gebo

non so se sono io che mi sono persa molti post, o se sto iniziando ad avere le allucinazioni — molto probabili entrambe le ipotesi. sta di fatto che (cambiando gli addendi), il risultato non cambiava: mentre ficus faceva le sue cose®, attorno a lui i compagni continuavano a prenderle di Santa ragione.
Paris, in particolare.
ne sarebbe rimasto stupito, il Tassorosso (di solito quell'onere spettava a balt), se solo l'ultimo briciolo di sanità mentale! non gli fosse stato portato via dalle ferite ad aprirsi sul corpo minuto di lisi.
sapeva fosse colpa sua, in un qualche angolo non troppo remoto della sua mente e non sapeva bene come rimediare. anche quando la donna lo ringraziò per averla in minima parte curata, ficus rimase immobile per un tempo che parve infinito; braccia penzoloni e boomerang stretto nella mano destra, sguardo basso a cercare risposte nel terreno pregno di sangue.
non pensava sarebbe stato tanto difficile. non la propria sopravvivenza, un concetto relativo per uno disposto a lanciarsi sotto il proverbiale camion per salvare un'altra persona in pericolo, ma fallire nel difenderli. non era pronto al loro dolore, alle urla disperate, alla rabbia, alla paura.
tipo quella che provava rob di addormentarsi secca quindi back on crack.
poi lo aveva mandato di nuovo a massacrare i nemici con una pacca sulla spalla e una benedizione a fior di labbra. that's what mommy said, e chi era ficus per non ascoltare un invito diretto della sua nuova genitrice? il fatto che Lisi non avesse specificato ad alda voce chi esattamente dovesse tumulare non abitava molto la fortuna, ma il millepiedi viveva nella botte di ferro del suo ottimismo, protetto dalla calda imbottitura che era una spiccata capacità di vedere sempre la parte mezza piena del bicchiere.
in fin dei conti i suoi amici erano ancora vivi, mona compresa (ancora per poxo a quanto ho capito ma siamo a venerdì RESISTI MONA TIENI DURO), e a ficus non rimaneva altro che farsi forza. e sollevare entrambe le braccia, quando la Selwyn si avvicinò per spostarlo e allontanare il suo gomito dalle grinfie di rosa «op!» fu l'unica cosa che disse, girando su se stesso di centottanta gradi per ritrovarsi faccia a faccia con la donna, e tirarle una craniata sul setto nasale.
«mi scusi» un'aggiunta dell'ultimo secondo, incapace di trattenersi: l'educazione e la civiltà prima di tutto, anche mentre le spaccava faccia, perché certe abitudini erano dure e morire e dovevano essere mantenute.
?????
«pietrifius totalus» cavolo che tentazione spericolata di lanciare anche io un avidi kedivri ma che ne sa ficus delle maledizioni senza perdono suvvia.

oddio stava avendo il suo primo rimprovero dalla madre adottiva? cosa doveva fare? filmare? e perché sentiva una sensazione calda che le scaldava il petto?«scusa mamma» pronunciato come fosse stata un bambino di tre anni insomma «giurin giurello! a battaglia finita non dirò più parolacce» si vabbè, e la regina elisabetta era ancora viva allora «sarò brava!!!» perchè chi era delilah parker se non una bambina cresciuta troppo in fretta, bando alle ciance «paris la smetti di essere maledetto? eddai amo fai una preghierina, qualcosa» disse spingendolo via dal terremotino di rosa «usa qualche skill medica per soffocarla!! » suggerì. per poi aggiungere «not in a kinky way ovviamente » prima di correre verso leon e provare a colpirlo alla schiena con i chiodi della mazza «tua madre quella…» guardò lisi ricordandosi la promessa di poco prima «pelata»

«⬆️ca🍎 bastarda»
Si guardò intorno – Row, Lele. Come Pandi, e come Lisi, non aveva capito.
Al contrario di quest’ultime, però, non ebbe alcuna illuminazione: no thoughts, head empty. «ma che cazzo vuol dire.»
«sopraca mela?»
«sotto la panca pera?» conversazioni di un certo spessore culturale.
«ahhh! SUCAMELA!»
«no vabbè chi ci sarebbe mai arrivato.» sempre: non Row, non Lele. «sei un genio.» a Del, non a Lisi; aveva un contegno e dei sani princìpi, non avrebbe mai fatto un complimento alla bionda.
«linguaggio…» «DAI CAZZO PARIS METTIGLIELA IN CULO QUELL’ALABARDA SPAZIALE A ‘STA ZOCCOLA.» dei sani princìpi.
Voglio incolpare la signorina Sara per la scurrilità di queste righe, ho vissuto queste ultime ore con la sua soave voce che insultava l’altissimo, poi lo pregava di risparmiarla, e non potete immaginare cosa ha detto alle madri di chi avevamo contro… mi sento ispirato dalla sua saggezza e dalla sua oratoria.
«EGGSYYYY!» urlato, perché chissà dov’era – dove sei dove sei… –, ma aveva bisogno di: «me la fai la canzone del circo?» che non ho idea di come si chiami, ho letteralmente cercato “papaparaparapappapara” e me l’ha addirittura trovata. «è importante!» come poteva non esserlo: il buon Leon stava per ammazzare di botte la già provata Selwyn, e salvarla era un’impresa che Row era abbastanza sicuro non avrebbe portato a termine. Si lanciò di peso su una delle copie, cercando per quanto possibile di contenere i danni, e puntò poi la bacchetta sull’originale: «TARANTALLEGRA!» perché era proprio il caso ballasse su quella melodia anche lui.

