel tornare dov’era stato bene, e quando qualcuno guadagnava la sua fiducia – e si parlava di anni; maledetti anni di dita offerte innocue ed a palmo in su, o di zanne ad affettarsi fino ad una tregua – capace perfino di accucciarsi, ed aprire la bocca solo per respirare.
    Nelia Hatford era stata troppo ottimista ad approcciare CJ. Non sapeva cosa vedesse in lui, se fosse una proiezione o un pensiero particolarmente ottimista, ma non era la realtà. Forse aveva anche ragione, ad essersene fatta quell’idea lì; forse CJ Knowles era davvero più simile a quell’immagine di quanto credesse, qualcuno che non era stato salvato in tempo, ma aveva sottovalutato quanto potesse essere istintivamente crudele, portato a chiudere i ranghi ed alzare barriere nell’unico modo che conoscesse. C’erano tanti tipi di violenza al mondo, e l’ex Tassorosso li conosceva tutti. L’indolenza lo obbligava a mordersi la lingua facendo scivolare sangue fra i sorrisi e farselo bastare, ma quando gli veniva offerto un osso, non poteva fare a meno di stringere e scuotere. Reclinò il capo. Avrebbe potuto andarsene e basta, ma non sarebbe stato d’esempio. Avrebbe potuto dirle, semplicemente, che non avesse voglia e basta - di parlare, esistere fra le persone – e sapeva che lei l’avrebbe capito e l’avrebbe lasciato stare.
    Ma per quanto? Tanto, probabilmente. Gli sembrava una brava persona, in grado di rispettare i confini altrui, ma il margine d’incertezza rendeva quel tipo di rendezvous una possibilità sempre concreta, ed il Knowles non voleva che al QG credessero fossero amici. Ne aveva già troppi per i suoi gusti.
    «Non ne vado fiera, ma anche io farei di tutto per coloro che ho a cuore.»
    La osservò in silenzio qualche secondo, ignorando la tazza calda a pochi centimetri dalle dita. Ora che l’aveva, non sapeva cosa farsene, e non era quello forse un fottutamente ironico riassunto della sua vita? Ah, la tragedia d’esistere. «perché no?» Si guardò platealmente attorno, curvando le labbra verso il basso. «la resistenza è anche uccidere. Non ne vai fiera?» Tamburellò le dita fra loro, premendo appena. «dovresti, altrimenti che cazzo di senso ha farlo» resistere, proteggere. «te ne vergogni?» e sorrise, allora. Labbra sottili tirate tutte a mostrare i denti, occhi verde bottiglia a spezzarsi e tagliare e tagliare. Aveva lo sguardo felino della madre, CJ Knowles, ma non la delicatezza associata all’animale.
    Niente tatto ed eleganza, per lui. Niente superfici instabili su cui camminare in punta.
    «non hai un opinione in merito? qualcosa che va fatto, uh» si strinse nelle spalle, la lingua premuta fra i molari. Quella era forse l’alternativa peggiore, perché uccidere per qualcuno a cuore non poteva essere da ignavi; a farsi i cazzi propri, allora, si faceva più bella figura. Chiuse gli occhi un istante, tornando poi a guardare la docente con pesanti palpebre a metà. «e la vendetta dove la mettiamo? prof» non era stata una sua insegnante, ma non importava. Intinse il termine di sarcasmo, passandolo su caramello e specchi rotti. Uno spicchio di quel che rappresentava nel suo mondo, quello che erano stati nella sua storia, ed in migliaia di altri CJ. La vendetta, credeva il Knowles, Nelia più di altri avrebbe dovuto volerla. CJ pensò se la fosse guadagnata, e pensò anche che se non volesse esserlo lei, sarebbe stato fiero lui al suo posto – ma quello non lo disse, perché sembrava un po’ troppo vicino ad una mano offerta che non schiaffata sul tavolo. «è un lusso che non tutti possono permettersi» Poggiò drammatico una mano sul petto, allargando le dita a tastare tutte le costole. Un sospiro lieve ad indicare che qualcuno dovesse farlo, e quel qualcuno fosse stato lui più volte. Ed avrebbe continuato, perché «ne vado particolarmente fiero» Un ghigno violento e selvaggio, perché brutalmente onesto: non rimpiangeva un cazzo, CJ. La loro morte significava che fosse sopravvissuto abbastanza a lungo da prendersela, e vaffanculo a loro che gli avevano scavato mille e cento fosse – le stesse che ogni anno riempiva di milkshake, una tradizione a tutti i CJ che era stato e mai smesso d’essere. Cognomi che si portava in ogni taglio della pelle e del sorriso. «non dovrei?» Una provocazione, e già un’accusa.

