berkana

«dai. non sta andando così male?»
Jester roteò la falce tra le mani, labbra strette a cuore.
«dici.»
Si avvicinò a Stan, passetti rapidi così da potersi mettere spalle a spalle e strizzare la vista nella direzione di ciò che stava guardando; per vedere la situazione dal suo pov, insomma. Annuì lentamente, a quel punto. Non capiva, ma se si convinceva del contrario poteva quasi assimilare la sua energia ottimista. Se tu lo vuoi, tu lo sarai, una! di! noi! «io voglio crederci.»
Come il poster di X-Files.
Messaggi dal cielo: George si mise a piangere. Jester posò lo sguardo su di lui, l’espressione contrita di chi stava pensando intensamente al fatto che di lì a pochi istanti il ragazzo sarebbe salito su di un bus per rimanere con la testa incastrata tra le porte pieghevoli.
No, davvero.
Si strinse nelle spalle.
Tirò su col naso.
Portò l’arma sotto l’ascella e fece aderire i palmi fra loro a mo’ di preghiera, battendo la fronte contro le dita e mantenendo gli occhi ben chiusi. «are you there, troy.» prese un lungo respiro. «it’s me, fionaaaaaa»
Non doveva per forza essere quell’immagine specifica, ok. Ok, Troy? Ci bastano cose più semplici, più umili. La falce che trapassava il suo corpo, ad esempio. Che quantomeno toccava la pelle di George e gli provocava un bucherello da piercing. Sarebbe andato bene lo stesso. Giurin giurello.
«IT’S ME» quindi strinse di nuovo le mani attorno al manico, e lo alzò in aria. «FIOOOOONAAAAAAA» preganding fortissiming, prima di buttarsi addosso al tipo.

«meglio povera che pupazzo.» braccia incrociate al petto, Row arricciò il naso davanti al dito medio della Bolton. E cosa doveva dire lui, allora, che era stato pupazzo e, al momento attuale, era anche povero?
Non disse nulla, perché dalla sua aveva ancora l’orgoglio. “Lei non chiede, io non dico” – perché non gli aveva fatto vedere Scary Movie, ma le storie di Ornella gliele aveva lette tutte.
«magari poi ritrova anche la dignità, oltre alla divinità.» schioccò la lingua sul palato, concentrandosi solo sulla ragazza e sordo a quanto stava accadendo tutt’attorno – perché, in fondo, là stavano piangendo e tirando posaceneri: immaginava di potersi permettere un break pubblicitario. «anche se non hai una lira per comprartela, potrebbe essere complicato…» manco l’elemosina ai semafori poteva fare qualcosa per lei. Chissà se creando un nuovo culto sarebbe riuscita a racimolare qualche spicciolo come offerta.
«volevo vedere che combinavi.» strinse le labbra tra loro, ammorbidendo l’espressione e sciogliendo quella posa di chiusura per infilare le mani in tasca: di nuovo – ed iniziava ad essere preoccupante – non proferì parola; non del tutto colto alla sprovvista, sapeva quanto la chiaroveggente fosse famosa (tra chi) per non sapersi fare i cazzi propri, ma un po’ sorpreso che l’avesse cercato e trovato lo era comunque. «ed infatti. non stai facendo un cazzo.» ecco. «ma vaffanculo, pezzente.» love language. «solo perché mi stai distraendo, non significa che io non stia facendo nulla.» di fatto: non stava facendo davvero nulla. Il minimo indispensabile, ma almeno non aveva ancor ucciso nessuno, lui. Assurdo e scioccante, ma questo è un altro discorso.
«dai. non sta andando così male?» piegò con lenta intenzione lo sguardo sul Luna, dopo averne rivolto uno pregno di significato alla Bolton. «ma i cazzi tuoi non te li fai mai?» perché c’era una regola che, sopra a tutte, ogni individuo di quel mondo doveva rispettare. Sollevò l’indice, frapponendolo verticale tra la sua faccia e quella di Stan: «mai, mai dire certe cose. mai.» e se non lo sapeva, sentiva che presto lo avrebbe scoperto a proprie spese – e come lui, tutto il resto della squadra sarebbe finito a fondo perché il serbo aveva ritenuto opportuno parlare – non il linea generale, non gli dispiaceva troppo quando diceva una stronzata dietro l’altra, ma nel particolare era un altro discorso.
«voi ce li avete i bambini di merda?» domandò, piegando conquistato il capo in direzione della mora: ma ti dovrebbero picchiare di più. Così vero, così reale che obbedì all’indiretto ordine della ragazza, e pianto un calcio sul petto del bambino senza nemmeno preoccuparsi troppo di togliere le mani dalle tasche. Lo fece solo per tirare fuori la bacchetta, e lanciare alla donna con la spada un oblivion ambulare e farlo rimanere da qualche parte dove non rompesse troppo le palle e fosse facile da ammazzare.
«a cuccia!»
«a me?» kinky. Però no: retrasse il capo come una tartaruga, allontanandosi quanto più possibile dalla manaccia della bionda. «te le sei lavate almeno?»