cioè.
le aveva anche chiesto scusa.
prima di tirarle una testata, ok, ma il concetto rimaneva, no? forse era vero quel detto che ogni tanto Ben ripeteva ad alta voce, senza mai guardarlo direttamente negli occhi — a esser troppo buoni si diventa coglioni. la versione terra-terra del più classico nessuna buona azione rimane impunita. ed era proprio così ragazzi, proprio così. «ahia???» ora, solo perché il cervello di ficus funzionava a rilento, non voleva dire per forza che lo facesse anche il suo corpo. quello, purtroppo, funzionava esattamente come tutti gli altri (farfalle nello stomaco comprese, nel caso Jojo e Ari se lo stessero chiedendo #cos) e di certo non era immune al dolore: la fitta alla spalla fu intensa quanto una scossa elettrica, giù fino alla punta delle dita. strinse con la mano libera il gomito, tenendo quanto più possibile il braccio attaccato al fianco, dimostrando contro ogni previsione di sapere come muoversi.
avete una vaga idea di quante volte il millepied, con la sua rinomata grazia e l'altrettanto famoso equilibrio, fosse caduto dalla scopa prima di riuscire anche solo a starci accucciata sopra? giocava a quidditch, lui! era già tanto se ce le aveva ancora le spalle (voleva correggermelo in palle. ma posso scrivere con questo telefono????), altroché. e poi, com'era noto, ficus sapeva sempre trovare il lato positivo in ogni pozza di fango «paris guarda! uguali!!!» beh insomma, più o meno, ma concedetegli una gioia.
anche perché quella rompicazzo di rosa sembrava decisa a rovinargliele tutte: non solo aveva pensato fosse giusto sbatacchiare la testa del Tassorosso come una maracas, NON SOLO!!! gli aveva lussato un'articolazione, no! adesso credeva anche di poterlo prendere a spallate e scansarlo come se non valesse più niente per lei.
come se tutto quello che avevano passato insieme non contasse più.
«ma allora, signora, come si permette???» fece un passo indietro, nel vederla avanzare, e questa potrebbe essere la difesa reale invece no. l'indignazione e il disappunto lo avrebbero protetto (1pd) «e lei sarebbe l'adulto della situazione? guardi che non basta essere vecchi per diventare badger veri. oltre a essere infame è pure maleducata, non poteva chiedermi permesso????» malpensa te oh.
ma pensa*, ma sapete cosa, lo lascio.
diede il cambio a Paris con le lamentele, lasciando all'amico un high five a mezz'aria notando la solita accoppiata bastarda leon1 e leon2 prendersela per l'ennesima volta con mamma Lisi. anche a ficus, come un giuliano (il gatto) qualsiasi di fianco al suo telefono rosa, cominciavano a vorticare furiosamente i coglioni «questa, signore, è molestia» anche li, Bennet aveva tenuto più di una lezione sull'argomento, da quando la tipella del sesto anno lo aveva limonato duro senza chiedere permesso in uno sgabuzzino. ficus ne era uscito confuso e un po traumatizzato, la Serpeverde con un occhio nero e ben con un'ora in sala torture. inutile dire che gli era dispiaciuto tantissimo, ma aveva apprezzato l'intervento tempestivo.
afferrato León per la collottola, avrebbe tentato di lanciarlo contro uno degli alberi destinato a ficus stesso, nella speranza di breakarlo like a stick (daddy).
e questo è il contributo di rob xon un solo caffè in corpo.