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    What I let you
  6. .
    cj knowles
    Everybody thinks that we're insane
    Just because we do not think the same
    They wanna see us go our separate ways, no way
    I am happy just to hear you breathe
    I giornali dicevano che la guerra fosse finita, ma nulla nell’organismo irrequieto di CJ Knowles sembrava aver ricevuto il memo: scattava ad ogni rumore più forte, trascinando le dita alla bacchetta o una delle armi nello stivale; dormiva poco, e lo faceva male; il cuore saltava sulla lingua a momenti alterni, immettendo nel sistema adrenalina e fiele. Era sopravvissuto a se stesso per un mese perché ci credeva, l’ex Tassorosso, che ne valesse la pena combattere. Quella mattanza era una cazzo di puttanata, perché quello non era un fottuto episodio del nuovo videogioco uscito su xbox. Era l’intero fottuto mondo, quello messo a ferro e fuoco da Abbadon ed i suoi maledetti minion. Il loro futuro, quello schiacciato e plasmato rendendolo l’ennesimo tiro di monetina a cadere dalla faccia sbagliata.
    Non c’era più nessun campo d’addestramento. Nessuna base a cui tornare. Nessuna creatura di Seth a cui strappare i denti uno ad uno e farglieli ingoiare, e CJ di quella cazzo di rabbia, e quella fottuta furia cieca, non sapeva più cosa farsene. La teneva compressa fra muscoli e pelle come inchiostro di un tatuaggio; la respirava pur sapendo che il fumo uccidesse, e per non farsi mancare nulla ci accendeva sopra anche una sigaretta, giustificando l’amaro in bocca con tabacco e nicotina. Sapeva che l’avrebbe consumato se non ci avesse fatto nulla, ed allora era tornato a scendere per le strade e rimetterle in ordine con il proprio caos, sperando che ogni chiazza di sangue sul cemento – loro, sua – portasse con sé anche un po’ di quell’odio.
    Ce l’aveva sulla lingua e nello sguardo. Era sempre stato affilato e tagliente, con un cuore masochista a frantumarsi sulle costole per tutti i motivi sbagliati, ma era diverso, perché era ...
    Stanco. Era semplicemente stanco. Non aveva mai posato le armi in vent’anni di vita, rimbalzando da un conflitto all’altro con sorrisi sadici ed appuntiti. Aveva leccato le ferite in angoli bui di Londra, masticato da una città che non lo voleva e se lo teneva comunque, vaffanculo, vedi un po’ te brutta bastarda. L’aveva fatto per sopravvivenza e perché voleva, ma con una società messa in ginocchio dal potere del Quinto Fondatore, sorgeva spontaneo domandarsi perchè cazzo di motivo l’avesse fatto. Le case famiglia, il Rodere, il sanguesporco – per che cosa. Per che cosa. Gli avevano tolto innocenza, infanzia, la sua cazzo di anima, per che cosa: tirare l’elastico della fionda, sputarlo in un’altra guerra, e fargliela perdere.
    Guardò Sersha Kavinsky, quasi iridescente sotto l’ignobile luce del sole.
    Per che cosa.
    Non aveva bisogno di una vacanza, perlomeno non nello stesso modo in cui sembrava averne bisogno l’ex Serpeverde, quanto più di ricordarsi che un cosa ancora lo avesse. Anche quando giocavano dalle sponde opposte di quella cazzo di partita che era la vita - e non vita, nel caso dello Skylinski. Non li aveva odiati quando si erano immolati per la causa, ma nel declinare gentilmente il loro invito, non li aveva capiti. Perchè? Barry era obbligato, ma potevano legarlo da qualche parte, impedire che sentisse il richiamo soprannaturale o il cazzo che era. Perchè? Si era detto che a parti inverse, si sarebbe sparato un colpo in bocca pur di non partecipare attivamente a quel genocidio.
    Era felice l’ex Corvonero non l‘avesse fatto. Non sapeva cosa dicesse di lui.
    «sai cosa? dovrei bruciarteli» Affidò il sorriso alle onde del mare, regalando alla bionda l’equivalente più sentito – un dito medio, e senza neanche voltarsi a guardarla. Li aveva messi solo per darle fastidio, e se non avesse temuto il fantomatico effetto fenice (in gergo: l’uccello di fuoco) avrebbe mostrato ben più a quella spiaggia di merda che non protuberanze anti estetiche. Con esattezza, la forma ed il peso specifico del membro a cui avrebbero dovuto attaccarsi e succhiare forte, così come la curva delle natiche che potevano baciare. Platonicamente, s’intendeva – era un ragazzo fedele, mind you. Trascinò la sacca sulla sabbia, lasciando alle proprie spalle la scia di dov’era già passato, chinandosi per afferrare un’altra bottiglia.
    Anche quella era una guerra. Meno terrificante del raccogliere i corpi che ancora giungevano a riva dai paesi limitrofi. Spostò gli occhi verdi su della plastica al fianco della Kavinsky, forse il cadavere laminato di un pacchetto di patatine, roteandoli poi allusivo sul suo profilo.
