There's a life on Mars where the couture is beyond

@ haus of lüneburg | festa di inaugurazione ft. villici? libera

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    Fly me to the Moon

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    Fra guerre e sequestri di persona di massa, aveva dilatato anche troppo i tempi ed i preparativi per l'inaugurazione. Non che a gestire una casa di moda, le cose con cui affaccendarsi le mancassero: avete idea di quante fashion week sparse per il mondo ci fossero, soprattutto adesso che il mondo babbano era stato assimilato? Un'ottimo esito sociopolitico a proposito, quello della Guerra di Primavera, visto che aver aperto gli occhi e le porte anche ai poveri sfortunati privi di magia per una come Héloïse voleva dire una sola cosa: più clienti con soldi da spendere.

    In ogni caso, fra sfilate, collezioni, viaggi di lavoro e fogli di giornale il suo calendario non era stato comunque una passeggiata e il periodo delle feste comandate, nel suo caso, più che dare un momento di respiro le dava altro di cui impensierirsi, con tutto il micromanagement di rapporti diplomatici che inevitabilmente avveniva in una famiglia numerosa e sparsa per il globo come la loro.
    Sapete cosa le dava respiro, invece?
    Organizzare feste.
    Non amava partecipare a quelle degli altri, ma pianificare le sue la metteva di buon umore quasi quanto il mettere giù bozze per collezioni future e abiti di design fantasiosi, che rimaneva comunque il passatempo piacevole imbattuto assieme al prendersi cura delle preziose creaturine custodite nel rettilario.
    Non era la prima cosa della lista, d'accordo, ma la medaglia di bronzo era modestissima e, in quel caso specifico, portare a termine i preparativi per il negozio a Londra voleva anche dire che poteva organizzarne finalmente la festa di inaugurazione.

    La data prefissata, il quattordicesimo giorno di marzo, era giunta non senza farsi attendere, dopo essere slittata di quasi un mese per via di quell'incresciosa quisquillia della presunta sparizione del Lotus - sulla quale lei, per inciso, non aveva una vera opinione perché, anche fossero sparite delle persone o un intero edificio, il suo interesse o empatia verso la vicenda era pari a zero.
    Alle quattro in punto, dopo una preliminare mezz'ora in cui le prime dozzine di persone, fra invitati e curiosi, s'erano accalcati davanti alla boutique nuova di zecca Héloïse, tinta di un bel rosso ramato e fasciata da un abituccio bianco e sobrio dei suoi, aveva trasfigurato in farfalle monarca il consueto nastro d'inaugurazione davanti alle sontuose porte a vetri e l'insegna del negozio in lettere capitali di ferro battuto era magicamente apparsa dal nulla sopra l'arco di pietra in cui l'ingresso era incastonato.

    Dopo quella trita ma dovuta pantomima, la titolare era entrata col suo solito seguito, fra cui la sorella minore, e quelli che dalla folla s'approssimavano all'entrata furono passati al vaglio dal servizio di sicurezza assunto per l'occasione, anche se l'evento era stato pubblicizzato in modo tale nelle settimane addietro che, in ogni caso, l'interno addobbato a festa, con tavoli, piano bar e quant'altro ci mise poco a popolarsi di gente ben vestita, fra semplici invitati e membri della stampa specializzata.
    I feel alive when I transform
    But this love's not material
    Now take it in and turn me on
    Zip me up, it can't be wrong
    'Cause your new look's ethereal
    héloïse


    NOTE OFF per chi è pigro, come me, e possibilmente vorrebbe non leggere proprio i vaneggiamenti di Hél e sapere invece le cose davvero importanti per scrivere un post o due in questo topic
    Bene, amici cucciolotti, non sarò breve, ma sempre meglio di leggere un mio post. Questo spunto era molto fuori tempo massimo per la mia timeline mentale (sì, mi fingo una persona seria nel tempo libero), quindi era il momento di cavarlo fuori. Anticipo per chiunque avesse una tara mentale e volesse usare lo stesso schema role che ho usato io, che vi droppo il link dalla bacheca codici oblivion (e baci virtuali ad Eli jr. che ne è l'autrice).

