berkana

Wyborowa Moskovskaya era provato.
Dal precedente giorno di battaglia? Dai vari congelamenti, proiettili nelle braccia, voli in giro per la giungla, dai suoi compagni di avventura (non tutti, grazie al cielo: l’unico problema era stata la bionda, alla fine della fiera)? Dalla stanchezza del combattimento e delle infinite, travagliate camminate tra le fronde degli alberi?
Assolutamente no. Quella era stata la parte facile, divertente.
Il suo problema aveva un nome ed un cognome, diversi problemi mentali e, a quanto pareva, un neo scoperto complesso di divinità.
Immaginate dover provare delle emozioni (e già qui, terribile e sconsigliato) e volerle condividere (ancora peggio), e ritrovarsi a dover osservare Troy Bolton vagare per l’accampamento a professare il proprio dono celeste ed a cercare proseliti per la nuova religione che avrebbe fondato in suo onore. Immaginate sentirla ridere nel sonno, e nella veglia, un suono poco riconducibile all’Altissimo e molto più simile alle onde dello Stige a colpire la zattera di Caronte. Immaginate, perché potete, un’infame gnomo da giardino (e senza ascia!) che si avvicinava alla gente, prendendo loro le mani tra le proprie, e gli spiegava come sarebbe stato il loro prossimo destino – perlopiù premoniva morte e perdizione, e il polacco non aveva avuto nemmeno la mezza intenzione di chiederle se fosse delirio o reale chiaroveggenza. L’aveva vista fallire così tante volte che non riusciva a credere minimamente a quel ritrovato potere: non era riuscita a prevedere nemmeno l’arrivo di un autobus quando questo si stava avvicinando, come… come poteva – prenderla seriamente, darle adito, crederle. C’era chi diceva di averla vista davvero manifestare uno squalo dal cielo, e lì Row aveva deciso di andare a dormire.
«mh.» aveva... seguito, più o meno, quello che stava succedendo. Sentiva di essersi perso qualcosa, ma percepiva anche delle interferenze mentali date dal bisogno di Troy di ascendere e di farglielo presente incessantemente. Tirò distrattamente via la bionda dalla traiettoria di una freccia vagante, e poi si avvicinò a Stan, passi lenti e calcolati come se la gente non stesse cercando di ucciderli – tutto all’ordine del giorno, insomma. «ma no, che risposta sbagliata, l’hanno trasfigurato.» vide il burattino che una volta era stato Barrow Skylinski, pace all’anima sua, planare nel cielo e venire accolto tra le braccia poco possenti del buon Luna. Gli posò un gomito sulla spalla, guardandolo negli occhi. «sai cos'è una trasfigurazione?» una cosa terribile, atroce, e che odiava con tutto il proprio cuore: motivo principale per cui non esitò a tirare fuori la bacchetta e a ticchettarla sulla testa di legno del biondo (non il babbano, l’altro); gli era sinceramente solidale. «preparati.» ma a cosa. «manus vitae.» a ritrovarsi una persona in carne ed ossa tra le braccia senza un vero preavviso, forse; a rimanere deluso dal nulla che sarebbe successo di lì a poco, magari. Entrambe papabili e valide risposte. Dunque sollevò il mitra, e sparò a chi aveva trasfigurato il suo futuro nuovo amico perché era davvero poco carino da parte sua.

«sono la fottuta fata madrina.» rivolse un sorriso ed un colpetto con la bacchetta sul naso al ragazzo tra le braccia di Stan, prima di spostare le iridi ambrate sul profilo di quest'ultimo. «questa, amico mio,» gli passò un braccio attorno alle spalle, accompagnato dal dolce sottofondo musicale di Jester; indicò con il palmo aperto il bambino vero ch'era tornato ad essere Barrow, sinceramente soddisfatto della riuscita del proprio contro-incantesimo – non così scontato, dal momento che l'ultima volta che aveva usato la magia prima di quella quella missione era stato nel '96. «è una trasfigurazione.» lezione di magia avanzata 101, a cura di Wyoborowa Moskovskaya: se il Luna si aspettava spiegazioni più esaustive di quella da parte sua, aveva decisamente sbagliato persona a cui chiedere informazioni. Il massimo che poté aggiungere fu un onesto: «è quando trasformi una cosa in un’altra. o una persona.» non era comunque certo fosse nelle condizioni psicologiche giuste per recepire quel messaggio, ed il polacco decise saggiamente di non farsene un problema.