«ho un quasit nel cervello.» ne aveva sentite tante di (stronzate? sì, ovviamente una moltitudine pure di quelle) storie, barrow, decisamente più assurde. ma annuì comunque, come aveva visto fare a Maeve con certi studenti: sembrava che essere scelti dai ragazzini per condividere confidenze fosse un flex non da poco. subito richiamato sull'attenti nel vedere la bustina di drummini apparire magicamente dal nulla, un terribile moto di affetto a crescere proprio in mezzo al torace «e puoi lanciarlo?» l'occhio «tipo sfera pocket» conversazioni realmente avvenute e domande cui anche rob spera di ricevere presto una risposta — baby Allen aveva fatto il suo, ora toccava a qualche altro mostrillo salvare la baracca.
dimentico per un istante di ciò che gli succedeva attorno (volontariamente dissociato per non dover assistere allo scambio di battute tra row e un ologramma), prese una delle sigarette girate a mano e se la mise nel taschino; un'altra, gentile concessione la portò alle labbra, senza ancora accenderla «a buon rendere» non che avesse molto da offrirle in cambio, a parte un paio di pasticche della felicità.
che poi, erano solo a mercoledì sera, presto sarebbero potute tornare utili.
il resto avvenne come al solito in modo molto caotico e barrow si rese conto dell'avanzata di Tom solo a sigaretta fumata per metà; nemmeno il tempo di fare pausa cool in santa pace, e lì era dove il ventitreenne tirava una riga «tu non sai un cazzo di alieni, coglione» pensava davvero di poter insegnare qualcosa in proposito a lui??
dov'erano sersha e kieran, quando c'era da indignarsi sul serio?
ah già — la Sargent stava probabilmente insegnando agli angeli a spezzare colonne vertebrali.
mannaggialaputtana.
allungò la mano per dare uno schiaffo al dito teso di Tom, stringendo poi la presa attorno alle falangi (????) con una torsione secca e un unico movimento: l'idea era spezzargli tutte le ossicina, così che una prossima volta le dita pensasse di mettetersele nel culo e non in faccia alla gente.
prima di ritirarsi nel suo spazietto (mentale. au delulu) a finire di fumare, passò accanto a Cindy e le tirò un calcio nel sedere, cercando di sbilanciarla in avanti prima che potesse castare l'incantesimo — e stasera direi che va così.

« Oooo pupa, attenta, freccia...! » «grazie!» disse accovacciandosi sul pavimento per evitare l’ennesima freccia da parte di shane, comunque kat si era dissociata come sara su lol, anche se giada non giocava a lol da anni insomma «scusate mi sono dissociata»semplice, mentre correva verso shane, tenuta ferma da corvina «vediamo se si può usare anche così » e le suonava l’arco in testa, facile e indolore