    Siamo a Mayfair, quartiere di Londra noto fra le altre cose proprio per le boutique di superlusso, dalle quattro di pomeriggio in poi del giorno 14 marzo 2024. Il contesto è una festa di inaugurazione, per l'appunto, di una boutique!! Quella della casa di moda di Hél, chi lo avrebbe detto mai (trovate temporaneamente una descrizione sommaria anche nel topic del regolamento negozi, smack).

    Come avete ottenuto l'invito? Beh, sicuramente non è un'occasione per poveri tutti, ma tutti i membri dell'aristocrazia magica, la gente straricca, i ministeriali, le persone che lavorano nel mondo della moda&affini e i giornalisti possono aver avuto facile accesso senza problemi. Per il resto, inventatevi pure quello che vi pare o non inventatevi nulla affatto, work smarter not harder.

    Cosa si fa in questo posto? Isa ma che vuoi dalla mia vita?? A differenza della descrizione linkata sopra, gli interni del negozio pur mantenendo i due piani con fancy scale per fare su e giù, sono quasi completamente sgombri ed addobbati ed arredati a festa, con buffet, fontane di cioccolato, servizio catering attivo che gira distribuendo antipastini e champagne, piano bar e insomma, inventate davvero quello che preferite, è una gigafesta per ricconi magici.
    Unica cosa rimasta inalterata apposta per l'evento sono i magici e spaziosi camerini della Haus, dove potete sfogliare "virtualmente", come una sorta di touch screen sugli specchi il catalogo; tutte le persone nel camerino possono provarsi abiti, completi, tutto quello che volete, insomma, si tratta di un giochino: tenete conto che pur essendo prêt-à-porter è tutta roba griffata super fancy e, pur se pienamente indossabile per più di cinque minuti senza morire soffocati, di design, quindi ovviamente è solo "in prova" ed una volta che uscite dal limite del camerino, vi torneranno addosso i vostri normali vestiti. La volete sapere una chicca simpatica? Secondo me no, ma ve la dico ugualmente. Facciamo i corsetti e la sexy lingerie. Anche per uomini? Anche per uomini, siamo nell'anno del signore duemilaventiquattro insomma. E un'altra chicca è che la persona che sceglie gli abiti sul "touch screen" non deve essere per forza la stessa che li "indossa", diciamo che le pareti a specchio servono proprio a far riflettere chi è dentro in modo che possa essere "selezionato" come "indossatore" o meno.

    E il dress code? Ovviamente c'era un dress code. Abbigliamento elegante da giorno, perché l'evento si conclude alle sei e mezzo con un brindisi di chiusura e poi ciau (niente strascichi lunghi sei metri coi paggetti annessi, insomma). È un'inaugurazione di una boutique e non il Met Gala, ma sono sempre contenta di poter giocare Hél che giudica non silenziosamente chi arriva credendo di essere al rinnovo delle promesse di Kate e William (rip Kate, eri anche tu al Lotus? chissà). Ancor più ovviamente, non è obbligatorio indicare nel dettaglio come sono vestiti i personaggi, che sia tramite link di reference o descrizioni, ma se a qualcuno piace farlo questa è un'occasione congrua, insomma.

    E quindi? Niente, in sostanza role liberissima in cui potete inserirvi, se vi compiace il contesto, anche solo per un post aggratis se vi manca la fidelity o dovete attivare pg, ma anche se volete far interagire personaggi in questi contesti molto specifici. Having fun in cringe jail insieme a me.
     