    «no, al massimo ti guardo mentre la raccogli. non ho mica scritto greenpeace in fronte»
    Si fermò a guardarla. Le labbra morbide sempre curvate verso il basso, il naso piccolo dritto come quello di sua madre, gli zigomi su cui aveva premuto dolcemente i denti non troppo tempo prima. Inspirò un sibilo al petto che sapeva tanto di cuore spezzato, rotolandolo fra gli incisivi fino a sminuzzarlo. «qualcuno deve farlo, kavinsky» ripulire il sistema, provarci: non sarebbe stato CJ Knowles su quella spiaggia a salvare l’ambiente, così come il CJ ribelle non avrebbe cambiato la storia da solo, ma qualcuno doveva pur farlo. Trovava che pulire la sabbia dalla pattumiera lasciata dietro da indolenti pezzi di merda senza alcun rispetto, fosse un attimo riassunto della sua vita. «a meno che non ti piaccia vivere nell’immondizia» un sorriso tagliente quanto il vetro della bottiglia di birra spaccata a pochi passi da loro, senza possibilità d’essere levigato dal movimento dell’acqua. «ti piace?» una domanda sincera, considerando che lo faceva, e ne prendeva anche parte attivamente, oltre a non fare un cazzo per cambiare le cose.
    «a proposito di carità, te l'ho detto che è sbucato fuori l'ennesimo fratello? anzi, due»
    Uno sguardo alla telecamera (Elisa): considerando che uno dei due fratelli era Ronan, sperava proprio che almeno uno dei due fratelli akerrow si fosse quanto meno degnato di accennarglielo, se non nell’immediato, quasi - e che avessero informato anche Sandy, senza prendere esempio dal nuovo ritardato che potevano vantare dalle loro fila. «svariate volte» usò le lunghe pinze come appoggio per le braccia, piantandole nel terreno per girarsi verso la (sua. Heart eyes motherfuckers) ragazza. «e non hai mai elaborato» dot dot dot «se non ricordo male, mi hai anche detto di non romperti il cazzo, che non fosse il momento, e che speravi morissero prima che potessi accettarlo come evento canon. magari lo faccio io e ci tolgo il problema, cit» dot dot dot «svariate volte» dot.
    gif code
    22 y.o.
    former huff
    2043
  7. .
    22 y.o - cacciatore - tassofesso
    cj knowles
    «vuoi?» Inglesi. Strinse le labbra fra loro, lo sguardo a saettare dalla tazza alla docente di corpo a corpo. Non sembrava ci fosse alcuna richiesta nascosta dietro quella domanda, nessun intrigo di corte, e non pareva neanche l’usuale gentilezza forzata che costringeva le persone a trattarlo in modo diverso perché loro non erano come gli altri. Era una domanda semplice.
    Decise di darle una risposta altrettanto basica. «no,» e credeva difficile che mai nella vita avrebbe voluto volontariamente una tisana. «ma la bevo comunque» così, per principio. Sorrise, conscio che fosse un capriccio ed uno che nel loro piccolo, nel suo piccolo, potesse permettersi. La curva delle labbra aveva sempre il retrogusto malevolo di sangue e violenza e rabbia, ma in maniera meno accentuata e più infantile. Più divertita. Nelia poteva anche non saperlo, ma era uno spettacolo raro sulla bocca crudele di CJ Knowles. La Hatford comunque, chapeu, replicò anche seriamente alla domanda del fu Tassorosso. Sapeva per esperienza non fosse un genere di dedizione figlio della docenza, doveva essere eredità del crescere con un adolescente. Una parte di lui avrebbe voluto spingere di più quei limiti, capire quando la mora avrebbe mostrato i denti in un ringhio, ma l’altra era… stanca. Abbastanza da accettare quei muri per quel che erano. Non era il tipo da iniziare battaglie contro tutti, CJ – solo con chi le accoglieva.
    Non era colpa sua se era abituato ad essere accolto a spada già sguainata.
    «ma preferisco di no. ho avuto già un cane, un bellissimo pinscher austriaco di nome Dalì. E un gattino, Micio. non sopporterei l’idea di affezionarmi di nuovo.» e ce n’era di storia, in quelle parole. Lo sapeva CJ, lo sapeva Nelia, e lo sapevano i fottuti muri del quartier generale. Ma storia che il Knowles volesse indagare? No: che fottuto incoerente sarebbe stato, se avesse demandato silenzio senza offrirne in cambio. Tutti avevano capitoli iniziati o chiusi; il Cacciatore, si faceva i cazzi propri. Non offrì conforto, o frasi comuni. Si limitò a guardarla, lasciando che la bocca si crepasse nel ghigno sbilenco di chi quei libri li aveva letti e sfogliati, di chi sapesse come andasse a finire, e non volesse riprendere dal punto di partenza.
