sowelu

«non devi trattarmi come un animale ferito.» se Finn avesse avuto delle orecchie, le avrebbe abbassate afflitto. Non vedeva di certo Blaise come un animale ferito o meglio, lo aveva visto ferito, sì ma non aveva intenzione di trattarlo con i guanti. Era solo preoccupato per lui, come lo sarebbe stato con qualsiasi altro nelle sue condizioni. Aveva solamente cercato di essere di aiuto, di fare qualcosa di concreto, di non sentirsi la nullità qual era. Perché quello era. Nessuno l'aveva preparato a quello perché lui aveva sempre evitato i conflitti e anche a scuola non aveva mai avuto chissà che voti in combattimento corpo a corpo e arti oscure. Studiare incantesimi gli piaceva ma non gli piaceva combattere. Probabilmente se solo ci avesse provato non avrebbe fatto schifo perché li aveva studiati e si era allenato ma una volta fuori da Hogwarts aveva ripudiato qualsiasi tipo di violenza, anche quando era lui ad essere attaccato, il massimo che faceva era difendersi. Più di una volta era dovuto intervenire Ethan a salvargli la vita. Nell'ultimo periodo si era reso conto di aver bisogno di contrattaccare, quel minimo, per salvarsi la vita, soprattutto rendendosi conto che non ci sarebbe stato sempre un Ethan al suo fianco a toglierlo dai guai o mettersi in pericolo al posto suo. Se n'era reso conto un po' troppo tardi e non era stato in grado di allenarsi a dovere, a trovare quel coraggio che aveva sotterrato sotto anni e anni di paura. Non era facile cambiare ed era fin troppo facile per lui rimanere il ragazzino spaventato e che avrebbe sempre sperato di poter contare ed essere salvato da qualcun altro. «uh n-non» si passò una mano nei capelli a disagio. «non era mia intenzione» forse il problema stava nella sua espressione? Lo stava guardando come un cane bastonato? «è la mia faccia, giuro» gli disse out of context. Dopotutto Finn aveva perennemente gli occhi lucidi, preoccupato per qualunque cosa succedesse a sé e agli altri, riusciva anche a tremare come una foglia nei momenti di maggiore stress quindi era la personificazione del cane bastonato. «volevo essere d'aiuto... non sono.. non so fare molto» curare almeno gli era venuto bene, anche perché era fra gli incantesimi che finiva per usare di più. Almeno cose non troppo gravi, non aveva studiato per diventare medimago. Well, non che facesse effettivamente qualcosa nella sua vita al momento, ma fra i suoi progetti non rientrava il lavorare come medimago. «sono inutile, qui» alzò le spalle e spostò lo sguardo verso i nemici. Nemici. Solo quella parola era assurda, gli unici nemici che doveva affrontare di solito erano nei videogiochi. «e non ti deve succedere niente. dani si preoccuperebbe e non solo lui» non avrebbe permesso a nessuno di lasciarci le penne, gruppo cursed o meno che fossero. Non voleva morti, non voleva persone in fin di vita, voleva solo che riuscissero a trovare i loro amici. Percepì qualcuno arrivargli da dietro e fece uno scatto in avanti per schivare il colpo, poi si riavvicinò solo per spruzzargli lo spray al peperoncino negli occhi. Sarebbe morto. Lui lì sarebbe morto, cristo santissimo. Lo aveva attaccato con una spada !! Vera !! Le uniche che aveva usato erano finte, per rievocazioni e cosplay. «non vorrei allarmare nessuno ma credo proprio di star avendo un trip.» di bene in meglio insomma. «io volevo solo rimanere a casa per san valentino» e invece ora era all'inferno. Diede un colpetto a Tyler sulla mano. «hai mai pensato a quanto possa essere triggherate per qualcuno essere toccato senza aver chiesto il permesso prima» lui si triggherava moltissimo. Non che in una situazione del genere potesse evitarlo ma, ecco. Le carezze da sconosciuti e nemici gli sapevano proprio di viscido e aveva sentito storie oscene a riguardo.

