You are my life

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    Jason Maddox
    « you're my bitch. I rule this fucking kingdom. »

    Ora di cena, era in ritardo, il ragazzo guidava l'auto, invisibile, sopra la città di Londra, doveva assolutamente tornare a casa prima di cena. Aveva promesso, erano sere che non tornava a casa per il lavoro in esubero al ministero, ma era il loro anniversario aveva promesso alla sua dolce metà che sarebbe rientrato presto quella volta, invece era ora di cena. Maledizione!
    Jason non era mai stato un bravo ragazzo, tanto meno un perfetto fidanzato. Aveva fatto soffrire molte persone, fregandosene, ma finalmente era cambiato. Ci aveva messo mesi, se non addirittura anni per riuscire a smettere di drogarsi, non fu una cosa semplice per lui, aveva vissuto anni in quel modo, ma aveva trovato qualcuno per cui farlo.
    Ricordava ancora il giorno decisivo Jason, così non può funzionare, se non smetti con qualsiasi tipo di droga tra noi è finita!aveva detto la ragazza. Dopo quel litigio furioso, si erano lasciati per settimane, le più dure della sua vita. Si era innamorato, Jason e aveva sofferto più per la scomparsa della ragazza che per l'astinenza dalla droga. Era riuscito a smettere per lei, per il suo amore. Sorrise mentre i ricordi affioravano, era davvero felice di aver messo la testa apposto per lei, l'unica donna della sua vita, si erano entrambi diplomati alla Hogwarts, e solo dopo si erano innamorati, fino ad allora lei lo detestava, e come poteva biasimarla, lui era un drogato strafottente. Ma era tutto diverso, l'aveva conquistata e finalmente resa una donna felice. Aveva trovato lavoro prima come barista, poi al ministero, sempre per lei. Meritava il meglio dalla vita e lui aveva deciso di donaglierlo. Ancora si domandava come potesse amarlo, erano così diversi, lontani anni luce, ma lui in qualche modo l'aveva conquistata e l'amava come nessuno aveva mai fatto.
    Cazzo ma stai attento! Urlò all'improvviso uno sconosciuto, che come lui aveva l'auto volante, si erano evitati per un pelo, Jason era completamente assorto nei suoi pensieri. Sorrise come un ebete. Mi scusi, sa oggi è il mio anniversario di matrimonio, le ho promesso di tornare per cena. Esordì, mentre l'uomo lo mandava a fanculo in modo poco carino. Jason fece una scrollata di spalle e tornò tra i suoi pensieri. Uno dei più belli fu quando le aveva chiesto di sposarlo, si era messo in ginocchio, dopo una cena a casa loro, perchè loro già vivevano insieme da qualche mese. Se qualcuno gli avesse chiesto se lui, Jason, prima o poi si fosse sposato, avrebbe risposto che mai e poi mai lui si sarebbe legato per la vita ad una persona. Ma quegli occhi l'avevano catturato per sempre, non poteva immaginare occhi diversi che lo guardavano, che lo rimproveravano a volte, non voleva che qualcuno oltre lui la guardasse come faceva lui da anni. Lei era sua. E poi arrivò quel ...Si che ti sposo Jason Maddox... Il cuore gli era esploso nel petto e aveva pianto, l'aveva abbracciata e fatto l'amore per festeggiare quell'immensa gioia. Erano passati già cinque anni, ma il loro amore era forte come il primo giorno. E lui stava tornando a casa per festeggiare il loro giorno.
    Parcheggiò nel vialetto di casa, comprata con fatica, ma erano riusciti ad avere il loro nido d'amore, arredato ovviamente da lei, visto che lui era decisamente negato. Scese dall'auto sentendo un favoloso odore di cibo, il suo amore aveva preparato la cena. Non che fosse una chef, ma ogni giorno si metteva alla prova, e per questo che l'amava anche, non si perdeva mai d'animo. Prese il regalo, non poteva certo presentarsi a mani vuote. Anche se lei era molto alla mano, era pur sempre una donna e presentarsi a casa, il giorno dell'anniversario senza il regalo era rischiare la vita, letteralmente.
    Aprì la porta, poggiando la borsa a terra e mise la giacca sull'attacapanni Amore sono a casa esordì e si slargò la cravatta, odiava quella cosa, ma doveva metterla per lavoro. Ma non udì risposta, solo dei passi che arrivavano di corsa verso di lui. Poi una vocina Papà.....papà..mamma stava per bruciare la cena!Il piccolo Pablo si buttò tra le sue braccia. Jason lo prese al volo e lo strinse, ridendo per quelle parole, anche il piccolo sapeva quanto fosse impedita la madre in cucina. Dai amore, la mamma si impegna così tanto....vieni andiamo a salutarla disse e lo fece scendere, poi corse in cucina dalla madre.
    Pablo, era un bambino adorabile, lo avevano addottato, perchè dopo qualche anno che avevano provato ad averne uno, avevano capito che non erano fertili. Aveva visto il dolore negli occhi della ragazza, a quella notizia, così avevano deciso di addottarne uno. Il bambino era peruviano, ma lo avevano preso quando aveva meno di un anno, era cresciuto con loro, era il loro bambino. Jason ne era grato, lui riempiva le loro giornate, nel bene e nel male. Scosse la testa e varcò la soglia della cucina, seguendo le loro voci. Pablo, stava facendo la spia, aveva visto il regalo in mano a Jason e lo stava dicendo alla madre. Lei in risposta rideva, ovviamente, seguì quell'incanto di voce e finalmente la vide. Maeve Winston-Maddox, con in braccio Pablo. Bellissima la sua bionda, gioiosa come sempre. Con un paio di falcate si avvicinò a loro e prese in un unico abbraccio entrambi
    Ciao signora Maddox Disse dolce e baciò le sue labbra, mentre questa stava per obiettare, sapeva cosa stava per dire. Voleva che la chiamasse Winston trattino Maddox, ma aveva imparato a baciarla prima che dicesse qualcosa.



    Scheda - ETA 17 - ALLINEAMENTO Mangiamorte - Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr




    per ora prenditi questa immagine poi ne cerco una più piccola u.u


    Edited by al-coholism - 30/10/2015, 17:53
     
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    Vi gggiuro che mi dispiace. Dovevo.
    E' sotto spoiler perchè è come un mio commento personale, non c'entra, ovviamente è vero di dakota quello che e se scriveranno loro due u.u' ma sono una rp cattiva e malvagia :> *sorride a dakota*


    Dakota Wayne
    I wish you loved me
    Dakota pensava di aver fatto piano. Si era alzato presto, senza bisogno di una sveglia, ed era sceso dal letto ancora a piedi nudi, per poi recuperare in giro per la stanza i propri abiti. Voleva indossare lo stretto indispensabile, per fare più in fretta, ma forse si era soffermato troppo a guardare la vecchia cintura, rovinata dagli anni e da così tanto tempo disincantata; una volta si divertiva a chiamarla “cintura della castità”, per la sua particolarità di dare la scossa a chiunque tentasse di aprirla che non fosse Dakota, e lo faceva ridere perché a sedici anni davvero non avrebbe avuto bisogno di un oggetto del genere, e l’unica persona che avrebbe avuto l’occasione di aprirgli la cintura era colui che gliel’aveva regalata. A volte, come in quel momento, si chiedeva perché la tenesse ancora. Era solo uno stupido ricordo, qualcosa che lo teneva legato al passato impedendogli di andare avanti, e che lo faceva star male-…
    «…Jhon? Te ne stai andando?»
    Dakota voltò la testa di scatto verso l’uomo nel letto, il quale ricambiava il suo sguardo mezzo addormentato.
    …oddio. Come si chiamava già? Ricordava solo che quando aveva visto la data sul calendario, la sera prima, si era ubriacato e aveva abbordato il primo ragazzo che gli era capitato. Era una specie di tradizione che aveva iniziato cinque anni prima.
    «Sì… te l’ho detto che me ne sarei dovuto andare presto»
    «Se ti invitassi per colazione?»
    «Rifiuterei». Dakota tornò a vestirsi.
    «Vuoi farti una doccia?»
    «Sono di fretta». Infilò i calzini.
    «Jhon..?» Dakota ci mise un attimo a ricordarsi che si era presentato così la sera prima, e fece un verso in risposta, alzando gli occhi dalle scarpe che ormai aveva deciso di mettere, già che era stato beccato nel momento della fuga. «Sono stato davvero bene questa notte»
    Finì di legarsi i lacci, e guardò il tipo con un sorriso. «Anch’io». Alaric..? Matt..? Desmond...? Come diavolo si chiamava? Proprio non gli veniva in mente, nonostante fosse sicuro di aver urlato il nome giusto quella notte.
    «Si potrebbe rifare»
    «Perché no…? Ti chiamo io. Ho il tuo numero». Dakota agitò allegramente un biglietto da visita che aveva appena ritrovato in tasca dalla sera prima; scoccò un bacio all’uomo, e si diresse alla porta.
    «Ci sentiamo?»
    «Ci sentiamo»
    Dakota uscì dall’appartamento e si ritrovò in una città sconosciuta. Prima di cercare di capire come tornare a casa, buttò il numero nel primo bidone dell’immondizia che trovò.

