[miniq05] I'm like a ghost, I'm not hard to see through

[piano terra]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. occam's razor
        +4    
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Special Muggle
    Posts
    80
    Spolliciometro
    +139

    Status
    Offline
    I think I'll pace my apartment a few times
    && fall asleep on the couch
    1997 | geokinetic
    2002 | magnetokinetic
    wren hastings
    grey hwang
    Wren aveva creduto di aver perso tutto all'alba del primo giugno dell'anno precedente, quando la sua anima aveva smesso di essere sua e la sua vita aveva preso una piega di cui non andava assolutamente fiero.
    Poi Lapo era sparito.
    E Wren si era reso conto, stupidamente e in maniera improvvisa, una gettata d'acqua gelida ricevuta in pieno volto, che qualcosa da perdere ce l'aveva ancora. Ce l'aveva avuta — e l'aveva persa.
    Non era stato l'unico, ma svegliarsi quella mattina e non trovare il Linguini lì dove s'era aspettato di trovarlo, nudo accanto a lui nel letto che continuavano a condividere nonostante tutto, l'aveva destabilizzato; nel rincoglionimento mattutino, il post sbronza e post qualsiasi altra cosa avessero mandato giù la notte precedente a rendere sconnessi e densi i primi pensieri coerenti, aveva semplicemente pensato che fosse andato a comprare la colazione — era pur sempre San Valentino, no? Magari voleva stupirlo. Wren ce l'aveva una sorpresa per il minore, era solo troppo presto per rivelarla.
    E quindi aveva aspettato. Aveva atteso, sdraiato nel letto del Linguini, pigro e con qualcosa a bruciare nel petto che si avvicinava a una qualche sfumatura di felicità e contentezza, pur non raggiungendole appieno.
    Aveva aspettato.
    Si era persino riaddormentato, per chissà quanto tempo. Di Lapo, al suo risveglio, ancora nemmeno l'ombra. L'aveva chiamato per l'appartamento, e poi al telefono. Si era ripetuto che magari Ginevra l'aveva trattenuto al Bar per quella o quell'altra emergenza. Aveva aspettato. Aveva preparato il caffè come l'italiano gli aveva insegnato, e aveva fottutamente aspetto.
    Ma la pazienza non era mai stata una virtù degli Hastings. E a mattinata inoltrata, aveva smesso di aspettare. Aveva rimesso i panni della sera prima, e aveva raggiunto il Bar dello Sport, annunciandosi con uno stupido se la colazione non viene da me, vado io dalla colazione prima di essere informato dagli altri Linguini che Lapo non fosse li.
    «nun po' manco entrà» gli aveva detto Lollo, scherzando (ma non troppo) e indicando il poster affisso all'entrata dove la foto di un cane e quella di Lapo osservavano curiosi i clienti e i passanti; sotto una delle due c'era scritto IO NUN POSSO ENTRÀ e non era la foto dell'adorabile cagnone.
    E più o meno lì si era fatta sempre più prepotente quella sensazione alla bocca dello stomaco che per ore Wren aveva ignorato, riuscendoci, perché ad ignorare i problemi era sempre stato bravissimo; e poi Gin aveva ricevuto una telefonata che aveva messo in allerta non solo i Linguini in UK, ma tutti quelli presenti nel Bel Paese; anche Ciruzzo non si trovava più.
    E così, nei giorni successivi, moltissimi altri.
    Giovani e adulti, ribelli e mangiamorte, uomini e donne. Ragazzini. Altri come lui: Sinclair. Moka.
    Melvin.
    Proprio quando Wren aveva creduto di non avere più nulla da perdere, si era reso conto che non fosse vero, e che avesse ancora moltissimo che potesse essere sottratto dalle sue mani, troppo distratte e troppo spaventate per stringere ancora. E l'aveva perso.
    Voleva riaverlo indietro.
    Ed era per quel motivo che, pur andando contro se stesso e contro il buon senso che gli ripeteva fosse una pessima, terribile, idea quella di andare a farsi giustizia da solo, non quando non poteva essere certo di rimanere se stesso abbastanza a lungo da arrivare anche solo vicino alla traccia di Vittorio, s'era comunque presentato fuori dal Lotus.
    Insieme a tanti altri come lui, disperati di riavere indietro i propri cari.

    Mega respiro.
    Stacchetto.