Minchia se erano gruppo cursed. *vins che scrive finn poi ha un brutto presentimento*
"sentite qualcuno mentre finisco a scrivere può controllare un attimo le scadenze"
"così solo perché ho una sensazione e voglio assicurarmi sia sbagliata"
"o che domani non scada qualcosa alle 10"
ed effettivamente, qualcosa scadeva alle 10.28: i 24 pa su Elias. Il che fa davvero ridere, perché ho davvero sviluppato dei sensi a riguardo. Davvero. My spider sense.
Lia meanwhile: "intendi l'attacco che ho evitato accuratamente perché ho paura che lo ammazziamo? ahaha........."
Quindi, signore e signori, erano Blaise e Finn contro (il mondo) un fucking attacco di 24 pa. Good good good, no doubt no doubt no doubt. Ora era Finn a pensare di avere un trip, o forse stava semplicemente avendo un mezzo infartino. Bacchetta alla mano, lanciò un depulso sperando di riuscire a distruggere quel misero proiettile, cercando di attingere a tutta la precisione che aveva in corpo e poi trascinò via Ive con sé, infine lanciò un ascendio per far levitare il nemico prima di farlo cadere a terra. «sto sudando freddo» peggio di quando stava per morire nei videogiochi perché qui c'erano davvero vite in ballo, era stressato.

Giulia: no ma adesso scrivo Beau, fateggio in giro e poi chiudo
Sowelu:

Ci voglio bene. Ci voglio troppo bene, così come voglio bene a ogni gruppo di questa quest. Neanche uno normale, o meno disastrato del solito; una tragedia greca dall’inizio alla fine come è giusto che la quest vada vissuta.
Almeno non è diventato John 2.0.
E poi magari recupererò anche i post, ma per ora ignoro tutto. Ma tutto. Non so chi si senta più sotto acidi, tra me e Blaise che in un certo senso lo è davvero.
«sto sudando freddo»
Ecco, a proposito. Scostò una ciocca colorata dal volto, vagamente disturbato dal sapore metallico in bocca; aveva davvero morso un cristiano qualunque. Davvero, davvero. Era una cosa che era successa. Magico, fantastico; da aggiungere al libro delle cose discutibili che aveva fatto sotto effetti di sostanze che forse sarebbe stato meglio se l’avessero ammazzato per risparmiargli il dolore del giorno dopo. Quello fisico, immancabile, ma anche quello mentale: quei +100 danni psichici che si andavano a sommare man mano che le sue cazzate gli tornavano indietro. Solitamente tramite i racconti di altri, perché anche la gioia di essere blissfully ignorant gli veniva strappata via.
«io penso di star sudando caldo.»
Che forse era preoccupante. Chissà.
Si strinse ancora nelle spalle, e scivolò via da Mason, passi più o meno sicuri a trascinarlo verso la final girl. Che guardò, intensamente, dietro al velo delle sue iridi del tutto mangiate dalle pupille.
«abbiamo una visione da rendere realtà.» che nella sua testa aveva senso, giuro. Il contesto che non aggiunse, perché nel frattempo si era messo a trascinare via Kimi con lui e il suo cervello sotto acidi non era pronto a fare due cose allo stesso tempo, era: dobbiamo salvarti dalla morte certa, o diventi la bionda a inizio film che muore per prima e imposta il tono dell’intero film.
Quindi, pratica svolta, barcollò da Tyler. Alla quale, zero preamboli, diede una cinquina di quelle potenti. Potenti perché armate di anelli, sottinteso. «smettila.»
Stop it. Get some help.
(blaise @ blaise)
E improvvisamente stava volando! Tyler, non lui.
«o forse stiamo volando noi e tu sei fermo…?» chi potrà mai dirlo.

«sono. Proprio. Tuoi. Simili.»
