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Da uno che poteva non solo vedere i morti, ma anche parlare con loro (senza voler aprire la porta delle possessioni, o peggio), ci si sarebbe potuti aspettare che avesse sentito, e persino visto, di tutto. E in parte era così, ma Ictus rimaneva pur sempre un’anima pura e, per certi versi, ingenua.
Non si sarebbe mai aspettato di veder piroettare i suoi compagni sul campo di battaglia.
Sulle note del Winx Club.
Ben che tagliava braccia a destra e a manca? Naturale e, anzi, quasi rassicurante, nella sua familiarità. Lo schizzo di sangue un po’ meno, ma, se non altro, Bodie – e i Ben – l’avevano svezzato a questo tipo di attività. Ah, e il numero imprecisato di spiriti orribilmente mutilati che si presentavano al suo cospetto ogni giorno.
Ma la tarantella? Una Ben volante?
Ammirato, si rese conto che il suono che sentiva erano le sue mani che battevano. A differenza di quelle di Simona, che sembrava invece intenzionata a colpirlo. E, soprattutto, che fingeva di non essersi minimamente emozionata per quell’esibizione!! «Sei una falZa, Simona.» E basta, perché a differenza di tutti gli altri pg di Sara, Benedictus era una persona educata e certe parole non le diceva. Il “cazzo” gli rimase però in bocca, e fuoriuscì dallo sguardo di rimprovero che scoccò alla mercenaria. «E sai anche cosa?» Prese la mira con l’arco. «Hai rotto.» Sì, sempre quello. Il cazzo. O, nel caso di Simona, il cuore, visto che sperava di colpirla proprio lì.
E, tanto per cambiare, era sempre colpa della bionda – non Mona, anche perché lei era LA bionda. E rosa, ovvio –, si era pure perso tutta la discussione sulle Winx. E soprattutto la scelta!! Veniva dagli anni Dieci del Novecento e per tante, troppe cose era ben consapevole di essere ignorante, ma quelle erano le basi TM, e i Ben l’avevano addestrato. Sapeva chi erano le Winx!! « se nessuno obbietta, mi prendo aisha. mi ricorda la mia amante numero ventisette. » Sgranò ancora di più del solito gli occhi, non riuscendo quasi a concepire quel numero – ventisette –, ma poi annuì serio: «Mi sembra ragionevole».
«oh, lo so io come ci è finito» Ora, Ictus non voleva pensare al signor Silverhand che faceva cose, ma immaginarsi Mona? Desdemona Benshaw?? Provava un timore reverenziale nei suoi confronti, come poi in quelli di tutti i Ben, quindi pensare mentre accadevano cose era… un’empietà?? Un peccato???
Ma soprattutto, perché stava pensando male?
Colpa dei kink monster porn mpreg di Dara. Le sue orecchie avevano sentito cose che mai avrebbe voluto sentire e i suoi occhi avrebbero dovuto bruciarsi a leggerle. Ma l’Altissimo, con lui, era stato magnanimo, e gli aveva concesso di vederci ancora, specie poi perché, con quello sguardo, doveva rimirare Erisha, soprattutto quando…
«io comunque sono flora»
Ecco, a proposito. «Io volevo essere Flora…», pigolò piano, arrossendo. «Sapete, in onore di Eri…» Avvampò fin nelle orecchie, ma non riuscì a non sorridere perso, pensandola.
No, no, no! Doveva concentarsi!
«Signor Silverhand, Mimmo, attenti alle teste! Dovete ancora esibirvi alla Scala!» Non quella di Hogwarts. O forse sì. A ogni modo, evidentemente nessuno di quei mercenari apprezzava l’arte e il talento. E per dirlo lui, che era un abisso di ignoranza!! Sospirò e, l’arco ancora in posizione, lanciò un’occhiata alle sue amiche, rabbuiandosi per la preoccupazione. «Mona…» Se Ictus avesse visto La mummia, probabilmente avrebbe avuto il risposto a quel quesito. Ma i Ben non erano ancora riusciti a prepararlo su tutto, dunque gli mancava quel pezzo fondamentale di cultura che era il bisexual awakening di un’intera generazione. «… Provo a chiedere a qualche amico spirito se… sa di cosa si tratta. Quale incantesimo usare per… togliertelo da dentro.»

Battè le ciglia, ed era tutto finito.
Aveva il fiato corto, il cuore a pulsare sulla lingua. Il sangue sulla pelle. Abbassò lo sguardo sulla scimitarra ancora incastrata nel corpo dell'uomo, vivo, e d'istinto la ritrasse indietreggiando senza mai perdere il contatto visivo.
Pensava che avrebbe avuto più rimpianti. Più senso di colpa, perchè si trattava comunque di una persona, no?
