Posts written by gibson girl

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    1993

    shadow

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    gibson girl
    ethel cain
    Emilian si chiedeva se fosse l’unica adulta nella stanza. A una rapida osservazione del tavolo, concluse che fosse davvero così. Non era stupita, non era la prima volta che si riuniva con i suoi compagni di lega, ma sperava che la guerra avesse messo del senno nelle loro teste. E invece. Forse era l’unica ancora ferma alla guerra, a un anno prima, quando qualcosa dentro di lei si era irrimediabilmente rotto. No, non rotto, ma indubbiamente separato. Forse era anche per quello che stava esplorando i suoi orizzonti, che si era spinta a fare qualcosa fuori dalla sua comfort zone. Non che vi fosse molto, ormai. Non si era mai aspettata di partecipare a una lega di qudiditch, e invece eccola lì, seduta al tavolo e intenta ad ascoltare i ramblings di un ragazzo fin troppo giovane per avere tutti quei soldi da buttare. Ma chi era lei per giudicare, quando si trovava lì come lui. Quello che non sapeva, e che non sapeva il resto dei suoi compagni, era che la conoscenza in materia della Gibson era piuttosto buona. Dopotutto, uno non spendeva anni a lavorare come bodyguard per un giocatore senza imparare nulla. E LI AVREBBE STRACCIATI TUTTI.
    Direi che va bene così sto perdendo il contatto con la realtà. Vedo i colori.
    And if you want it good,
    downright iconic
    Then I would show you
    something that
    you wish you had
    sombra
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    - halsey ft suga
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    QUA SCRIVERE LE ROLE

    I've been corrupted And by now I don't need no help to be destructive I've been gone I've been on this road too long
    info
    wren + vittorio: parents
    elias + mikkel + idys + paris + delilah: siblings
    linguini: parentele varie
    non mi fate questo
    siete tutti amici suoi
    prelevi? // i panic at a lot of places besides the disco
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    emilian cortés gibson
    And suddenly I'm someone that prays
    A last minute man of faith
    But I'll leave behind miles and miles of jagged lines
    Upon the surface of the Divine
    Forse era vero, Emilian doveva aveva preso una botta in testa più forte di quanto pensasse. Sentiva di aver smesso di funzionare da tempo, perché non era una logica per quello che stava accadendo all’interno di quella stanza. «non hai bisogno di essere aggiustata» il battito cardiaco si impennò senza preavviso in seguito alle parole della Matthews, schiavo della validazione altrui. Avrebbe voluto dirgli di darsi una calmata, ma ormai era tardi. Non replicò alla special, perché era sicura che fosse a poco da metterla a tacere per sempre. Poteva lasciarla vincere, quella volta. Tuttavia, c’erano argomenti ben più importanti su cui non poteva transigere: era pur sempre americana. What the fuck is a kilometer, eagles screeching and guns blazing- qualcosa che pandi che non ha tiktok non capirà, ma sua madre sì. sTAN. «rimangiati subito quello che hai detto. subito. Non so di cosa tu stia parlando, è chiaro che questa botta in testa ti abbia davvero fatto molto male» gASP???? Non pensava che la conversazione sarebbe volta verso discorsi così pesanti, ma ne era grata. Almeno così poteva distrarre Willa, vedere distendere quei lineamenti tesi come una corda di violino in un volto animato e fierce. «oh matthews, sei te quella che ha preso la botta in testa» batté innocente le ciglia, conscia di aver ragione e della superiorità del suo sport «ma non è troppo tardi per cambiare idea» si arrischiò a darle un paio di pacche sulla coscia in maniera del tutto derogatory, ma insomma: era lì per diffondere il verbo. «No, quello è il quidditch. Ho giocato anche a quidditch» tentò forte, fortissimo di ricordare i ruoli del Quidditch, ma l’unica cosa che le veniva in mente era una scopa e tante palle. E detta così, stava incominciando a capire molte cose sulle metafore a sfondo sessuale sugli sport. «dimmi, collezioni sport violenti come le gemme dell'infinito di thanos?» domandò sinceramente curiosa, l’accenno di un teasing tone a bleeding through (stamattina va così pandi.) «purtroppo so ben poco del quidditch, ma mi fido di te» in quanto babbana, non aveva speso molto del suo tempo a cercare di integrarsi alla cultura magica. Realizzò in quel momento di starsene pentendo, seppur solo per poter capire meglio Willa. Si sarebbe accontentata di farselo spiegare da sua sorella. «n-niente. cosa vuoi che ti faccia vedere» serrò le labbra in una linea sottile per trattenersi dal lasciarsi scappare qualcosa che le sarebbe costato caro, ma quello non le impedì di pensarlo. «ora te ne do una io, di botta» nemmeno a dirlo, la situazione