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Fece scivolare la lingua sull’arcata dentale superiore, labbra socchiuse in un sorriso che senza alcun problema arrivò ad illuminare gli occhi ambrati del ventunenne: ci voleva veramente poco a far felice il Moskovskaya, e vedere i propri nemici agonizzare e soffrire era una di quelle cose che faceva salire l’asticella della contentezza percepita a livelli altissimi.
Quasi quanto vedere i video di cani su TikTok – non quelli tristi, lo distruggevano; preferiva quelli in cui facevano qualcosa di stupido, naturalmente – o poter coccolare un cucciolo dal vivo. The duality of man.
«dobbiamo salvarlo,» corrugò le sopracciglia, volgendo il capo verso Ficus ed osservandolo premere una mano contro il petto del ragazzo ancora di ghiaccio. Istintivamente si allertò, credendo potesse aver capito male quando gli aveva detto di stare attento a non farlo cascare altrimenti si sarebbe rotto, o che avesse dei pensieri intrusivi non indifferenti sulla morte dei propri amici. Invece di scattare, pronto a raccoglierlo – di lì a poco sarebbe tornato umano, ed utile alla collettività, mica potevano farlo spaccare proprio in quel momento; non era di certo preoccupato – congiunse le braccia al petto e tornò a guardare davanti a sé. «avrà freddo così.» serrò appena la mascella, rilasciandola subito dopo senza dire niente – un evento più unico che raro, da inserire negli annali eccetera eccetera.
Non era invidioso, ma quasi: quando c’era stato lui nella stessa condizione di Paris, qualcuno si era impensierito per la sua salute? Sapeva già la risposta, e sapeva anche il perché – era un fantasma in quel nuovo mondo, una cellula totipotente che vagava senza identità né rete alla quale aggrapparsi; non aveva mai avuto problemi a voler vivere in solitaria, fedele solo a sé stesso, perché in fondo era consapevole del fatto che qualcuno, comunque, ci fosse. Aveva solo Troy, e forse per la prima volta in maniera consapevole ne sentì la mancanza fisica. Anche se sapeva sarebbe stata la prima a voler spingere la sua statua per distruggerlo, ma quello faceva parte del loro particolare rapporto.
Schioccò la lingua sul palato, scacciando dalla mente la fugace idea di avvicinarsi alla statua, dargli una spinta sotto quegli occhi da cerbiatto e fargli capire, almeno un po’, come si sentisse in quel momento, e da un mese a quella parte. Poteva essere uno stronzo infame, ma non fino a quel punto – checché se ne dicesse, un cuore Row ce l’aveva: non era colpa del Grande Gigante Gentile, se non aveva nessuno come lui.
Se lo fece – raggiungere il polaretto, non buttarlo a terra –, fu perché iniziava ad avere freddo e non aveva bisogno di cercare l’artefice di quell’abbassamento di temperatura per sapere si trattasse sempre dello stesso «pezzo di merda.» quindi corse verso di lui, intercettandolo prima che potesse spingere il Tipton, lanciandogli prima un «immobilus!» e poi tirandogli un calcio in pieno petto. «che fai, te la prendi con chi non può ammazzarti?» no, in realtà se l’era presa anche con lui, ma quelli erano dettagli anticlimatici; imbracciò dunque l’uzi che aveva tenuto da conto fino a quel momento, e aprì fuoco senza pensarci una singola volta in più.

delilah si riservò un po’ di tempo per fare pat pat (dovette arrampicarsi, si) sulla testa di ficus, che stava quasi per piangere per quel pirla di paris «non piangere, vedrai che riusciremo a farlo muovere e poi tornerà a cagare il cazzo come un paris qualsiasi » bacino di conforto, poi si allontanò da ficus cuore di panna per piazzarsi proprio dinnanzi a paris congelato in posizione di battaglia «in altre situazioni ti avrei chiesto se volevi giocare ad “el taxi” con noi» ma non le pareva quello il caso, anche perché non avevano il vino «lele sta ancora cercando quella bottiglia, non dirgli che c’era » bacchetta verso lou, occhio per occhio «glacius!!» lei non l’avrebbe leccata, sinceramente «forse possiamo giocare a cocorido? la figa pelosa!!» disse lanciando eggsy in una parte indefinita di quel luogo, niente oh nessuno che le desse corda «cri cri» e vabbè allora provò a sfogare la sua tristezza su sandy con una bella mazzata verso il cranio

