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Se doveva essere sincero con se stesso, gli avevano tutti rotto i coglioni. Non i suoi compagni, giammai!, non aveva capito un accidenti di quello che fosse successo ma aveva shentito ci fosse del drama e tanto gli era bastato per sentirsi subito a casa, ma cristo santissimo. Scuuusa? Cioè, scusa? Era un mercenario (non davvero, solo per hobby), un torturatore, uno spacciatore di sogni e solidi arti tranciati. Nel suo tempo libero mangiava tramezzini al salmone e sezionava individui ancora in vita. Era mai, sotto gli occhi di Dio, possibile, che continuasse a fallire? Corrugò le sopracciglia, battendo corrucciato le palpebre. Qualcuno stava barando, ed a nessuno piacevano i baroni! Erano come gli snitch, carne da strizzare sotto i denti e sputare in un angolo dimenticato dalla società. Era nel pieno delle riflessioni sul proprio posto nel mondo, mentre Ty contrattava per arruolare Gale al bordello, Shiloh inveiva sulla propria fanfiction (era: intrigato. Affascinato. L’aveva ascoltata annuendo fra sé, in paziente attesa del continuo) e Balt gridava perché aveva perso il mignolo. Non per la salute mentale!, capito? Il mignolo.
Che poi «no vabbè, si sono ricordati di trasfigurarti?? GRANDI!» Aprì la bocca in un sorriso tutto denti, avanzando con le mani a palmo aperto per battere il doppio cinque al Monrique. E sapete che c’era? Così felice ed ottimista era, che passando di lì pensò anche di fare un salutino a Laura, una mano impegnata con il coltello e l’altra a sorreggerle il mento dalle spalle. Provò un taglio netto, ma non preciso.
Era un torturatore, non un assassino.
Giusto perché dovevano limitare i movimenti, iniziò di nuovo a correre. E sì, Gale, sì: sta per succedere. Rincorse l’uomo, forse più minaccioso del drone a seguirlo dietro le proprie spalle, buttandolo a terra e facendolo rotolare lontano dal pericolo. Non se stesso, mai. Lui era un angelo. Dato che dovevano rimanere fermi quanto bastava perché i droni si quietassero, approfitto dell’inquietante vicinanza per l’ennesimo enorme sorriso, ed una strapazzata di guance. «mi sono ricordato!! come si chiama!!!» ma cosa, Fake. Faceva tutto da solo, iniziando – e finendo – conversazioni solo nella sua testa. Chi lo amava, lo amava anche per quello; chi lo odiava, probabilmente se ne sbatteva il cazzo della gente con cui parlava, più preoccupato del cinico sadismo con cui affettava gente, e sorseggiava il suo boba. Scelte. «LAAAAAAAAAAAAWRENCE!!!!!!!!!!!» NON AVEVA MICA CAPITO!! lance… ma chi cazzo era, lance. «LAW!!!!» e magari il ragazzo, voltandosi, avrebbe evitato la morte!
O magari no. Visti i numeri? Probabilmente, no.

«oddio.» non aveva capito.
A parte che non era in quelle condizioni che pensava di risvegliarsi: nel mulino che voleva Baltasar Monrique, erano tutti raccolti in preghiera attorno al suo corpo pietrificato e gioivano per il suo ritorno nel mondo dei vivi – ma okay, okay!, se ne sarebbe fatto una ragione, come per il fatto che aveva dovuto fare tutto da solo. Non era affatto offeso.
«sono…» Dio? No, all’accampamento c’era già Mort e una nuova divinità auto-proclamata che aveva cercato di intervistare perché sinceramente affascinato dalle storie che aveva sentito; non aveva mai aspirato a quelle vette, il tassorosso. Si portò le mani al volto, le dita a scivolare tra la pelle ed il lieve accenno di barba mentre osservava il drone esplodere – non Dio, ma qualcosa pensava di esserlo: «una banshee?» sconvolto e scioccato, ma anche un po’ felice – cioè, insomma, figo.