    «tu sei più team gatti o team cani?» Scrocchiò distrattamente le dita, un sopracciglio a scattare verso l’alto. Quando sorrise, lo fece con molta più leggerezza di quanto non avesse fatto fino a quel momento, perché quello era uno dei suoi argomenti preferiti. Poteva sottolineare quanto bestia fosse, e quanto il mondo animale fosse sempre stato più aperto nei confronti dei CJ del mondo, ma non lo fece. «cani» strisciò la sedia sul pavimento, infilando le mani in tasca per recuperare il cellulare. Ignorò, come di consueto, la sfilza di messaggi in anteprima - un giorno avrebbe risposto, si ripeteva – e l’unico cenno di averli visti, e di aver riconosciuto il mittente, fu un’occhiata un poco più torbida. «ho due bulldog francesi» alzò gli occhi su Nelia, schegge verdi come vetri su cemento. Non c’era nulla di levigato, negli sguardi del Knowles.
    Fanculo ho finito il tempo. IN VENTIDUE MINUTI CE L’AVREI FATTA PERò UFF. edit: non è vero ho postato ai 04. a mio favore nel mentre è anche tornata marita. mannaggia «cocaine» le mostrò la foto di un cane nero chiaramente disadattato, lo sguardo sbercio e assente. C’era qualcosa che non andava, in Cocaine, e non era l’età: erano i danni neurologici a seguito dell’essere stato un cazzo di cane da battaglia. L’aveva recuperato, entrambi sanguinanti e spezzati. Si era fatto più piccolo per far posto alla bestia fratturata nella propria vita. Si erano guariti a vicenda, esistendo l’un per l’altro anche quando il mondo li dimenticava. «e heroine» mostrò l’altro bulldog francese, bianco. Quello l’aveva recuperato andando a Bodie, e si era fatto tutto il ritorno – fatto di sangue e carne maciullata – dentro la sua giacca.
    Bei momenti.
    «ucciderei per loro» d’altronde, l’aveva già fatto.
    E nel ghigno che rivolse a Nelia, c’era il silente ma anche per molto meno.

    Think that you know me
    but you're all wrong
    I learnt to play by my own rules
    You'll only see

    What I let you
  8. .
    vi regalo qualcosa se sistemate slash fate le playlist che vi mancano. non so cosa. ci penso. se avete proposte per scambi, fatemi sapere. ciao
  9. .
    You know I'm like a ghost, sometimes I have to fade
    And it haunts me that I have to be this way
    when & where
    15.04.21, LONDON
    what
    hufflepuff
    who
    solo cigei
    «e io non ho mai detto che dovessi dirmelo» disse candidamente, la stessa persona che l’aveva seguito. Vero, non l’aveva detto in maniera esplicita, ma faceva forse la differenza quando si trovava lì malgrado non avesse alcun motivo per esserci? Capiva la preoccupazione; quello che non capiva, era il sentirsi in ragione ad agire, ed avere la presunzione di essere nel giusto, come dimostrò il proseguimento delle arrabbiate, e vane, giustificazioni di Sersha Kavinsky. Pensava la stesse trattando da idiota? Sorrise, CJ Knowles, mostrando appena i denti, sapendo che il proprio silenzio avrebbe fatto il suo dovere meglio di qualunque cosa avesse da dire. Il Cacciatore era per le pari opportunità: non credeva la Kavinsky fosse isterica per il ciclo mestruale, pensava lo fosse e basta a prescindere dal suo organo riproduttivo. Ed anche sclerotica. Ed una fottuta testa di minchia.
    Ma vabbè, dov’era la novità: l’aveva sempre saputo, e l’aveva amata comunque.
    Non era la migliore in famiglia a farlo, ma se avesse momentaneamente connesso il cervello, si sarebbe resa conto che CJ, per quanto un arrogante bastardo, non trattasse nessuno come idiota. Se li riteneva tali, ed accadeva spesso, non ci trattava punto, perché preferiva sputtanare il proprio poco tempo su quella terra in altri modi. Se si sentiva trattata come un’idiota, probabilmente era perché sapesse si stesse comportando come tale; lui, non stava facendo proprio un cazzo di niente.
    «prima mi dici di farmi i cazzi miei, e poi vuoi sapere i miei. non funziona così»
    Puntellò la lingua sulla guancia, ridendo rauco. Stava facendo sul serio? In quale peculiare, corto, modo, era arrivata a rimbalzare la colpa a lui di una domanda più che lecita? Lei l’aveva seguito; lui, era del tutto autorizzato a saperne il perché.
