[oblinder '24] metti che finisce male? ma non ci pensare.

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    Lotus Mirage Resort - hall & reception (piano terra)
    #001 cybil & az#002 kaz & theo#004 finn & liam#006 roxie & rain
    #007 corvina & kai#008 remi & nahla#010 kyle & dani#012 marcus & sin
    #014 hold & reggie#017 ada & saw#018 barbie & styx#019 cory & ciruzzo
    #020 hans & avery#021 breccan & iris#022 alice & shiloh#023 hamish & moka
    #027 diaz & mira#029 vin & scarlett#030 lapo & chelsey
    Con un sospiro pesante, per accentuare il fastidio e dare un certo colore a tutta quella situazione, perché le cose cupe e tetre non gli erano mai piaciute, Armando Perez chiuse silenziosamente la porta di servizio, per nulla soddisfatto da quanto appena visto.
    «avevi detto che sarebbero stati fuori di qui nel giro di pochi giorni.» e ne era certo perché aveva chiesto la sua parola, e Adrian gliel’aveva data. «ti sembrano pochi dieci giorni, dewitt?» chiaramente quello lì non sapeva cosa volessero dire dieci giorni di ritardo sulla tabella di marcia; ma d’altronde, nulla di Adrian Dewitt suggeriva che avesse mai avuto a che fare con un importante business come era il Lotus Mirage Resort, ed Armando lo aveva capito dal primo momento.
    Era stato uno sciocco a fidarsi, ma la promessa di nuovi fondi, molti di più di quelli che un po' di pubblicità portata dall'evento, gli sarebbero fruttati, era stata abbastanza allettante da costringerlo a mettere da parte il buon senso. E, dopotutto, era sempre stato ambizioso, Armando.
    Per gli affari, per i soldi, era disposto persino a sporcarsi le mani.
    (Ma solo figurativamente parlando; aveva delle mani troppo belle per poterle rovinare davvero con il lavoro manuale.)
    Assottigliò lo sguardo verso il suo socio in affari – o, per meglio dire, il suo benefattore; era grazie ad Adrian Dewitt se l’evento si era potuto organizzare e, soprattutto, era grazie ai suoi soldi che Armando avrebbe finalmente potuto iniziare i lavori di ristrutturazione dell’hotel; e quello non poteva dimenticarlo.
    Lo trovò lì dove l'aveva lasciato pochi istanti prima, quando era andato ad affacciarsi oltre la porta alle spalle della reception per vedere cosa stesse succedendo aldilà, insospettito dai rumori; e ora, Adrian era ancora lì, seduto, tranquillo, mentre i suoi uomini radunavano gli ospiti nella hall in quello che Armando sperava fosse l’ultimo saluto alla struttura prima di spostarli verso altri lidi.
    «li voglio fuori di qui entro stasera, non erano questi gli accordi.»
    Solo a quel punto, Adrian fece il favore di alzare lo sguardo e degnare il proprietario della struttura di attenzioni.
    «lo so, lo so. “li vuoi fuori di qui prima che ricominci il campionato e blablabla”» se l’era sentito ripetere almeno un milione di volte, avrebbe potuto recitare quella solfa a memoria, «non preoccuparti,» si alzò dalla sedia, dispiegò invisibili pieghe sugli abiti, e affiancò il Perez, posandogli una mano sulla spalla. «spariremo dalla tua vista molto presto, amico mio.» una frase che avrebbe dovuto rassicurare il proprietario del Lotus, non fargli venire, al contrario, la pelle d’oca.
    Armando mantenne comunque una certa compostezza, anni e anni di management che andavano in suo soccorso persino nei momenti più bui, aiutandolo a mantenere la calma e un certo rigore, ed ignorò volutamente l’occhiolino di Adrian. In un fiato, invece, gli sussurrò «lo spero bene.» prima di ritirarsi nel suo ufficio. «e non siamo amici
    Adrian, dal canto suo, sorrise e approfittò del momento per uscire nella hall e confrontarsi con i suoi uomini; hall che, al contrario degli ultimi giorni, ora brulicava di ospiti.
    Fece cenno al capo delle guardie di avvicinarsi, osservando le altre spingere gli ostaggi verso il punto più ampio dell’ingresso, contro colonne o divanetti, qualsiasi spazio occupabile fosse disponibile.
    «sono tutti?»
    Il capo rivolse un secco cenno d’assenso, e Adrian annuì di rimando, soddisfatto.
    «bene. ci siamo quasi.»