    Un discorso quasi totalmente opposto valeva per Grey.
    Grey continuava a non avere assolutamente nulla da perdere — perché non aveva una famiglia, nonostante la lettera ricevuta mesi prima diceva ben altro. Si era sforzato molto per continuare a vivere la sua esistenza – perché chiamarla vita pareva un po' estremo – senza lasciarsi toccare dagli eventi che l'avevano ribaltata e rimessa in discussione, perché per lui non valevano nulla. E non aveva amici, Grey. Aveva qualche cliente fisso, dei rifornitori, dei gattini che provavano testardamente a cercare uno spazio che fosse per loro nel cuore nero dello special; aveva dei nemici, al massimo. Molti. Aveva dei target, degli obiettivi. Delle missioni.
    Ma aveva anche una Melvin.
    E avrebbe dovuto saperlo anni prima, quando aveva incontrato la micetta a quella stupida festa e aveva lasciato che lei leggesse il suo futuro in carte nelle quali Grey non credeva affatto, che affezionarsi – sebbene a modo suo, e per questo caratterizzato dall'imperfezione di chi non fosse abituato a farlo – sarebbe stato un problema. Nello specifico, un suo problema.
    Il fastidio dei primi giorni di ingiustificata assenza dal negozio era stato, in breve, soppiantato da una sterile e impassibile consapevolezza che fosse successo qualcosa, quasi una certezza, che fosse successo qualcosa, quando, recandosi al Lilum, il Hwang aveva scoperto che Vin si fosse assentata anche dall'altro lavoro.
    Lei, e un paio di altre ragazze, gli aveva comunicato uno dei colleghi. Un ragazzo che non aveva battuto ciglio pure quando Grey aveva fatto scivolare silenziosamente una lama alla sua gola, minacciandolo di lasciarlo ad annaffiare l'asfalto umido del retrobottega se non gli avesse detto ogni cosa, anche l'informazione più stupida. Non che sapesse molto, e a quanto pareva l'ipotesi che qualche cliente un po' troppo affezionato le avesse prese per qualche psicopatica idea, magari tenersele come ballerine private, non era da escludere.
    Era quello che si provava ad avere una persona per cui valesse la pena mettere a ferro e fuoco il mondo? Era orribile. Quell'urgenza di prendere qualcuno e stringere col proprio potere fino a renderlo incosciente; di affilare le lame e premerle contro la carne morbida e spillare sangue. Di riavere indietro quell'unica persona che, nonostante tutto, lo rendeva umano.
    Se aveva accettato la proposta di Ryuzaki (e non lo aveva accoltellato nel momento stesso in cui l'aveva sentito imboccare nel suo appartamento) era solo perché sapesse già, nel suo cuore, che non si sarebbe fermato fino a che non avesse ritrovato Melvin.

    Altro stacchetto.

    Il resort, in un altro contesto, sarebbe piaciuto parecchio a Wren; e persino a Lapo, ma dubitava sarebbero tornati molto presto a soggiornarvi, PTSD and all that. C'era comunque qualcosa che non quadrava, una sensazione sulla pelle che Wren non riusciva a scrollarsi di dosso, diversa dalla consapevolezza di essere un burattino imprevedibile nelle mani di un folle.
    Lo metteva in allarme, e gli faceva venire la pelle d'oca. Con una rapida occhiata ai compagni, decise che fosse una sensazione comune. Il ché non lo rassicurò affatto.
    E il cuore, subito dopo, perse diversi battiti nel riconoscere, tra gli ostaggi riuniti alle spalle dei mercenari, i visi familiari delle persone scomparse.
    Impossibile per Wren non concentrarsi su uno, e dovette fisicamente lottare contro se stesso, e contro gli uomini e le donne pronti ad attenderli, per non correre verso Lapo e stringerlo a sé. Una cosa alla volta. Guardò quello che – gASP! – solo pochi minuti prima, all'ingresso del Lotus, aveva scoperto essere il fratello del Linguini, e pregò forte che riuscisse anche lui a mantenere la mente lucida: non gli sembrava un tipo particolarmente impulsivo, voleva pregare di non essersi abagliato.
    Usò il bastone per allontanare il mercenario diretto nella sua direzione, scacciando la sensazione di confusione innescata dall'uomo (uno special, probabilmente) e concentrandosi sulla missione. Non potevano sbagliare, la posta in gioco era troppo alta.

    A Grey, invece, del dove fregava molto poco. Aveva altre priorità, e non sarebbe importato fosse stato un hotel, il fottuto Sahara, o la luna: avrebbe ucciso ciascuno di quegli ostacoli fatti di carne ed ossa pur di raggiungere Vin. Avrebbe ucciso persino Ethan, ma quello solo per soddisfazione personale: perché poteva, e perché era una promessa ormai che si portava dietro da troppo tempo. Troppo anni. E che aveva rinnovato anche quando il mago era tornato al PP accusandolo di esser stato lui a rapire quello o quell'altro amico — Grey gli aveva assicurato che se fosse stata opera sua, Ethan l'avrebbe saputo.
    Quando lo affiancò, in silenzio e muovendosi con passi leggeri come da abitudine, ne approfittò per ricordarglielo ancora una volta. Richiamò a sé il coltello appena scagliato contro Sharpy, e poi lo lanciò di nuovo, puntando alla giugulare.
    «non posso lasciare ti uccidano altri prima di me»
    Che in qualsiasi altro contesto avrebbe dato l'impressione di essere l'inizio di una enemies-to-lovers slow burn hurt/confort, ed invece era una promessa ed una minaccia, tutto insieme.
    Some things I'll never know && I had to let them go
    I'm sitting all alone feeling empty


    (12) DIFESA WREN (wren + vinc): lo attacca col bastone
    (10) DIFESA ETHAN (grey + ethan): tira un coltello
    ATTACCO SHARPY (grey): tira un altro coltello

    CODICE
    <b>(12) DIFESA WREN (wren + vinc):</b>
    <b>ATTACCO GHALI (vinc):</b>

    <b>(6) DIFESA VINC (vinc + yejun):</b>
    <b>ATTACCO CYLENO (yejun):</b>

    <b>(10) DIFESA ETHAN (grey + ethan):</b>
    <b>ATTACCO SHARPY (grey):</b>
     
    .
68 replies since 24/2/2024, 00:00   1440 views
  Share  
.
Top