    Quello era il motivo per cui CJ Knowles non parlava con un cazzo di fottuto nessuno: ascoltavano solo quello che volevano. Quello che serviva a loro per pulirsi la coscienza, e farlo passare per quello cattivo fra i due. Lo era? Le aveva forse detto qualcosa che non fosse vero? Le aveva detto che sapeva ci fosse; che già gli parava il culo; che la amava, ma non volesse essere seguito quando poteva semplicemente chiederglielo - e non ricevere risposta, ma quello avrebbe dovuto tenerlo in conto. Era facile far passare l’ex Tassorosso per quello infame. Così facile che rise ancora, scuotendo appena il capo, un impercettibile passo indietro rispetto alla fu Serpeverde.
    Non era così che funzionavano loro. Non l’aveva mai fatto. I Freaks avevano tanti difetti, ma si prendevano le loro responsabilità anche quando faceva male – e quando faceva schifo, e quando faceva ridere e sputare un grumo di sangue al suolo. Erano il problema ed il cancro degli altri, non fra loro.
    Neanche quando se ne andavano. E lo facevano spesso.
    Si insultavano. Si picchiavano. Si mandavano a fanculo. Ma erano onesti nel farlo, altrimenti quale cazzo era il punto?
    «divertiti a- fare qualsiasi cosa tu stessi facendo. ci si becca»
    Facile portare via il cazzo quando le cose iniziavano a non piacere. L’aveva fatto BJ, andando a Salem; l’aveva fatto Sandy, con il comodo tirocinio in America; perfino Barry ci aveva provato, e nella maniera più permanente possibile. Da quando a farlo era Sersha? Non era così che risolvevano, o non risolvevano, le cose. Non solo era immaturo, ma era ridicolo.
    Era fuori dalla norma.
    Si domandò se ci fosse davvero qualcosa che non andava, in Sersha Kavinsky.
    Più del solito.
    Aggrottò le sopracciglia. Voleva essere arrabbiato, perché avrebbe avuto ragione ad esserlo, ma non ne valeva la pena. Non così, e non a quel prezzo. Joey non se ne sarebbe mai andato così; Barry, perfino Barry!, non se ne sarebbe andato così.
    Poteva essere cattivo, CJ. Sapeva che avrebbe potuto, che avrebbe saputo cosa dire e come farlo per fare un po’ più male, spingere la lama un po’ più giù. L’aveva fatto per tutta la sua vita.
    Ma non con loro. Perchè avrebbe dovuto. Se li era scelti, e loro avevano scelto lui – nel male e nel peggio, sempre.
    «oh, kavinsky» non mentiva mai se non per necessità assoluta, e non era creato per fingere: non diceva nulla più di quanto fosse interessato a dire, e non faceva nulla che non trovasse strettamente opportuno. Non si poteva dire che fosse preoccupato, ci voleva più che un broncio infantile a preoccupare il ribelle, ma incuriosito? Sì. Nessuno dei freaks d’altronde era molto più che un animale, ed ogni comportamento anomalo non poteva che suscitare scalpore. Ancora ricordava la prima volta che Joseph Moonarie aveva capito una battuta, lo sguardo di CJ a scivolare confuso e divertito su Barry in un silente ma che succede. Visto che nessuno di loro se n’era mai andato senza combattere, metaforicamente o meno (meno di solito.) il Knowles si fece serio, palpebre assottigliate. Non si mosse, sapeva meglio di molti altri quanto fosse poco piacevole essere messo all’angolo, e non allungò una mano per fermarla. Al contrario di altri (sersha.) lui lasciava sempre una scelta. «tutto ok?» attese una manciata di secondi, il tempo di cercare quale potesse essere la Causa TM. «è per sandy?» ??? era il lavoro? Fare da baby sitter a zio Turo? Avere delle mini repliche dei fratelli in giro per il mondo? Chi poteva saperlo, era andato per lo shot più vicino a casa. Raramente nominavano il freaks oltreoceano, come un gioco a tabù di cui non avessero dovuto esplicitare le regole, ma ogni tanto capitava.
    Raramente per scelta di CJ. Fra tutti, era quello che lo odiava un po’ di più.
    cj
    knowles
    I give it all my oxygen,
    so let the flames begin ©
  10. .
    22 y.o - cacciatore - tassofesso
    cj knowles
    «ma farsi male cadendo dalla sedia è da stupidi, e non insegna nulla.» Guardò Nelia arcuando entrambe le sopracciglia, senza sottolineare un ovvio già implicito nella sua frase. Era un comportamento stupido ed incurante, e farsi male in quel modo, insegnava ben più che non commettere lo stesso errore: conseguenze. Azione e reazione. Uno di quei meccanismi che venivano assorbiti naturalmente in giovane età, applicabili a tutti i campi nella vita. «siamo d’accordo sul non essere d’accordo» concesse, strizzando i denti in un ghigno, aprendo entrambi i palmi sul tavolo del Quartier Generale. Pensava in grande, CJ Knowles - pensava tanto, pur dimostrandolo poco.
    E non aveva mai avuto nessuno che gli insegnasse un cazzo di niente, da bambino. Nessuno gli aveva mai detto di non correre tenendo in mano le forbici, o non dondolare sulla sedia, o non camminare all’indietro. Competenze acquisite tramite osservazione e bendaggi.