A quella realizzazione, ne conseguì un’altra: la strana sensazione che aveva sentito quando ancora trasfigurato era tornata, e stavolta la percepiva sul viso. Liquida e densa, e – mancanza. C’era qualcosa che… qualcosa che non c’era.
«il mio mignolo.» una mera constatazione, mani aperte davanti agli occhi e labbra strette tra di loro. «ah ah.» ricordava ci fosse un dito in più, l’ultima volta che aveva guardato i propri arti. Non il vuoto e sangue a scivolare sul palmo. «dove… dov’è?» era una risata isterica quella a gorgogliare tra lingua e palato, ma non fece nulla per placarla. «oddio.» gli veniva da vomitare.
Ma non lo fece! Non lo fece.
Non ancora.
Troppo forte.
Alzò la mano e la mostrò ai suoi compagni, sorridente. E non disse nulla, rise e basta: sanità mentale! La stessa in virtù della quale prese il telefono, si fece un selfie con la mano senza dito e la inviò sulla chat di gruppo dei Ben10. «no. caption. needed.» digitò soltanto.
«no vabbè, si sono ricordati di trasfigurarti?? GRANDI!» ricambiò l’enorme piega sul volto del Cheena e batté il cinque e il quattro. «MANCO PER IL CAZZO!» saltellò con il torturatore, e saltellando in tondo con lui in quel momento di euforia magari lo avrebbe anche spostato dal coltellino che stava per arrivargli, in un momento non meglio precisato delle tempistiche. «me la lego al dito.» e rise. «al dito! l’hai capita?» troppo simpatico.
E poi: «SIGNOR DADD-ale.» si lanciò, correggendosi a mezz’aria nel planare addosso al guardiacaccia per toglierlo dalla traiettoria della frusta. «dale, señor acharya.» nailed it.
«vado a prenderla a pugni in faccia!» perché la comunicazione era importante. Si lanciò dunque sulla dominatrice, riservandole un tirapugni mutilato in faccia. E Galen sparò. Mentre lui era lì. Proprio lì. Sollevò il pollice: «lo accetto!» tanto, ormai…

Succedevano un po’ di cose.
In primis: «Marco se n'è andato e non ritorna più
Il treno delle 7:30 senza lui
È un cuore di metallo senza l'anima
Nel freddo del mattino grigio di città»
Alchè, Lawrence (un figlio di puttana, salvando sua mamma biologica ma non quella che lo aveva adottato nel duemila) un intellettuale: «giuro di aver sentito Amos cantare la stessa canzone sotto la doccia, più di una volta.» pausa strategica, occhi da cucciolo di labrador rivolti al Signor Guardiacaccia, «piangeva» e cantava “Marcus se n’è andato”, ma quello non lo avrebbe detto. Non in quel momento. Che senso aveva sparlare di lui se il lumocineta non era lì e non poteva iniziare a borbottare cose senza senso, o arrossire, cercando di giustificarsi.
Solo per un attimo distolse le sue attenzioni da Mr. Acharya per: a) notare che Balt fosse tornato bambino vero («bene, lo dirò a Lissette — appena smettono di spararci i droni, magari» oppure mai, perché era abbastanza infondo alla sua lista di priorità che avrebbe finito col dimenticarsi); e b) «DIMMI, MADEIN!!!» ah, lo stava avvisando– uh. Dell’incantesimo. Ok, ok, ok. Non fece in tempo a rispondere al torturatore, né a voltarsi verso Anima, che sentì un braccio cingerlo alla vita e spostarlo di peso.
Innamorato.
Sedotto.
Conquistato.
Ci voleva anche poco, in effetti.
Anche perché: “ e lasciò che il contatto si prolungasse oltre lo stretto necessario.
Stava dimostrando un punto.” Dimostra quello che vuoi, daddy.
Lawrence alzò gli occhi su Galen, osservandolo da dietro foltissime ciglia scure, e accennò un sorriso volutamente riservato a quel «ti dispiace?», al quale avrebbe risposto con un «mai–» finendo con lo strozzarsi quando poi, inevitabilmente, venne colpito dall’aguamenti.