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    Doveva aver passato troppo tempo con suo fratello, perché la prima cosa a cui pensò varcando le porte in ferro del Haus of Lüneburg, fu che sarebbe stato un setting perfetto per un film porno. Non una critica, né una di quelle battute soffiate a fior di labbra: una considerazione oggettiva, ed anche una ammirabile. Gli occhi blu dell’Hilton sfilarono sul gioco di luci del locale, il nero a settare le linee guidando lo sguardo dove si voleva rimanesse posato. Gli specchi, dove Yale vide il proprio riflesso da centinaia di angolazioni, non abbastanza umile da non apprezzarne ogni inquadratura. Se rimaneva fermo al centro del punto di vendita, riusciva a sentire il calore emanato dalle lampade che sempre accompagnavano le videocamere, a udire i suoni morbidi e forzati della pelle a sfregare su altra pelle, risucchi umidi e perversi a rimbalzare da un microfono all’altro. Si chiese quanto sarebbe stato di cattivo gusto domandare alla Von Schneider se fosse disponibile a prestare il negozio per girare una pellicola erotica, dopotutto nulla vendeva più del sesso, o, in alternativa, prestarglielo per un paio d’ore. In intimità, si intendeva. Dovevano essere gli specchi, si disse, intrigato, finendo ancora per cercarsi in una delle superfici riflettenti.
    Yale Hilton era sempre un bel vedere. Composto ed elegante, perfetto per quel tipo di eventi. L’uomo copertina dei Consiglieri, considerando da chi fosse composto il resto del loro entourage, con un pedigree opinabile ma una nomea abbastanza famosa da renderlo dettaglio di poco conto. Famoso in tutti i mondi come un blockbuster, un classico che non stancava mai: gli hotel, i sex toys, gli scandali, i cugini. I soldi. La bellezza. Una fama universale del quale il mago viveva come da ossigeno, masticando lento il frutto del lavoro d’altri e l’errata percezione che le persone avevano di lui. Incontrò le proprie pupille dilatate, e si sorrise, ammirando una composizione eccellente come un critico d’arte. Non portava mai il segno delle notti insonne sulla pelle, Yale, né il costante consumo di alcool e droghe – giusto quella stessa mattina aveva fatto colazione con whiskey ed un paio di simpatiche pasticche colorate – o l’odio che provava verso se stesso. Impeccabile. L’unica scia che lasciava alle proprie spalle era quella del denaro giovane ed il potere antico, un miscuglio peculiare che lasciava in bocca invidia e polemiche. Non sapevano che ogni giorno, oscillando liquido in bicchieri di cristallo, tirava una monetina morale per scegliere se sarebbe arrivato all’alba successiva o meno. Non sapevano della bile ormai stanziata costantemente alla base della gola, delle notti passate a fissare il cielo finché non cambiava colore, per battere poi le palpebre e scrollarsi nelle spalle.
    Il Vecchio era morto, comunque. Se a qualcuno poteva importare. Non a Yale, considerando fosse solo il secondo erede del padre, ed avesse vinto più soldi di quanti mai in una vita potesse spenderne, perfino con i suoi lussuosi vizi. Non era neanche più un problema di Harvard, il primogenito, visto che la Guerra aveva reso il loro nome babbano molto meno accattivante di quanto non lo fosse prima: una catena di hotel senza futuro, e giochi erotici che non sarebbero mai passati di moda. Al Ranch non ci andava più nessuno, malgrado avesse visto un’intera generazione di Hilton rincorrersi fra le mucche e sparare alle bottiglie. Yale ci tornava spesso, giusto per ricordarsi che al mondo non esistessero legami e fosse tutto destinato ad essere dimenticato o cancellato.