La risposta era: no. Perchè la persona, aveva sparato a Mona Benshaw. La persona, faceva parte di un gruppo che continuava a cercare di infettarli con strane placche insetto a scorrere sotto pelle, e c'erano Mona e Ictus, e c'era Mimmo, e vaffanculo, sentì di potersi permettere il sorriso ad allargarsi sulle labbra. Lo sguardo ruvido e furente di una creatura leggermente diversa da quella di qualche ora prima, ma pur sempre Bennett Meisner.
L'avrebbe rifatto. Sperava di fargli più male, al colpo successivo. E quello dopo ancora.
«e perchè stracazzo ci stanno sparando degli insetti?» domandò, con un po' di ritardo sulla tabella di marcia delle conversazioni, tornando a spostare la propria attenzione sul docente di cdcm. No, davvero: perchè? Era un esperimento? Il Vaughan sapeva a cosa servissero? Erano stati chippati anche loro...? Corrugò le sopracciglia, notando lo stronzo di turno con l'arma rivolta a Mimmo ed il dito sul grilletto. «STAN LOONA» gridò lanciandosi contro il soldato, mentre Mona lo spostava dalla traiettoria.
Si fermò di fronte a lui. «stab, loona» ed affondò la lama, allo stomaco, estrandola solo per saltare, spostarla ad arco, e cercare di tranciargli la testa di netto.
Non aveva mai decapitato qualcuno. Erano meccaniche importanti, da conoscere.
Poi venne, oh no, placcata da Mona, e non fece alcuna resistenza. Mona Benshaw non faceva nulla per nulla, ed anche se sapeva la adorasse, sapeva anche che avesse un buon motivo per buttarla a terra. Non le interessava sapere quale, fintanto che poteva avere quello. Il corpo familiare di Mona a premere dolcemente sul suo, il profumo dolce della pelle ancora presente sotto l'odore acre della terra, il sangue, la morte. Sapeva di casa in maniera così amara, da stringerle la gola e farle chiudere gli occhi.
La strinse a sè anche se pregna di sangue, schiacciandola fin quasi a farsi male. Percependone ogni spigolo come fosse stato proprio.
«credo che Enrique Iglesias ci abbia passato un po' della sua sfiga»
Non sorrideva, Ben. Seria, preoccupata. Il solito velo di durezza sollevato unicamente per la bionda, l'unica a cui concedesse lo spiraglio di fragilità del «pensi stiano bene?» soffocato dai suoni della battaglia attorno a loro.

«Ma porco cazzo, non di nuovo» e l'indice ed il pollice della mano destra vennero portati sulle proprie tempie per essere massaggiate, mentre il ragazzo si lasciò scappare un profondo sospiro «un ragazzo non può andare un attimo a togliersi il sebo dalla fronte che si ritrova metà della gente morta?» insomma, poteva aspettarselo. Non era stata una grande idea decidere di prendersi un pausa bagno durante un attacco, ma la natura chiamava e qualcuno doveva pur rispondere - e poi durante la lezione shrek non era stata così una cattiva idea, lo aveva aiutato a concentrarsi!
«Stavo sentendo un certo chiacchiericcio mentre ero dietro le foglie di banano, ma fino a questo punto? Cioè godo ma...» sapete, la sindrome dell'abbandono era forte in Mimmo Malatesta e non vi mentirò nel dirvi che ci avrebbe pensato tutta la notte - a come potesse essere di troppo in quel gruppo, come se nessuno lo volesse lì e che in realtà tutte le battute fatte fossero soltanto di cortesia... 💔. O forse se ne sarebbe dimenticato nel giro di cinque minuti, parlandovi di come una volta è riuscito ad incastrarsi un ditalino (pasta) nel naso: la salute mentale!
«Tornando alle cose serie: abbiamo capito chi è chi nelle winx?» e prima che potesse effettivamente ricevere una risposta, o almeno prima che queste arrivassero all'anticamera del cervello di Mimmo incaricata ad elaborare risposte sarcastiche, il suo sguardo andò a poggiarsi sulla roba che si muoveva dentro Mona «oh!» sorpreso, un po' disgustato ma comunque affascinato (io quando vedo un uomo), Mimmo si portò una mano davanti alla bocca «suppongo non sia stato consensuale...». Mimmo ma non sei un aiuto infermiere? Sì certo che lo era, ma non veniva pagato abbastanza per lavorare anche al di fuori di Hogwarts. I diritti dei lavoratori sempre al primo posto. E poi... gli insetti lo spaventavano a morte, e probabilmente sarebbe svenuto. I suoi amici avevano però il suo supporto, vai squadra!
