ansuz

Non si guardò alle spalle, quando il rombo della granata echeggiò attraverso l’ultimo spiraglio aperto del varco oscuro: aveva preso nota della peculiare resistenza degli avversari, ma sapeva anche quanto combinare l’insopportabile voce di Shiloh ad una bomba potesse essere letale – avrebbe messo in difficoltà persino Seth, se solo il tiranno non fosse stato un amante del trash.
Inalò il tabacco bruciato un’ultima volta, prima di constatare la sigaretta fosse in dirittura d’arrivo e potesse permettersi di donarla al vuoto, per poi soffiare via il fumo piegando il capo nella direzione del suono di un’altra esplosione. Vide Gaylord sbalzato in aria, lanciato contro un albero, e prese nota delle tracce di sangue lasciate sul tronco dal ragazzo; gli rivolse un cenno del capo, assicurandosi che gli rispondesse in qualche modo – anche un banale pollice alzato, il Gallagher si accontentava delle piccole cose. Non si preoccupò per un singolo istante di andare a vedere in che condizioni fosse, sia perché già la sua ragazza gli era piombata addosso, sia perché botte del genere non allertavano nessuno: aveva visto prendere sveglie più potenti di quella, e lo stesso Beckham ne aveva subite e date al Quartier Generale. Al massimo, potevano rimettergli un po’ di neuroni al posto giusto – quello faceva sempre comodo.
«ma ti sembra il caso?» come se poi avessero tempo di mettersi a controllare non avesse subito un trauma cranico. Raggiunse Syria ed il suo assalitore, e con apparente nonchalance, gli prese il gomito tra le dita prima che potesse colpire la ragazza in volto; dunque, spinse il braccio della donna verso il basso, lasciandola a guardia scoperta prima di sollevare il fucile e spararle in faccia.

Dopo una ventina di strategia diverse si va così, a cazzo duro, due tassine vs il mondo DAJE MJ DAJE
Un po' confusa dal cambio repentino di capelli della studentessa, Dylan le si piazzò davanti con occhioni enormi e scudo sguainato (non so nemmeno come ti attaccano baby stella scusa) — ma soprattutto occhioni enormi. «uaaaao stai benissimo anche così!!!» la prese per la mano e la spostò appena. «puoi farli anche rossi?!1!2! COSÌ ENTRI NEL NOSTRO CLUB!!» Chi non voleva essere una furia rossa, infondo?!?! Avevano pure tinto i capelli di Kaz, una volta. (È canon, l'ho deciso)
«TEAM REDHEADS!!!» e, virando su se stessa, picchiò forte gli escrima sulle gambe di Bernie.
Due volte, perché ho doppio attacco. «Tié!!!!»







«»

Beh, che dire.
«hai un po’ di…» fissò lo sguardo zaffiro su Syria, indicando impassibile l’intera figura dell’esile ragazza: un rischio del mestiere, quello di avere grumi di sangue, frammenti di scatola cranica e pezzetti di materia grigia tra i capelli, sulla faccia, incollati ai vestiti. Dal canto suo, Daveth si premurò soltanto di passare la manica della maglia sugli occhi per evitare che il liquido cremisi intaccasse la vista, e lasciandosi alle spalle la cronocineta ed il cadavere senza più la testa si staccò dai capelli un ammasso di cervello fastidioso dalla chioma bionda: c’era un tempo ed un luogo per una sana e lunga doccia, ma non era né lì né in quel momento.
Osservò, testa lievemente inclinata sulla spalla, l’azione delle due rosse sul fu Bernardino, ed i suoi tentativi di dimenarsi dal groviglio di radici che, pari ad un cobra, andavano stritolandolo fino ad ucciderlo: erano rimasti in cinque (Gaylord, nel pietoso stato in cui verteva dopo essersi preso una banale botta in testa, non se la sentiva di considerarlo in quanto essere umano, figurarsi parte del gruppo) contro uno; cosa mai poteva andare storto.
«dave.» ecco, cosa. Pensò di ignorarla, ma c’era una parte del Gallagher che sapeva gli sarebbe costato più di quanto non avrebbe fatto considerarla davvero – quella stessa parte di sé che viveva ogni giorno della sua vita con Yale Hilton, per intenderci. Voltò con lenta intenzione le iridi chiare sulla ragazza, labbra tirate in una linea dritta e fredda. «davey.» lo spaventava, sapete? «qualsiasi cosa tu voglia fare,» calmo e pacato, anche quando evocò dei tentacoli d’ombra per bloccare l’unica superstite avversaria prima che prendesse a spallate la De Thirteenth. «non farla.»
Lo fece.
Guardò il Beckham, e nell’occhiata che gli rivolse c’era detto tutto ciò che non serviva espletare a parole: la uccido. E l’avrebbe fatto, sapete?
Aveva dei limiti, Dave.
Aveva una dignità.
Per questo decise di far calare l’oscurità su tutta la zona in un semplice schiocco di lingua sul palato, rendendo cieca Halima e sperava anche i suoi compagni – tanto a cosa gli serviva vederci? Ad un bel nulla, esatto: l’importante era che l’effetto dell’incantesimo di Dylan scemasse, e fino a quando non fosse successo li avrebbe fatti brancolare nel buio. Tanto, lui ci vedeva perfettamente: ne approfittò per far scivolare le dita su quelle tenebre, palpabili e concrete, ed avvicinarsi all’avversaria quanto più lentamente possibile (il climax era importante!) prima di piantargli una lama nel collo.