peggiorò. Solo che, volta non ci provò nemmeno a trattenersi «mi puoi dare quante botte vuoi, sono robusta» rimase terribilmente seria nel dirlo, e se Willa avesse voluto intenderci del sottotono sessuale sarebbe stata solo colpa sua. «dovresti–» Emilian poteva percepire la tensione nella stanza, non le era sfuggito come lo sguardo di Willa vagasse, forse incuriosita, forse bloccata dal fare il primo passo. La verità, era che ad Emilian piaceva giocare con il fuoco, ma non considerava mai le conseguenze del bruciarsi. La Gibson era già andata oltre, non voleva costringere Willa a fare niente con cui non fosse a suo agio- motivo per il quale se lo sarebbe dovuto prendere da sola. Si sporse appena verso la ragazza, le dita a salire sul suo braccio in una carezza appena accennata, per poi spostare una ciocca corvina dietro l'orecchio «dovrei cosa, willa?» non si era mai tirata indietro a una sfida, Emilian.
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    emilian cortés gibson
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    Upon the surface of the Divine
    Sì, la botta che Emilian aveva preso in testa era stata piuttosto forte. E con il senno di poi avrebbe incolpato tutte le cazzate che stavano uscendo dalla sua bocca su quella commozione cerebrale. «non è la stessa cosa, sono io la guaritrice qui. ero» le spalle di Emilian si irrigidirono, l’imbarazzo palpabile tra le due- era chiaramente un argomento delicato, che non sapeva se era il caso di affrontare dopo l’esplosione della minore. Ma era anche vero che non vedeva Willa come qualcuno da trattare con i guanti. «Anzi, sai cosa? Sono. Tutta questa storia non può cancellare anni e anni di servizio. Troverò un modo per continuare ad esserlo» ammirava la sua determinazione, la persistenza nel perseguire un obiettivo il cui percorso non era più lineare come si era sperato. Emilian aveva scelto la strada più comoda, era vero, ma non poteva essere altrimenti con quello che viveva dentro di lei. Una bomba a orologeria. Il corpo schiavo di qualcun altro mentre la mente si dimenava invano. Non poté trattenere il brivido che attraversò il suo corpo alla memoria di quel giorno, ma preferì concentrarsi sulle parole di Willa piuttosto che nel senso di nausea incombente. «c’è pur sempre la medicina babbana. c’è tanto tagliuzzare, secondo me ti piacerebbe» violento come piaceva a lei!! Non in quel senso. Aiuto. «vogliamo fare a gara? perché secondo me ho ancora un po’ di energia da espellere, e comunque questa baracca non mancherà a nessuno» una risata cristallina si fece strada dal petto della Gibson, spontanea in un modo che non riusciva ad essere da giorni- non era una battuta, ma lo trovava esilarante «sì, va bene, così finisco di rompermi la testa. magari è questo il segreto per aggiustarmi» a saperlo, avrebbe preso a capocciate il monolite di Stonehenge un po’ di più. A vedere la reazione di Willa alle sue successive parole, per poco non temette che la Matthews avesse preso una botta in testa al posto suo. Vi era un rossore sulle guance che prima non era lì, e sembrava essere determinata ad evitare il suo sguardo, preferendo la finestra a lei. Tutto ciò non faceva altro che accendere il bisogno di riportare il suo sguardo verso di lei, ma tenne le mani a posto. In quanto alla lingua, purtroppo, non era mai stata brava. «preferisco quelli violenti» e qui era un po’ come Elisa che doveva trattenersi dal fare battute a sfondo sessuale sulle panche della chiesa, ma Emilian aveva capito che doveva andare a gradi quando si trattava delle sue allusioni. Quindi si morse la lingua, e il sorriso che minacciava di apparire sul volto, e annuì alla ragazza. «Vuoi davvero mettermi una pistola in mano?» la squadrò per un momento, piegando il capo sulla spalla per osservarla meglio «certo, perché no» si strinse tra le spalle con aria noncurante, per poi aggiungere «ero un’agente, sono addestrata a gestire le emergenze» avrebbe potuto disarmare qualcuno ad occhi chiusi, o assicurarsi che gli arti dell’altro fossero rotti ancora prima che potesse pensare di prendere in mano la pistola. «sì. gioco a baseball da tutta la vita ed ero una battitrice versatile, provetta cacciatrice. la mia mira è impeccabile» al sentire pronunciare il baseball, non poté trattenersi dal fingere di rimettere, perché era una persona matura «ewww no che schifo, dovevi rovinare tutto con il baseball» in casa Cortés-Gibson non erano fan del baseball, non quando esistevano sport molto meno noiosi e stupidi «ti rendi conto che lo sport superiore è il basketball, vero?» sollevò un sopracciglio, terribilmente seria nella sua affermazione «aspetta- da quando ci sono i cacciatori nel baseball?» la confusione mentale che stava provando bastò per un momento a farle dimenticare il tradimento, perché sentiva di essersi persa un pezzo. Un po’ come Elisa nella vita.