Aveva detto lui, prendendo per il culo Delilah e Paris di ritorno al campo base la notte precedente, ridendo dei loro lividi e delle loro spalle slogate e dei fori di proiettili a bucherellare la pelle giovane e che, per nessun motivo al mondo, avrebbe dovuto conoscere quel genere di dolore.
Aveva riso di loro, perché l’aveva trovato fottutamente ilare e iconico, al punto da volerlo condividere con Miks, tramite immagine immortalata pixel su pixel per testimoniare quel momento.
Aveva pensato anche che [...] non voleva essere lui ad imbrattare gli alberi e i cespugli della foresta con brandelli di sé sparpagliati in giro ♡, e poi era finito con l’innaffiare il sottosuolo cingalese con il proprio sangue. No bueno. Se era la risposta karmika al suo atteggiamento, quella lì, un po’ se la meritava.
Non abbastanza, perché non reputava di essere andato così male e se gli avessero pesato il cuore avrebbero visto che c’era ancora del salvabile in lui (ma in Elias? discutibile), perché aveva solo venti-e-rotti-anni e si meritava un’altra occasione per dimostrarlo.
No?
Se la meritava.
Sospirò a quell’idea, e digrignò i denti perché se non gliel’avessero data, se la sarebbe presa lui strappandola dalle mani poco clementi di un fato ingiustamente accanito contro di lui, e contro il suo gruppo; solo perché erano biondi e belli…
« lo sarai, assieme all'allenatrice di pokèmon. » «uh?» Ci mise un attimo a registrare la voce del non-biondo (ma Kimi nel cuore sentiva lo fosse, e aveva un certo sesto senso per un sacco di cose!), ma quando lo fece rivolse a lui due immensi occhi chiarissimi e leggermente appannati dal dolore, e sfarfallando le ciglia chiese «lo pensi davvero?» quasi un gemito, il suo, caldo e denso come il sangue che sentiva risalire su per la gola e che riempiva gli spazi tra una parola e l’altra.
Pensava davvero fosse la perfetta final girl? *puppy eyes emoji* Lo pensava sul serio?
A quel punto, se non fosse stato troppo impegnato a tentare di mettere a fuoco la figura dell’uomo e cercare di rimanere sveglio, si sarebbe anche potuto concedere di osservare i dintorni e rendersi effettivamente conto dell’altro colpo di fucile rivolto contro il suo petto (che era davvero niente male, lo sapeva, vitino stretto e pelle chiarissima, un invito ad essere baciato e preso a morsi — non a fucking pallettate), ma non era quello il caso.
Lo sentì esplodere in lontananza, come da lontano gli arrivavano i suoni ovattati delle voci dei compagni intorno a lui.
«sto sudando freddo»
«io penso di star sudando caldo.»
«anche io sto sudando» e nemmeno poco. la fronte era imperlata di tante piccole goccioline e i capelli platino erano incollati alla pelle; la maglia era zuppa, tra sangue e sudore, e ogni centimetro del suo corpo magrolino stava, per citare un francese a caso, scomodo. «e sto anche– uhm,» registrò vagamente il tentativo (apprezzato!!!!! ma) fallimentare di Blaise di tirarlo via, e l’istante dopo sentì un’altra pallottola andare a segno e riuscì appena ad esclamare un «oh» strozzato, prima di cadere a terra, supino, con le mani ancora premute sul torace.
Era abituato ad osservare dintorni dai contorni sfuocati e difficili da riconoscere, viveva nel fottuto mondo onirico dopotutto, ma era sempre un po’ uno shock aprire gli occhi e ritrovarsi in un sogno; venti e passa anni (o trenta che fossero) fatti di immaginario surreale e profezie che non potevano avere senso, visi che avrebbe visto forse dopo decenni o più probabilmente mai, esiti che avrebbe potuto cambiare o combattere per ottenere, e tanto altro, e non si era ancora abituato alla sensazione di vuoto allo stomaco che provava ogni volta che cadeva in un sogno.
Ma, se doveva essere sincero, non era una sensazione così spiacevole.