    Il Vecchio era morto, ed i Parker si erano eclissati. Una delle famiglie storiche del Regime, il cui nome ancora incuteva timore, aveva semplicemente deciso di passare sotto il sistema come un manipolo di Traditori qualsiasi. Non sapeva a cosa stessero lavorando, nell’oscurità delle loro magioni; non gli era mai fregato un cazzo, non vedeva perché avrebbe dovuto cominciare in quel momento. Per la prima volta in quasi ventinove anni, Newhaven Cedric Edward George Stpehen Hilton IV, era… libero. Dalle aspettative, e dalle assurde regole imposte da un sistema nato ben prima di lui. Dagli obblighi di famiglia, e le tradizioni che gli avevano insegnato come sorridere e chinare il capo. Era schifosamente ricco, e non aveva più nessuno a controllarlo: la ricetta perfetta per il caos, se se lo fosse permesso. Nell’arco dell’anno appena passato, aveva valutato più volte di usare il denaro degli Hilton-Parker per andare nei Laboratori, il suo ultimo atto di ribellione, ma aveva desistito, e non certo per un senso di solidarietà a tutto quello che rappresentava. Fosse mai. Non temeva neanche di poter perdere il senno, conscio che quella linea fosse passata da un pezzo, ma non poteva accettare l’idea che potesse non piacergli quello che sarebbe diventato. Non voleva un potere noioso, e temeva che qualunque arcana magia facessero all’interno dei Lab, rischiasse di riflettere il suo vero io - uno Yale che Yale non voleva conoscere, figurarsi tutti gli altri.
    Ed aveva avuto delle responsabilità, in quei mesi. Non tante in realtà, solo una. Una per la quale gli avevano detto non fosse pronto, e che fosse ridicolo che lui, fra tutti, se ne facesse carico. Yale Hilton? Saresti in grado di uccidere anche un cazzo di cactus, gli avevano detto.
    Ma lui Nahla l’aveva presa comunque, perché che ne sapevano loro. Un obbligo morale, il mantenimento di una promessa fatta per immagine, ma non per la quale credesse meno. Non aveva nessun altro. Si era detto che ce l’avrebbe fatta, dopotutto era un ottimo improvvisatore, e Nahla era già un’adolescente. Praticamente un’adulta fatta e finita. Che ci sarebbe voluto?
    Abbastanza da perderla, a quanto pareva. Smarrita nel nulla.
    Odiava che avessero avuto ragione, tutti quanti. Che non fosse adatto a quel compito, e che magari, se le avesse concesso una famiglia migliore, sarebbe ancora ad Hogwarts a lamentarsi delle lezioni di incantesimi e trasfigurazioni, perché che palle usare la bacchetta, Yale. Non che l’avesse reso un problema di qualcuno. Se l’era tenuto per sé, pressato fra le costole come un fiore a seccare fra le pagine di un libro, a scavare ogni giorno più spazio. Svuotandolo dall’interno.
    Passò le dita fra i capelli castani, offrendo un sorriso alla cameriera ed una smorfia ancor più sollevata al calice offertogli. Lo prese fra le dita con un cenno di ringraziamento, portandolo alle narici per inspirare profondamente. Profumava di soldi, e l’Hilton ebbe l’improvviso impulso di ridere.
    Era assurdo, come funzionasse quel mondo. Davvero fottutamente assurdo.
    Vi state forse chiedendo perché mai Yale Hilton fosse all’inaugurazione di una boutique di moda? Spero di no: poche cose al mondo gridavano più Yale Hilton dell’alcool gratuito e vestiti d’alta moda. Era un VIP, dopotutto. Con queste premesse (fenomenali!) do per scontato che conoscesse la proprietaria del locale, e che la cercò all’interno del punto vendita per offrire i propri omaggi e congratulazioni. «heloise von schneider» salutò, offrendole la mano per quella strana presa che anticipava i due baci sulla guancia da gente molto ricca, o mafiosi italiani – a voi la scelta. - senza sfiorarle la pelle con le labbra. «quanto tempo» Non si conoscevano davvero, solo con la superficialità di chi condivideva un certificato di nascita nobile. Magari conosceva meglio Harvard, lei, essendo quasi (penso.) coetanei. «sempre meravigliosa» quello, perfino in un mondo di inganni e menzogne come il loro, non poteva che essere sincero e reale. «una boutique, uh? Molto anni sessanta» le sorrise, morbido quanto le bollicine di champagne che portò alla bocca.
    Ain't nothin' but drama,
    I'm just playing a part
    When I'm feeling the spotlight,
    I see nothing but stars
    yale
     