Guardò la bacchetta scureggiare – poteva giurarlo, di aver sentito dalla punta del catalizzatore il rumore di una loffa – quando tentò di far dimenticare la deambulazione a Cindy, e facendo spallucce decise di rimetterla in tasca senza dire niente a nessuno. Non lo reputò rilevante abbastanza da essere condiviso: in fondo aveva aggredito un uomo, gli aveva rubato quell’arma e poi con l’inconsapevole aiuto della divinità ologramma l’aveva ucciso; ci stava, che ogni tanto si ribellasse al suo nuovo padrone – anzi che fino ad allora era filato tutto liscio!
«ho un quasit nel cervello.» non Lele che si è perso i post e si accorge di determinati, particolari, scambi di battute solo una pagina dopo e perché Roberta invece è molto attenta a certe cose. Così, con i pugni affondati nella felpa, si avvicinò a Barry e Jester – che… forse sono ancora vicini. Chissà. «cos’hai nel cervello, di grazia?» era confuso, chiaramente, ma anche un po’ affascinato; soprattutto però era stata la curiosità a spingerlo a fare domande che con ogni probabilità l’avrebbero portato a pentirsi di aver aperto bocca. «ma cosa fa.» domandò allo Skylinski, occhi ambrati a rimbalzare dal fu Pinocchio al signor nemico ed il suo dito. Non avrebbe saputo dire, se mai qualcuno glielo avesse chiesto, perché lo fece, ma era una prerogativa del polacco fare cose, di tanto in tanto, che fossero inspiegabili: dunque alzò la mano, tese l’indice, e lo infilò nella bocca di Tom. «non è molto carino quello che gli stai facendo, sai.» ebbene sì, aveva bisogno di farlo anche lui per poter constatare con assoluta certezza fosse una cosa abominevole. «che schifo.» se ne andò, così come era arrivato a dare il minimo supporto sindacale, per occuparsi di «staaaaaan!» il suo amichetto. Gli prese la bionda capoccia tra le mani nel momento esatto in cui vide quella megera di una Brenda issare il proprio bastone sulla testa del ragazzo. Schioccò un bacio tra i capelli dorati, e lo guardò dritto nelle palle degli occhi: «questa è la benedizione di troy, non potranno spaccarti la testa.» dannatamente serio, ed era un win-win sia che fosse andata bene (perché beh, non sarebbe morto male), sia che fosse andata male (smontare la divinità della Bolton? Mega godo.) e poi guardò molto male la ragazza, e sebbene avesse pensato di appellarsi nuovamente alla chiaroveggente decise di non strafare: prese il mitra, e sparò.

Diciamo che … all’incirca … se ci sforziamo bene bene … era stata ascoltata da dio Bolton. Un puntino, dimensione piercing, ci va bene lo stesso, eccetera eccetera: presa un po’ troppo alla lettera, eh, ma si rendeva conto anche che ci fosse poco segnale nel cuore dello Sri Lanka. Magari aveva recepito solo quella parte.
La prese come testimonianza, come i cristiani devoti che vedono gesù nel sandwich bruciacchiato, e andò avanti a testa alta.
Più o meno.
Ci provò, poco ma sicuro; prima di ritrovarsi improvvisamente umida di lacrime e – sperava solo lacrime, su tutta la spalla. Le braccia di George a circondarla, i suoi singhiozzi incoerenti a spaccarle i timpani. Bene ma non benissimo.
«su, su» gesticolò a vuoto come un pupazzo gonfiabile, poi si arrese a premere i palmi contro la schiena dell’altro per dargli un paio di pacche che avevano, in teoria, del rassicurante. Nella pratica sperava solo bastassero a calmarlo il necessario, e magari districarsi da quel momento un po’ stranuccio. «va tutto… benone……» lanciò una richiesta d’aiuto con lo sguardo nella direzione di chiunque fosse abbastanza vicino in linea d’aria da essere in ascolto, e silenziosa come un ninja scivolò via dalle sue braccia. E quando vide che quel qualcuno era Corvina, beh – spalancò gli occhi, e abbassò lo sguardo, e si sentì solo un po’ in colpa per averlo lasciato alla mercé della sua furia omicida. Poco, però. La sua personale battaglia contro la convenzione di Geneva era una che Jester poteva rispettare. Finché non si riproponeva su di lei; a quel punto cominciava ad avere paura.
« Ma hai bisogno di aiuto, amica? Vuoi che lo picchi per te così ha un vero motivo per piangere? Lo farei gratis. »
Oddio.