    Dakota passò il resto della giornata a studiare per gli esami che lo attendevano di medimagia, e solo nel tardo pomeriggio si permise di dare un’altra occhiata al calendario, accanto ad una chitarra appoggiata al muro.
    La stette a guardare qualche secondo, chiedendosi perché mai avesse deciso di comprarla; perché, vedendola in quello stupido negozio fra le mani di quel commesso, non avesse potuto evitare di immaginarsela suonata da altre dita. Gliene aveva parlato così tanti anni fa… ormai avrebbe dovuto dimenticarsi le parole di quel ragazzo.
    “Le chitarre sono come le bacchette: uniche. Io ho trovato la mia per poi riperderla… non credo mi capiterà di nuovo di trovarla”.
    Gliel’aveva descritta a Dakota, gli aveva detto come si chiamava mentre erano a letto un giorno come altri, la mano dell’allora Grifondoro che passava leggera sui tatuaggi, e incredibilmente Dakota, dopo sei anni, l’aveva trovata. E l’aveva comprata.
    Che idiota.
    Come gli era preso di comprare una chitarra per l’uomo che amava da anni ma che era felicemente sposato e con un figlio?
    Certo era che adesso non la voleva in casa… non voleva doverla avere sotto gli occhi ogni momento, a ricordargli quello che non aveva più, quello che anzi non aveva mai davvero avuto.
    Avrebbe dovuto portargliela, quel giorno stesso… in fondo, l’aveva detto anche Maeve: “Fatti vedere più spesso”, e Dakota voleva disperatamente incontrarla, abbracciarla, ricordare com’era quando si sentiva loro due contro il mondo, quando lei era stato il tutto in quel niente che gli sembrava di avere. Ormai si vedevano raramente, e sempre quando lei era a casa da sola con il bambino.
    Sarebbe potuto andare... anche se era quel giorno. Anniversario.
    Dopo cinque anni, faceva ancora dannatamente male; abbastanza da farsi scopare da uno sconosciuto, abbastanza da chiudersi in casa e non voler vedere nessuno. Abbastanza per volersene fare ancora di più, e decidere di andare a casa loro.

    Ricordava l’annuncio. Ricordava gli occhi felici di Maeve, la sua mano davanti alla bocca, l’anello che subito non aveva notato.

    «Ci sposiamo, Daki»
    «Sono così contento per voi»
    Bugia.
    Faceva un male fottuto.

    Una volta Dakota pensava che Maeve Winston sapesse leggergli nella mente, ma forse era lì che si fermava il suo potere: mente. Forse non era mai stata in grado di leggere il suo cuore, di vedere la sofferenza che provava nel vederla felice con lui, quando al posto di lei ci sarebbe dovuto essere Dakota. Così presa dalla sua perfetta storia d’amore, dalla sua gioia per l’imminente matrimonio, quel giorno non aveva dato peso alla fuga di Dakota, al suo rifugiarsi in bagno. Non l’aveva visto scivolare lungo il muro, sedersi a terra, le ginocchia rannicchiate a quel petto che faceva male.
    Vedendo la loro felicità, la voglia di farsi la promessa di passare il resto della vita insieme, per la prima volta Dakota aveva pianto per Jason Maddox.
    Neanche Dakota aveva subito capito perché; la loro storia non era mai stata destinata a durare, ma era sempre sembrata qualcosa di strettamente relegato nelle tranquille mura di Hogwarts. Baci al sapore di fumo, le mani di Jason che indagavano sul suo corpo, sesso fatto di nascosto nelle aule vuote e nelle stanze dei prefetti… non si erano mai promessi amore eterno, non si erano mai detti innamorati uno dell’altro, e dopo il diploma di Jason era semplicemente tutto finito, senza bisogno di dirselo. Dakota pensava che l’amore per lui sarebbe svanito, come quello per Rosier, e che semplicemente sarebbe andato avanti, prima o poi. Prima o poi, gli occhi azzurri del ragazzo non avrebbero più abitato i suoi sogni. Prima o poi, non avrebbe più sperato che le lettere che riceveva fossero sue. Prima o poi, non avrebbe paragonato qualsiasi ragazzo a Jason.
    Per un anno, forse più, non si erano più visti, per poi rincontrarsi in una prospettiva del tutto nuova.

    «Dakota… forse ti ricordi di Jason, a Hogwarts era solo un anno avanti a te. Beh… usciamo insieme. Non è bellissimo?»
    «Sono così contento per voi»


    Si sarebbero lasciati.
    Dakota era sicuro di questo, perché loro due non erano fatti per stare insieme. Maeve era sua, Jason era suo… non potevano appartenersi a vicenda.
    Ma poi il tempo era passato. Loro non si erano lasciati. Forse Maeve era davvero la ragazza giusta per Jason, quella che gli avrebbe cambiato la vita. All’inizio era stato strano, ovvio… ma in fondo lei era riuscita dove Dakota aveva fallito: aveva fatto smettere a Jason di drogarsi, di essere un perdigiorno, l’aveva reso l’uomo che era adesso… così diverso dal ragazzo che Dakota aveva iniziato ad amare, ma che di sicuro manteneva i suoi pregi.
    Ma Dakota, in cuor suo, non aveva mai smesso di sperare che Jason sarebbe tornato da lui, alla fine.

    «Dak, andremo a vivere insieme»
    «Sono così contento per voi»

    «Avremo un bellissimo matrimonio, con una grande torta, come nella favole»
    «Sono così contento per voi»

    «Vogliamo avere un figlio, Dakota»
    «Sono così contento per voi»

    «Adotteremo un bambino»
    «Sono così contento per voi»

    “Sono così contento per voi”
    , sempre la stessa frase, ripetuta a talmente tante affermazioni sulla loro vita di coppia che Dakota sperava che avrebbe iniziato a crederci lui stesso, e che non sarebbe più stata sinonimo di “sono così triste per me”. Che poi, Pablo era un bambino adorabile, ma egoisticamente Dakota era stato felice di non dover vedere un bambino con gli occhi di Jason, il suo sorriso, mischiato ad aspetti di Mae. Sarebbe stato davvero troppo.

    Dakota si alzò dal tavolo, lasciò i libri aperti, e andò a prepararsi per uscire e liberarsi di quella stupida chitarra, che sembrava fissarlo. Si sistemò i vestiti, si pettinò i capelli castani (ormai non erano rossi da… beh, da quando le cose fra Maeve e Jason erano diventate serie. Non voleva davvero venir chiamato da altri “Rosso”, come faceva lui), e fece apparire un fiocco rosso sulla vecchia custodia della chitarra. Che almeno sembrasse un regalo; era pur sempre il loro anniversario di matrimonio.
    Uscì di casa, e si smaterializzò davanti a quella dei coniugi Maddox.
    Davanti alla porta, tentennò. Stava davvero per rovinare la loro gioia domestica, il loro giorno, con un oggetto di cui probabilmente a Jason non fregava neanche? Sicuro lo stesse facendo perché avere quella chitarra in casa gli ricordava l’ex serpeverde, e non perché voleva fare irruzione e essere il terzo incomodo? Io, lei e Wayne.
    Sospirò. «Sono proprio un idiota»
    Perché non riusciva ad arrendersi all’evidenza, ad andare avanti? Perché Jason lo tormentava ancora, come una costante irrinunciabile della sua vita?
    “Perché lo amo. Lo amo così tanto…”. E amava anche Maeve, e non poteva rovinargli la festa.
    Fece apparire un pezzo di carta, si appoggiò al muro e scrisse velocemente, per poi lasciare la chitarra appoggiata alla casa, il bigliettino appuntato sopra.