    «Io ti ho mostrato il mio, tu puoi mostrarmi i tuoi.»
    Uh.
    Pausa.
    Stava dicendo quello che pensava stesse dicendo?
    All’improvviso, il volto (e non solo) di Willa assunse un colore mai visto prima di allora, ancora più paonazzo di quello che era già. «Non- non stavo dicendo- cioè, hai capito, non volevo- grrrr. Puoi spararmi qui e adesso, se vuoi.» oddio l’aveva rotta, e non era nemmeno stata colpa sua. Non del tutto, comunque. Emilian ne approfittò, perché ormai quella botta in testa si stava facendo sentire, e prese una mano di Willa per toglierla dal suo volto, per poi lasciarla cadere «non ho capito, sai. cos’è che mi vuoi far vedere?» si avvicinò marginalmente alla special, rivolgendole un sorriso sghembo e mantenendo il tono leggero così che non implodesse del tutto «questa botta in testa mi ha reso proprio confusa, ahia» portò una mano alla fronte in modo drammatico, tanto per sottolineare il concetto. Era curiosa fino a che punto avrebbe potuto spingersi con la Matthews, ma prima doveva capire dove si trovasse la sua bottom line.
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    Alla fine, non era stata lei a dover muovere un passo verso Willa, ma la ragazza stessa ad avvicinarsi. Fu sollevata, Emilian, nel realizzare di non aver mandato propriotutto a puttane. Sembrava essere la sua specialità nell’ultimo periodo, non importava quanto tentasse disperatamente di rimediare- ancora le ricordava le chiamate di sua madre, i messaggi arrabbiati di sua sorella minore, nei giorni trascorsi all’accampamento. Nessuno aveva voluto vederla combattere quella guerra, anche se alla fine avevano compreso le sue motivazioni. «non dirmi quello che devo fare» ma chi, lei? Sapeva bene di non poter controllare l'energia caotica che era Willa, e se la special ci teneva così tanto a preoccuparsi della sua salute chi era lei per fermarla. Certo, non era il suo argomento di conversazione preferito, ma ogni obiezione morì in bocca quando la Matthews si inginocchiò davanti a lei «bossy, mi piace» e se insieme alla curva delle labbra, le riservò un occhiolino, erano solo affari suoi. Per de-escalate la situazione, o qualsiasi spiegazione si sarebbe data Willa. Quello scenario era così speculare a ciò che avevano vissuto a Stonehenge che per un momento le mancò il respiro nel petto. La figura di Willa che si avvicinava a lei e che la medicava come meglio poteva mentre la insultava e si premurava che fosse viva, Emilian che prometteva di non andare da nessuna parte, di non preoccuparsi per lei. E sapevano tutti com’era andata a finire, no? Per scrollarsi dalla mente quegli incubi, preferì seguire il dito della guaritrice, assecondandola in qualunque cosa stesse facendo. Non voleva farla esplodere di nuovo, le era bastava una volta. «Una favola. Quante dita sono?» Oh Willa, davvero? Uno dei trucchi più vecchi nel manuale, uno che osava volgere contro di lei. Osservò il dito medio a sventolare davanti ai suoi occhi, per poi riportare uno sguardo divertito su Willa <b>«non lo so, quattro?» scherzò, sperando