Quando Barry saltò via, accettando qualsiasi cosa fosse successa come un evento canon e rovinando quel peculiare quadretto, lo fece senza nemmeno ringraziarlo – molto rude da parte sua, non sapeva se sarebbe mai andato avanti.
La superò.
«ma quindi...» si trascinò dietro il babbano, spostandosi dalla spada diretta al suo petto. «non ho mica capito: sono amici tuoi?» si avvicinò alla donna con la televisione in mano e decise che, se Troy aveva fatto piovere uno squalo dal cielo, non doveva farsi troppe domande su niente. Cercò il pulsante di accensione, e lo spinse per spegnere quella roba: era disturbante, in quel momento. «chissà se hanno questo film da blockbuster, voglio vederlo con calma.» e chi glielo diceva, che Blockbuster non esisteva più. «oddio, colleghi di lavoro? quella è uno dei capi?» e sparò alla donna con la spada, perché era una persona generosa e magnanima e sapeva quanto chiunque volesse uccidere il proprio boss.

anche lei voleva conoscere i segreti della magia!! non ne sapeva praticamente nulla visto che prima di entrare nei laboratori era una semplice babbana «oddio figo!! quindi voi maghi potete trasformare le cose in tutto ciò che volete?» probabilmente no, o sarebbe stato troppo bello per essere vero, e poi c’era liz monrique che trasformava le mutande in oro ma questo kat non poteva davvero saperlo. ma quella era una televisione? «scusi ma è un documentario?»era una domanda innocente che non ebbe il tempo di avere una risposta perché la donna le stava sputando. sì sputando. kat la guardò con un’espressione schifata «ma non lo sa che ce la peste in giro?» quella che si erano prese pandi e lia per intenderci, una mano sull’avambraccio di stan per tirarlo via dalle frustate, incoccò una freccia prendendo la mira verso il petto di brenda «le armi non hanno germi, almeno» e la scoccò verso il tramonto

(3) DIFESA STAN (kat + barry): 2 + 1 = 3
ATTACCO BRENDA (kat + barry): 1 + 1 = 2
DIFESA: 2
Non dico che dovessero migliori amici, per carità, ma manco a fare così. Kat? Stan era stato l’unico a preoccuparsi che non avesse subito un trauma cranico a causa del pugno d’acqua. Barry? Si era tuffato per prendere al volo un fottuto burattino di un metro e ottanta.
Ecco perché non amava nessuno, Stanley Cooper: gli spezzavano il cuore ancora prima che decidesse di concederlo. Non era una considerazione infra quarta parete, perché lui l’aveva visto che non ci avessero neanche provato. Proprio davanti alla sua insalata! Non potevano almeno fingere, per dieci minuti, che gli importasse qualcosa di lui? CHE AVESSE UN PESO NEL MONDO, ED ESISTESSE, E SAREBBE MANCATO A QUALCUNO SE FOSSE MORTO? Doveva ancora riprendersi dal fatto che Barrow Skylinski fosse diventato di legno e di una dimensione opinabile (quanto fosse grande, dipendeva a chi lo aveste chiesto, ma d’altronde a chi interessavano ancora cose così banali e superficiali nel santo anno del signore duemilaventiquattro?), di essersi lanciato per afferrarlo come un cagnolino al bastone (che… oddio. Ora che ci penso… molto reale) e che fosse TORNATO UMANO FRA LE SUE BRACCIA COME NEI SUOI PEGGIORI INCUBI? Non che nei suoi incubi fosse solito abbracciare Barry, sarebbe stato particolare e molto specifico, ma… era un sacco di contatto fisico con un altro essere umano, capito? C’erano tutte quelle parti che si toccavano, le spalle con le ossa (le ossa, capito? Di uno scheletro. Di un’altra persona) e l’autismo del Luna a dirgli che le persone entro un metro cubo di distanza potessero percepirlo respirare, ed allora doveva smettere di farlo. Se ve lo steste chiedendo, sì, aveva rischiato di morire asfissiato più volte, e solo perché era un coglione. Capitava, nella vita (di stan e basta, ma quella conosceva, e quindi.). Comunque non siamo qua per dissezionare i disturbi mentali del serbo, siamo qua per dirvi che aveva scambiato un’intensa occhiata con Barry che avrebbe dovuto valergli ALMENO 3 pd IN SOLO, e che aveva quasi pianto quando Row aveva iniziato a trascinarlo in giro per la stanza.