    “Buon anniversario. Conta come regalo di legno per il quinto anno? Comunque, Jason, scrivile qualche bella canzone, se lo merita per averti sopportato tutto questo tempo. E Mae… beh, sono sicuro che prima o poi apprezzerai il regalo. Spero.
    D. W.
    ps un bacio a Pablo, e ditegli che la prossima partita a quel suo giochino dal nome impronunciabile la vincerò io
    pps vi amo”.


    Suonò il campanello, e se ne andò via prima che qualcuno potesse venire ad aprire.
    Si odiava.
    Si odiava perché non riusciva ad essere felice per loro, perché forse non li amava abbastanza; si odiava perché non riusciva ad essere felice, e basta. Si odiava perchè non riusciva a farsi da parte. Si odiava perché ci sperava ancora, perché voleva Jason. Si odiava perchè in cinque anni, si era fatto ritrovare più volte ubriaco da Jason, implorante di concedergli un'altra notte. Si odiava perché aveva lasciato un secondo bigliettino, nascosto nella chitarra ed esclusivamente per Jason, con l’indirizzo di casa propria e l’invito di andarlo a trovare da solo, poiché l’avrebbe trovato sempre pronto ad una chiacchierata o a qualcosa di più come al suo addio al celibato.
    Dakota Wayne si odiava, perchè non riusciva a credere in una felicità più lunga di una notte. E si odiava perchè non gli interessava il dolore che avrebbe causato in un'altra persona la riuscita del suo lieto fine.
    Cosa ti ha fatto la vita per trasformarti da ragazzino filantropo, a uomo egoista?

    sheet ▴ desperate for love ▴ 23 ▴ rebel ▴ pensieve code role by #epicwin for obliviongdr



    Edited by clàrisse - 24/5/2015, 22:15
     
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    Dakota Wayne, ti odio ufficialmente. Solo te puoi farmi sentire in colpa per una role in inception. Dovrai trovare il modo per farti perdonare.
    A breve.
     
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    Lasciamici pensare.
    Lo so che non è vero che mi odi ♥ il tuo è solo un infinito amore e... te l'ho detto. Dak è felice a modo suo. Allena procioni ninja.. è solo uno sfascia famiglie. Per il resto gli va tutto bene u.u
    Lo sai che mi piace inserire mayne random ovunque. Ho visto l'occasione, l'ho colta AHAHAHAH

    ps ah... comunque... ho dovuto scriverlo perchè in cuor mio ero rimasta male per daki che jason si sposa e ha un figlio lasciando dakota. Senza citarlo neanche *adesivo che piange* c-cioè per lui la mayne non ha proprio avuto importanza *piange tanto* dovevo riportare ordine nell'universo
     
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    OVVIO che non l'ha citato, in questo mondo la mayne non esisteva , altrimenti starebbe ancora con Dakota perché e OTP.

    P.S. ti odio ancora
     
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    La Mayne è così OTP che esiste in OGNI mondo, anche in quello dove dakota è etero, sarebbe comunque un amore platonico alla makota (??)
    Non puoi fermare l'ammmore... ma tranquilla. Dakota è felice dei suoi procioni ninja u_u e ama ancora mae facciamo un triangolo
    No dai. rispondi in modo divertente come dovevi ignorandomi uwu è che amo gli AU.
    Ti riempio di coccole. Perdonami <3
     
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    Non c'entro niente ma propongo una versione STRONZERRIMA di Maeve *-* magari per una delusione d'amore.................................sarebbe tutto giustificato (?) Ciao <3
     