Menomale che era abituato all’idropompa di Monsieur Neuvilette (o chi per lui insomma; vecchio bastardo), e sapeva resistere. E mandare giù.
Bisognava dirlo, e lo abbiamo detto.
Ingoiò, dunque, tossendo via solo l’acqua in eccesso, piegandosi su se stesso con entrambe le mani sulle ginocchia e un «grazie comunque» rivolto in direzione dell’uomo, fronte bagnata da sudore e acqua, e occhi un po’ arrossati per il tentativo di affogarlo da parte di Anima.
Anima che, per inciso, continuava ad attaccare – mentre dal cielo piovevano raggi laser o qualsiasi cosa stessero sparando i droni, insomma –; Lance si strinse un po’ a Galen, nascondendo il viso contro la spalla dell’uomo (pathetic little meow meow, slut era, manwhore, ecc ecc ecc……) e poi, lasciò che l’uomo lo difendesse anche dal drone (conquistato, l’avevo già detto?!). Se fosse finito come a Capitol, Lance non si sarebbe di certo lamentato *manine*
«grazie – di nuovo» si distaccò, a malincuore!!, dal maggiore, testando la presa sui nunchaku e tornando nella mischia, tentando un colpo sulla tempia di Neal – e, aw? in combo con il Signor Guardiacaccia? SLAY! Sperava davvero di non fallire.

Qual era la tattica per vincere quella personale guerra contro i numeri. Qual era. Non poteva neanche sedurre i suoi compagni (con il suo zero rizz? Non conta, in quest si sviluppava, ok?) perché, pur essendo la sottonaggine uno dei prerequisiti dei pg di Sara, Madein Cheena rasentava un livello adorabile ed alquanto imbarazzante perfino per i suoi standard. Un po’ patetico, se si voleva essere meno romantici, considerando fosse tutto nella sua testa, ma era proprio quello il problema: tessuto in ogni pensiero, fosse o meno voluto o desiderato, c’era sempre Ryu. Le controindicazioni di essere innamorati del proprio migliore amico, immaginava; un pacchetto storico legato a doppio filo in due vite.
Non se n’era mai lamentato. Perderlo due volte quasi consecutive, iniziava a fargli venire il dubbio di doversi trovare anche altri hobby con cui riempire il proprio tempo. Il cucito?
Aveva fatto 2, ma nel magico mondo oblivion, non significava nulla. « quindi… l’ho sgozzata almeno un po’?» occhi lucidi, di un blu scuro ma raramente ombroso, posati con tenerezza e speranza sul viso della Abbott. Almeno lei poteva dargliela quella soddisfazione, pur avendo fatto tutto il lavoro sporco? Sapeva fosse una donna indipendente e che fosse giusto si prendesse i propri meriti, ma era anche matura abbastanza da sapere che Fake fosse solo un good boi in cerca di sangue come un cane da tartufi. Neanche fece caso ad essere stato bruciato, di nuovo, dai droni bastardi – figurarsi se si fosse reso conto anche di tutto il resto, metà campagna morta e l’altra distratta dalle libellule. Spinse il labbro inferiore all’infuori, sbuffando una ciocca scura dalla fronte.
Piroettò su se stesso, avvolgendo un braccio attorno alle spalle del suo kugi e spostandolo, non intenzionalmente, lontano dalla traiettoria del drone.
«kugi senti, ma secondo te... dove sbaglio» Aveva tre (3) possibilità per scoprire quale fosse la strategia funzionale per lui. Avrebbe iniziato con un sempreverde «anima mia….» verso la persona che sembrava avercela sul personale con il povero LAW. Mano al cuore, occhi strizzati nella sua dedica al cielo. «torna a casa tuaaaaaaaaah» un grande bonus, funzionava sia come distrazione che come esorcismo!! ed un invito a levarsi dal cazzo, ma quella sarebbe stata la prova numero due. «neal. neal. puoi...non?» la gentilezza, che ancora gli era mancata. Vi chiedete come facesse a sapere i loro nomi? Fake aveva un super potere, e si chiamava fatevi i cazzi vostri non sono affari che vi riguardano.