di non ricevere quel dito dritto nell’occhio. Anche se, ad essere onesta, se lo sarebbe meritato tutto. «si chiama trauma cranico» se avesse potuto, avrebbe alzato gli occhi al cielo, e invece si limitò solo a buttare fuori l’aria. Davvero, apprezzava le doti mediche della Matthews, ma erano sprecate su di lei: stava benissimo, mai stata meglio. O comunque, le sarebbe passato. «che parolone, ho solo battuto la testa. vedi che tra poco passa» fece un vago gesto con la mano, segno a Willa di lasciar perdere la questione. Davvero, non era niente in confronto alla craniata che quel ragazzo le aveva fatto prendere a Stonehenge. Oddio, forse due traumi cranici in così poco non erano così sani. Amen, sarebbe sopravvissuta comunque. «scusa, non volevo farti del male. a mia discolpa, ti avevo detto di rimanere lontana» ma cos’era, il bue che dice cornuto all'asino? Emilian poteva anche assecondare la special quando si trattava di cazzate di poco conto, ma quando si trattava di vederla implodere lentamente davanti ai suoi occhi non poteva chiederle di rimanere con le mani in mano. «e se te l’avessi detto io, te mi avresti ascoltato?» così, perché mettersi nei panni degli altri aiutava sempre a rimettere in prospettiva la vita «ecco, appunto» fece appena in tempo ad aprire un occhio, pigra, giusto per osservare il volto di Willa che- minchia, l’aveva mandata in palla. E dire che era stata anche sottile, il che era molto più di quello che avevano potuto dire i suoi compagni a Capitol, afferrati per un braccio e trascinati in un limone collettivo. «sì, beh. esplodere funziona, consigliato» tempting, davvero, ma magari non lì «penso che se esplodessi io, butterei giù il reso della casa» la pirocinesi era un potere meraviglioso, ti permetteva persino di diventare un kamikaze all’occorrenza. Ascoltò poi il resto delle proposte, e fu impossibile non notare un certo filo conduttore tra queste «sai, willa» quasi distrattamente, alzò una mano per spazzare via dei trucioli di legno -o qualsiasi cosa fosse, davvero- dal ginocchio della Matthews «hai dei modi davvero violenti di sfogarti» non vi era alcun giudizio nel suo tono, solo una semplice constatazione. Ritrasse la mano per poggiarla sul suo grembo, ruotando il busto verso la ragazza «ma insomma, i miei includono bere e lo sparare al poligono, qualche volta del-» aveva visto, Emilian, il modo in cui Willa aveva reagito poco prima, l’imbarazzo che l’aveva sopraffatta. Non poteva non cogliere l’occasione per stuzzicarla un altro po’ «sesso del tutto casuale, attività fisiche a caso» quella mezza proposta a fluire dalle labbra con naturalezza, gli occhi a scivolare per qualche battito di ciglia sulle labbra della Matthews. Ma proseguì oltre, perché forse la commozione cerebrale stava cominciando davvero a giocarle brutti scherzi «sai sparare? potrei portarti, una volta» cosa? Willa era già abbastanza pericolosa anche senza una pistola in mano? Che dire, la Gibson era una donna che si nutriva del pericolo e dell'adrenalina, e non aveva paura di una sfida.