Scosse la testa, sistemando i capelli in un gesto nervoso e automatico – la frangia a coprire il volto, come insegnavano gli emo. «credo sia solo scemo, tranquilla.» detto candidamente, con il tono di chi non vuole rassicurare ma presentare un mero dato di fatto.
E visto che il tempo non è lineare ma solo un concetto di noi esseri finiti e mortali, come insegna Arrival, si girò di nuovo verso Barry.
«e puoi lanciarlo?»
Corrugò la fronte. «hm?»
«tipo sfera pocket»
Cos’era la sfera pocket. Batté le palpebre, poi inarcò le sopracciglia. «ah, intendi–» questi boomer. Sciolse le labbra in un sorriso a metà, piegando lateralmente il busto. «la pokéball. in realtà può uscire quando vuole.» e di nuovo, tranquilla e pacata, come se stesse discutendo delle previsioni meteo e non di un parassita di fattezze infernali che poteva uscire a piacimento dal suo occhio.
«però.»
Rizzò la schiena, e premette indice e pollice contro le estremità dell’occhio sinistro fino a che il risucchio familiare della pietra non la obbligò a chiudere il palmo a coppa. «posso toglierlo e rimetterlo quanto mi pare; tanto torna sempre da me.» meno come un cane fedele e più come parte del suo stesso essere, ormai, ma quel dettaglio lo tralasciò. Lo girò nella mano, a quel punto; e poi lo lanciò come un Ash Ketchum tutto speciale, dritto dritto contro la testa di George.
«spero proprio che non si senta ispirato a uscire.»
Sorriso a trentadue denti, nonostante già sapesse, in cuor suo, di essersi fottuta da sola.
Contò fino a tre.
«in effetti, sapete cosa.» e guardò il resto dei suoi compagni, ormai abituata alle orribili zampette del quasit che si spalancavano in aria, risata malefica a completare il quadretto. «la nostra avventura non poteva che peggiorare.»

E come se nulla fosse, Jester recuperò il suo occhio da terra. Pronunciò un rapido incantesimo per disinfettare la pietra, poi lo spinse nella cavità d’appartenenza. Neanche ci provò, a chiedere al suo gremlin da passeggio di comportarsi decentemente di fronte ai loro nuovi amici; l’idea di decente del quasit, d’altronde, era una che il mondo non era pronto ad affrontare.
Allora guardò Stan.
Molto intensamente.
«hey» un cenno del volto in direzione di Row, gli occhi ancora puntati su genitore 2. «dici che lo abbiamo rotto?»
«penso di volervi vene»
Lo avevano decisamente rotto.
Fece aderire i palmi, un sorriso a trentadue denti stampato in faccia mentre si avvicinava con passi rapidi a Stan. «anche noi!» e si guardò attorno rapidamente in cerca di bustine di coca lasciate accidentalmente a terra, pillole scadute, cose; rifletté sugli ultimi istanti precedenti a quel momento, cercando tracce di sangue tra i suoi capelli, bernoccoli evidenti. Chissà, forse shell shock.
«aspetta, vieni un attimo qui.» strinse un braccio attorno alle sue spalle, a quel punto; il collo chinato per poterlo guardare da più vicino in cerca di danni al suo sistema nervoso. Era stato incantato? Era solo – così? Naturale amministrazione? Giovedì qualunque per il Luna?
Chi avrebbe potuto dirlo.
«per9 devi farti i testicoli tuoir»
«certo, stan.» batté una pacca contro la sua spalla, e lo guidò gentilmente altrove. «perché non andiamo a riposarci in un posticino più tranquillo?»
Tanto, insomma; era certa che il quasit avesse la situazione (in sottofondo, un urlo stridulo e rimbombante: «HAI UN’EMORROIDE NEL CULO GROSSA COME UNA NOCE») sotto controllo per entrambi. Gli permise comunque di alzare la pistola, assicurandosi di aggiustare sbrigativamente la mira prima che la pallottola potesse conficcarsi in uno dei loro compagni; e con un sospiro tra sollievo e orrore tornò a trascinare entrambi verso il tronco d’albero riversato a poca distanza, panchina di noialtri.