«Ah ma cazzo, tu sei ancora qui!» e no, non stava parlando di Ictus (nulla di personale, nella mia testa è la persona più vicina a Mimmo in quel momento), ma di quella bandita che non dava segni di cedimento nonostante fosse mezza maciullata e con un piede già nella tomba: tanto la vinciamo, direbbe un saggio. «Oh cazzo amo attento, sta aprendo la bocca!» e no, non stava parlando di Mona (anche qui, nulla di personale, ma Mimmo era decisamente spaventato e allo stesso tempo affascinato dalla Benshaw) sebbene quelle parole fossero davvero riferite ad Ictus, quella volta; il Malatesta infatti provò a coprirgli entrambe le orecchie con le mani così da evitare che potesse essere travolto da quell'urlo - e per Mimmo? Beh, i suoi timpani erano già rotti dalle cuffiette che perennemente portava alle orecchie.
«Puoi non? Di nuovo? Lasciaci? Stare?» delle domande assolutamente sensate, se ci pensate - specialmente se poste da uno come Mimmo. Davvero ostinata quella donna, doveva ammetterlo, ma Mimmo sapeva esserlo il doppio, se non addirittura il triplo. «Sai cara mia, puoi prendertela con me quanto vuoi, ma non azzardarti a toccare i miei amici!» invaso da un certo spirito eroico, Mimmo trattenne l'aria nei polmoni nel concentrare il suo attacco finale (che era anche la sua miglior difesa, come direbbe un altro saggio): «c'è questa leggenda che viene tramandata di anno in anno ad Hogwarts, ed è arrivato proprio il momento di vedere se è vera!» allora piegò una gamba per arrivare alla propria scarpa, slacciandone i lacci per lasciar poi andare l'aria dalle narici prima di provare a lanciarla in direzione della bocca del nemico «PER SWING!».

«non so come ti attaccano»
Cercò per un attimo lo sguardo ebano di Bennett, specchiandosi nella confusione della compagna come se fosse anche la sua (e in parte lo era), prima di sussurrare in un respiro «non mandargli il selfie col morto»
Non c’era bisogno che specificasse a chi non dover mandare la foto, lo sapevano bene entrambe; ma soprattutto, non era ancora morta. «ti giuro su morgana,» fu quello che riuscì a dire prima di sentire la maledizione impattare contro il suo petto, e l’istante dopo la pelle iniziare a bruciare come se fosse avvolta dalle fiamme dell’inferno.
Sentì chiaramente la voce di Dara ricordarle che doveva esserci abituata a quella sensazione, visto e considerato che alle volte reputavano l’avessero sputata fuori gli inferi stessi — ma non era così. Le abrasioni sulla pelle bruciavano e facevano male, cazzo, e lei non riusciva a muoversi, paralizzata dal dolore e dalla maledizione.
Poté solo gracchiare il nome di Ben a voce rauca, disperata — non era per quello che era andata in missione. Non era fottutamente per quello. Cristo, Cherry l’avrebbe uccisa se ci avesse lasciato le penne: avrebbe costretto Ictus a fare l’unica cosa che sapeva fare, il medium, per insultarla ancora una volta e poi ucciderla di nuovo con le sue mani, ne era certa.
Disperatamente, cercò di muovere il braccio quel tanto che serviva per stringere la mano della Meinser, ma si sarebbe accontentata anche di sfiorarle la spalla, o gli abiti, o i capelli corvini. Qualsiasi cosa per sentirsi meno sola, in quel cazzo di momento.
Provò persino a castare un incantesimo di guarigione (e perché proprio lelito docet), con la bacchetta ancora stretta nel pugno, ma non aveva idea di quanto sarebbe riuscita a concludere: concentrarsi era difficile, quando ogni centimetro della sua pelle bruciava da morire. La sofferenza di Mona Benshaw era una questione privata, accessibile solo a poche persone (Bennett) e — fanculo, sì. Avrebbe lasciato persino lo sgorbio assorbire un po’ del suo dolore, a quel punto, ma per tutti gli altri era off limits. Non avrebbe permesso nemmeno ad un gemito di dolore di lasciare le sue labbra, stoica e testarda nel suo stupido orgoglio, ma qualcosa doveva dire. Qualcosa doveva urlare. E così fece l’unica cosa sensata per lei, gridare a Ben di spostarsi per evitare il colpo in arrivo, e poi l’altra cosa più sensata per lei: fare il tifo sull’attacco che la mora avrebbe rispedito al mittente, nella speranza di infonderle un po’ più di berserkaggine — come se ne avesse bisogno, poi. Con il braccio mozzato di un nemico, e la testa di un’altro.
Mona non l’aveva mai amata come in quel momento, e di momenti fighi da paura Bennett Meisner ne aveva avuti molti, in quei sei anni che si conoscevano.
E poi — « mi spiace flora, ma temo di dover usare la mossa sonnifero su di te. » Ma in che senso. In che fottuto senso. Provò ad allontanare l’uomo, scacciandolo come l’essere più ripugnante mai visto (ew, penemuniti…) ma il suo corpo non ne voleva sapere di collaborare, e l’unica cosa che poté fare fu (urlare; avrebbe fischiato nel fischietto antistupro che teneva al collo, se avesse avuto le forze per raggiungerlo e portarlo alle labbra), pregando che Ben intervenisse.
