Quando Shiloh era tornata a casa dal suo breve soggiorno a Montrose, l’aveva accolta con un sospiro. Non di sollievo – perché mai avrebbe dovuto sentirsi rincuorato: la prima domanda che il Gallagher le aveva rivolto, quando senza nemmeno chiedergli il permesso si era introdotta in casa sua come fosse la propria, era stato un recapito del resort in cui aveva alloggiato fino ad allora così che potesse avvertirli si fossero persi una persona; qualcuno era riuscito a togliere dall’equazione della sua esistenza uno dei monomi più rumorosi e fastidiosi che avesse mai conosciuto, poteva andare meglio solo e soltanto se anche Yale si fosse preso quella settimana e mezzo di vacanza senza dare tracce di sé al mondo intero –, ma pesante e grave, il capo biondo chino sul pavimento in chiaro segno di sconfitta. Quando aveva iniziato a blaterare storie prive di senso su gente che l’aveva drogata, rapita, fatta vestire in maniera assurda e rinchiusa con una bambina in una sorta di appuntamento al buio, e su un hotel che spariva nel nulla come se non fosse mai esistito, trascinando con sé decine di persone, le aveva aperto un portale sotto i piedi per spedirla il quanto più lontano possibile dal suo appartamento. La Abbott non aveva bisogno che Daveth si unisse al coro di voci che la definivano pazza: lo sapeva bene che lo pensasse da anni, ribadirlo era diventato superfluo e anche abbastanza noioso. Non era però per quel motivo che l’aveva catapultata via. E non del tutto per il fatto che aveva osato turbare quella tanto agognata quiete che era riuscito a conquistare grazie all’intervento divino che l’aveva fatta sparire per dieci, meravigliosi giorni. Era felice che stesse bene? Relativamente: lo confortava il fatto che fosse viva per più di un fattore – primo tra tutti, non sapeva se sarebbe stato in grado di sopportare gli autodistruttivi meccanismi di coping dell’Hilton: già non era certo di cosa aspettarsi come reazione al mancato ritorno di Nahla, ci mancava solo che tra la gente riuscita a fuggire da ovunque fossero finiti non ci fosse anche la sua migliore amica –, ma aveva sperato che si portasse dietro qualche trauma, anche uno piccolino, che le facesse considerare di entrare in una fase di terapeutico silenzio, se non direttamente in un monastero tibetano; di certo non abbastanza contento da reggerla per più di un minuto, ed era stato anche paziente. Se aveva voluto rimanere da solo, era (per tutti questi motivi, e) perché avesse detto davvero tante cose, e l’ombrocineta aveva bisogno di pace per assimilarle, comprenderle, capirne i risvolti e le implicazioni. Di base non gliene sarebbe fregato niente, e sebbene gli dispiacesse per Nahla, per Barbie, Dave era abituato all’abbandono, a veder le persone vicine scomparire dalla sua vita senza salutare né mai più fare ritorno. Che anche dei ribelli fossero stati coinvolti in quell’evento, non l’aveva turbato così tanto: era pragmatico, ben cosciente del fatto che il rischio fosse un punto rilevante della firma che avevano messo sulla pergamena incantata, e che le perdite fossero calcolate e contemplate nel grande disegno della Resistenza. Gli interessava però il ruolo che aveva deciso di ricoprire, l’impegno preso. Non poteva ragionare sul da farsi nel prossimo futuro con una zanzara a ronzargli nelle orecchie.
«te lo dico io, davey,» tutte belle parole e pensieri sensati, quelli dell’ex soldato, ma quanto gli rodeva il culo. In generale, sì, ma in quel momento un po’ di più. «gliela farò pagare per quello che mi hanno fatto.» lasciò cadere le buste a terra, andandosi a sedere sulla poltrona di fronte al divano su cui Shiloh aveva deciso di fare il suo sermone da psicopatica. «è una minaccia e una promessa. mi sentiranno.» oh cielo. «mh-mh.» mugugnò soltanto, perché una delle grandi lezioni di vita che aveva appreso in ventinove anni era che i matti andavano sempre assecondati. «ti ho preso un regalo.» un vero gentiluomo; si piegò in avanti, prendendo una scatola dalla borsa della spesa e lanciandola alla ragazza. Una GoPro, perché non vedeva l’ora di non perdersi nemmeno un secondo delle sue avventure: era una persona seria sempre, in particolar modo sul campo di battaglia qualsiasi esso fosse, ma se esisteva l’occasione di farsi due risate sulle disgrazie altrui perché mai avrebbe dovuto privarsene? «ugh che palle ma yale non si poteva fare i cazzi suoi? cos’è, tipo un buon proposito per l’anno nuovo, fare la carità ai poveri? senza offesa, eh.» sollevò appena il capo per sorriderle guardandola negli occhi. «sono mortalmente offeso.» atono e apatico, perché non aveva alcun motivo di prendersela davanti all’ignoranza delle persone – anche quando si trattava di quelle più vicine che, suo malgrado, si fosse ritrovato ad avere. Percepiva una copiosa pensione da veterano di guerra nonostante si fosse congedato, prendeva fior di quattrini dai suoi incarichi da sicario, Piz lo pagava discretamente in palestra, aveva l’eredità di un tenente colonnello ancora del tutto integra e gli Hilton sborsavano più di quanto fosse necessario per non far morire Yale: era ben lontano dalla povertà, ma trovava sempre divertente vedere quanto la gente ricca per natura vivesse con il paraocchi. «quando mai hai visto newhaven cedric edward george stephen hilton iv» nome complete necessario. «farsi i cazzi propri?» era sinceramente curioso di saperlo: lo conosceva da indubbiamente più tempo di Daveth, magari era successo almeno una volta nella sua vita. Tornò a guardare nella busta, schioccando la lingua sul palato. «avresti fatto lo stesso, comunque. quindi…» si fermò, prima di dire qualcosa che avrebbe rimpianto per sempre: non giudicarlo. Perché credeva davvero che la ragazza potesse consapevolmente scegliere di aderire ad una missione potenzialmente suicida per qualcuno a cui teneva, qualcuno cui aveva promesso di prendersi cura. Lo capiva, e sapeva che lui in primis avrebbe fatto la medesima cosa – se ci fossero stati Zenith o Leaf al posto di Nahla, o Niamh; gli costava molto ammetterlo, ma avrebbe considerato quell’ipotesi anche se la trentenne con il gelato ed il pile davanti a lui non fosse riuscita a fuggire da quella situazione due mesi prima; con ancora più rammarico, era certo che se fosse scomparso Yale avrebbe tentato di recuperarlo. Questione di responsabilità. «secondo te gli piaceranno?» perché poteva anche [sospiro profondo] capirlo, ma ciò non significava che non dovessero provare a legarlo in casa ed impedirgli di fare qualche stronzata: era pur sempre la sua guardia del corpo. «non mi intendo molto dei suoi gusti estetici riguardo allo shibari» beh: si sarebbe fatto andare bene delle classiche corde, a meno che la scrittrice non avesse deciso di andarne a comperare delle altre. | daveth gallagher | Another game, another god Another day to buy your fate | | | | rogue lame mortali [ 15-20 pa all'avversario, pa/pd dimezzati ] | special, ombrocinesi lvl master |
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