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    Edited by ambitchous - 10/6/2023, 04:03
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    Emilian aveva fallito. Lo sospettò nel momento in cui lo sguardo di Willa incontrò il suo, furioso e segnato da un dolore che cercava solo una valvola da cui sfogarsi. Ne ebbe la conferma quando la figura della guaritrice si paralizzò per un istante, per poi riprendere a muoversi in un turbinio di emozioni, di panico e un equilibrio così fragile che un soffio di vento avrebbe potuto spezzarlo. Emilian vedeva in Willa uno specchio di se stessa, una Gibson più giovane e in preda ai tremori, sopraffatta da qualcosa a cui nemmeno sapeva dare un nome. Di solito, si limitava a subire, a stringere gli occhi e a cercare di imparare nuovamente a respirare- un meccanismo così naturale e scontato, ma un traguardo monumentale in quei momenti. «Sto parlando, e non sto decisamente meglio» la vide inginocchiarsi al pavimento e annaspare in cerca d’aria, e una morsa al petto impedì ad Emilian di continuare ad affogare nel proprio dolore. Si avvicinò cauta a Willa, la mano sospesa appena sopra la sua schiena e il capo chino a cercare il volto nascosto dai capelli. Di certo, la pirocineta non avrebbe potuto immaginare quello che sarebbe successo da lì a pochi battiti di ciglia dopo. Ebbe appena il tempo di parare le mani davanti al volto prima che la stanza esplose. O forse fu la Matthews, difficile a dirlo quando il suo mondo si tinse di rosso. Istintivo quanto respirare, ormai proprio della sua stessa natura, il suo potere si manifestò in una barriera improvvisata. Abbastanza da ripararsi dalla maggior parte dei danni, ma che non poteva nulla davanti a un’onda d’urto. Il suo corpo fu scagliato contro qualcosa, non ne era certa nemmeno lei, le memorie della guerra a ripetersi spontanee dietro alle sue palpebre. Per un breve, terribile momento, la razionalità a cui si era aggrappata fino a quel momento le scivolò dalle dita e si ritrovò sul campo di battaglia. Le orecchie a fischiare, la vista leggermente appannata. Il mondo che bruciava attorno a lei. «Emi— Stai bene?» no, non sto bene. Un cazzo, a dire la verità. Ma non lo disse ad alta voce, limitandosi a tenerlo nascosto sotto la lingua. Fece leva sulle proprie per rimettersi in posizione seduta, la sua attenzione immediatamente richiamata dalla figura distesa di Willa. Non si fidava di se stessa, non abbastanza da rimettersi in piedi- dovette procedere a gattoni come un fottuto bambino, tenendosi comunque a distanza dalla special così da concederle i propri spazi. Bastava una parola, perché colmasse quella distanza, ma doveva essere Willa a volerlo. «Non ti preoccupare per me» scosse la testa, rimpiangendo quel movimento subito dopo: un dolore lancinante le prese gli occhi, e poi le tempie. Emilian non si curò delle eventuali ferite sul suo corpo, da qualche taglio superficiale, a quello che poteva essersi conficcato sotto la pelle. Aveva subito di peggio, le cicatrici sulla sua spalla cortesia di un fottuto uccello ne erano un costante ricordo. «Prima…» ugh, no abort abort, quali emozioni, non era equipaggiata per affrontare determinate situazioni «ora stai meglio?» magari farsi esplodere aveva aiutato, magari ci avrebbe provato anche lei un giorno. Non accennò ad alzarsi, preferendo rimanere con le ginocchia piantate a terra «assorbimento cinetico, vero?» non aveva voluto chiedere, prima, conscia che fosse un tasto delicato per Willa ma ora che era si era manifestato non vedeva più motivo di ignorare l'elefante nella stanza. «sai cosa? questo è meglio di essere brilli. non pensavo che la stanza potesse girare così velocemente» si riferiva a pochi minuti prima, quando aveva chiesto se la Matthews avesse qualcosa da bere. Ma sapete cosa, aveva risparmiato del lavoro al suo fegato, meglio così. Si mise seduta, le mani poggiate sul pavimento per reggerla e le gambe distese davanti a lei. Chiuse gli occhi per concedersi del sollievo momentaneo, e reclinò la testa all'indietro «forse hai ragione, parlarne è inutile. ma ci sono modi più sani di sfogare la rabbia» avrebbe elaborato? Certo che no, l'avrebbe lasciato a libera interpretazione, e Willa poteva completare da sola gli spazi mancanti.