E poi, boh. Lanciare coltellini non funzionava, sgozzare non funzionava, cavare gli occhi nemmeno.
Ci pensò su qualche istante, corrugando le sopracciglia.
«la mano ti serve tanto?» afferrò il braccio di Olly, e lo pugnalò all’altezza del polso, sperando di recidere tutto quel che poteva recidere.

«preferisco essere dal lato non pagante.»
si prese qualche secondo, taichi.
una pausa necessaria, vedete, per decidere se Galen lo stesse perculando o meno; e sapete cosa? decise per il bene di tutti il guardiacaccia fosse solo profondamente provato (a grandezza grande) dalle avances di Lawrence. ah, l'astinenza, brutta bestia! ma il diciannovenne si sentiva magnanimo, e unendo le mani tra loro attraverso il solo tocco dei polpastrelli provò a spiegarsi come avrebbe fatto rob con un bambino di due anni «sí. è proprio quello che intendevo. sarebbe il cliente a pagare, non.. tu. lei? voi» mosse le lunghe dita ossute davanti al volto, segnalando una questione di molto poco conto «ma sai.. sà cosa? non siete pronto per questa conservazione*» chi lo era, dopotutto.
[due secondi dopo]
«o lanciare in giro il dito che ti ho detto di tenere?»
«guardi—»
«lo so che qui siamo tutti maghetti, e quindi anormali di natura»
«🗿🗿🗿🗿🗿🗿»
iniziava seriamente a chiedersi perché fosse uscito dalla fessa di sua madre — noto modo di dire cinese, il i came out to have a good time eccetera de no'altri.
tentatissimo, già alla trentesima settimana, di indirizzare il prossimo fulmine sui propri compagni (mai a kugi! potesse continuare a dare 1 e 2 in Santa pace ❤) e lasciar campare i robottini: chissà, magari in cambio di questa gentilezza olly gliene avrebbe lasciato portare a casa uno.
e quindi: «il mio mignolo. ah ah. dove… dov’è?» ty guardò balt, le palpebre immobili per un tempo davvero lunghissimo, quasi disumano — forse anche lui era figlio di fray e okkydylynch, dopotutto. nel mentre, all'interno del suo cervello accedevano cose: formulata risposte, creava scenari, traduceva dal tedesco all'inglese e dall'inglese al cinese e dal cinese all'autocorrettore, pensava a quanto gli sarebbe piaciuto una canna, tornava alle papabili risposte.
poi batté le ciglia, una sola volta «non l'ho visto» and move the fuck on.
tipo, non so: Olly che voleva farlo volare via. A LUI??? bastardo infame come si permetteva «con chi pensi di avere a che fare, pezzente» notare la dizione perfetta, lo studio ricercato del termine. quando il nemico lo fece librare in aria come la cicogna che era, ty richiamò a sé i venti e si fece spingere un po più su (flying away from my responsibility), lontano da quell'ignobile merdina, così che non potesse farlo cadere a terra.
anche perché questo faceva parte comunque del suo piano (quale), ma voleva ovviamente svolgerlo a modo suo «ARRIVO KUGI» eh.
quindi spostati, fake.
🙏🙏🙏🙏🙏🙏
cadendo come corpo morto cadde, avrebbe attutito la botta schiacciando PNG_DICUINONRICORDOILNOME a terra.
potrebbe andare malissimo e lo sappiamo tutti, ma nel dubbio, voglio credere ne esca abbastanza intero da creare una bella sfera di ghiaccio grande quanto una Palla8 «palla, ma il guardiamarina e il marinaio pomiciano?» le diede un bello scossone, prima di lanciarla contro il drone che voleva interrompere il romantico idillio.