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    Ogni tanto (spesso) Jojo ringraziava gli anni di lezioni di teatro a cui la madre lo aveva sottoposto.
    Il sorriso non vacillava, l'espressione era serena e dolce, il trucco leggero nascondeva ogni traccia pregressa di stanchezza o stress ma neanche l'uomo più bigotta avrebbe potuto definirlo volgare: il ritratto del ragazzo immagine che era stato educato ad essere - né troppo anonimo, né troppo eccentrico da farsi guardare in modo non voluto. I capelli erano biondi e tinti da poco, i colori che indossava chiari, ma non c'era niente di provocante o controverso nel maglioncino morbido o nell'assenza di orecchini.
    Si sentiva un'animale in trappola.
    La voce della madre gli rimbombava nelle orecchie fino a sovrastare la musica del locale, voce sempre gentile se a sentirla era un esterno, ma in cui Jojo riconosceva un sottotono acido. "Attira l'attenzione, ma non troppo. Non mostrare i denti quando sorridi, sembri un topo. Tieni in avanti il collo o si vedrà il doppio mento nelle foto. Presentati alla figlia di quel produttore. Sii educato, non creare disagio. Stai dritto con la schiena. Per l'amor del cielo, tesoro, niente stranezze".
    Non avevano lo stesso concetto di stranezza, madre e figlio, ma quando Hannah al telefono gli aveva detto così, Jojo aveva capito immediatamente a cosa si riferisse. Al solo ripensarci, infilò la mano in tasca cercando conforto nel stringere fra le dita la plastica del braccialetto rosa e azzurro che ormai portava la mesi, cercando di scacciare la sensazione di essere nudo senza di esso (un reminder per il mondo di che genere usare quando si rivolgevano a lui. O a lei). Aveva accettato il suggerimento (*obbligo mal celato) della madre di non esternare troppo in pubblico la sua confusione riguardo il proprio genere sbattendola in faccia a gente che poteva non apprezzare («sarebbe stato meglio se fossi stato trans e basta» «io sono trans mamma-») ma dopo più di un anno passato in Inghilterra in cui aveva potuto vivere, comportarsi e vestirsi come voleva, era difficile tornare indietro. Non aveva problemi a essere considerato un ragazzo, ma avrebbe voluto fosse stata una sua scelta decidere se farsi definire così quel giorno, piuttosto che un obbligo.
    E poi non gli piaceva troppo quel genere di feste, non abbastanza private per i suoi gusti.
    Troppi giornalisti, troppa gente pronta a cercare lo scandalo. L'attenzione era sulla boutique, ma un passo falso, e poteva uscire il post sbagliato su Jojo Park e i suoi sorrisi civettuoli ad un ragazzo ricco (arrampicatore sociale, o un coming out atteso da anni?), su un bicchiere con un liquido troppo denso (il ragazzo d'oro australiano ha mollato la serie CO2 dopo solo una stagione per problemi di alcolismo?\), la chiacchierata con la persona sbagliata (le amicizie pericolose di jojo park e il suo supporto ai trafficanti di esseri umani!)-... era fottutamente facile sbagliare. Gli haters andavano e venivano, l'aveva imparato subito, ma il trauma di aver deluso chi aveva una certa visione del proprio idolo era per sempre.
    Deglutì stringendo forte il bicchiere con la coca cola (cosa avrebbe dato per poterci rovesciare del rum-...) e nel girarsi i suoi occhi finirono sul ragazzo biondo e spettinato che si era messo animatamente a chiacchierare con un cameriere sulla ricetta dei salatini. Il sorriso perfetto ma finto di Jojo si sciolse in qualcosa di più sincero e asimmetrico, il luccichio dei denti a fare capolini finché non si ricordó di chiudere la bocca.