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    Maeve Winston
    ❝will you still love me when i'm no longer young and beautiful?❞
    Appoggiata al piano della cucina, Maeve continuava a farsi aria con il guanto da forno, lanciando di tanto in tanto un’occhiatina a Pablo. “Mamma, è normale che ci sia tutto questo fumo?” Arricciò il naso, facendo schioccare le labbra fra loro. Come poteva dire al suo bambino, che no, non era normale, ed era solamente colpa sua che non era in grado di cucinare nemmeno una parvenza d’arrosto? Aveva una dignità da mantenere, Maeve Winston, specialmente quando indossava il grembiule bianco orlato d’oro che le aveva regalato Jason quando avevano cominciato ad uscire. Anzi, quando ancora non uscivano insieme: un Natale di diversi anni prima aveva ricevuto quel pacco, con allegata una lettera vergata dalla mano di Maddox. “E portami una birra, bionda”. All’epoca la Winston era –ovviamente e con giusta causa- andata su tutte le furie. Come si permetteva un drogato, che era già tanto rimanesse in piedi quando doveva urinare, dire una cosa del genere? Ai tempi di Hogwarts, fra i due non era mai corso buon sangue, anzi. Con il senno di poi, Maeve era giunta alla conclusione di essere sempre stata attratta da lui, in un modo malato, come lo spettatore di un incidente. Il fatto che facesse uso di stupefacenti, poi, lo rendeva l’esatto opposto di ciò che la Winston era sempre stata: lei si aggrappava alla realtà, lui aveva sempre fatto di tutto per fuggirne.
    Posò una mano sul viso scuro di Pablo, sorridendo orgogliosa. Quel bambino, quella vita, era tutto ciò che non aveva nemmeno mai avuto la speranza di poter sognare. Il pensiero di non poter avere un figlio suo, che potesse avere i suoi occhi ed i capelli scuri del suo aitante marito, le aveva spezzato il cuore. Ma Pablo… Pablo era riuscito a colmare il vuoto, con quel suo sorriso sdentato e le guanciotte paffute. Non importava che non fosse la madre naturale, Pablito era il suo meraviglioso, stupendo bambino. L’orgoglio dei coniugi Winston – Maddox, che non si stupivano mai di quanto fosse fantastico. “Ha preso il tuo sorriso” Scherzava sempre Jaz, prendendole il mento fra indice e pollice per posarle un casto bacio sulle labbra sorridenti.
    Sì, Pablo, il fumo rende l’arrosto saporito. Ora vai a giocare” Gli diede una spintarella delicata dietro le spalle ossute, agguantandolo ancora qualche secondo per fargli il solletico sulla pancia. Ridendo, il bambino corse in sala, e Maeve si accorse di avere ancora un sorriso inebetito stampato sulle labbra. Quella era una giornata speciale, l’anniversario di matrimonio con Jason. Dio, ogni volta che ci ripensava sentiva le guance avvampare, e del cuore stretto in una morsa così dolce da risultare dolorosa. Gli occhi chiari lucidi, brillanti come mai li aveva visti, il sorriso speranzoso. Per la Winston era stato impossibile anche solo pensare di potergli dire di no: quello era il suo uomo, ed era con lui che voleva passare il resto della sua vita. Lui, e nessun altro.
    Anche se sapeva di essere stata la seconda scelta. C’era una ferita, sul cuore di entrambi, che era proprio il motivo che li aveva spinti ad avvicinarsi, e a conoscersi. Quel motivo aveva un nome ed un cognome: Dakota Wayne. Quando frequentavano Hogwarts, Dakota era per la bionda il fratellino minore che non aveva avuto. Il bene che gli voleva travalicava i confini dell’amicizia, di sangue: non erano solo legati, erano una famiglia. Insegnava da un anno, quando aveva scoperto che frequentava Jason Maddox. e fu proprio quell’anno in cui Dakota cambiò: si allontanò da tutti, avvicinandosi pericolosamente alla droga che prima preparava per il Serpeverde. Non erano rare le volte in cui aveva aspettato in ospedale, al suo capezzale, sperando che riaprisse gli occhi, che quel sonno fosse solo momentaneo. Non sapeva cos’avesse trovato nella droga, ma aveva trovato qualcosa che né lei né Jason erano riusciti a dargli, evidentemente. Tagliò i ponti con entrambi, prepotentemente. Frequentava sconosciuti, o nelle giornate peggiori anche amici di entrambi. Questo aveva spinto Maeve a superare l’avversione verso Maddox: aveva bisogno di lui, se voleva che Dakota ritornasse il ragazzo di una volta. Ma il rosso, che crescendo non era poi più tanto rosso, aveva detto loro chiaro e tondo che non aveva più bisogno di loro. Ridendo, aveva spezzato loro il cuore, e l’anima per quanto riguardava Maeve, dicendo che li aveva solamente usati. “Inizialmente no” Aveva precisato concludendo, tornando serio. Come se quelle parole potessero bastare. E aveva sperato, oh, fino alla fine che stesse scherzando. E perfino più di lei, Jason Maddox. Fu quello ad unirli, inizialmente. Due cuori spezzati che, per diversi motivi, cercano nuovamente di incastrarsi fra loro. Avevano appianato gli angoli più taglienti, adattando le proprie parti all’altro. Quando aveva scoperto di esserne innamorata, l’aveva pregato di smettere con la droga: non poteva sopportare che anche lui le voltasse le spalle, come aveva fatto Wayne. Non sarebbe riuscita a sopportarlo. E, a costo di rimanere con il rimpianto per il resto della sua vita, aveva piantato i piedi obbligandolo a scegliere fra lei e la droga.
    Tre anni dopo, erano ancora sposati. Era il marito migliore che potesse desiderare: un padre amorevole, un amante dolce quando serviva, più passionale in determinate occasioni. E soprattutto, la amava quasi quanto lei amava lui. Non pensava nella sua vita che sarebbe mai stata in grado di provare un sentimento del genere: non era un annullarsi di sé stessa, quanto un continuo rinvigorirsi per trovarsi più forte. Erano diversi, Maeve Winston e Jason Maddox, ed era quella diversità ad averli fatti innamorare.
    Amore sono a casa” Il cuore le balzò nel petto, come accadeva ogni volta che sentiva la sua voce. Un sorriso spontaneo le incurvò le labbra, mentre sentiva Jason salutare Pablo. In quella cucina, appoggiata al lavello, con i suoni delle persone a lei più care alle orecchie, Maeve pensò di non poter essere più felice. Pablo rientrò in cucina con gli occhi lucidi di eccitazione, bisbigliandole qualcosa su un regalo. “Papà ti ha portato qualcosa con un fiocco enorme!” Mimò la dimensione allargando le braccia, e la bionda scoppiò a ridere frivola. Aveva sempre voglia di ridere, da quando Pablo era entrato a far parte della loro vita. E aveva sempre voglia di sorridere maliziosa, quando il suo adorabile marito le si avvicinava per baciarla. Lo osservò ammaliata attraversare la cucina, ripensando a tutte le volte in cui aveva visto quello stesso corpo senza tutti gli strati dei vestiti. Aveva imparato ad amare ogni centimetro di quella pelle, dalle cicatrici ai tatuaggi colorati che ne decoravano le superficie. L’aveva sfiorato esitante con i polpastrelli, dolce con le labbra, pungente con i denti. “Ciao signora Maddox” Fece per obiettare, lui sapeva benissimo che doveva precisare il suo cognome da nubile: lo amava e lo aveva sposato, per Merlino, ma era pur sempre una donna indipendente! Mugugnò sulle sue labbra, per poi spingerlo scherzosamente via e tornare alla cena. In un momento in cui Pablo si era distratto, Maeve aveva fatto evanescere l’arrosto bruciato, appellandone uno dalla rosticceria vicina. Era un furto solo se ne accorgevano, giusto? Sapeva che era barare, ma odiava non eccellere in qualcosa, qualunque essa fosse. “Buonasera signor Maddox, spero abbia appetito stasera” Lo guardò di sottecchi, attraverso una tendina di capelli color platino. “È per me?” Chiese mordendo il labbro euforica, indicando il regalo fra le sue mani. Incaricò Pablo di portare i piatti in sala, mentre lei finiva gli ultimi preparativi. “Sei passato in lavanderia a prendere la divisa di Pablito? Oggi ha la partita di baseball!” Socchiuse le palpebre, fulminandolo seria con lo sguardo. Se non l’avesse avuta con sé, Jason poteva anche scordarsi il dessert (entrambi, i desserti), poteva scommetterci.




    sheet 25 Pureblood housewife Jaz-addictedpensieve
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    Jason Maddox
    «I LOVE YOU MAEVE!!!»

    Un dolce bacio dalla sua mogliettina Maeve era quello che più desiderava al mondo e dopo una lunga giornata di duro lavoro era come ritrovare la pace. Lei era pura, qualcuno di cui fidarsi e che lo amava incondizionatamente come nessuno aveva mai fatto. O quasi, conosceva qualcuno che gli aveva donato molto amore e che lo accettava per come era fatto, una testolina dai capelli rossi. Anche se erano molti anni che non li aveva più di quel colore, doveva ammettere che ogni tanto ci pensava. Avevano trascorso molto tempo insieme, probabilmente si amavano in quel periodo ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di ammetterlo. Col tempo tutto era passato e si era avvicinato a Maeve anche per lui, in realtà, aveva preso una brutta piega e in gran parte era colpa prorpio di Jason. La droga lo aveva cambiato. Si erano separati e in un modo quasi in modo irreparabile. E lui e Maeve alla fine si erano sposati, erano felici, con qualche punta di oscurità nei loro cuori. Avevano imparato a non parlarne, perché doloroso per entrambi. E poi quel giorno non era proprio il momento adatto per avere rimpianti, era il loro anniversario, si amavano e avevano un bambino. Tutto era perfetto. Si perse per qualche istante durante quel dolce bacio, per poi prendersi una sorta di ammonizione dalla bionda per come l'aveva chiamata, ma non ci fu, anzi la donna sembrava al settimo cielo, felice e Jason lo fu di rimando.
    Buonasera signor Maddox, spero abbia appetito stasera disse con aria da chi aveva appena fatto la furba. Ho moltissima fame e non solo di cibo Rise per quello che aveva appena detto, in fondo era Jason Maddox, anche se aveva smesso di drogarsi ed era diventato un uomo serio, e un padre, qualche battuta gli veniva istintiva. Per fortuna Maeve aveva visto il regalo che la distolse da quella battutaccia.
    È per me? chiese e la vide mordesi il labbro, era euforica per la sorpresa. Si piccola, ma non ho intenzione di dartela fino a dopo cena disse serio e lo mise dietro alla schiena. Poi si voltò verso Pablo che apparecchiava Piccolo del papà, ti va di farmi un favore?
    Certo papà, dimmi... disse con un sorriso che lo faceva sciogliere sempre, proprio come quello di Maeve Nascondi questo regalo per la mamma; sai lei è molto curiosa ma noi vogliamo darglielo dopo vero?! concluse affidandolo a lui, certo papà...lo metto nel mio posto segreto disse complice, sapeva che l'avrebbe dimenticato da qualche parte piuttosto che nasconderlo, ma sapeva come recuperarlo, così lo lasciò andare. Poi tornò da Maeve. E l'ammirò mentre finiva gli ultimi preparativi Ha il tuo sorriso disse e l'abbracciò da dietro, baciandola sul collo. Era così felice e rilassato, dopo molti anni in cui aveva vissuto in tensione, sempre strafatto e ubriaco, finalmente era sereno, aveva davvero tutto dalla vita. Non avrebbe mai pensato di poter avere una famiglia, era sempre stato convinto che sarebbe morto su di una panchina di Londra per un overdose, oppure ucciso dai ribelli. Invece non solo non era morto per droga, aveva smesso e anche lui a sua volta era entrato nella resistenza, con la sua bionda. Sapeva che quello in cui aveva creduto fino a quel momento era sbagliato e che non solo per lui poteva essere migliore ma anche per gli altri. Ecco cosa lo aveva spinto ad entrarvi e non lo rimpiangeva. Ma il momento idilliaco svanì in un secondo con l'affermazione di sua moglie che lo riportò con i piedi a terra.
    “Sei passato in lavanderia a prendere la divisa di Pablito? Oggi ha la partita di baseball!” Si staccò vedendo lo sguardo della donna trasformarsi da dolce a quasi indiavolato. Sapeva cosa voleva dire, niente dolce, in nessun senso. Non voleva andare in bianco, dannazione! Sorrise, evidentemente preso in contropiede, ma sapeva fingere anche bene, lo aveva fatto per anni. Certo...l'ho...lasciata in auto disse titubante, come poteva essere così tremolante con la voce, era colpa della sua bionda, capiva sempre quando mentiva, ma prima che potesse rispondere sentì suonare alla porta. vado io, così prendo anche la divisa disse e scappò prima di qualsiasi sfuriata della moglie. A passo svelto andò alla porta, l'aprì ma non c'era nessuno, solo una chitarra, anzi la chitarra. Un tuffo al cuore. Dakota?! si guardò intorno ma probabilmente si era smaterializzato. Prese lo strumento con un biglietto attaccato, lo prese:
    “Buon anniversario. Conta come regalo di legno per il quinto anno? Comunque, Jason, scrivile qualche bella canzone, se lo merita per averti sopportato tutto questo tempo. E Mae… beh, sono sicuro che prima o poi apprezzerai il regalo. Spero.
    D. W.
    ps un bacio a Pablo, e ditegli che la prossima partita a quel suo giochino dal nome impronunciabile la vincerò io
    pps vi amo”.