Non era manco troppo minaccioso il polacco, sapete. Sembrava pure uno alla mano, con quel suo tono leggero e divertito, sempre parzialmente distratto da qualcosa che Stan non capiva (e non ditelo manco! Lo so che siete scioccati). Il serbo era in un momento così disperato della sua vita, che valutò di ingoiare l’orgoglio e nascondersi con non curanza sotto il suo giacchetto, ma sapete che c’era? Che non aveva orgoglio (1) e faceva un caldo porco in quel dello sri lanka, quindi dubitava Row avesse un giacchetto (2) senza contare… niente, senza contare. Per favore, non fatelo contare. Sorrise al ragazzo, perché gli aveva spiegato cosa fosse una trasfigurazione «grazie» e non aveva capito un cazzo! Ma lo imbarazzava troppo domandare, quindi boh, avrebbe fatto qualcosa di molto old school tipo (piangere) cercare in una biblioteca. Esistevano ancora? Ogni tot esplodevano o venivano rase al suolo, quindi lui perplesso.
Guardò Rowan (che non si chiama così, ma ora sì) con espressione seria, solo un pizzico d’isteria negli occhi chiari ed un prurito d’ovvietà a chiedersi se lo stesse prendendo per il culo anche lui. «no, row. Non li conosco. Ma penso siano cosplay? » Allargò le braccia, indicandoli con un ampio movimento della mano.
No? Niente?? «scary movie???» ?????? NON CONOSCEVANO SCARY MOVIE?
[tuoni in background]
[una risata malefica e familiare]
«PORNHUB! POLACCO BASTARDO! NON CONOSCI SCARY MOVIE?» Come tutte le divinità, Troy Bolton ascoltava solo le preghiere interessanti, e sceglieva di conseguenza quando manifestarsi. Un ologramma di tutto rispetto.
Stan guardò Troy. Annuì, piano. Molto, molto piano. Temendo che, boh, lo fulminasse, con l amano con cui imbracciava il fucile indicò il bambino. «ecco, quello è cody - uh» ma. Gli era forse partito un colpo?? oddio…..
(fato ti prego non farmi colpire corvina.)
«e questa è -» si buttò a terra, perché il primo istinto era sempre quello (strisciare via? Esatto) di buttarsi come un sacchetto dell’immondizia, rotolando lateralmente ed indicando la donna. «brenda» pew pew, un altro colpo accidentale.
Guardò deadpan Row. «volevo farlo» sisi del tutto intenzionale.

«le armi non hanno germi, almeno» avrebbe potuto dire tante cose, barrow skylinski, mentre passava in rassegna i gingilli che i suoi compagni di erano portati dietro. il sangue a macchiare la lama della falce tra le mani di jester raccontava già da solo una realtà diversa — potevano esserci almeno una decina di malattie infettive già in circolo, per non parlare dello schifo che passava dalle mani non lavate ai calci dei fucili. ma chi era lui per strappare Kat dal suo au delulu?
tenne la bocca chiusa, perché la ragazza non stava parlando con lui, mordendosi l'interno della guancia; oddio ho chiuso gli occhi un attimo e mi stavo addormentando MISSION ABORT MISSION ABORT. ho anche dimenticato il punto cui volevo arrivare, quindi tiriamo un po più dritto e prendiamo una scorciatoia: per qualche motivo, dai fateggi si evinceva un oredilizione dell'assistente per salvare il culo a row, e fin qui niente dj strank.
a parte il fatto che non sapesse chi cazzo fosse. poco utile, in effetti, conoscere una persona a livello personale e intimo, se poi ogni scusa era buona per picchiare un nemico random: fosse stato anche il suo peggior nemico, Barry avrebbe fatto comunque un passo avanti — l'occasione di pullare una Sin non si lasciava sfuggire alla leggera.