    Pur essendo stata una sua proposta, non voleva davvero del tè caldo. Non era mai stato abbastanza inglese per apprezzare la bevanda fumante.
    (Non aveva mai avuto tempo per fermarsi, e farsi una cazzo di tazza di tè caldo.)
    «grazie wren» apatico, con sempre l’ombra del sorriso a torcere un angolo delle labbra. Con tutte le cose interessanti che avrebbe potuto portare l’Hastings, aveva scelto il tè: che mestizia. «aspettavi qualcuno? io ho tempo per una tisana, e non mi dispiacerebbe po' di compagnia» Roteò gli occhi versi sulla donna, osservandola senza battere ciglio. Dopo un paio di secondi di allusivo silenzio, offrì la parodia di una risata rauca e ruvida. «ho smesso di aspettare» piegò il capo sulla spalla, tirando il sorriso sulla bocca fino a formare una fossetta sulla guancia che tutto faceva eccetto farlo sembrare più innocuo. Una vita prima, aveva smesso di farlo – di credere che qualcuno sarebbe arrivato. Avrebbe potuto dirle che no, aveva finito il proprio report e doveva solo andarsene (a fanculo), ma le risposte dirette alle autorità non rientravano nelle sue capacità. Ci girava attorno come un gatto attorno al topo, alludendo a mondi interi sputati fra sangue e veleno senza mai completarne le pennellate. «non sono molto di compagnia» Che era il suo modo per dirle che sarebbe rimasto, malgrado non comprendesse perchè mai fosse stato invitato a farlo. Non era certo famoso per essere il compagno più piacevole in circolazione; avevano il fu comatoso Kim per quello, no? O Wren. Idem. Perfino Hunter riempiva più silenzi del Knowles, ed era tutto dire. «devi annoiarti davvero molto. Mai pensato di prendere un cane?» suggerimenti sempre verdi: CJ Knowles per le adozioni e lo svuotamento dei canili 2k22.

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    What I let you
  11. .
    I DID IT
    I FUCJVBGOKFDL,S
    DID IT

    MI PRENDO NELIA E HANS
    E
    HO COMPLETATO PANDI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! NON FACCIO MANCO GLI SCHEMINI SERI ME LE RUBO DA RIBELLE
  12. .
    22 y.o - cacciatore - tassofesso
    cj knowles
    Puntellò la lingua contro il palato, lo sguardo verde abbandonato da qualche parte sulla superficie del tavolo. Presente, cosciente, ed allo stesso tempo distante e distratto. Intoccabile, così che nulla potesse lasciare la propria impronta. Non si era unito alla Resistenza per fare gruppo, e non l’aveva fatto per essere capito. CJ Knowles si sarebbe trascinato il corpo moribondo del ragazzo disadattato ch’era stato ovunque fosse andato, chiunque avrebbe finto di essere – quindi perché provarci? L’avrebbero sempre visto come quello poco attento, quello un po’ troppo arrabbiato, che quando mostrava i denti lo faceva con già brandelli di carne a penzolare sulla lingua.
    Non avrebbero neanche avuto del tutto torto. Era, quella persona.
    Ed era anche la stessa di cui avevano bisogno, quindi non vedeva perché avrebbe dovuto sforzarsi a darsi un altro senso, quando una logica personale già la possedeva e rispettava.
    Non si voltò quando sentì qualcuno entrare nella stanza. Non era interessato all’ennesimo ribelle passato ad assistere allo spettacolo, o a raccoglierne i pezzi per rimettere in piedi la scenografia. «Non dondolarti sulla sedia, altrimenti cadi e ti fai male.» Rimase in placido equilibrio sulle due gambe incriminate, spezzando le labbra in un sorriso sardonico. Quello, gli avrebbe fatto male? «l’infermeria è libera» Non smise, né dondolò più forzatamente. Rimase in stasi, un dito a mantenere l’equilibrio dalla superficie di fronte a sé. «bisogna tenerli occupati, o si dimenticano come rimontarci» Era uno sporco lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo. Si strinse appena nelle spalle, senza guardare la Hatford al limitare della stanza. Non aveva avuto una madre a redarguirlo per (più anni di quanti avesse memoria) una vita, non avrebbe cominciato in quel momento. «e se mi faccio male, meglio: non è così che impartite le lezioni, da queste parti?» parole polemiche, ma un tono di voce piatto e non impressionato, alleggerito appena da una nota di tossico divertimento.
    CJ non credeva che i Ribelli fossero diversi dal Regime che l’aveva cresciuto; pensava solo che ne valessero più la pena.
    «Vuoi dell’acqua?»