    Rimase di sasso, leggendo il biglietto. Si era ricordato della chitarra?! In fondo era rimasto quel ragazzino, dolce che sapeva ascoltare, che lo aveva sempre ascoltato e capito. Una dolcezza. Sorrise al suo ricordo e prese il regalo. L'osservo per qualche minuto, ripensando a tutto quello che aveva vissuto in passato. Amava Maeve e non desiderava altro, sapeva che era lei la sua vita e famiglia, ma Dakota sarebbe stato sempre nel suo cuore, nel bene e nel male, come sapeva che era anche in quello di Maeve, ma lui aveva deciso di stare fuori dalla loro vita, di entrambi. Sospirò e rientrò, chiudendosi la porta alle spalle, ma prima con un colpo di bacchetta e un semplice incantesimo fece apparire la divisa dalla lavanderia, non voleva rimanere a secco non per il loro anniversario. Anche perché nonostante il loro amore, non mancavano i litigi tra di loro, ed era sempre colpa dell'ex serpe in un modo o nell'altro. Molto spesso si dimenticava di prendere qualcosa che gli aveva commissionato. Una volta addirittura avevano litigato furiosamente solo perché aveva fatto tardi da lavoro. Probabilmente non era per l'ora in cui si era presentato in casa, anche se era decisamente tardi, ma soprattutto per le condizioni in cui si era presentato,dopo lavoro era andato a bere con i colleghi e probabilmente aveva bevuto qualche bicchiere di troppo. Incideva anche il fatto che era astemio da qualche anno e bastava un goccio per farlo vacillare, aveva anche preteso di baciarla e magari fare altro. Ma si era ritrovato a dormire sul divano. Per fortuna Pablo non si era reso conto di niente e la mattina dopo inventò la scusa che si era addormentato mentre guardava la televisione. Si, Jason aveva qualche oggetto babbano, in fondo aveva imparato a convivere con questo suo lato non magico e farlo avendo un televisore in casa era sembrato una buona idea. Anche se a Pablo era severamente proibito vederla, Maeve non voleva che si infognasse in quel genere di cose e Jason non poteva che essere d'accordo, anche se nel crescere il bambino si sarebbe ribellato. In fondo era loro figlio, sangue o meno, ed era testardo tanto quanto loro.
    Papà? Cosa è quella? intervenne il figlio, facendolo scantare da quel vortice di pensieri. Gli sorrise Un regalo dallo zio Dakota per me e la mamma,dopo te la mostro, ma ora vai a lavarti le mani che si mangia sentenziò con fare serio, che proprio non gli si adduceva, ma era padre ormai e doveva mostrarsi in quel modo. Così lasciò la chitarra al muro e il biglietto sul comodino di entrata e tornò in cucina da Maeve.
    Amore la divisa è all'entrata, mangiamo?! Ho una fame.... sorrise e tornò a baciarla, amava farlo, avrebbe passato così il resto delle sue giornate. Come in passato, quando seduti sul divano passavano ore a baciarsi e coccolarsi.