«dobbiamo salvarlo. avrà freddo così»
«non piangere, vedrai che riusciremo a farlo muovere e poi tornerà a cagare il cazzo come un paris qualsiasi »
Della serie: pick your Ben.
Lisi era quasi commossa per la lealtà e l'apprensione dei ragazzi nei confronti del loro amico, e li trovava entrambi adorabili, ciascuno a modo suo.
Un po' meno solidale lo era nei confronti del polacco, ma non le piaceva giudicare libri solo dalla copertina, la Sewlyn, e avrebbe preferito di gran lunga chiacchiere di tutti i problemi di Row davanti ad una bottiglia di rosato d'Abruzzo e affrontarli così, piuttosto che nel bel mezzo della mischia.
Quando sentì lo sguardo proprio del giovane posarsi su di lei, a cercare di capire l'entità del danno provocato dallo shuriken, Lisi fece lentamente cenno di no con la testa — non ne valeva la pena, era meglio pensare agli altri e perché proprio a Paris, che stava pian piano tornando alle sue fattezze naturali.
Lei, dal canto suo, aveva un altro figlio da proteggere.
Scivolò in direzione di Ficus, richiamando l'attenzione di Rosa su di sé per distrarla e non farsi vedere mentre allungava un piede per farle lo sgambetto, al quale poi, in caso di esito positivo, avrebbe rivolto un semplice «ops...» che di innocente non aveva ben niente. «je suis désolé» manco un po'.
Poi, dalla sua posizione, puntò la bacchetta verso Rico per contrastare prima i proiettili con un «flos», e poi ricambiare il favore con un «foramen» alla spalla.

Mi ero distratta a guardare edit di Gale su tiktok, ma che ve lo dico a fare. Tanto Eggsy, ragazzo coerente e saggio, come minimo se ne stava passando un paio a mente a sua volta. Una felice pausa dai suoi compagni che continuavano a farsi immobilizzare nella loro personale, segreta partita di 1, 2, 3 stella. Abbassò brevemente lo sguardo su Row; poi fece scattare la testa nella direzione del suono umido che aveva appena prodotto la fottuta pelle di Lisi.
Ok, ok.
E alzò di nuovo gli occhi al cielo, ripetendo mentalmente e con più aggressività il suo nuovo mantra:
Gale con quel vestitino succinto della Wavemother
Gale che dice di avere una lingua allenata
Gale sudaticcio al Grymforge
Gale con gli occhioni da cucciolo bastonato
Dammi la pace interiore per sopravvivere a questa cazzo di giornata, o’ uomo fatto di pixel
Amen.
«lunga, eh.» rivolto al Moskovskaya, l’espressione accartocciata in una di puro dispiacere. «magari in un universo alternativo non sei una calamita.»
Manco sapeva quanto, Eggsy; era già ironico così.
Schiarì la gola, a quel punto. Dita già posate sullo strumento per quel +1 d’ispirazione bardica da lasciare come ricordo, e riprese il suo cammino sulle note di Bohemian Rhapsody.
Era quella, d’altronde, la realtà? O stavano vivendo solamente una fantasia?
Sgambetto casuale a Rico, e soffiò l’equivalente della sezione acapella. Ma doveva aprire gli occhi.
Guardale il cielo.
E vedere.
«I’M JUST A POOR BOYYYYYY» poor dagli hagalaz: ? «I NEED NO SYMPATHY» e sbatté casualmente con un gomito contro la gengiva del messicano. Eh, ops.
«any way the wind blows doesn’t really matter to… meeEeeEeE» stavolta, in elaborati movimenti delle mani, usò il flauto per batterlo contro il setto nasale del nemico. «to. me.»
Lungo respiro.
«MAMAAAAAAAAAAAAAAAA»
Facci sognare, Row.