    Dell’acqua… Rise piano, grezzo ed affilato, lasciando cadere con un tonfo sordo le gambe della sedia sul pavimento. «nah» come...facevi a sapere che sono io. «qualcosa di più forte, magari» ruotò gli occhi sulla donna, assottigliandoli fino a lasciarne solamente una scheggia giada. Il sorriso che le rivolse, era feroce e domato – si teneva al guinzaglio, il Knowles; mordere tutti rovinava le gengive. La assestò un paio di secondi in silenzio, arcuando entrambe le sopracciglia con una punta di scherno. Non dava l’idea di essere il tipo di persona in grado di sciogliere i nervi con del buon whisky; le offrì l’opzione estrema e spericolata che l’espressione seria di lei meritava. «tipo un tè caldo»

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  13. .
    22 y.o - cacciatore - tassofesso
    cj knowles
    Una pessima idea, gli avevano detto al Quartier Generale osservandolo con schietto cinismo, quando aveva annunciato di voler lavorare al Ministero. Come se l’ex Tassorosso avesse chiesto la loro opinione, o avesse dato l’idea malsana, e sbagliata che potesse fottergliene qualcosa di quel che pensavano delle sue idee. Cristo Santo, la sua intera esistenza era una pessima idea, tanto valeva mantenere un certo canone. Non come Pavor, un mestiere troppo sottile quando dovevi farlo da doppiogiochista; lui era grezzo, e violento, e arrabbiato, e giustificato agli occhi del Ministero o chi per esso nel mostrare abiti sporchi di sangue e lividi violacei sulle braccia. Una bestia, e quello gli animali dovevano limitarsi a fare: seguire gli ordini, e masticare fino all’osso.
    Spense la sigaretta sulla suola della scarpa, soffiando il fumo dalle narici nell’ascoltare gli ordini di Akelei Beaumont. Sua suocera. Sempre meglio lavorare al fianco della donna, che a quello di suo padre. Per il proprio tirocinio, aveva chiesto a Gemes Hamilton di fargli da tutor per capire se come colleghi sarebbero sopravvissuti, e con una risposta – quasi – positiva intascata in saccoccia, aveva deciso che potesse tornare ad ignorarlo. «ricevuto, boss» Se CJ avesse voluto, avrebbe potuto dedicarsi al lavoro d’ufficio, essere un’ombra a inseguire i cattivi della loro storia. Avrebbe potuto vendere sorrisi e promesse come Aidan, studiando caso per caso e comportandosi di conseguenza. Ma non voleva. Non li avrebbe aiutati ad essere il blocco di sicurezza che si proponevano d’essere. Avrebbe svolto il proprio lavoro quando richiesto, eseguendo ordini come un cazzo di bravo soldato – combattendo una guerra tutta diversa. Diplomandosi alla veneranda età di ventun anni, aveva già dimostrato di essere poco affidabile, e stupido, per svolgere quel tipo di lavoro preciso e minuzioso. Spaccare qualcosa? Il migliore, ed a quello l’avevano relegato. Non lo chiamavano in causa per gli interrogatori con i civili, a meno che non fosse qualcuno di sacrificabile con cui potesse essere il poliziotto cattivo. Non lo chiamavano a sedare conflitti, perché non chiedevi ad un fiammifero di spegnere un incendio. La sua specialità erano i difettosi. Gli errori nel sistema. L’incastro del meccanismo. I problemi da eliminare, e non mancava di cogliere l’ironia nel rendersi conto di essere più simile a loro, che a non al resto dei cacciatori.
    Quel giorno, eccetto la compagnia, non era diverso dagli altri: gli avevano detto dove andare, cosa cercare, e come comportarsi. Gli piaceva definirle linee guida entro cui spostarsi del millimetro adatto per fingere di seguirle; alle sbavature, soprattutto nel loro campo, nessuno faceva caso.
    CJ aveva scelto i Cacciatori per giocare al loro gioco, ma secondo le proprie regole. Poteva anche essere un soldato, ma non era la pedina di un cazzo di nessuno.
    Dei propri indagati, era capitato che qualcuno l’avesse lasciato scappare. Si era fatto malmenare, per scena e scelta, ma se non presentavano un rischio per nessuno, chiudere entrambi gli occhi ed incassare non gli costava un cazzo. Di reputazione da sputtanare, non ne aveva mai avuta.
    Era capitato che uccidesse qualcuno. Si fermavano in vicoli ciechi, chiudevano i pugni lungo i fianchi, e bisbigliavano che preferissero la morte al tornare schiavi e reietti; CJ li accontentava. Era capitato che li ammazzasse perché i capi volevano li portasse al Ministero per interrogarli, e sapeva che qualunque cosa avrebbero fatto alla sede centrale, sarebbe stato peggio della fine rapida ed indolore che potesse loro offrire. Tanto a nessuno fotteva un cazzo, dell’ennesimo disadattato morto in un vicolo.