allungò il braccio destro senza dire una parola, cercando di cogliere Cindy si sorpresa; un punto fondamentale nella riuscita del piano, e fu grato l'altra fosse troppo presa dal tentativo di uccidere il polacco per accorgersi di lui (forse). le dita si strinsero attorno ad una ciocca di capelli, il palmo a premere contro la nuca della donna.
quando tirò, lo fece forte.
probabilmente non abbastanza da strapparle pure le extensions, ma questo solo il fato può deciderlo «sono molto stanco, sai?» lasciò la presa solo per cedere Cindy alle amorevoli cure del Moskovskaya, le dita a cercare nuovamente la forma confortante delle pasticchette nel taschino della divisa tattica.
non era certo di poter (arrivare alla fine del pista) resistere fino in fondo senza cedere alla tentazione, Barry; ma per il momento le tenne lì, lasciando sfuggire un sospiro tra le labbra appena dischiuse. parlava a se stesso prima che con chiunque altro, barrow, ma se ci fosse stato qualcuno pronto a rispondere non si offendeva. perché era davvero molto molto stanco.
giunti alla quarantesima settimana di questo può capitare «ti dirò. ora che ci penso» questa volta si rivolse direttamente alla O'Death, iridi grigio azzurre a studiare intensamente la figura di shaneequa: da dove Cristo li aveva tirati fuori quei posacenere???? «ho dimenticato di portarmi le sigarette» non che avesse qualxhe speranza dj farsene offrire una da jester (unless???), ci teneva a giustificare ad alta voce un motivo per le sue mosse successive.
tipo, non so, staccare di corsa per buttarsi a terra ed entrare in scivolata sulle caviglie dell'uomo; afferrando un posacenere di ceramica, e subito dopo aver colpito il nemico con una tacchettata si spera importante, gli avrebbe tirato l'oggetto sui denti, nella speranza dk lasciare una bella finestrella centrale — in onore del generalissimo Mort, ovviamente.

«no, row. non li conosco. ma penso siano cosplay?» il Moskovskaya strinse le labbra tra loro e, guardando un punto lontano sullo sfondo del loro campo di battaglia, annuì con convinzione. «ho capito.» non aveva assolutamente capito.
Negli ultimi ventotto anni non era stato propriamente fuori dal mondo, il polacco. In un modo tutto particolare, aveva continuato ad esistere: aveva visto tutto ciò che conosceva cambiare da dentro una (scatola…) prigione di cotone e piccoli bottoni neri al posto degli occhi, ed immobile, oggetto solo del volere di chi si prestava a sballottolarlo da una parte all’altra senza ritegno, aveva dovuto subire e sopportare senza poter fare nulla; figurarsi se sulla storia che si andava a modificare secondo dopo secondo aveva mai potuto anche soltanto pensare la propria – perché di dirla, non ne aveva mai fatto a meno. Aveva già sentito quella parola, “cosplay”, ma tra tutte le cose che accadevano intorno era sicuramente l’ultima su cui avesse avuto la voglia di portare la propria attenzione. Continuava a non interessargli: lo infastidiva soltanto l’idea di non sapere con esattezza contro cosa stessero combattendo – questi cosplay erano forse delle armi innovative? Armature umane dotate di assetti moderni? Una razza aliena (o una razza e basta: ma la società si era evoluta e bla bla bla…)? Non lo avrebbe comunque chiesto.
Fake it ‘till you make it.
«scary movie???» posò gli occhi dorati sul profilo del Luna, e gli donò l’intero spettro delle espressioni umane – almeno, dalla finta consapevolezza all’assoluta ignoranza e confusione rispetto a ciò che stava dicendo; scosse addirittura la testa, ammettendo la propria sconfitta in quel settore.
Non lo avesse mai fatto.
Chiuse gli occhi, capo rivolto al cielo e un sospiro tremendamente pesante lasciato cadere dalle morbide labbra dischiuse. «ma cazzo.» non aveva altro da dire a quel nefasto tuono riprodotto dal telefono della Bolton – non gli era sfuggito, il suono della notifica in sottofondo –, e all’altrettanto mefistofelica risatina della ragazza. Si chiese cosa avesse fatto di male nella propria vita per meritarsi quella condanna, e trovò la risposta così velocemente che non sentì il bisogno di esporla a voce: tante cose.