    //OFF.
    Oblinderanti! In questo topic potete interagire tutti con tutti (in maniera ordinata, per favorissimo, scrivendo negli spoiler a chi vi rivolgete e ricordandovi che siete ancora ammanettati alla vostra anima gemella, quindi dovrete spostarvi insieme/interagire presumibilmente con le stesse persone, o persone che siano vicine) tenendo presente che siete ancora ostaggio di queste persone che non avete idea di chi siano, perciò a vostra discrezione cosa dire, e soprattutto cosa fare; e in più, siete ancora strafatti come cocchi per qualsiasi cosa vi abbiano costretto a respirare per rendervi più docili e meno propensi a resistere. So, there's that.
    Per ora non vi diciamo fino a quando rimarrà aperto il topic, ma vi consigliamo di sfruttare al meglio il tempo extra che il fato vi ha concesso.
    XOXO.

    N.B.: in alto trovate il recap di tutte le coppie e relative stanze; in ON potete magari dire che uscendo dalla vostra siete riusciti a buttare un occhio sul vostro numero (affisso alla porta come in ogni altro hotel) ma in realtà era più per comodità off che altro.
     
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    L’aveva guardata, Sawyer. Un cocktail complicato di curiosità e diffidenza a scurirgli gli occhi mentre posava il palmo contro il suo polso, stavolta con tutta l’intenzione d’interrompere quel contatto. Non perché non fosse gradito; l’aveva baciata per primo, e poteva apprezzare una distrazione quando glie ne veniva così gentilmente offerta una. Il gioco, semplicemente, era divertente fino a un certo punto. Erano ancora nella stanza di un hotel che non aveva mai visto prima, legati da manette che non aveva indossato di sua spontanea volontà, drogati e spogliati dei loro averi. E lui possedeva ancora la stessa mente fredda che non gli aveva mai concesso di approfondire un rapporto oltre il suo limito prestabilito – quello che s’imponeva lui, quando ne aveva la lucidità necessaria per farlo.
    Non le disse che non era quello il momento perché avrebbe aperto la conversazione a promesse vuote. Era certo, in ogni caso, che Adaline non ne avesse il bisogno.
    Piuttosto lasciò la presa, ristabilendo la distanza necessaria per permettere al suo cervello di elaborare l’area circostante senza l’intrusione del suo profumo; era bella, certo, ma era attratto ancor di più dal desiderio di uscire di lì. Per ripicca, se non altro. La sopravvivenza era un valore aggiunto.
    «niente da fare, immagino.» eh, beh. C’era ben poco da ricordare. Poteva quantomeno dire che il tentativo fosse stato apprezzato da entrambi i lati, se le mani che gli avevano sfiorato le ciocche erano un giusto indizio.
    E qualunque cosa avrebbe voluto fare a quel punto, d’improvviso, morì sul nascere. Non ebbe il tempo di passare il volto sotto il getto d’acqua fredda, o di aprire gli sportelli in cerca di qualcosa che gli permettesse di formalizzare la sua teoria in qualcosa di meno, cit, filosofico.
    Sentì lo scatto. Per niente gentile nello strattonare Adaline contro di sé e trascinare entrambi contro la parete; poteva pensare alle buone maniere in un momento in cui ogni suo nervo non era teso come le corde di un violino. E quando finalmente il suo sguardo trovò la fonte di quel rumore strinse il guanto contro le vie respiratorie, battendo furiosamente le palpebre per spingere via l’appannamento.
    Troppo tardi.
    E troppo debole, Sawyer, per fare qualcosa che non fosse spingere lo stivale contro quella che forse era una delle figure sfocate; o che forse era solo aria, i sensi troppo annebbiati per reagire con la giusta rapidità.
    Uno sguardo alla sua compagna di sventura, però, lo riservò. Difficile capire se la stesse accusando di qualcosa, o se stesse cercando risposte nel suo, di linguaggio del corpo. Pensieri che potevano attendere, perché porca, virgola, lo stavano trascinando via.

    E forse «ma che cazzo» avrebbe preferito rimanere nella sua stanza d’albergo, tutto sommato. «ma che cazzo
    Non si domandò cosa ci facesse lì Hamish. Come lui fosse finito nei suoi casini – perché giunti a quel punto non c’era ombra di dubbio che si trattassero di casini di Hamish, nella quale Sawyer era scivolato di faccia in qualità di complice accidentale –, invece, se lo chiese eccome.
    Stavolta il suo stivale la colpì davvero, una caviglia. Una a caso. Abbastanza forte da far male, si spera. «ti faccio pagare netflix per i prossimi ventiquattro mesi.»
    Testa di minchia.
    E prendo a pugni lo specchio, io non ci riesco a cambiare chi vedo riflesso
    Il tuo cuore è di plastica e starti vicino è autodistruttivo
    E sono solo uno dei tanti
    Col sorriso triste e con gli occhi stanchi
    Che non riesce più a fidarsi degli altri


    bullizza hamish e basta

    info utile: se qualcuno vuole parlargli a caso saw lavora al ministero, ed era arruolato dal lato di abby durante la scorsa guerra. chi lo conosce, lo conosce probabilmente per quello. do what you want with that information etc etc
     
