Il sequestro del Lotus, come lo conosceva chi aveva un minimo di dimestichezza e familiarità con certi circoli di informazioni, aveva suscitato un certo subbuglio nelle masse che era stato inevitabile. Di quel tipo di nebulose preoccupazioni, la signora Sutherland poteva concepirne ben poco: per la legge dei piccoli numeri, si annoverava fra coloro che non avevano familiari né vicini né lontani che fossero rimasti coinvolti nella misteriosa sparizione dunque, a parte mantenersi informata anche sugli sviluppi che al Ministero faceva poco comodo circolassero, non aveva mosso un muscolo. In fondo non era passato nemmeno un anno da quella fatidica guerra che aveva spaccato e ricongiunto le due metà del mondo, e non meritavano le sue stanche ossa forse una pausa? Perché no, non era stata altruista, non si era unita a nessuna milizia improvvisata per andare a provare a reclamare quei poveri disgraziati, i cui volti le sarebbero stati memorabili quanto quelli di coloro a cui aveva negato il privilegio della vita mesi addietro.
Dei ringraziamenti non se n'era mai fatta nulla, in fondo.
La gratitudine di un estraneo non le avrebbe mai restituito quello che aveva smesso di cercare di riottenere.
Quando non era stata Styx a rispondere alla sua lettera, ma qualcun altro, per di più dopo giorni di silenzio, la sua mente aveva raggiunto la logica conclusione che, se i suoi familiari erano rimasti fuori da quella brutta storia, non si poteva dire lo stesso per la categoria "amici e conoscenti". La Volkova si assestava a metà fra una conoscenza e una vera e propria amicizia, per la cronaca, senza ben decidersi dove situarsi di preciso fra le due opzioni. Lo spirito di corpo e il cameratismo aveva permesso loro di raggiungere una certa confidenza, ma erano entrambe persone alquanto riservate e i loro caratteri non si sposavano del tutto, pur senza impedire loro di riuscire ad avere conversazioni alquanto interessanti per iscritto.
Di Ekaterina, naturalmente, non le aveva mai parlato.
Sempre perché erano entrambe persone riservate, insomma.
Si era sentita in dovere di accettare un incontro, alla fine. Anche se la vita le aveva insegnato che badare al suo orticello non era una pessima idea per pensionarsi dai drammi della vita, non era totalmente priva di cuore. Non tutti i giorni, perlomeno. E Ekaterina... insomma, se fosse stata al suo posto, sapeva che avrebbe fatto la stessa cosa che stava cercando di fare lei, cioè aggrapparsi ad ogni minino stralcio di informazione che poteva portarla più vicina a capire che fine avesse fatto la sorella. Forse non poteva darle delle risposte, ma almeno tenderle una mano per evitare che si sentisse totalmente sola in un frangente del genere: delle poche cose che sapeva di Styx, c'era il fondamentale dettaglio che fosse nata totalmente estranea al mondo magico, dunque presumeva che sua sorella, presumibilmente una Babbana, potesse sentirsi in quel momento estremamente disorientata.
L'appuntamento era per le quattro di pomeriggio all'Aetas, ma naturalmente Cal era in anticipo.
Normalmente, in quel posto, preferiva andarci di sera o, peggio, di notte. Rievocava dei ricordi... particolari, per così dire. Le trasmetteva uno strano senso di serenità la solitudine che un luogo del genere poteva ispirare. Non si era naturalmente inoltrata affatto nel percorso che si snodava nel boschetto, in attesa dell'arrivo di Ekaterina.
Non sapeva neanche che faccia avesse, ora che ci pensava.
Presumibilmente, comunque, non c'erano tante persone che potessero decidere di fare un'escursione proprio quel giorno, a quell'ora, durante l'inverno ingrato.