«PORNHUB! POLACCO BASTARDO! NON CONOSCI SCARY MOVIE?»
Guardò l’ologramma di Troy, ed umettò le labbra con calibrata ed intenzionale lentezza: per stare in quella forma, gli sembrava di aver capito, doveva abbandonare il proprio corpo fisico e lasciarlo in balìa di chiunque fosse con lei; sperava facessero qualcosa di assolutamente stupido alla faccia della deficiente, o che la incatenassero da qualche parte, qualsiasi cosa mentre la teneva lì a dire cazzate. «no.» gli mancava qualcosa, e lo lasciò prudere sulla punta della lingua per pochi istanti. «grandissima cogliona.» come se poi dovesse spiegarlo a lei – a lei!, che lo aveva avuto appiccicato al culo contro la volontà di entrambi fino al mese precedente – il perché non conoscesse quella pellicola, e molte altre dal ’96 in poi. «non è colpa mia se sei una poraccia di merda e non ti sei potuta mai permettere una televisione.» e poi si guardava i film e le serie tv su un telefono così piccolo che gli occhietti del fu Pornhub non riuscivano nemmeno a distinguere. «ma non hai un cazzo di meglio da fare che venire a rompere le palle a me? io ho da fare.» non aveva da fare.
Cioè, insomma – sì: combattere, sopravvivere, eccetera eccetera, ma poteva anche decidere da un momento all’altro di abbandonare Stan e l’allegra comitiva e tornarsene a cazzeggiare all’accampamento. Per il momento si stava divertendo (“row, ma non hai fatto niente…”), quindi bella lì. A proposito del Luna: mentre questo indicava «cody – uh» lo prese per la collottola e lo spostò quanto bastava ad evitare che venisse traumatizzato da un televisore in testa, lasciandolo poi rotolare felice; il tutto, senza mai distogliere lo sguardo dalla Bolton. Una sfida.
«ma no, che cazzo dici,» aggrottò le sopracciglia, volgendo appena lo sguardo sulla bionda. «non possiamo trasfigurare tutto. magari.» fottute leggi di Gamp che gli impedivano di diventare ricco in uno schiocco di dita.
«scusa, ma non vedi che sono impegnato?» guardò l’altra bionda – quella con la spada che voleva affettarlo, per inciso –, e con il palmo aperto indicò l’olocausto. Ologramma. Ma sapete cosa, lo lascio così. «attività sociali e di beneficienza, non mi rompere il cazzo.» e dunque, le sparò.
«volevo farlo» guardò Stan. Sollevò il pollice, ed annuì convinto. «bravissimo bubi.» e lui era il Presidente dell’ONU.

Era bellissimo.
Era orribile.
Barry aveva pensato fosse necessario consolarla. Oh Cristo. Oh Cristo.
Lo guardò, gli occhi ancora spalancati come se avesse appena visto un fantasma — di quelli particolarmente brutti, con le teste visibilmente mozzate e pezzetti di pelle a dondolare ogni volta che soffiava il vento –, e batté le palpebre. «la mia vita è uno scherzo.»
Sentite. Sentite. Era solo molto imbarazzante, ok. Tutto. Il fatto di doversi appiccicare a una persona per comfort, che già di per sé era qualcosa sulla quale preferiva davvero non dover riflettere, e il fatto che quella persona fosse
Barrow Skylinski.
È già stato detto, ma vale sempre la pena ripeterlo. Non che Jester avesse chissà quale problema irrisolto e unilaterale con lui, era più un — di tante persone, no. Il meno probabile. Il genere di personaggio che evitava come la morte perché la faccia tosta l’aveva ereditata tutta sua sorella, Jest era solo lì. Cuscinetto di noialtri. Non era mentalmente qualificata a tante cose, nel dubbio, ma quella in modo particolare.
Aveva senso, certo. In un modo tutto strano; non avrebbe sopportato lo stesso livello di approvazione da un adulto vero, perché era pur sempre un’adolescente. Non lo avrebbe, ew, abbracciato. Non voleva essere vista come una bimbetta che doveva essere guidata nei suoi primi passi. Come via di mezzo poteva starci. Comodamente.
Alzò un pollice nel più debole thumbs up della storia, e tornò a fare… cose.