Assurdo come fossero riusciti a difendere Lisi da un attacco potenzialmente killer, e per una volta che quel moltiplicatore infame l’aggrediva con meno verve che in precedenza lei si faceva prendere in pieno da un pugno in faccia. «ti sta bene il naso rosso, è in tema!» le sorrise gioviale, una piega sul viso tutta denti e sincero divertimento.
D’altronde, era davvero nel giusto contesto: un club di pagliacci, la crew del circo di Moira Orfei ma più belli; in particolare, posò lo sguardo ambrato su Ficus e Paris, attrazione principale di quello spettacolo. La loro indignazione nei confronti della mancanza di rispetto di Rosa era stata talmente grande che, oltre a farle venire la depressione, avevano deciso di ignorarla completamente, lasciando ad una Selwyn provata dal naso rotto l’ingrato compito di picchiarla, e fallire così miseramente da rendere più calzante la musica suonata dal buon Eggsy.
«che deficienti...» tutti, ma soprattutto noi player. Rottura della quarta parete, perché no.
Almeno uno lo avevano fatto fuori. Per miracolo. Per intercessione diretta dell’Altissimo, sceso a chiedere personalmente al Moskovskaya se avesse finito di usare il suo nome invano (la risposta era stata un «no.» schioccato tra lingua e palato come nel meme di Bugs Bunny).
«this is so funny, eggsy play»
Despacito? Nah.
Immigrant song, ovviamente.
O almeno quello gli avrebbe chiesto, se non avesse sentito la (poco) soave voce del Millepied echeggiare tra le fronde degli alberi cingalesi.
What if I wanted to break… Laugh it all off in your face…
«quella che sta cantando lui.»
E poi, Rosa lo prese. Cosa voleva, un ballo? Aw, non era decisamente il suo tip- ah cazzo, «sgodo.» a quanto pareva no, non voleva un tango passionale e acrobatico.
What wuold you do…
«WHAT IF I FELL TO THE FLOOR???» perché stava volando, e il prossimo passo era quello di sfracellarsi al suolo come se non ci fosse stato un domani. «COULDN’T TAKE THIS ANYMORE???» Ficus, che lo capì al volo, lo afferrò ed evitò l’impatto al suolo – «COOOOOOME BREAK ME DOOOOWN BURY ME BURY ME» forse, questo è quello che noi tutti vogliamo sperare: Row nel dubbio ricambiò il favore, perché non voleva debiti con nessuno, quindi lo protesse con il proprio corpo dal turbinio del cadavere di Leon usato come mazza. «IIII AAAAM FINISHED WITH YOUUUUU!» sperava.
«WHAT IF I WANTED TO FIGHT?» e sparò. Perché sì, e perché devo andare a studiare.

oh mio dio.
alla fine lo aveva breakato davvero.
«Paris!! dobbiamo mandare subito una foto a Ben!» del corpo spezzato (eowyn......) di León ormai privo di vita e accasciato contro un albero? certo, ma che domande sono. ormai era entrato in quel mood lì (una frase davvero terribile) ficus, e se ne usciva solo con della sana psicoterapia.
comunque neanche il fuckjng tempo di finire la frase, che quella megera di rosa si era già appropriata del cadavere: certo avrebbero potuto rimetterlo nella posizione originale una volta mandata anche la donna al creatore, ma sarebbe risultata una scena finta, posticcia. era tutto rovinato «SIGNORA METTA GIÙ QUEL CORPO!!!» l'intenzione iniziale, ovviamente non pensata e priva di qualunque logica, sarebbe stata quella di litigarsi il fu León come due damigelle il bouquet lanciato dalla sposa, ma la strategia non prevedeva quel genere di cazzeggio: prima il dovere e poi il piacere, giustamente. lì dove con dovere si intendeva evitare che row facesse la conoscenza del terreno cingalese, molto ravvicinata e fin troppo intima «WHAT IF I FELL TO THE FLOOR??? COULDN’T TAKE THIS ANYMORE???» e quindi.
stava succedendo.
ci fosse stato un Barry sotto cocaina, già avvezzo a certi rotolamenti azzardati sotto il fuoco nemico, sarebbe potuto anche scappare un limone doveroso. ma era ficus, e row era suo padre (cosa); un padre che se non lo superava in altezza comunque ci andava molto vicino — il peso specifico, con tutti quei muscoli, non vogliamo nemmeno saperlo «COOOOOOOMEEEEE BREAK ME DOOOOWNNN» raga, quasi letterale. sollevò il braccio ancora funzionante (un'apertura alare comunque di tutto rispetto), pronto ad accogliere il polacco come Alessia ne accoglierebbe volentieri un altro: oh Dom dell'Europa dell'Est, oltre a ballare con le stelle dammi anche la forza™ «BURY ME BURY MEEEEE»
e se lo prese.
tutto.
non aggiungo altro perché già suona brutto cosi.
addosso.
schiacciato sotto il peso del mondo, steso a terra come un tappeto, ficus millepied poté solo (essere felice di morire così, dopo tutto) continuare a cantare con quanto fiato gli rimaneva nei polmoni — eggsy, attacca! «LOOOOOK IN MY EYEEEES YOU'RE KILLING ME KILLING ME» @ row «ALL I WANTED WAS YOUUUUU» 💀

ma cosa stava vedendo… ma che cosa stava succedendo…«ci sta picchiando con un cadavere?» eeeeeew che schifo che schifoooooo«non la guardo perché sennò mi trasformo in balt e sbocco la colazione » si però si spostò dalla circonferenza che creava il corpo di leon «non vorrei avere un qualche organo barra arto di un cadavere addosso» ed infatti si tenne a debita distanza, recuperò la bacchetta e la puntò verso rosa «sectusempra!»