Toglieva il fiato, certo, ma tante altre cose le facevano: una corsa troppo affannata, una pasticca sciolta sotto la lingua, gli occhi verdi che lo fissavano, assonnato e confuso. «sei un angelo? hai l’aspetto di un angelo» avrebbe volentieri accarezzato il viso della creatura nel cui sogno si era appena – accidentalmente! – catapultato, ma non aveva la forza nemmeno di respirare, figurarsi muovere il braccio per allungarlo verso di lui. «ti conosco» che non era una domanda, ma un dato di fatto: al contrario di Elias, Kimi riusciva ad accedere solo ai sogni di coloro che conosceva. «ti conosco?» una domanda davvero, a quel giro, perché era abbastanza certo di conoscersi bene e si sarebbe definito il tipo di persona che non avrebbe mai, mai, dimenticato un viso del genere.
Aprì le labbra, per dire qualcosa o per pregarlo di spiegare, impossibile dirlo; così come era iniziato, il sogno si era infranto.
Un PAGLIACCIOOOO! a rieccheggiare nella sua memoria, e il fischio di incantesimi che venivano lanciati, e proiettili che venivano sparati, nuovamente ad occupare quel poco di attenzione che gli era rimasta.
«non– sono morto.» bisbigliò ai compagni, a chiunque potesse sentire, mentre una mano andava lentamente a formare un thumbs up insanguinato. «dimmi dove ti servo, coach. posso coprire la fascia se serve, ma sai che preferisco stare in attacco. sono una punta!» le sue parole non avevano più alcun senso, se non per il fatto che lo avessero avuto. In un'altra vita, un altro Kimi. Uno che, in quel momento, riaffiorava nei ricordi del danese forse come ultimo baluardo di conoscenza.
Da dove se ne stava sdraiato (è lo juventus stadium? contro chi giochiamo, mister), Kimi ruotò lentamente la testa lasciando che i fili di erba gli solleticassero la guancia, e notando appena la figura di Adrian che veniva presa di mira. «ti stanno–» coff coff, altro sangue sputato sul terreno, tanto ormai, «sparando» un avviso che forse avrebbe raggiunto lo special, o forse no. Chi poteva prevederlo, non di certo questo chiaroveggente qui, hah! Ma poteva prevedere un’altra cosa, forse… Si concentrò su Lucy, e provò a guardare quattro o cinque secondi più in la, il tempo di prevedere dove si sarebbe mossa, e gridare poi con voce rauca un «a destra!» a chiunque stesse cercando di colpire la stronza.
Dopodiché, avendo ancora lo sguardo rivolto verso Serah e compagnia cantante, provò anche a lanciare un rantolo in direzione di Serah, sperando che il buon vento amico della special trasportasse le sue parole fino a lei. «dagli un calcio alle palle» @ Mason, ovviamente, che aveva stufato già da un pezzo. E, siccome si sentiva sempre più sulle nuvole e sempre meno presente alla realtà, o alla battaglia, tentò di concentrarsi proprio su quest’ultimo, provando a modificare la probabilità che inciampasse su i suoi stessi piedi e cadesse a terra.
«kimi out» un po’ come pandi, aveva bisogno di riposare.

la sfiga incombente di quel gruppo sembrava perseguitarli, non disse una parola ivette quando i laser toccarono di sfuggita la pelle chiara, solo un sibilino e un’espressione imbronciata sul viso, c’era chi era messo molto peggio di lei, lo sguardo ceruleo si posò su elias
«resisti, va bene?» strinse i denti, perché il ragazzo l’aveva difesa più volte ed ora lei non poteva ricambiare, impegnata nella battaglia «dammi il tempo di fare altri due post di fare il culo a qualcuno» scattò in avanti, mettendosi dinnanzi a blasie, in trip da lsd probabilmente, e lanciandolo letteralmente all’indietro, serah invece venne presa per l’avambraccio e sballottata via, meglio senza equilibrio che senza vita «un ultimo sforzo» detto a se ma anche ad elias, sollevò la mitragliatrice e cercò di colpire mason al naso