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    Se ne stette lì, Adaline, mentre veniva allontanata, era stata baciata e poi lasciata così, a secco? Sedotta e abbandonata, lei? il quale lavoro consisteva nel sedurre uomini per farli tornare la sera successiva? quasi le venne da ridere, mentre si voltava nuovamente e poggiava le mani sul lavello, e scostandole dalla presa precedente dei capelli di saw, forse glieli avrebbe dovuti tirare, quei riccioletti biondi che lo facevano sembrare tanto innocente
    «già, niente da fare» schioccò la lingua sotto il palato, mentre cercava di nascondere il fastidio nella propria voce, ora si, che le aveva arruffato le piume «non ti ha più risposto, mh?» chiese mentre si scostava dal lavandino, finalmente, probabilmente per riprendere di lucidità, era stato un momento, una distrazione, poteva tornare ad essere distaccata come lo era all’inizio.
    ma prima che potesse dire o fare qualcosa, un rumore le risuonò nelle orecchie
    ma che cazzo
    sgranò gli occhi mentre guardava quella merda emettere fumo, e non capì molto mentre veniva strattonata, di nuovo troppo vicino, eppure sembrava aver capito che non gli piacesse poi tanto la sua compagnia.
    un discorso a cui avrebbe pensato dopo, se ci fosse stato, un dopo.
    un ultimo sguardo verso la sua anima gemella, che la stava guardando di rimando, uno sguardo indecifrabile a cui rispose con uno sguardo divertito.
    pensava fosse stata lei, a tendergli una trappola? mentre stava morendo lì con lui soffocata dal fumo?
    che strano modo di pensare, si disse mentre i contorni divenivano ancora più sfocati

    e quando riaprì gli occhi, spalla contro spalla con Saw, capì di non essere morta.
    «potresti evitare di strillare?» disse mentre la mano libera andava a toccare l’orecchio che l’altro le aveva messo fuori uso «non siamo morti?» no, evidentemente, ma le serviva comunque una conferma, cercò di raddrizzarsi, e guardarsi intorno, riconobbe vin, scarlet, avrebbe voluto chiedere loro qualcosa, visto che erano colleghe e gli era toccato il suo stesso destino magari… ma che cazzo aveva Saw da strattonarla? «ma la smetti di agitarti?» madonna virgola etc, ma dov’erano?
    quasi rimpiangeva la camera d’albergo
    Sono sempre la ragazza
    Che per poco già s’incazza
    Amarmi non è facile
    Purtroppo io mi conosco
    Ok ti capisco
    Se anche tu te ne andrai via da me
    Col cuore ti ho spremuto come un dentifricio
    E nella testa fuochi d’artificio


    guarda scarlet e vin, ma non chiede niente perché troppo intontita.
    ps. per chi volesse parlarle (nessuno) ada fa la stripper al lilum, chi la conosce o magari la riconosce è perché l’ha vista
     
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    Potrebbe. Ma POTREBBE. Aver avuto un'idea sbagliata di Roxie.
    Non è TANTO stupida come aveva pensato. Anzi. Sembrano aver perfino condiviso un piano idealizzato.
    Che rimane a fissarla stupito, commentando con un semplice mh poco convinto delle sue parole. Giusto per mimetizzare quanto apprezzi quella linea di pensiero. Di strategia. Solo perché le sta sul cazzo.
    E ha fame. Ha sete. Mal di testa. Confusione. Vuole tornare a casa. Lavarsi. La sua privacy. Le coccole di Nemesìs.
    Mhhh storce la bocca alzando gli occhi al cielo. Excuseme?
    Si smetterà di lamentare quando non avrà nulla per cui farlo. Cioè, a quanto pare, MAI.
    Lo lasci lamentare in pace almeno. Boh. Si offende anche quando l'altra desidera cambiarlo. Ma come si permette. È lui a voler cambiare partner. LUI. NON LEI. CHE È FORTUNATA AD AVERE AL SUO FIANCO QUALCUNO DI FANTASTICOSUPERCALIFRAGILISTICOSTRIPITOSO.
    ma fatti i cazzi tuoi magari possono usarli come cavie o scudi. Boh. Per adesso sono legati uno all'altro. Se uno dei due morisse, sarebbe a tutti gli effetti un peso morto.
    Come un bel pollo arrosto. Che fame.
    Vuole mangiare.
    Le sopracciglia si alzano allungato perfino lo sguardo per leggere anche lui, questa volta Roxie non strappa il volantino. Anzi glielo fa leggere da vicinissimo. La simpatia.
    Un amore. ARDCJKSKXOE
    Sente proprio il collo pulsargli per i nervi e contemporaneamente la testa girargli. Ha fame.
    Una sensazione di nausea gli parte dalla bocca dello stomaco.
    Suo padre lo sarà cercando. Nemesìs non sarà morta?! Dieci giorni senza di lui.
    Gli si stringe il cuore a pensare a quel musetto senza cibo e acqua. Non lo perdonerà mai per essere scomparso per così tanto tempo.
    Dieci giorni cancellati dalla sua memoria. Nel puntare lo sguardo a terra, che trema un pochino il pavimento nota qualcosa di strano Hey, lo noti anche tira le manette per indicarsi l'incavo del braccio. Magari adesso ha così tanta fame che vede perfino lividi e buchi.
    Peccato che non riesce a finire la frase a causa di un disco spuntato dal nulla e da tutto quel fumo. In un attimo si sente soffocare.
    Tossisce per liberare i polmoni. Più butta fuori, più si sente gonfio e leggero come un palloncino.
    Gli occhi bruciano che nemmeno riesce a vedere bene, chi li sta guidando. È tutto confuso. A rallentatore. Giochi di luci forti e deboli, accecanti. Rumori così lontani ed allo stesso tempo cosi dannatamente forti.
    Il mondo è distorto.
    E quando non lo è?
    Ci sono perfino altre persone, che fa fatica a mettere a fuoco. Sicuramente sono fuori dalla stanza.
    Sembra una reception. Quindi quelli sono gli altri rapiti o lavorano lì?
    Da quelle che sembrano manette, la prima.
    I'm sorry 'cause I can't be enough to make your dreams come true
    I'm sorry for the things i've said to you..I can't save us