Tipo posare la stessa thousand yard stare su Cody.
«ascoltami, non è cattiveria» e massaggiò le tempie, confusa e stanca perché questo post sta andando avanti da dieci giorni: giulia continua a distrarsi edition. «lo so che è stata molto dura per te da quando ti è morta la mamma» scosse la testa, e spalancò le braccia al cielo. «e gli adulti nella tua vita sono stati egoisti, hanno sempre pensato alla loro carriera. Ma se metti giù quei nunchaku, amico, giuro che penseremo noi a te, ventiquattro ore su»
« Io ti vedo morto sventrato con gli intestini di fuori, moscerino di merda. »
Hm.
Beh.
Nulla che potesse fare a riguardo.
«ti dirò. ora che ci penso» sollevò lo sguardo dal bimbetto, lasciando cadere nuovamente le braccia inermi ai fianchi. «ho dimenticato di portarmi le sigarette»
Tirò su col naso, Jest. Grattò un sopracciglio.
Considerò attentamente le sue opzioni.
«ho un quasit nel cervello.» e alla fine si piegò fino a raggiungere una delle ventordici tasche dei pantaloni, sfilando il sacchetto (il sacchetto. sì. che cazzo vi pensate. certe cose le nascondeva; aveva 17 anni.) di drummini pre-rollati per porgergliene uno con tutta la casualità del mondo. Inconsciamente arresa all’idea di dover ammazzare Kat, pace all’anima sua. Poi si piegò al lato opposto per pescare l’accendino. «cioè, più o meno, più tipo. nell’occhio» e gli lanciò anche quello. E perché no, un cenno di ringraziamento a Shaneequa, e provò ad afferrare al vento il posacenere come un giocatore di baseball. Troppo gentile. «vabbè, storia complicata.»

Abbassò colpevole il fucile sperando non l'avesse visto nessuno, labbra incurvate in un broncio ed un'occhiata distratta al pavimento. Era evidente non fosse fatto per un'efficiente risposta azione - reazione, Stanley (non Cooper, quello era Sheldon, ma la S c'era e l'allergia alle persone pure) Luna. Fingere poteva funzionare solo fino ad un certo punto, e quel punto l'aveva superato da un pezzo (la nascita). Fu ben felice della distrazione offerta dal fantasma traslucido di Troy Bolton Hawkins, e non era qualcosa che pensava avrebbe mai pensato. Abbracciò l'arma da fuoco premendola contro il petto, percependone appena il calore attraverso i vestiti.
«meglio povera che pupazzo» Il dito medio della chiaroveggente, Stan lo sentì nell'anima. «e no, mi annoiavo. la mia ritrovata divinità mi sta proteggendo» Friday in background che sopravvive a Remi, Hans che muore pagando pegno per l'intera squadra. «volevo vedere che combinavi » tutta corrucciata, braccia incrociate e tono strizzato fra i denti. Stanley Luna era un empatico (e troy piuttosto ovvia.) quindi sapeva fosse un modo come un altro per mostrare preoccupazione. «ed infatti. non stai facendo un cazzo» che…beh. come confutarle l'ovvio ed il vero.
Erano una squadra di pippe.
«dai. non sta andando così male?» ecco, cazzo. ecco. l'aveva detto. senti l'universo roteare gli occhi ad un'altra galassia, Stan, percependo di aver fatto la scelta sbagliata nell’otome game che era la vita. Ormai era andata così.
E quando George iniziò a piangere, non poté fare a meno di guardarlo. Era incapace di consolare le persone, e credeva fermamente che fingere di Non Vedere fosse la soluzione. Gli rispose seriamente, osservandolo con un cipiglio severo. «non penso sia quello il problema sai. forse è il costante tentativo di ucciderla» alzó le mani.
O magari no. [ as ]
« Sei abituato ad essere picchiato scommetto...! Ma ti dovrebbero picchiare di più. » Guardò Corvina.
Guardò Cody.
Guardò il soffitto. Era il momento di far vincere i pensieri intrusivi? Ok. Afferrò il fucile come un bastone piuttosto che come arma da fuoco, colpendo il ragazzino sotto il mento.
«tanto non sei reale» e Stan delulu lo colpì anche alla nuca, di ritorno. Non si sapeva mai.