    Almeno una vittoria l'aveva avuta su sua madre, che gli aveva gentilmente fatto pressioni per invitare all'inaugurazione uno dei suoi amici famosi ("amici", aveva proprio detto, perché pensava che fosse di cattivo gusto chiamarli "colleghi", cosa che invece sapevano entrambi fossero).
    Invece che portare all'inaugurazione come +1 qualcuno visto due volte durante quella presentazione di quel film o quell'after party privato dopo un concerto, Jojo aveva chiesto a Ficus di accompagnarlo. Come amico, ovviamente, ma il fatto che fosse lì era abbastanza. Non gli avrebbe fatto da scalino sociale, Teen Stars o altri fanaccount non avrebbero pubblicato per giorni foto con commenti emozionati, me non gli importava.
    Poteva rinunciare a ubriacarsi o farsi per superare la serata, poteva accettare di restare chiuso nella scatola che lo definiva un maschio, guardare sognante ma senza poterne usufruire i camerini dove avrebbe potuto provare lingerie sexy che gli sarebbero state da dio (ma avrebbero fatto a pugni col suo brand di bravo ragazzo nerd)... ma almeno non lo avrebbe fatto da solo.
    Fece una foto al locale, attento a inquadrare anche Ficus proprio mentre rideva mostrando i denti da squaletto, e dopo averla abilmente modificata perché i colori si adattassero al suo feed la postò sul proprio profilo con una descrizione accattivante per fare sapere al mondo che era stato invitato a quella festa, e al se stesso del futuro, quando avrebbe rivisto quel post, che poteva avere cose belle, se se lo permetteva.
    Si riavvicinò al ragazzo, sfiorandolo appena per il braccio per richiamare la sua attenzione. Il cameriere sembrò grato della distrazione, con gran divertimento di Jojo. Chi non poteva essere più che entusiasta di parlare liberamente col ragazzo più tonto e dolce della festa?
    «Ti va di andare nei camerini?» -uH. Alzò in fretta la mano libera dal bicchiere in segno di scuse. «non con me! cioè- si, ma non insieme. nel senso- separati, non dentro insieme... ... Unless? -Ah ah scherzo! Scherzo! Sarebbe strano. Non tu! Intendo io e te. Insieme nei camerini- a meno che tu non voglia-...? cioè nel senso sì scusa ignorami possiamo stare qua, ti presento a chi conosco!!»Cosa dicevo sugli anni di recitazione? Inutili nel momento in cui gli serviva fingersi un essere umano funzionante con Ficus. Voleva sotterrarsi.
    «Giuro che sono più figo di cosi di solito» mormorò. A se stesso, a Ficus, ma pure al cameriere ancora a portata orecchie che pareva volersi sotterrare con lui per il second hand embarassment.
    Indicò col mento e il bicchiere l'host della fretta, ansioso di una distrazione. «non ho mai parlato direttamente con heloise von schneider, mi piacerebbe fargli da testimonial. Mia madre però non pensa sia-... il mio stile». Gli angoli della bocca si incurvarono verso il basso, ma il tempo di un instante, e sorrideva di nuovo. «Conosci Yale Hilton, l'uomo con cui sta parlando?» si trattenne dal sospirare sognante solo perchè era in pubblico. Si sollevò leggermente in punto di piedi per sussurrare a Ficus «Ho ancora il suo poster in camera mia in Australia»
    i am not sure that i exist
    i'm the writers that i've read
    all the people that i've met
    all the women that i've loved
    all the cities i've visited
    JOJO


