gebo

stava succedendo tutto troppo in fretta, stranamente lei re la sua mazza chiodata risultavano un bel po’ letali, avevano davvero fatto stragi di ps. comunque delilah si distrasse dalla battaglia per acchiappare la mommy bona per un braccio «sanguini» disse semplicemente, indicando le ferite sul suo collo, senza pensarci due volte su ci puntò la bacchetta lanciando un bel «lelito docet» tanto erano in tema🥰🥰🥰🥰🥰 lelito la cura di ogni male🥰🥰🥰🥰«se non ti offendi vado a fare il culo a rico, che ribadisco non vuole manco sua madre» disse con un cipiglio, mentre, per l’ennesima volta si abbassava per sfuggire ai proiettili, e questa volta puntava verso il suo acerrimo nemico la bacchetta, lanciando un «sigillis»

«ecco chi mi ricordi! mio fratello!» si voltò in direzione della Selwyn donandole il più adorabile e morbido dei sorrisi di cui fosse capace, labbra scoperte su una fila di denti bianchi che non facevano pensare, almeno in quel momento, potessero strappare la carne a morsi se solo ne avessero avuto l’opportunità. Wyborowa non aveva alcuna difficoltà a mostrarsi al mondo per quel che avrebbe dovuto essere, un ragazzo di appena ventun anni come tanti altri, con sogni e speranze, ideali ad ardere come fuoco vivo nel petto – perché di fatti quello era, e quello si sentiva: gli omicidi, le truffe, i rapimenti, le proprietà bruciate erano soltanto una sfaccettatura di un mondo più grande, un tratto caratteriale come avrebbe potuto esserlo la passione per i cuccioli di dromedario. «anche lui simpatico, bellissimo, intelligente?» avrebbe potuto anche continuare con la lista, di pregi da annoverarsi ne aveva parecchi, ma decise di rimanere umile. «sei una ragazza fortunata, non trovi?» graziata dal Signore in persona, se proprio doveva dirla tutta: un fratello simile a lui, e poi si ritrovava anche un Row in quella fantastica avventura insieme; non credeva che potesse chiedere qualcosa di meglio, onestamente.
«pensa,» schioccò la lingua sul palato. «capricorno ascendente scorpione.» non che avesse una singola idea sul significato dei segni zodiacali, dei loro ascendenti e delle loro lune: glielo aveva detto Troy e si fidava, ma ci tenne a precisarlo con la bionda per l’unico gusto di dirle avesse fallito con la sua interpretazione. «c’eri quasi.» forse, chi poteva dirlo: di nuovo, non il polacco.
Poi, le note dolenti.
Respirò lento dalle narici, percependo ogni singola molecola d’ossigeno allargare i polmoni ed espandere la gabbia toracica, prima di sgonfiarsi per gettare fuori anidride carbonica; serrò la mandibola contro la mascella, i denti a digrignare tra di loro fastidiosamente.
Non era capace di dirsi propriamente dispiaciuto di quello che era appena successo, e di ciò a cui stava assistendo: aveva piena fiducia nelle proprie capacità, qualcuno avrebbe detto che ci credesse anche un po’ troppo, e lasciando cadere la coda dell’occhio sull’altro spilungone, sulla sua espressione, seppe dire con assoluta certezza che anche lui avesse fatto quanto più possibile per evitare quel che, a conti fatti, era l’inevitabile. Succedeva: imprevisti del mestiere, errore umano, fato avverso; era capitato a lui, stava capitando a Paris, poteva succedere a chiunque altro in quella radura e probabilmente qualcosa di simile avrebbe fatto arrivare agli avversari.
Registrò solo passivamente l’immobilità del minore, i fiocchi di neve a salire velocemente lungo il collo e sul viso, fino a ricoprirlo del tutto ed a sigillarlo dentro una gabbia di ghiaccio, senza dire nulla che potesse servire a qualcosa. Wyborowa Moskovskaya era, se possibile, soltanto empaticamente incazzato.
«no.» rispose più secco del necessario, più serio ed analitico, al tono apprensivo della maggiore, senza rivolgerle lo sguardo e tenendolo fisso sul profilo del Tipton. «è solo fottutamente fastidioso.» ed un trauma emotivo e psichico, ma solo in determinate circostanze e con le dovute aggravanti, secondo la sua esperienza personale – ma dubitava che qualcun altro lì in mezzo fosse stato trasformato in un orsacchiotto di stoffa per ventotto anni, ecco.
«sta bene,» ammorbidì la voce battendo le nocche contro la testa congelata del ragazzo, occhi puntati sull’altro suo amico – quello imbambolato che, insieme a lui, aveva fallito miseramente la difesa. «magari renditi utile ed evita che qualcuno ci sbatta e lo rompa, uh?» aveva i suoi modi di preoccuparsi dei sentimenti altrui, ma non significava non lo facesse.
«imperio» ed aveva anche metodi discutibili per evitare che la situazione degenerasse, ma cosa poteva farci se non era cresciuto in un ambiente sereno ed amorevole, ed avesse appreso prima gli incanti oscuri che quelli di base? Attese, e sperò, che la maledizione senza perdono attecchisse su Rico; quando fu certo ch’ebbe funzionato gli indicò con l’indice il nano da giardino con la sabbia magica e si strinse tra le spalle. «spara a lui.» semplice, pragmatico: non doveva nemmeno sprecare i suoi di proiettili. «guarda, ti aiuto: collapse!» tra proiettili vari e pneumotorace, prima o poi doveva morire – no?