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    Emilian era sempre stata così, fin da piccola, fin da quando aveva memoria, aveva sempre allungato una mano verso chi era bisognoso di aiuto, senza mai indagare su quello di cui lei avesse bisogno. Sentiva Willa tremare di rabbia sotto i suoi polpastrelli, la voglia di distruggere ancora ad ancora per sfogare una rabbia che mai si sarebbe prosciugata, mentre Emilian era svuotata di qualsiasi emozione. Vergogna, impotenza, sconforto- quelle erano emozioni che si poteva concedere, che credeva di meritare. Perché sarebbe dovuta essere arrabbiata, quando era stata lei la calamità a radere al suolo un’intera città? La sua città? Preferiva l’assenza di tutto, all’esplodere da un giorno all’altro come una mina. E contava che prima o poi sarebbe successo, quando tutto sarebbe sedimentato e la morfina a circolare nel suo organismo sarebbe scemata. «Come fai, ad essere così calma. Come fai.» se avesse avuto le stesse inclinazioni della Matthews, non sarebbe sopravvissuta più di due settimane nella DEA, figurarsi quando era stata mandata sotto copertura. Emilian Cortés Gibson non aveva mai avuto problemi a premere il grilletto -metaforico e non- quando si era trattato di perseguire una causa, quando quelle morti avevano avuto uno straccio di significato- ma quella volta? Uccidere per sport, per appagare una presenza che dimorava nei recessi della sua coscienza. Come poteva anche solo iniziare a spiegare a Willa, che il motivo per cui non sentiva niente era perché, se avesse iniziato non avrebbe mai più smesso. Che era paralizzata dalla paura. Che non sapeva cosa fare di se stessa, se non fingere di non esistere. Di essere morta una volta per tutte. «Ho un– un peso, qui che minaccia di soffocarmi.» Emilian c’era stata dopo la Siberia, aveva sentito ciò che la ragazza davanti a lei era stata portata a fare. Non vi era stato giudizio nel suo sguardo mentre l’aveva ascoltata, fin troppo intima con i sacrifici che una missione alle volte richiedeva. Eppure, nemmeno la Russia era stata capace di distruggerla come aveva fatto quella guerra. Emilian non aveva idea di cosa fosse stata chiamata a fare, ma poteva solo immaginare- e no, non avrebbe pensato a come degli uccelli avevano quasi preso la vita di Olga. Perché era tanto assurdo quanto tragicomico. E la Gibson ascoltò la minore, la guardò mentre continuava ad andare a pezzi sotto il suo sguardo, una ferita aperta che continuava a perdere sangue senza che vi fosse possibilità di fermare l'emorragia. L’unico sollievo che Emilian poteva darle, era premere la mano su quella ferita, macchiare la pelle dello stesso cremisi e darle una spalla su cui poggiare la fronte. Non devi farlo da sola. «Scusa, non— non volevo. Ma non lo posso accettare. Nulla. Non— Come fai.» la osservò alzarsi, la mano che prima aveva stretto al suo polso ad accartocciarsi sul grembo, abbandonata. La pirocineta scelse di rimanere lì, seduta sulle schegge di vetro, nella speranza che almeno in quel modo potesse sentire qualcosa di diverso da quell’apatia dilagante. Ognuno aveva il proprio modo di punirsi, ed Emilian aveva deciso di autodistruggersi in silenzio. Non c’era bisogno di allarmare nessuno, non voleva che si preoccupassero per lei, quando era se stessa la causa del proprio male. «Come faccio a essere calma?» sbuffò quasi divertita, un divertimento portato dall’isteria e da un limite così vicino da potercisi specchiare, masticando quella domanda tra i denti. Non aveva una risposta, non una che poteva aiutare Willa «non lo sono. non dormo da giorni, e quando lo faccio-» esitò per un attimo, considerando l’idea di ammetterlo alla Matthews- l’avrebbe giudicata? Ne dubitava. Avevano visto parti di se stesse peggiori di quelle, almeno per quanto riguardava la Gibson «se bevo abbastanza riesco a dormire più di un paio d’ore» era pur sempre figlia dei suoi padri. Un vizio duro a morire, anche attraverso le epoche. «e ogni volta che chiudo gli occhi ho il terrore di riaprirli da un’altra parte, e di aver devastato un’altra città» abbassò lo sguardo sulla distruzione che regnava in quella casa, una che nemmeno poteva comparare a quella che viveva nelle sue memorie. «non so più cosa significhi, stare bene» dio, era umiliante ammetterlo ad alta voce, una fragilità che raramente si concedeva di manifestare ad alta voce. Voleva essere un punto di riferimento per Willa, che aveva perso un qualcosa che Emilian non poteva nemmeno iniziare a comprendere, ma potevano due persone rotte come loro trovare una quadra? «cosa dicevano sempre al gruppo? che parlarne aiuta?» non ne aveva idea, era impegnata a guardare altro durante le loro sessioni, ma ogni tanto sentiva qualche parole sconnessa e tanto le bastava «bere di sicuro» sollevò un sopracciglio, un chiaro invito a Willa di tirare fuori una bottiglia in caso ne avesse una. Sapete, per portarsi avanti per l’ora di dormire.
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    Batté le palpebre una volta, due volte.
    Sprazzi di luce e fuoco, il sapore della ruggine sotto la lingua. E così tante fiamme, lava incandescente a spaccare il cemento e a riversarsi per strada, avanzando e avanzando fino a devastare qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino.
