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[pq 11] cherry ft. cloud @ casa sua

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    i berserker hanno la violenza nel sangue. scatenano la loro furia sul nemico con efferatezza, incuranti della propria salvaguardia
    Cherry non si era mai interrogata sulle intricate meccaniche che dominavano luoghi oscuri come i mercatini dell’usato. Non ne aveva mai avuto bisogno, per carità, e non era così incline a prendersi le pulci. Vi era già un alto rischio date le compagnie che intratteneva, ci mancavano solo i capi di seconda mano. Sollevò con la punta di una daga (sì, le teneva in giro per l’appartamento in caso) una canotta ascellare dal dubbio gusto estetico, una smorfia ad arricciare le labbra. Era davvero Qualcosa. Non capiva cosa ci azzeccasse la fantasia camo con colori sgargianti come l’arancione e il giallo— anche perché l’unico camuffamento che avrebbe potuto fare sarebbe stato tra le vetrine Zara [derogatory]. Lo avrebbe chiesto a Moka, ma al momento era MIA e Charlyse aveva deciso che fosse cosa buona e giusta liberarsi degli ultimi rimasugli della roba che il Telly le aveva disseminato per casa. Nemmeno venderla, perché dubitava esistesse anima con tanto dubbio gusto, ma donarla a qualche senzatetto. E magari anche gli slip leopardati di Lawrence, se non avesse deciso di bruciarli prima. «dio» [bestemmia] «secondo me se le tocco mi prendo qualche malattia» indicò con un cenno del capo il paio di mutande abbandonate per terra, le sopracciglia bionde corrucciate e il labbro catturato tra i denti come a dover risolvere un grande enigma «no, nemmeno con la daga ma scherzi» che poi le toccava buttare pure quella. Si buttò sul letto a peso morto, dopo aver risposto la daga sul comodino, cadendo sul suo piumone immacolato. Ovviamente, la spazzatura era per terra dove meritava di stare. Preferiva pensare alle malattie veneree –sì, davvero, aveva toccato un punto basso nella sua vita– di Law piuttosto che alla missione ormai imminente. Aveva un limite mentale, e al momento l’aveva ampiamente superato. Doveva ringraziare che Cloud la conoscesse da anni, e con lei non ci fosse bisogno di fingere. Non più del solito, almeno. Niente ho sentito che Lollo Pelle si è tolto i pantaloncini e sono rimasta interdetta per un attimo, ma direi che le mie 300 parole le ho.
    charlyse
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    gli anatemi hanno la resistenza e la capacità adatti per attutire l'offensiva avversaria, dando una possibilità in più per sferrare attacchi decisivi contro i nemici.
    Claudia l’aveva saputo sin dal primo momento che avrebbe aderito. Non era nemmeno in discussione, la cosa; l’aveva saputo ancora prima che il ministero ufficializzasse la cosa, ancora prima che le sue fonti la informassero sulla possibilità che quell’idea di concretizzasse. L’aveva saputo perché, citando Ligabue, “le donne lo sanno, le donne l’han sempre saputo” eccetera eccetera.
    Inutile dire che avesse anche braccato e interrogato i superstiti, facendo domande spesso scomode senza mai lasciarsi scoraggiare dai loro silenzi o dalle risposte vaghe: era brava a mettere insieme i pezzi e leggere tra le righe di quello che gli altri non dicevano, fosse anche solo per disegnare un quadro che piaceva a lei e che titillava i suoi sensi da detective in erba.
    (Di quel passo, avrebbe dovuto davvero pensare ad una carriera come PI e farci i soldi sopra. Se fosse andata bene la missione, l’avrebbe messa nel CV!)
    Un po’ meno le era piaciuta l’idea di dover attendere ulteriormente: aveva atteso due mesi, in una casa sempre più in agitazione e con un Fake sempre più disperato, che nel caso del torturatore non era necessariamente sinonimo di depresso, ma quanto più di imprevedibile. In casa Golden non si parlava di altro, e l’unico che se ne teneva fuori era Kiel, perché in quella casa ci viveva solo a giorni alterni BADUM TSS. Tutti gli altri avevano già fatto la loro scelta.