uuuuuhhhhhh

«non l’ho visto.» guardò il Limore con grandi occhi marroni e nessun velo di tristezza a coprire l’iride scura; si strinse nelle spalle, lasciando che un morbido sorriso pungolasse gli angoli della bocca. «grazie comunque.» perché almeno lui gli aveva risposto, e non era così scontato dare retta ai deliri di un diciassettenne – immaginava, insomma: mai avuto davvero a che fare con le turbe psichiche dei suoi coetanei, e di certo non quando venivano impunemente mutilati. «se lo vedi dimmelo!» non che potesse farci poi molto, lo sapeva. «voglio farlo vedere agli altri.» come poteva tornare dai Ben, dopo la foto che aveva mandato loro, senza nemmeno provare a riportare a casa il cimelio di quella battaglia.
Si voltò poi verso l’assistente del Carter, senza perdere l’allegra piega sulle labbra. «bene, lo dirò a Lissette — appena smettono di spararci i droni, magari.»
Era difficile non entrare nelle “grazie” del Monrique, se tali potevano definirsi i suoi moti d’affezione e simpatia verso le persone – semplice e banale, quasi scontato: sapeva di esserlo, e non gliene era mai potuto fregare di meno. Aveva molti difetti ma, per quanto quel mondo cercasse sempre di redarguirlo al riguardo, non avrebbe mai messo tra questi quel “cuore troppo buono” che Adam e Soledad gli biasimavano. Ne sarebbe andato fiero, se non l’avesse considerata una cosa normale da avere. Semplice e banale, quasi scontata.
Non aveva un’opinione sul Matheson. Nemmeno una. Zero. Sapeva esistesse perché era entrato a giocare nella squadra dei Tassorosso – e basta. Un discorso che comunque non contava niente per Balt: poteva essere un assoluto nessuno, e sarebbe stata comunque una persona.
«tranquillo,» era difficile, ma al contempo nemmeno troppo impegnativo: bastava credersi sto grandissimo cazzo senza alcun motivo e sventolarlo al mondo. «glielo dico io a mia sorella.» e quando lo vide andarsi a rifugiare tra capo e collo del guardiacaccia, decise che fosse abbastanza triste di suo e che non dovesse chiedergli se avesse qualcuno a cui dover dire qualcosa se ci fosse rimasto lui, stecchito, in quella foresta: gli avevano insegnato il rispetto, e soprattutto per le persone più vecchie.
E a proposito di persone più grandi (tutti), ma venute su meglio (Galen): «dobbiamo davvero coordinarci meglio» sì beh, lo aveva quasi fucilato. «sono vivo!» tutto ok gli sembrava un po’ troppo pretenzioso, si faceva bastare il goal di non averci lasciato le penne. «mi… mi scusi?» a sua discolpa, vedendo il segno della frustata di fuoco sull’Acharya, bisognava ammettere che era stato un po’ troppo ottimista a credere davvero di poterlo spostare, per quanto qualche muscolo ce lo avesse anche lui.
Stava andando tutto alla grande.
Tipo Ty e uno dei mercenari che volavano – via col vento, mh. «grande classico.» tirò fuori la bacchetta e la puntò nel punto in cui, più o meno, stavano danzando portati dalle correnti d’aria. «resulto!» almeno se fosse caduto, l’avrebbe fatto su un tappeto elastico – e sarebbe stato divertente.
«lo stronzo vuole confonderti a morte.» seguì la voce di Galen, perché se non lo avesse fatto avrebbe potuto credere parlasse con chiunque degli altri: gli sembrava il team giusto per perire a causa di una fatal confusione. Quando comprese che si stava rivolgendo a Shiloh, con tutto il bene e la stima che provava per la scrittrice, fu sinceramente preoccupato – ma non era lei che doveva difendere, bensì sé stesso: una consapevolezza che colse sia Balt che Lele completamente impreparati. «eppure l’ho fatta io la strategia.» con ciò si lanciò a terra, e pervaso dallo spirito del futuro fisioterapista iniziò a rotolare come se fosse stato dentro una chiesa per evitare il proiettile diretto al proprio petto, fino ad arrivare ai piedi di Trace; un po’ come Maria ai piedi della Croce, scattò facendo forza sulle gambe e piantò un pugno sotto il mento della mignotta: «CORRETTA VERTICALIZZAZIONE!» non era mai andato a catechismo.