    Credeva di conoscere quel luogo.
    Una vita fa, quella era stata la sua casa. La sua casa? Lei non aveva una casa.
    Non credeva nemmeno di avere più un luogo a cui appartenere, qualcosa di cui che potesse piegare e custodire nella tasca tra il petto e il mondo esterno.
    Urlava e urlava, ma non c’era nessuno ad ascoltarla. Non aveva voce, non aveva un corpo, non esisteva se non come una breve parentesi nelle grandi pagine della storia. Non sei felice? Finalmente siamo una cosa sola. Chi, chi, chi- noi chi. Spogliata di qualsiasi volontà, una spettatrice alla distruzione e alle urla strazianti di chi quel fuoco lo accoglieva a braccia aperte. O forse stavano cercando di fermarla, forse era un segno di resa. Non aveva mai dato fuoco a una carcassa umana, ma nulla avrebbe potuto descrivere la pelle a sciogliersi, l’odore acro e dolciastro della carne che bruciava a bruciava a raggiungere le narici- ah, Dio stridevano come dei maiali, un coro agonizzante a levarsi verso il cielo. Volti sconosciuti a mescolarsi a sangue del suo sangue, schiacciati sotto al suo stivale in nome della stessa causa: non bisogno di legami futili quali parenti e amici nel Nuovo Mondo.
    Il Nuovo Mondo?
    Quale nuovo mondo, non voleva, non voleva-
    Batté le palpebre una volta, due volte.
    C’era stato un tempo in cui Chicago, la terza città più popolosa degli Stati Uniti, contava 2,697 milioni di abitanti.
    Sette minuti.
    Non più.

    CHICAGO, IL – ULTIM'ORA
    La terza città più popolosa degli Stati Uniti d'America è stata rasa al suolo nel giro di pochi minuti. Nessuna testimonianza diretta se non qualche video babbano a riportare quanto accaduto: una donna a marciare lungo le strade della metropoli, mentre lava e fiamme inceneriscono tutto ciò che incontrano.

    Emilian Cortés Gibson aveva ventun anni quando decise di unirsi alle fila della Drug Enforcement Administration. Fin troppo giovane per comprendere le ramificazioni che quella scelta avrebbe avuto sul suo futuro, ma non troppo giovane per aver perso più di una persona ai vizi della droga. L’oblio, la perdita di inibizioni, era quasi comprensibile quel fascino, se non le avesse restituito cadaveri alla porta. Era una battaglia personale, l’ingenua convinzione di poter fare una differenza un giorno per qualcuno. Che, da qualche parte, avrebbe potuto evitare a una Emilian sedicenne di stringere la mano ormai fredda di sua cugina.
    Era la stessa convinzione che l’aveva portata ad unirsi alle forze di polizia.
    Era la stessa convinzione che l’aveva portata ad unirsi alla resistenza contro Abbadon.
    Alla fine, non aveva fatto nessuna differenza.
    Avevano perso la guerra.
    Era stata lei a piantare l’ultimo chiodo sulla bara.
    Era morta. Era morta?
    Una domanda peculiare, dato che ancora respirava. In quel momento, esisteva come un corpo ancora dormiente, si muoveva senza percepire il cambiamento del tempo e dei giorni. Troppo spaventata dal prendere piena coscienza di sé, sollevare il telefono e scoprire di aver averlo perso più della sua città natale. Una famiglia, un’intera vita, l’ultimo filo che la teneva attaccata alla ragione.
    Forse sarebbe dovuta rimanere morta.
    Un sacrificio che sarebbe stata disposta a compiere mille volte, pur di evitare quel genocidio.
    Non ricordava molto, ma quello che era marchiato a fuoco dietro le sue palpebre bastava per una vita intera. Testarda, nel rifiutare di chiudere gli occhi la notte nel terrore di riaprirli e ritrovarsi da qualche parte nel mondo, l’ennesimo sterminio a macchiarle le mani cremisi. Quel corpo non le apparteneva più, una mera marionetta nelle mani di Abbadon, tempo rubato a una clessidra che aveva smesso di scorrere giorni prima in attesa di dare uno scopo alla sua esistenza.