    (Clod era ancora dell’idea che avrebbero dovuto legare Taitai e chiuderlo nello stanzino per evitare che li seguisse ma, eh!!, era un bimbo grande e poteva sopportare le conseguenze delle proprie scelte, certo. Ciò non toglieva che Clod sarebbe stata in pensiero tipo tutto il tempo perché… era Taichi. Si spiegava da sola, la cosa.)
    La rassicurava il fatto che c’erano anche persone *stelline* competenti *stelline* su cui far affidamento, e perché proprio la pavor che aveva di fronte, e dalla quale si era rifugiata quel giorno per avere un attimo di respiro.
    Non aveva immaginato di finire invischiata nel cambio stagione di Cherry (.), non quando lei stessa evitava il proprio come la peste (e funzionava avere tutti i panni nell’armadio, così non doveva mai cambiarli *smart guy meme*) ma… eh, per la Benshaw, questo ed altro.
    «secondo me se le tocco mi prendo qualche malattia»
    Sollevò entrambe le sopracciglia con un’espressione che sottolineava chiaramente il suo essere d’accordo, ma non annuì: Cherry non aveva bisogno della sua conferma, in quel frangente, e lei non era così superficiale da darla. Però la fece sorridere il commento successivo, e il fatto che Cherry avesse una daga dentro casa a portata di mano, come chiunque altro avrebbe avuto, boh, delle candele profumate. C’era un motivo se, inizialmente, aveva crashato forte per la pavor, e glielo ricordava ogni singola volta che passavano del tempo insieme.
    «possiamo bruciarle,» suggerì, chinandosi sulle mutande in questione e osservandole con un cipiglio disgustato, «nessuno ne sentirà la mancanza» di certo non il Matheson che (probabilmente, ugh, ne aveva altre dieci molto simili ordinatamente piegate nei cassetti) le aveva dimenticate a casa di Cherry chissà quanto tempo prima. «sono orribili, non riesco a smettere di guardarle» aggiunse infine, occhi bosco incollati sulla stoffa animalier accartocciata sul pavimento. «e non chiederò come sono finite nella tua camera.» c’erano domande a cui persino G. Claudia Moor non voleva dare risposte. Lo faceva per la proprio sanità mentale.
    E poi, c’era un elefante ben più grande da affrontare, in quella stanza.
    Si mise seduta sui talloni, distogliendo finalmente le attenzioni dalle mutande, e portandole sulla Benshaw sdraiata sul letto. «sei pronta?» ad andarsi a riprendere quel pirla del suo migliore amico e prenderlo a schiaffi, andava detto. Claudia, dal canto suo, lo era; ma era sempre stata una persona profondamente contraddittoria, smossa spesso da sentimenti ambivalenti e chiari solo ed esclusivamente a lei, quindi se da una parte c’era la certezza matematica che la missione sarebbe riuscita, dall’altra non poteva non pensare ai possibili risvolti negativi e a tutte le cose che avrebbero potuto andare male. Perciò sì, era pronta — al meglio, e soprattutto al peggio, ma non si sentiva di condividerlo ad alta voce.
    g. claudia
    Moor

    e mentre il tempo scade, e il mondo si sta armando,
    In un monolocale, noi, ci stiamo amando.
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    [rimuove 5-10 pa da attacco avversario]
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    2001 — australiana — bloggerma che rivoluzione che tutti qui vorrebbero,
    ma nessuno ha mai il coraggio di prendere il bastone
    E darlo in bocca a chi ci vende le illusioni.