    Scheda –´ ETA 25 (?) - Pensieve code role by #epicwin for obliviongdr

     
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    Maeve Winston
    ❝will you still love me when i'm no longer young and beautiful?❞
    Maeve sorrise sulle labbra di Jason Maddox, suo marito. Erano passati tre anni, ma ancora stentava a crederci. Scherzando, ogni tanto glielo diceva: com’era possibile che si fosse fatta incastrare in quel matrimonio? E lui, stringendole con dolcezza i fianchi e posando caldi baci dalla guancia al collo, le ricordava il perchè lei avesse scelto lui. Nessuno avrebbe mai scommesso su di loro; ma avevano vinto, perché incomprensibilmente erano riusciti ad amarsi, così profondamente ed intensamente che Maeve spesso ne veniva sopraffatta. Come si poteva amare tanto qualcuno? Jason aveva smesso di drogarsi, e lei aveva cominciato: dipendeva dalle sue labbra, dall’aria che condividevano quando rimanevano vicini solamente per guardarsi, dalla sua pelle sulla propria. Maeve Winston era diventata dipendente da Jason Maddox, e non riusciva ad immaginare la sua vita senza di lui. Perfino i litigi avevano un sapore dolce. A volte litigava per il pure piacere della riconciliazione, quando lei, ormai stanca di tenere il broncio, lo trascinava a letto, baciando ogni centimetro della sua pelle per colmare la distanza causata dal litigio. A volte però, pensava di odiarlo sul serio: si comportava in maniera sciocca, e sconsiderata, e lei arrivava a pensare che quell’amore avrebbe finito per consumarla, bruciarla finchè di lei non fosse più rimasto niente. Polvere. E lo allontanava, chiudendosi in sé stessa, stringendo Pablo al petto. “Cosa succede fra te e papà?” “Niente, tesoro. Sai che ci vogliamo bene” ed era così riduttivo, quel ci vogliamo bene. Jason era il suo ossigeno. Ma come spiegare quello ad un bambino? “Più che a me?” E Maeve rideva, rendendosi conto di quanto fosse fortunata ad avere quei due uomini nella sua vita. Scuoteva il capo, lasciando che le lunghe ciocche bionde sfiorassero le guance scure del bambino. “Certo che no, Pablito. Ma non dirglielo, sarà il nostro segreto” E posava le labbra sulla sua fronte, conscia che anche quel litigio non sarebbe durato a lungo. Si sentiva così… felice. Da giovane Maeve era sempre stata incredibilmente cinica: non aveva creduto nell’amore, nei lieti fini; non aveva mai pensato che la felicità potesse essere a portata di mano, certo non con Maddox. Dio, quanto si era sbagliata. Quando lui fece per allontanarsi, Maeve lo trattenne a sé ancora qualche secondo, sospirando sulla sua bocca. Com’era possibile che le fosse mancato così tanto? Il loro anniversario, un’altra tacca della storia che stavano costruendo insieme. “Ho moltissima fame e non solo di cibo” Rise, inclinando il capo all’indietro. “Che sfrontato, signor Maddox. Sua moglie non le dice niente?” Alzò le sopracciglia assottigliando le labbra, per poi rivolgergli uno sguardo di biasimo. “Vedrò di saziare il suo appetito” Concluse con innocenza, dandogli un affettuosa pacca con il fianco. Era sempre così, fra loro. Un continuo punzecchiarsi, come se nessuno dei due potesse mai averne abbastanza dell’altro. Maeve sperava con tutto il cuore che fosse davvero così. “Si piccola, ma non ho intenzione di dartelo fino a dopo cena” Smise di girare il latte sul fuoco, lanciandogli un’occhiata dispiaciuta. Doveva aspettare così tanto? Ma lo sapeva che non sapeva resistere alle soprese. Lei doveva sapere tutto subito. “Oh, andiamo!” Provò ad insistere, portando le mani sui fianchi. Gli rivolse la sua miglior espressione da cucciolo di foca, sporgendo all’infuori il labbro e sbattendo rapidamente le ciglia. Nessuno poteva resistere all’occhiata del cucciolo, era una legge! Ma Jason vi riuscì, invitando Pablo a nascondere il regalo finchè non fosse arrivato il momento di aprirlo. Guardò intristita Pablo che, ridendo, si allontanava. Il cuore le stava traboccando di gioia, vi giuro. Una sensazione impossibile da spiegare, impossibile da comprendere: era il calore di un camino in inverno, la frescura di una granita d’estate, l’imbrunire delle foglie in autunno, il primo fiore della Primavera. Tutto insieme, nel suo petto. Ed era come un balsamo, curava ferite che nemmeno sapeva di avere e colmava i vuoti che si annidavano negli angoli più bui della sua anima. Quando guardava Jason e Pablo, Maeve si sentiva la donna più fortunata sulla faccia della terra. Anzi: Maeve era la donna più fortunata sulla faccia della terra. “Ha il tuo sorriso” La bionda sorrise, lasciandosi scivolare sul petto di lui; sentiva il suo battito contro le scapole, così confortante. Il suo profumo, oh, che di così buoni mai ne aveva sentiti. Inclinò il capo invitandolo a continuare, poggiando la mano destra dietro la nuca di lui. Con una mossa agile e fluida si girò verso di lui, facendo attenzione a rimanere ben stretta fra le sue braccia. “Ti amo, Jason Maddox” Perché Maeve, proprio Maeve Winston, non si stancava mai di dirglielo. Pensava che avrebbe perso significato, ma non era così: ogni volta era lo stesso tuffo al cuore, lo stesso salto nel vuoto ad occhi bendati. E cercava nei suoi occhi chiari la conferma che tutto quello era reale, non un sogno. Che esisteva AHAHA, e invece no, inception baby . Forse era per quello che non poteva stargli lontana a lungo: aveva bisogno di sentirlo concreto sotto le sue mani, le sue labbra, la sua pelle. Di sentirlo vivo, di amarlo come se ogni giorno fosse l’ultimo –e, per Merlino, sperava proprio non fosse così.
    “Certo...l'ho...lasciata in auto” Chiuse gli occhi, inspirando profondamente dal naso. Con le tecniche di rilassamento imparate al corso di yoga, Maeve contò fino a dieci prima di espirare nuovamente. Se l’era dimenticato. Per Merlino, come poteva dimenticare sempre tutto? Una cosa gli aveva chiesto, una! Spesso aveva la sensazione che nemmeno la ascoltasse, che si limitasse a sorridere ed annuire sapendo che l’avrebbe comunque fatta felice. Si allontanò, lanciandogli un’occhiataccia. “Jason Maddox…” Iniziò sibilando, minacciandolo con il cucchiaio sporco di latte. Rimase a guardarlo mentre si allontanava, sperando vivamente per tutti loro che suo marito sarebbe riuscito a sistemare le cose. Maeve Winston arrabbiata non voleva vederla nessuno, ve l’assicuro. E lei di certo non voleva esserlo, specialmente il giorno del suo anniversario. Riportò l’attenzione a quello che, in teoria, avrebbe dovuto essere un budino alla vaniglia. In teoria. In pratica era un qualcosa dal colore poco appetibile e dal poco appropriato odore di affumicato. Storse il naso, puntando la bacchetta sul dolce, che fece evanescere rapidamente. Insegnava ancora incantesimi al castello: a volte si chiedeva se non avesse scelto di intraprendere quella carriera, proprio per quel genere di problemi. Con la magia si poteva risolvere tutto, ed una pessima cuoca come lei poteva diventare chef a cinque stelle. Si smaterializzò al Red Velvet, dove rapidamente fece incetta di ogni cosa. Quando Jason tornò in cucina, Maeve era ancora intenta a girare il nulla in un pentolino, i dolci già pronti nel frigo. “Amore la divisa è all'entrata, mangiamo?! Ho una fame....” Alzò gli occhi al cielo, sporgendosi lontano dal fornello in modo che suo marito non scoprisse l’inganno, offrendogli le innocenti e caste(?) labbra rosee. “Mhmh” Mugolò, annuendo. “PABLO, A TAAAVOLAAA” Gridò, asciugandosi le mani sul grembiule e sfilandosi questo dalla testa. Indossava una camicetta leggera ed una gonna azzurra. Chissà se Jason si ricordava che, alla loro prima uscita, Maeve era vestita proprio così. Si sedette a tavola, invitando il bimbo accanto a sé. “Vieni amore, stasera ci serve il babbo. La mamma ha già cucinato” Si strinse nelle spalle, sorridendo radiosa a Jason. Non poteva dirle di no. E poi, suo marito sapeva quanto odiasse essere reclusa al ruolo di donna casa-cucina: l’aveva sposata, accettata per quel che era. Ormai ne doveva pagare le conseguenze. “Com’è andata al lavoro? Janine continua a fare la meretrice?” Domandò pudicamente con noncuranza, tagliando l’arrosto. Non era gelosa, si fidava di Jason…. Ma Janine sgualdrina era, sgualdrina rimaneva.

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    «Scheda - 25 ANNI - Serpeverde - Mangiamorte- Pensieve »