    Come si imparava a convivere con quella consapevolezza? Era possibile? Non ne aveva idea, ecco perché aveva abbandonato il suo distintivo, lasciato alle spalle quello che aveva creduto essere un nuovo inizio. Come poteva pensare di proteggere le stesse persone che aveva sterminato in uno schiocco di dita? Non si fidava più di se stessa, dei suoi poteri, delle parole che uscivano dalla sua bocca.
    Era tornata a Philadelphia, una città che l’aveva accolta quando pensava di aver toccato il fondo. E l’aveva accolta nuovamente, anni dopo, quando su quel fondo si era aperta una voragine ed era precipitata nel ventre della Terra. Era vuota, la Gibson, senza nemmeno riuscire a canalizzare l’energia necessaria per scaricare una rabbia che avrebbe dovuto provare. Una rabbia contro se stessa? Contro Abbadon? Una domanda impegnativa, ormai futile. Non era come Wilhelmina Matthews, ma in quel momento avrebbe voluto esserlo. Emilian era stata così impegnata a vestire nuovamente le pelli di un essere umano, che aveva dimenticato ciò che era successo a Stonehenge. Lasciò cadere lo sguardo sul pezzo di legno che giaceva a terra, spezzato, ormai irrecuperabile. Mantenne la schiena premuta contro il muro, le unghie nere ad affondare nella carne, il capo chino sulla bacchetta. Non sarebbe dovuta essere lì, non aveva alcun diritto di essere lì- di farsi vedere in giro. Ma Wilhelmina aveva bisogno di lei, ed Emilian dell’illusione che potesse essere quella persona per lei. Staccò la schiena dalla parete, i suoi passi cauti e lenti, come ad approcciare un animale spaventato. Perché, in fondo, era quello che erano divenuti tutti dopo la guerra. Cadde in ginocchio, incurante delle schegge di vetro a premere contro il pantalone, ad affondare nella carne indifesa «smettila, willa» non ammetteva repliche, il suo tono di voce, severo e lacerato da un dolore che poteva iniziare a comprendere solo in parte. «guardami. guarda me» cinse il suo polso, portandolo lontano dal vetro, una richiesta flebile che sperava avrebbe accolto. Non aveva paura della forza distruttiva e della sua rabbia, non quando ormai poteva a malapena definirsi una persona, sapeva che era il mondo della Matthews di processare le emozioni. «per me puoi continuare fino a che non viene giù tutto» sperava di non arrivare a quello, ma avrebbe capito «ma non risolverà un cazzo, ok?» ormai, non potevano più tornare indietro. Non potevano riscrivere il finale, solo vivere con le conseguenze. Per quanto queste le lacerassero da dentro, e sanguinassero ancora e ancora, un’emorragia continua. Disse, Emilian Gibson, come una bugiarda qualsiasi. «sfogati con me, piuttosto» dio solo sapeva quanto se lo meritasse, quanto bramava l’assoluzione, anche se significava sottoporsi all’ira di Willa.
    gif code
    1993
    american
    pyrokinesis
  9. .
    nickname: gibson girl
    gruppo: muggle
    link in firma? ci sono le stelle nel cielo?
  10. .
    nome personaggio:
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=62783242]Emilian Cortés Gibson[/URL]

    dichiarato?

  11. .
    ruolo: paziente
    distretto e laboratorio: stati uniti, 1 (che non esiste e sarebbe da aggiungere smack)
    personaggio e data di permanenza:
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=62783242]emilian cortés gibson[/URL] (gen. ‘18 &#8594; nov. ‘18)
  12. .
    personaggio:
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=62783242]emilian cortés gibson[/URL]

    !!! SE ANIMAGUS O CON UN POTERE:
    HTML
    [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=62783242]emilian cortés gibson[/URL] - <b>pirocinesi</b>

    razza: babbani
  13. .
    HTML
    </li><li>[URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=62783242]emilian cortés gibson[/URL]

    NEUTRALE
  14. .
    ana de armas emilian cortés gibson scheda pg

    HTML
    <span class="pv-f">ana de armas</span> emilian cortés gibson [URL=https://oblivion-hp-gdr.forumcommunity.net/?t=62783242t][color=#A33213] scheda pg[/color][/URL]
  15. .
    OMG! Ho trovato la figurina di wilhelmina matthews!
    link role: mi ero dimenticata.


    inviata

    Edited by ‚soft boy - 4/5/2023, 17:56
38 replies since 29/4/2016
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