E con “intervenisse” intendo: tagliare anche l’unica mano buona di Eddie, per aver osato toccarla.
E metterla ko? Unclear.
Nel dubbio, quando si sveglia ti prende a calci nel culo.

Inspirò, piano. Contrasse ogni muscolo del proprio corpo, obbligandosi a rimanere ferma. Molto, ferma. Bennett Meisner era schiava delle emozioni, briglia sciolta e cieca fiducia che da qualunque parte l'avessero portata, non sarebbe mai stata la parte sbagliata. Si fidava di sé stessa, delle proprie sensazioni. Del proprio cuore, sopra ogni cosa.
Ma non -
Non.
Perché in quel momento, gelata sul posto e con gli occhi fissi su Mona, non provava nulla che valesse la pena provare. Niente che mai avesse provato in vita sua poteva avvicinarsi a quello, un miscuglio letale che minacciava, se lasciato libero, di trascinarla verso abissi dai quali dubitava sarebbe stata in grado di uscire in tempi utili.
Era furiosa. Cazzo, se era furiosa.
Aveva fallito. Cazzo, se aveva fallito.
E fra tutte le persone presenti, con Mona? Di nuovo? Sentì gli occhi riempirsi di lacrime iraconde - e deluse, e disperate, e oh mona cosa ho fatto - che lasciò solcare il viso senza fare una piega. Che si portassero via pure il sangue e lo sporco della giornata, se volevano. Che tutti la guardassero, se ne avevano voglia e tempo. Che pensassero pure quello che cazzo gli pareva, dell’ennesima diciassettenne andata in guerra senza sapersi quale fottuta merda aspettarsi. Perché avrebbe dovuto metterlo in conto, non era vero? Quella possibilità era stata concreta e reale dall'inizio, una spada di Damocle sulla testa di tutti loro che la Corvonero aveva deciso di ignorare, perché aveva appena compiuto diciassette anni e si sentiva immortale. Intoccabile.
Non li erano.
Solo in quel momento, vedendo la maledizione colpire Desdemona Benshaw, l'austriaca capì quanto cazzo e stra cazzo fossero fottuti.
Ed era molto, molto, arrabbiata. Battè le ciglia liberandosi delle lacrime, facendo scattare i denti per sciogliere parte della tensione al petto. Spinse all'infuori il mento, sfidando chiunque a dirle un cazzo di qualcosa, o Dio solo non volesse, compatirla o trattarla con tenerezza.
Rimase vicino a Mona, sempre. Non sapeva se sentirsi più in imbarazzo a guardare lei o Ictus, ma lo fece comunque, perché erano i suoi migliori amici. Avrebbero capito, e non le avrebbero detto nulla. Seguì meccanica le istruzioni di Eddie, stringendo così forte i denti da tenere di spaccargli. Non gli disse che se avesse sbagliato qualcosa, sarebbe stato un uomo morto. Voleva credere che avesse buon senso, ed abbastanza logica da rendersi conto che avesse menomato e decapitato i loro nemici: la giovane età, non avrebbe fatto la differenza.
Rimase a guardare tutto il tempo, attenta ad ogni movimento - sbagliato, giusto, era tutto apprendimento. Fu perché lo stava guardando, che vide l’inenarrabile.
Ancora qualcuno a romperle i coglioni.
Bacchetta alla mano, lanciò un protego su Eddie, senza mai perderlo di vista. Se l'avessero interrotto mentre curava Mona, avrebbe cercato i dati personali dell'unico superstite, e si sarebbe assicurata personalmente che il suo cognome morisse con lui.
Strinse la mano della Benshaw, rimanendole accanto mentre Eddie - oddio. Aveva detto che avrebbe guardato, ma era una menzogna: si tenne occupata con le labbra premute sulla fronte di Mona, le palpebre serrate ed un fiato caldo sulla pelle umida della ragazza. In mancanza della possibilità di guarirla dalla maledizione, optò per l'incantesimo di cura generico di Lele per ammortizzarne gli effetti.
«Sai cara mia, puoi prendertela con me quanto vuoi, ma non azzardarti a toccare i miei amici!» E nel momento meno aspettato di tutti, eccola: un’erezione del cuore. Dell'anima. Ce l'aveva così duro mentalmente, che si sentiva un adolescente al primo porno - tutto questo per dire che amò Mimmo molto intensamente: lo so, una poetessa delle emozioni.
Strinse la scimitarra.
«sono la cazzo di tecna» e pur non essendo un'arma da lancio, la scagliò sperando di impalarlo.
Aveva giusto bisogno di un altro selfie da mandare ai ben.