    Jason era seduto a tavola con la donna che amava dal più profondo del cuore, non credava di poter mai innamorarsi e soprattutto non aveva la minima possibilità di sperare che qualcuno lo amasse. Forse qualcuno era esistito in passato, ma era meglio scacciare ogni pensiero. Era il loro anniversario e aveva solo occhi per la signora Maddox, quella bellissima bionda che aveva riempito le sue giornate, diventando la sua nuova droga. Era indispensabile per Jason, per sopravvivere. Anche Pablo ovviamente, molte volte arrivava da lui e lo fissava serio. papà...non ci stai lasciando vero? chiedeva, e Jason sgranava gli occhi, perplesso, ma da dove gli uscivano quelle assurde idee?! Lo abbracciava, immediatamente assolutamente no piccolo. Non lo farei mai. Lo sai quanto ti amo, anzi vi amo si correggeva, non voleva che pensasse che alla mamma non volesse bene. E tutto finiva in baci e abbracci, per fortuna. Ancora oggi non capiva come poteva essere arrivato ad un tale ragionamento, forse guardava qualche assurdo programma di nascosto. Era un ragazzino molto sveglio e nonostante il divieto di guardare la televisione, Jason non era sicuro che lui rispettasse quella regola. Oppure aveva assistito ad una loro litigata, anche se si erano ripromessi di non farlo mai davanti a lui, Jason sapeva cosa volera dire e non voleva che anche suo figlio venisse tramautizzato e soprattutto che pensasse che i loro genitori non gli volevano bene. Lui ci era passato e voleva spezzare la catena. Ecco perchè odiava discutere con Meave, non solo perchè stava male da morire dopo, come se la sua ancora di salvezza crollasse in fondo all'oceano, lasciandolo solo ad annegare; ma anche per lo figlio. Quella creaturina era una gioia, non voleva vederlo mai soffrire, aveva donato alla coppia qualcosa che nessun'altra cosa poteva fare. Era adottato, ma era loro figlio, lo sarebbe sempre stato. “Ti amo, Jason Maddox” disse la donna mentre si godeva il suo abbraccio, come lui d'altronde, era indispensabile avere sempre un contatto con lei. Specialmente se aveva avuto una giornata molto duro a lavoro. La donna riusciva a donargli una spensieratezza che difficilmente provava senza di lei. Anche io ti amo Maeve Winston trattino Maddox disse e rise per poi posare sulle labbra della giovane donna un casto e dolce bacio. Non l'avrebbe mai fatta andare via da lui e molto spesso si chiedeva come poteva averlo scelto. Lui era Jason Maddox, un drogato, che non aveva mai avuto scopi nella vita se non ubriacarsi e strasciarsi in giro per la città, cercando di non morire per overdose, tra un letto e l'altro. C'era stato un periodo in cui era stato bene, ma era il passato, e Maeve il presente e futuro. L'aveva cambiato e amato nonostante non fosse mai stato la persona che lei si meritava. Molto spesso la guardava domire nel letto, dolce e serena, un angelo, e poi vedeva la propria figura, un giovane, tatuato. Cosa poteva mai offrire lui a lei?! Non si meritava Dakota in passato e tanto meno lei. Invece lei continuava dire di essere lei la fortunata, ma che idiozia, lui non sarebbe esistito senza Maeve, la donna della sua vita, l'anima gemella. Ancora oggi ripensando al giorno del loro matrimonio sentiva i brividi percorrergli la schiena, e non i senso negativo, ma esattamente il contrario, vederla entrare e percorere, se pur piccolo, atrio del tendone, fu qualcosa da lasciarlo quasi morto a terra. Di una bellezza disarmante lei camminava fiera verso di lui. la mia bellissima moglie disse e sospirò, cercando di tornare alla realtà, per poi sedersi insieme a tavola con la sua adorabile famiglia. Aveva notato come era vestita, come poteva non farlo. Indossava una camicetta leggera ed una gonna azzurra. L'ammirava sempre, e notava sempre quello che lei portava, il modo in cui agiva. Conosceva ogni sua sfaccettatura, e ogni tanto riusciva anche ad indovinare quando era il caso di stare zitto o quando era meglio mentire per non sentirla urlare. Insomma una bugia per il quieto vivere non era un dramma no?! “Vieni amore, stasera ci serve il babbo. La mamma ha già cucinato” le sentì dire e Jason rise, Agli ordini signora imitò il gesto da soldato, ma aveva ragione, il loro rapporto era paritario, solo perchè lei era una donna non era così scontato che dovesse fare anche da cuoca, donna delle pulize e altro. Jason poteva assolutamente darle una mano, anche se in cucina lui era ancora più negato di lei. Che coppia! Si alzò e prese la deliziosa cena che Maeve aveva finto di preprare. La mise sul tavolo e impugnò il coltello grande, per tagliare la carne. Ammirò ancora usa moglie sei bellissima...come al nostro primo appuntamento le fece l'occhiolino, per farle capire che si ricordava tutto. Una volta che i piatti furono pieni e loro iniziarono a mangiare, Maeve prese la parola “Com’è andata al lavoro? Janine continua a fare la meretrice?” Jasono scoppiò a ridere, a volte, l'ex corvornero faceva delle domande assurde, era gelosa per le cose più stupide, eppure da quando stavano insieme lui non l'aveva mai tradita. Mai. Anche vero che si portava dietro il nome di traditore e menefreghista, aveva avuto diversi amanti e contemporaneamente, gli piaceva divertirsi e non solo con il/la proprio/a partner. Ma la bionda era un'altra storia, mai e poi mai le avrebbe fatto una cosa del genere. Maeve...sa che sono sposato e che amo la mia famiglia, lei non fa niente di male... disse e le donò un altro dolce bacio, per poi tornare a cibarsi, mentre parlavano delle loro giornate e di un possibile viaggio insieme. Amava fare viaggi di famiglia, lui non aveva mai saputo cosa fossero, i suoi non erano dei genitori modello. Al dolce Jason guardò Pablo amore vai prendere il regalo per la mamma.. corro papà disse felice e scese con un balzo dalla sedia. Non saltare in quel modo e non correre in casa, potresti farti male....di nuovo disse e guardò sua moglie, scuotendo la testa. Quel ragazzino era pieno di energia, ma molte volte questo lo portava a cacciarsi nei guai, spesso cadeva, preso dalla voglia di arrivare velocemente. Era davvero pericoloso. Afferrò la mano sul tavolo della bionda grazie per questa favolosa cena disse guardandola negli occhi e baciò la mano. Tieni mamma...è da parte anche mia disse Pablo col fiatone, appoggiando il regalo sul tavolo,ma orgoglioso di averlo costudito, Jason gli fece l'occhiolino per poi tornare a guardare la moglie, voleva godersi il momento. Sapeva che lei non era la tipica ragazza, non amava particolarmente i gioielli, ma quel regalo era stato fatto apposta per lei, o almeno secondo il ragazzo. Lo aveva visto in vetrina una mattina e aveva visto Maeve, bellissima e raffinata, ma forte e unica. Sorrise come un ebete, sperava davvero che potesse piacerle quel pensiero.


    Jason Maddox - «I Love You Maeve! »

    © psìche, non copiare.
     