    parla solo con ficus, e commenta hel e yale.
    post inutile visto che forse ficus manco posta ma è fanservice per me, mi andava .

    - biondo
    - male presenting
    - vestito con un maglioncino e colori pastello, un po' anonimo (ma di marca con roba figa e famosa)
    - invitato in quanto testimonial per altre agenzie di moda ecc
     
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    bimbi del generale mort

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    bdgm

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    soo-hee ah
    soia
    Lo sguardo vagava emozionato ma attento nella sala, alla ricerca dell'obiettivo; inclinò la testa verso il basso, perchè i vetri degli occhiali graduati non gli impedissero di vedere correttamente le persone intorno a lui e trovare chi stava cercando (vi chiederete: perchè aveva degli occhiali da vista, se non ne aveva bisogno? Effetto Clark Kent, ovviamente; era lì in incognito. E perchè non aveva degli occhiali finti? Perchè sono difficili da recuperare. Altre domande stupide? Geez, sembra quasi non abbiate mai improvvisato un pedinamento!).
    Sobbalzò quasi quando un giovane uomo prese dal vassoio che portava uno dei bicchieri, ma si riprese in fretta, sorridendogli. Questo lì per lì non parve neanche guardarlo, scambiando senza problemi il completo del ragazzino per la divisa di un cameriere-... poi il suo occhio si fece attento. E confuso. O forse no, che ne sapeva lui, lo vedeva sfocato. Il nostro eroe rizzò la schiena, continuando a mostrare i denti con affabilità, ma sudando freddo.
    «Quanti-... quanti anni hai?»
    «qua-» OH non poteva dire la vera età, GIUSTO «..ranta» NAILED IT!
    L'uomo aprì la bocca. La richiuse. «Creme idratanti, sa? Buona serata!»
    Si allontanò senza aspettare oltre, soddisfatto del proprio salvataggio. Era troppo forte a quel gioco. Labbra incurvate, sistemò gli occhiali con l'indice. Andava tutto secondo i piani-
    Che ci faceva lì Ah Soo-Hee, quattordici anni e portati pure male? Era in missione per conto di Dio.
    ...Se Dio fosse stata una fanbase di preadolescenti che passavano le notti a leggere e scrivere ff su di un ventenne egocentrico; cosa che, devo essere sincera, non sono certa sia sbagliata. Sia Dio, che i Bimbi del Generale Mort, sapevano essere spaventosi e pieni di risorse, quando volevano.
    Non era neanche stato troppo difficile per Soohee (Soia per gli amici) entrare a quella festa, capito? Aveva seguito i punti di trama di alcune storie lette, chiesto favori qua e là, fatto buon viso a cattivo gioco, ed eccolo lì
    ............. ok, in realtà aveva un invito, grazie ai suoi zii (lì da qualche parte) e un po' di lacrime e capricci, ma fingersi un cameriere era molto più figo shut up.
    Già leggeva i tag della ff che quell'avventura gli stava ispirando: fluff, alternate canon, LGBTQ themes, Plot What Plot, cameriere X Politico, Mort Rainey x Y/N...
    Ah, cosa non si fa per il proprio idolo.
    Da quando Mort si era diplomato, diventando un membro illustre della società magica, era sempre più difficile vederlo, ma Soia ormai aveva i suoi metodi. Non aveva neanche bisogno di parlargli, gli bastava tenerlo d'occhio, sospirare, farsi i propri AU su come si sarebbe rinchiuso da qualche parte con Mac e-
    Soia andò a sbattere contro qualcuno.
    MISSION ABORT MISSION ABORT??????
    «vino???» meno male che era un professionista (?)
    I'll give you
    everything you need
    What more is there?
    What more to plead?
    Just look my way,
    just look my way
    waiter n.13



    potevo portare noah, che ho iniziato a scrivere, o potevo postare... questo.
    è andata così.

    Soia ha 14 anni, va a hogwarts, è vestito elegante scambiabile per un cameriere, porta gli occhiali, in mano un vassioio con dei flute.
    ha sbattuto contro qualcuno (rovesciando cose? chissà, fate voi se vi serve come prompt) siate voi se volete smack
     
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3 replies since 22/3/2024, 19:12   152 views
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