    Era capitato che facesse degli scambi. Non poteva tornare sempre a mani vuote; aveva imparato ad accettare e rispettare i sacrifici degli special messi all’angolo, barattando la loro libertà per quella di qualcun altro, non abbassando lo sguardo alle lacrime e le preghiere di prenderli entrambi.
    Era capitato che non potesse fare nessuna delle precedenti. Che li eliminasse perchè davvero un pericolo; che li trascinasse al Ministero, sorridendo fra i denti al terrore dell’individuo in manette; che offrisse un mezzo inchino ed un regalo alla Beaumont o chi per essa.
    Nessuno era perfetto, e nessuno si aspettava che CJ Knowles lo fosse.
    Si congedò dall’occhiata gelida del suo capo con un cenno alla fronte. «non la deluderò» sapevano entrambi, l’avrebbe fatto. Nato come delusione, sarebbe morto come tale e non gliene sarebbe mai fottuto un cazzo di dare spiegazioni o cercare di cambiare: se decidevano di aspettarsi qualcosa da lui, sembrava un problema loro.
    Prima l’avrebbero capito, prima avrebbero smesso di sprecare sguardi mortificati e pietosi nei suoi confronti. Tendevano a rimbalzare e colpire il mittente come fottuti boomerang. «se poi ci scappa qualche morto, succede»

    «l’hai ucciso?»
    Sibilò da un angolo della bocca, un piede sopra il tavolo del consiglio e l’altro sul pavimento a mantenerlo in instabile equilibrio su due gambe della sedia. «avrei dovuto?» domandò, lasciando che una scheggia di sorriso tagliasse l’aria. «sei sicuro non ti abbia seguito?» William Barrow non parlava dello special che il Knowles aveva scortato al Ministero. CJ si era presentato al Quartier Generale per fare rapporto, leggendo ad alta voce un inchiostro su carta che talvolta alcuni sembravano dimenticare, ovverosia che nessuno si fidasse di un cazzo di nessuno – e di certo la Beaumont non si fidava di lui. Si era sentito osservato, tutto il tempo, ed aveva agito come aveva ritenuto corretto fare, sbattendo così forte la testa dell’idrocineta contro il muro da sperare che quando avesse recuperato i sensi, i suoi gemiti soffocati sul non sapere dove fossero nascosti gli altri sarebbero stati sinceri. L’aveva lasciato ad una morte lenta ed agonizzante? Un possibile strumento nelle mani del governo? Sì. Aveva avuto scelta? , e se ne prendeva le sue cazzo di responsabilità. «sono qui, no?» biascicò lento, perché cosa pensassero di lui non era un problema di CJ. «non risponde alla mia domanda», perché era una domanda di merda. Il cacciatore si strinse nelle spalle. «di certo c’è solo la morte. A volte, manco quello» ammiccò, spostando sottili occhi verde bottiglia sul capo della Resistenza. «non è un gioco» Considerando che il capo dei Cacciatori lui se lo scopava, non trovava fosse il più adatto a giudicarlo su cosa o meno fosse un passatempo. «ok» lo osservò intensamente, crudelmente, con quel pensiero fisso che se avesse smesso di trattarli tutti come dei grandissimi coglioni, forse i numeri della resistenza non sarebbero ai minimi storici. Il Barrow mormorò qualcosa a bassa voce, lasciandosi alle spalle una stanza deserta ed un CJ Knowles ancora intento a dondolare sulla sedia. Non era il primo Barrow a liquidarlo così; sperava almeno fosse l’ultimo. Posò uno sguardo distratto sulle restanti sedie vuote della stanza, sulle pareti grigie e del tutto anonime della sala del consiglio.
    Odiava il Quartier Generale.
    E odiava gran parte delle persone che ivi mettevano piede, non solo perché perderli, qualcosa che sapeva sarebbe successo, sarebbe stato più semplice, ma perchè sì. Non condivideva tutto ciò che erano, o come lo concepivano. Sapeva che fossero diversi da lui tanto quanto i Mangiamorte del Ministero, che la sua partita non fosse allineata neanche alla loro.
    Era un anomalia nel sistema. Una falla. Qualcosa che si tendeva a guardare il meno possibile. Tollerato, nella migliore delle ipotesi. Trattato con sufficienza.
    CJ non era parte della squadra, ma sapete che c’era? Loro non lo erano della sua.


    Think that you know me
    but you're all wrong
    I learnt to play by my own rules
    You'll only see

    What I let you
  14. .
    CODICE
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=60110717]CJ Knowles [/URL]



    cacciatore BBOOOOYAAAAAAAHHHH
  15. .
    CITAZIONE (honestly‚ mood @ 14/9/2022, 16:24) 
    CODICE
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=62585830]Mood Bigh[/URL]


    intanto lo segno come prefetto serpeverde, poi vediamo ♥

    e aiuto infermiere!!&& rip a tutti
279 replies since 8/4/2017
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