Guardò Stan.
Guardò molto intensamente Stan, mani premute sul suo volto e occhi ambrati a cercare quelli azzurri del biondo.
Poi si voltò, le iridi puntate sull’ologramma di Troy. Oltre al fatto che la benedizione della Bolton – come volevasi dimostrare – non aveva funzionato (4pd), a quanto pare aveva anche rotto uno dei pochi amici che si era fatto nell’ultimo mese.
Riportò la propria attenzione sul ragazzo. «hey, dici che lo abbiamo rotto?» colto alla sprovvista, andò a cercare la ragazza che si era appena tolta un occhio lanciandolo in giro e liberando – cos’era, un folletto della Cornovaglia? Unclear. «tanto centrato non è mai stato,» almeno da che lo conosceva lui. «però credo… proprio di sì.» analitico e poco preoccupato, a dirla tutta. Un po’ di shock sapeva essere terapeutico, propedeutico – a… qualcosa, sicuramente. Alla fine era stata una sua idea quella di buttarsi in una spedizione magica, quello faceva parte del pacchetto.
«penso di volervi vene.» piegò le labbra in un sorriso tutto denti, Wyborowa Moskovskaya. «aw, certo che ci vuoi bene!» come avrebbe potuto essere altrimenti, dopotutto. «anche noi, anche noi.» gli diede un morbido buffetto sulla guancia, prendendo al volo uno dei popcorn lanciati da Brenda. «tieni, mangia questo.» glielo mise in bocca (il popcorn.) e spostò le iridi dorate sulla ragazza. «posso lasciarlo a te?» e così fece, guardandola accompagnare il serbo da qualche parte per farlo riprendere un po’.
«ma che palle.» si scansò di lato, cercando di evitare la maledizione lanciatagli contro ed avvicinandosi alla bionda quanto più possibile. Gli prudevano le mani dalla voglia di ricambiare il favore e tirare fuori la bacchetta, ma aveva sinceramente paura non avrebbe funzionato. «muori?» lo chiese, perché magari avrebbe funzionato meglio con un po’ di gentilezza.

«ah, intendi– la pokéball» minchia se non l'aveva detto subito di dover lanciare jester insieme a Cody.
era così che ci si sentiva ad avere dei figli?
istintivamente, Barry spostò lo sguardo su Stan — Stan: 🤪🤪🤪🥴🥴 «ma chi cazzo me l'ha fatto fare (di uscire dalla fessa di mia madre)» già, chi? inviò mentalmente un santo ciascuno per Kieran e Murphy, un passo indietro fino a premere la schiena contro la parete di cemento. aveva bisogno di un momento, lo skylinski, per (guardare George morire. uno spettacolo corroborante, lungi da lui negarlo) rimettere insieme le idee e farsi un quadro più dettagliato della situazione:
- il quasit (sue canon) che zompettava in giro come un gremlin ad ali spiegate, un'immagine così familiare per Barry da strappargli persino un sorriso nostalgico. vi giuro che la Skywalker al Mc Donald's è uguale.
- Stan ubriaco, e ok.
- shaneequa con le sue scoregge da 7pa
- row raggomitolato a terra morente, perché anche se in off era un attacco da 1, non doveva essere per niente piacevole.
si concentrò prima sul ragazzo, anche se il resto sembrava molto più interessante (❤), rivolgendo al polacco la propria bacchetta: non l'aveva ancora tirata fuori, al pari delle pasticche colorate con gli smile sopra, ma al penultimo giorno di quest sembrava finalmente giunto momento. la prima avrebbe potuto fare cilecca (succedeva a quattro uomini su cinque, niente di cui vergognarsi), ma le caramelle della felicità non lo avevano mai deluso «reserant» che continuo a leggere revenant, e comunque ha il suo senso.
« Se trovi le pasticche che si è calato lui, tienimene da parte una. » rivolse le iridi grigio azzurre su Corvina, la testa bionda leggermente reclinata verso la spalla. ci era già passato, Barry: fare il distributore gratuito in tempo di guerra rientrava evidentemente nelle caratteristiche del suo bonus di classe — si trattava pur sempre di una cura. spense quel che rimaneva della sigaretta sotto allo scarponcino, le dita della mancina a rovistare nella tasca; dalla bustina trasparente prese una pasticchetta che mise in mano alla ragazza, e un'altra la posò sulla propria lingua «se avete bisogno...» insomma, che ci stava a fare li se no.
magari non avrebbe spacciato droga a jester (unless???), e Stan non sembrava in grado di reggere altri stupefacenti (lo era già di suo!), ma mai dire mai. fece un respiro più profondo, lasciando che l'ossigeno e qualunque sostanza chimica ci fosse nella caramellina rosa facessero il loro effetto, prima di puntare la balestra contro Cindy, ennesima rottura di cazzo «ora che sarai un po sola... tra il lavoro e le lenzuola...» eh si. stava succedendo. avete (brotell) voluto la bici (rob che si ritrova davanti il terzo spritz senza ricordare assolutamente di averlo preso: Pikachu.png), adesso pedalate, cazzo «presto dimmi tu, come farai?» HHHHHHHHHH «ora che tutto va a caso... ora non sono più un peso... dimmi quali scuse INVENTERAAAI» e premette il grilletto (???), facendo scattare la freccia.