C'era una volta (pandi che stava scrivendo Hans e ha dovuto fare switch tattico a metà post, terribile) una bambina dai capelli rossi che viveva in una casa bellissima ed enorme, con una mamma un po' strega e un papà che lei amava così tanto da non vederne i tanti lati negativi e tossici, il carattere ambizioso e il luccichio malevolo negli occhi della stessa sfumatura di verde che condivideva proprio con la bambina.
C'era una volta, poi, quella stessa, confusa, bambina seduta sugli scomodi sgabelli del ministero della magia, di fronte a tanti uomini e donne che le facevano domande e le chiedevano se avesse visto nulla, indicando con cenni del capo severi quel fratello ricevuto da poco, come un dono che per anni la bambina aveva supplicato i genitori di farle avere, come un giocattolo o una bambola di pezza.
E poi c'era quella stessa bambina, un po' meno confusa, e un po' più immatura, avvolta dall'abbraccio caldo e soffocante delle sue migliori amiche e dell'età adolescenziale, in grado di farle dimenticare dell'assenza di quello di un padre che, da qualche anno, non era più lì — nel bene o nel male che fosse stato, a volte anche nel peggio, quell'uomo dalla dubbia natura era stato suo padre. Il suo papà.
Quella bambina che era diventata una giovane donna, in un mondo non facile, dove la morte era quasi un pasto quotidiano da offrire all'intera popolazione che, affamata e disperata, lo accettava senza battere ciglio.
Alla morte, Dylan Kane, s'era abituata. L'aveva toccata da vicino, e aveva rischiato di sfiorarla altre volte nel corso degli anni, le aveva permesso di incontrare Gaylord — ma vederla di nuovo, da vicino, esserne artefice, era una storia diversa.
Solo alla fine della battaglia, quando lo scudo che teneva stretto in mano come fosse un'ancora di salvezza iniziò a bruciare contro la pelle arrossata, quella stessa bambina diventata grande all'improvviso, tornò nuovamente bambina. «sono–» cercò istintivamente Gaylord e Thor, stringendosi a loro per sentirne il calore e la presenza solida contro il suo corpo scosso dai tremori, «sono...» sì, lo erano. Morti. Uccisi. Da loro. Chi più, chi meno, avevano contribuito tutti e a quel massacro. Il “o noi o loro” non funzionava molto bene come scusa.
Non riuscì a trattenere le lacrime, non voleva farlo, e nascose il viso contro la spalla di Thor per non guardare ancora l'orribile spettacolo davanti a loro.
Qualcuno suggerì di continuare – Dave, senza ombra di dubbio –, e Dylan ci mise un po' a riprendere controllo sul proprio corpo, obbligandosi a seguire il resto della squadra anche se con movimenti a scatto. La mano andò istintivamente a cercare quella della De13th, pur tenendo l'altra non troppo lontana dal braccio di Gaylord — aveva bisogno di entrambi, in quel momento. Aveva bisogno di Joni.
Aveva bisogno di Kaz.
«secondo voi,» tirò su col naso, senza vergognarsi di star provando delle emozioni: non era un cazzo di robot, lei. «come stanno?» tutti gli altri volontari, nel dubbio, ma anche le persone che stavano cercando. Soprattutto quelli che stavano cercando. «chissà dove... dove sono.» Involontario il labbruccio tremulo, denti a spingere all'infuori, e occhi a cercare quello che sperava essere conforto nello sguardo dei compagni. «spero che–» non ebbe tempo di dire altro, perché nuovi attacchi iniziarono a piovere su di loro.
Mai un minuto di tregua, porca pupazza.
Accettò di perdete la presenza confortante della mano di Thor, affidandola completamente a Gaylord, prima di immolarsi come scudo umano per proteggere la piccola neo furia, MJ. «stai attenta!!» le urlò, arrivandole accanto e abbracciandola per spostarla con lei. «come stai?» e poi, in un attimo, accanto a lei c'era Gaylord e — «ohhhh, mannaggia!!!!» lasciò cadere i bastoni escrima a terra, e portò le mani a coppa intorno alle guance dell'influencer, facendo scontrare le loro labbra con urgenza e disperazione. Se rischiavano di morire (di nuovo!) voleva almeno concedersi l'ultimo bacio con il suo fidanzato bellissimo e dolcissimo e premuroso e muscoloso e — si staccò, lightheaded per l'intensità del bacio e la concitazione della battaglia. «ok, va meglio» sussurrò sulle labbra di Gaylord, sperando che nel frattempo non l'avessero beccata i nemico, ecco.
Poi, in un impeto di furia e psycho shippaggine, si girò verso Olaf e gli urlò in faccia: «GAYLORD BACKHAM È IL MIO FIDANZATO!!!» sipario.


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