    il peggio è passato
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    i berserker hanno la violenza nel sangue. scatenano la loro furia sul nemico con efferatezza, incuranti della propria salvaguardia
    Sapeva di avere poco tempo, la Benshaw, prima della missione. Questioni logistiche da sistemare, discutere con il resto dei ribelli quale sarebbe stato il suo obiettivo, e altre mille faccende che stava rimandando da giorni. Di certo, il modo migliore di sprecare quei cruciali minuti non era facendo quello. «possiamo bruciarle, nessuno ne sentirà la mancanza» uno sguardo di comprensione passò tra le due bionde, un tanto ne ha altre dieci non detto ad esitare per qualche attimo nella distanza a separarle. Era un orribile pensiero da avere, ma ormai aveva perso il conto da quando frequentava il Matheson. «sono orribili, non riesco a smettere di guardarle» una frase che avrebbe potuto applicare a molti contesti della vita ultimamente, se era onesta. Scosse la chioma bionda, una smorfia ad increspare momentaneamente le labbra «è proprio quello che vuole, è terribile» tutto, nel dubbio. «e non chiederò come sono finite nella tua camera» a quello, si lasciò scappare una risata divertita, un breve affare che raramente si concedeva in compagnia di altri. Aveva un’immagine da mantenere, non importava con chi si trovasse– ma c’erano delle eccezioni. «oh no, non vuoi. è meglio che certi segreti restino nella tomba» no, Cherry non stava insinuando niente, perché era palese ad entrambe il rapporto che l’ex serpeverde avesse con Lawrence. Ma non voleva rivivere ad alta voce la scena di un Lawrence che decideva di andare commando per la sua serata di caccia, lanciando i vestiti dove capitava. L’atmosfera nella stanza divenne più sobria il tempo che Cherry ci mise a battere le ciglia, un cambio netto all’ilarità di qualche momento prima «sei pronta?» esalò un respiro dalla bocca che assomigliava sospettosamente a un pff, e portò le braccia a sostenere il capo nel perfetto ritratto dell’ozio «non la mia prima volta, lo sai. sicuramente nemmeno l’ultima» era il più vicino che poteva andare senza dire la verità, non tutta, una linea che calpestava da anni quando si trattava della Moor «ma non è la missione che mi preoccupa» lasciò quelle parole sospese nell’aria, il labbro inferiore prigioniero dei propri incisivi e gli occhi chiari nudi di una preoccupazione che raramente mostrava. «è ipocrita da parte mia dirle di non partecipare, ma mona ha– cosa? diciassette anni? non ha idea di cosa la aspetta» chiuse per un battito le palpebre, le memorie sanguinolente della guerra a farsi strada tra i ricordi, le ossa rotte e le grida strazianti che avevano lacerato l’aria. Nessuna idea. Ma quella era la guerra, e questa era una missione di soccorso. Doveva credere che sarebbe stato diverso, che non aveva tutti i segni di essere una trappola. «ho già perso un amico, perché tentare la sorte due volte?» non poteva impedirle di partecipare alla missione, non quando lei e i suoi amici tendevano a muoversi insieme come un branco, ma non poteva negare che la sola idea la riempiva di un sentimento che poche volte nella vita aveva provato. Ansia, timore, un bisogno feroce nel petto di legarla da qualche parte con quei deficienti dei Ben. Non era un posto per bambini, non era niente a cui Hogwarts potesse prepararli. Eppure, doveva convivere con quella realtà.
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    gli anatemi hanno la resistenza e la capacità adatti per attutire l'offensiva avversaria, dando una possibilità in più per sferrare attacchi decisivi contro i nemici.
    «è proprio quello che vuole, è terribile»
    Claudia non poteva giudicare proprio nessuno riguardo nulla, dal momento che era la prima a fare, dire, indossare o comportarsi in maniera controversa, e di certo non era estranea alle compagnie particolari — ma doveva ammettere che Cherry andava molto vicina a raggiungere gli standard discutibili dell'australiana, con le proprie amicizie.
    Le rivolse quindi un'occhiata solo in parte giudicante, ma perlopiù comprensiva, quando si strinse nelle spalle al commento dell'altra bionda. Certe persone, Clod, non le avrebbe mai capite, pur volendo tantissimo farlo; per natura, non le piaceva non indagare e non avere risposte, e più in generale, non provare a capire. Un misto tra testardaggine e curiosità, il suo; un mix spesso letale. Ma che, appunto, non le permetteva di essere troppo severa riguardo alle scelte discutibili di Cherry in fatto di amici.