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    Maeve Winston
    ❝will you still love me when i'm no longer young and beautiful?❞
    Cinica, Maeve Winston; un tratto che non l’aveva mai abbandonata, seguendola per tutta la sua vita. Non aveva mai creduto in nulla, gonfia d’una fede sottile che ad ogni folata minacciava di volare via, cieca ad un cielo in cui mai aveva avuto ragione di credere, restìa ad affidarsi alle labbra di chi prometteva. Aveva sempre preferito i fatti alle parole, i risultati alle teorie; come la pagina di un libro, la Corvonero aveva sempre avuto necessità di sentire le cose sotto le proprie dita, incapace di affidarsi alle blande emozioni. Scontato che l’amore non era mai rientrato fra i suoi pensieri, figurarsi le priorità. Ovviamente non significava che mai avesse amato, ne era una testimonianza la sua famiglia –sua madre, suo fratello, Dakota- ma crederci? Un altro paio di maniche. Amava e basta, senza farsi domande; consapevole, la Winston, che se avesse cominciato a porsi degli interrogativi non sarebbe stata in grado di darsi delle risposte, e conseguentemente l’intero castello avrebbe perso la base sulla quale si erigeva.
    Cinica, Maeve Winston; ed aveva sempre pensato che quella particolare vena della sua personalità, l’avrebbe seguita per tutta la sua vita. Ma la vita di Maeve Winston andava divisa in due parti, il prima ed il dopo; la linea a frammentare la sua esistenza non solo aveva un nome, ma perfino un cognome: Jason Maddox. Aveva stravolto il suo scetticismo, ogni suo credo o brandello di razionalità, ed al contempo l’aveva lasciata intonsa, la solita fiera ed orgogliosa ex Corvonero: attorno a lei era cambiata ogni cosa, eppure lei era sempre rimasta la stessa. Quanto poteva essere paradossale? Ma da una coppia come la loro, d’altronde, non ci si poteva aspettare altro. Completamente diversi, incompatibili; ma se era vero ciò che la gente pensava di loro, come poteva Maeve essere così felice? Il primo sorriso sincero, la prima volta in cui era riuscita a far breccia nell’anima di lui; quando si era sporta verso di lui, respirando la sua stessa aria ma senza alcun tipo di contatto, limitandosi ad assaporarlo come la vita assaporava lui wat. E ricordava quel primo bacio, a litigare sotto la pioggia perché nessuno dei due aveva portato con sé l’ombrello, quando lui l’aveva spinta contro il muro d’un palazzo coprendola con il proprio corpo. Come fosse accaduto il giorno prima, rimembrava le gocce a solcare il viso emaciato di lui, le sue mani a stringere a le proprie, il bisogno di sentire il suo sapore, pelle contro pelle. E l’abbandono con cui aveva ceduto, teneramente ma tenacemente, come un materasso trascinato da tre moschettieri senza fiorino attraverso un labirintico ostello. Per non parlare di quella volta in cui, ad uno dei loro primi appuntamenti, dopo che lei aveva passato mesi a convincerlo che non beveva caffè, ne aveva ordinato uno doppio; Jason aveva riso, e da dietro la schiena aveva mostrato ciò che fino a quel momento le aveva tenuto nascosto: due tazzine da caffè. «conosco le mie pecore» le aveva detto, le sopracciglia inarcate a rispondere divertite alla sua espressione allibita. Sarebbero un ricordo formidabile quelle tazzine se solo non fossero state dono di una certa Aloysia, una vecchia amica di un’amica di un amico di Jaz (insomma, Jason conosceva questa Judassa, fidanzata di Ashleo, il quale conosceva appunto Aloysia: Aloysia era una babbana speciale, e si era presentata con la capacità di moltiplicarsi, ma –sorpresa sorpresa!- AVEVA MENTITO: in realtà manipolava la luce. Ashleo si era molto offeso, al che Aloysia le aveva creato un utilissimo set di tazzine –pareva infatti che fosse ormai imbattibile, le sue tazzine erano ricercate in tutto il mondo: aveva dovuto allenarsi con il suo ragazzo, Lizzo, che le rompeva ogni tre per due- ed ogni mese per farsi perdonare gliene mandava altrettante, al che Judassa aveva cominciato a regalare a Jason). Comunque, stava di fatto che le tazzine dopo tot giorni sparivano, quindi Maeve non serbava alcun ricordo concreto. Eppure, lo aveva nel cuore.
    Con Jason Maddox, Maeve aveva lasciato scivolare da sé il cinismo, lo scetticismo: aveva una fede, una religione, un motivo per respirare. Quel loro amore, incomprensibile agli occhi dei più, era ciò che aveva sempre voluto senza mai saperlo, quello di cui, ignara, aveva avuto bisogno. L’ossigeno più puro, sulle labbra di Jaz, sulla sua epidermide salata. Avevano i loro alti e bassi, come ogni coppia che si rispettasse, ma gli alti erano così alti, da rendere i bassi l’ombra di un pizzicotto agli occhi di Maeve. Lo guardava, ed ancora si incantava a guardarlo come la prima volta che l’aveva visto davvero; la volta in cui si era accorta di esserne perdutamente innamorata, di dipendere dal suo sguardo azzurro, dalle mani di lui sul suo corpo. E, stranamente, non ne aveva avuto paura; nessun timore nel lasciarsi andare a quella relazione, nessun rimpianto. Erano loro due contro il mondo. Poi, in un secondo momento, il due era diventato un tre: Pablo, la luce dei loro occhi. Talvolta dormiva ancora nel lettone, stretto fra i loro corpi; si addormentava mentre Maeve gli leggeva la favola della buonanotte, e Jaz gli carezzava i capelli neri come l’ebano. Loro rimanevano ore svegli a guardarlo dormire, il petto che s’alzava ed abbassava placido. «è così bello» diceva Jason, quasi incredulo. «come te» lo correggeva lei, portando una mano sul suo viso. «come noi» rispondeva Maddox, prendendole la mano per baciarle teneramente il palmo.
    Fu proprio il piccolo Pablo che, seguendo le istruzioni del babbo, le portò il regalo per il loro anniversario. Si perse qualche istante a guardarli, gli uomini della sua vita, quindi si sciolse in un sorriso così affettuoso da spezzarle il cuore per l’intensità, e la profondità, dell’amore che provava verso di loro. «Tieni mamma...è da parte anche mia» Maeve rise, mentre con mani tremanti stringeva il pacco. «lo so tesoro, lo so» e quando lo scartò, trattenne il respiro. Con le dita scivolò dolcemente sul ciondolo, freddo sotto i polpastrelli, e solo qualche secondo dopo si ricordò di dover tornare a riempire i polmoni. Le si inumidirono gli occhi, ma cercò di non darlo a vedere. «è… perfetto. Voi, siete perfetti» si morse il labbro inferiore per non piangere, mentre la consapevolezza di quanto quella vita fosse meravigliosa, come ogni volta, la atterriva. Tutto ciò che aveva sempre voluto. Si alzò, stringendo entrambi in un abbraccio sentito, baciando le loro teste finchè non ne fu sazia. «quanto vi amo» continuava a ripetere, nascondendo il viso fra i loro capelli mentre le labbra, testarde, cercavano il loro sapore: casa. Da sopra il piccolo corpicino di Pablo, lanciò un’occhiata a suo marito; e sapeva, Maeve, che in quell’occhiata avrebbe visto tutto quanto.
    Come dopo cena, dopo aver visto un po’ di televisione con Pablo finchè il bambino non si fosse addormentato, gli avrebbe stretto la mano, baciandone ogni centimetro; come l’avrebbe condotto in camera, intimandogli di chiudere gli occhi, per mostrargli il suo regalo: la stanza ricoperta di delicatissimi petali di rosa, candele ad illuminare flebilmente ogni superficie. Lentamente sarebbe scivolata fuori dai vestiti, privando anche Jason di quanto separava la loro pelle, e ad ogni frammento scoperto avrebbe donato un nuovo bacio, come se mai potesse averne abbastanza, saggiando con la lingua ed i denti quanto, in quegli anni passati insieme, mai le era bastato. Perché Maeve Winston, Jason Maddox, lo amava davvero. Lo amava quanto mai avrebbe pensato di amare qualcuno, e per lui…

    Wat. waaaat. Qualcosa continuava a disturbarla, insistente, esigendo la sua attenzione. Eppure Maeve Winston non riusciva neanche a preoccuparsene, il lenzuolo stretto al petto e gli occhi, fissi, sul soffitto bianco della sua cameretta a Tralee. Wat. Da. Fac. Si rigirò nel letto, incapace perfino di battere le palpebre, mentre il ricordo di Jason le strisciava sinuoso sotto pelle, quant’era parso reale!, lasciandola in preda ai brividi.
    E non brividi di piacere.
    Waaaat. «mae, la colazione è pronta!» shiiiiiiit. «ARRIVO DAK» sbraitò lanciando la sveglia, il suono che l'aveva svegliata, contro il muro opposto, prima di soffocare il viso in fiamme fra i cuscini. Aveva appena… sognato…. Una vita - un anniversario!- con il fidanzato del suo bambino? Valeva come tradimento o come incesto? Come avrebbe fatto a guardarlo di nuovo in faccia??? WAAAAAT. Uccidetemi vi prego, Plagiatori sono qua venite a prendervi la mia vita i can’t handle it. Deglutì, trascinandosi fuori dalle coperte, quindi scivolò silenziosa in cucina, dove Dakota Wayne era ai fornelli.
    Ma non era l’unica sorpresa.
    «Spero non sia un problema….. volevo fargli assaggiare i miei famosi pancake» questa vita mi trolla troppo maria me ne vado. Gli occhi azzurri erano fissi sulla figura di Jason Maddox, comodamente seduto al tavolo della sua cucina, e pudicamente non potè fare a meno di stringersi le braccia al petto. «dormito bene, Bionda?»
    «ho sognato che ci eravamo sposati, era il nostro anniversario; avevamo perfino adottato un bambino di colore, Pablo. Ci amavano follemente e perdutamente, Dakota era un tossicodipendente che ci aveva abbandonato e aveva finito per fare la escort spezzandoci il cuore.
    Quindi direi di no, Jason.»

    «…non avrei dovuto? E ho un nome, Maddoxe non è maeve winston trattino maddox» rispose invece, inarcando le sottili sopracciglia bionde con aria scettica. Ma non potè trattenersi dal sorridere, nel riscontrare quanto la propria voce suonasse da frigida, acida, zitella che trova il proprio bambino a fare colazione con l’amante drogato: aw, bentornata normalità.

    sheet 25 Pureblood housewife Jaz-addictedpensieve
    ©#epicwin





    non ti chiedo neanche scusa per il ritardo perchè me ne vergogno troppo NO NON è VERO TI CHIEDO SCUSA TI PREGO PERDONAMI
    e concludo la maeddox, e giusto per sottolineare QUANTO la maeddox viva.... finale a sorpresa! #bigwat
     
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11 replies since 25/1/2015, 20:08   441 views
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