    «oh no, non vuoi. è meglio che certi segreti restino nella tomba»
    Anche su quello avrebbe avuto da ridire, quantomeno per la dubbia natura di quella risposta; se solo non avesse saputo, proprio dalla stessa Benshaw, di (quasi) tutte le (dis)avventure di Law, e se non avesse visso il ragazzo con i propri occhi, avrebbe potuto persino finire col pensare male. Non lo avrebbe fatto, anche perché conosceva abbastanza bene Cherry e voleva credere nel suo buonsenso *manine*
    Piuttosto, invece, lasciò perdere le mutande orribili del Matheson e si rimise in piedi, passeggiando senza meta nella camera da letto di Cherry; non era la prima volta che aveva il piacere di trovarcisi, e aveva una passione peculiare, Clod, per le camere altrui: le piaceva vagare senza meta e posare lo sguardo curioso su ogni foto e cianfrusaglia possibile, ancora di più se accompagnata da aneddoti più o meno recenti riguardo ciascuna cosa che sfiorava dolcemente sotto le punte dei polpastrelli. Cosa poteva farci, dopotutto era una ragazza che da sempre, persino in una vita che non ricordava, aveva macinato parole e raccontato storie, e non c'era cosa al mondo che le piacesse di più (o le venisse meglio) di mettere insieme racconti, o immagini evocate dai racconti di qualcun altro.
    A Cherry rivolse uno sguardo solo dopo qualche istante, poggiandosi distrattamente con la schiena contro la poltroncina della toeletta, le mani posate sullo schienale soffice.
    «non la mia prima volta, lo sai. sicuramente nemmeno l’ultima» Piegò leggermente gli angoli delle labbra verso il basso, a quelle parole, consapevole tanto quanto la Benshy che era proprio così: sicuramente non sarebbe stato quello il suo ultimo rodeo. Sospirò, ma non interruppe il discorso dell'amica. «ma non è la missione che mi preoccupa»
    Faceva male sentire quella minuscola, ma inconfondibile, nota di preoccupazione nel tono di voce di Cherry, e riconoscere nel suo sguardo un'emozione messa a nudo, quasi una paura che raramente si palesava negli occhi verdi e fieri della pavor. A Claudia si stringeva il cuore nel saperla così.
    «è ipocrita da parte mia dirle di non partecipare, ma mona ha– cosa? diciassette anni? non ha idea di cosa la aspetta» avendo già compreso dove sarebbe finito il discorso, Clod si avvicinò al letto della ragazza e vi prese posto, sedendosi a gambe incrociate a pochi centesimi da lei; voleva darle il suo supporto, non solo morale, e minacciare di incastrarla in un abbraccio se avesse reputato necessario farlo. Been there, done that, eccetera eccetera. «ho già perso un amico, perché tentare la sorte due volte?» Non ribadì che, se proprio volevano essere precise, tale amico era poi tornato (per poi sparire di nuovo, ok, notava persino lei un certo pattern…), e si limitò a posare i gomiti sulle ginocchia, e a sostenere il mento con le mani unite. Anche lei avrebbe preferito incatenare Taichi al letto piuttosto che saperlo da qualche parte chissà dove in quella missione potenzialmente suicida, ma capiva anche il cosa muovesse loro, tutti loro, a partire senza guardarsi indietro.
    L'amore.
    Se per quelli spariti che speravano di ritrovare, o nei confronti di chi aveva deciso di rischiare la propria vita e partire alla ricerca, non faceva differenza; era quello il sentimento che mandava avanti il mondo, ancora più dell'odio.
    «è vero, ha diciassette anni.» annuì con convinzione, senza distogliere lo sguardo dal viso di Cherry, «ma per come la vedo io, ha avuto anche un esempio di vita impossibile da rinnegare» aggiunse, sollevando entrambe le sopracciglia con fare allusivo: sapevano benissimo entrambe a chi si riferiva, «e credo che abbia fatto tesoro di tutti gli insegnamenti, anche quelli che non sai di averle impartito. Certe cose, le sorelle minori le imparano e basta.» e lo sapeva bene anche lei, in qualche modo; non aveva mai avuto sorelle, o perlomeno non ricordava di averne avute, ma quando aveva conosciuto Melvin qualcosa era tornato come al proprio posto, e tutte quelle convinzioni, pur non essendole ormai appartenute, ormai erano diventate parte di lei. «non puoi fermarla, ma puoi darle il tuo supporto e qualche consiglio last minute» accarezzò una gamba della bionda con la mano, sorridendole in maniera dolce, «visto che non è la tua prima volta, cit.»
    g. claudia
    Moor

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3 replies since 6/4/2024, 19:06   76 views
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