    Ooh Noo, I can't save us

    sta in bel po' confuso ed in silenzio. Guarda gli altri ad occhi stretti per vederci meglio(?)

    Ho usato il.codice che avevo già salvato sulle note... rip prima poi aggiungerò di nuovo le icone forse
     
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    Si illuminano d'immenso, le iridi verdi come le foglie si aprono al sole. Sono insieme in quel posto al di fuori del mondo.
    Non esistono voci o rumori. Solo i loro riflessi su quel vetro baciato dal sangue.
    Sorride, ridacchia a quella spallata senza sentirsi minacciata.
    Le socchiude quelle palpebre, pesanti sotto quel cenno di tristezza. Nemmeno i sorrisi del clienti del Lilum possono far da scudi contro le avversità della vita. Bastasse un palo e due capezzoli al vento per distrarre la sorte.
    Così bello e crudele quel fato.
    Glielo lascia il pollice, non prima di dargli un bacino posso sempre disinfettarle è disposta a leccare anche la sua anima perché ormai Vin è la sua fata.
    Una fata giocosa a cui Scarlet vuole fare le fusa, abbandonando la sua fronte contro l'altra. Sorridendo con i zigomi e la scintille negli occhi.
    Ada...? è un sussulto quella domanda, inclinando a sua volta il capo cercando di leggere feb..febbraio ipoteticamente parlando Scarlet vive nel momento. Lasciando mesi e giorni alle persone normali.
    nessuno forse Svetlana. Visto che sia lei e Vin sono sparite dal Lilum senza avvisare. Oltre, il deserto.
    E poi l'imprevedibile!
    La peripezia. Il fumo oscuro.
    Un braccio si eleva a protezione della sua amika come se un vapore potesse effettivamente farle male fisicamente. Forse non da fuori ma, da dentro si.
    Tossisce intossicata senza voler allontanarsi da Vin. Anzi, non vuole mollarla nemmeno un secondo quando due soggetti vengono a prelevarle. Lasciando anche il suo abito lì sul pavimento della stanza, svolazzando per altri luoghi e mari di quella prigione.
    Le sembra di essere ritorno nei Laboratori.
    Ma! Ada! sorride di pura euforia alla ragazza. È lei! L'hanno trovata!!
    I want you to know that I'm never leaving
    'Cause I'm Mrs. Snow, 'til death we'll be freezing
    Yeah, you are my home, my home for all seasons
    So come on, let's go

    È in intimo di pizzo lilla.
    Vede Ada e le sorride con euforiaaaa :llama!wiz:
     
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    L'aria della stanza che inizia a farsi acre, la tosse, il senso di disorientamento. Quel vago senso di agio relativo, se di agio si poteva parlare in una situazione simile, che i modi meno agitati di Shiloh stava iniziando a trasmettere va a farsi benedire non appena la mente fin troppo attiva di Alice collega i puntini dell'assurda situazione in cui si trovano, mentre un qualche tipo di sostanza gassosa sta essendo rilasciata da chissà dove fra quelle quattro mura chiuse da cui sembrava impossibile uscire nonostante i loro tentativi.
    Non essere effettivamente svenuta è quasi una prospettiva peggiore di perdere completamente i sensi, mentre, ammanettata alla compagna di sventure, si rende conto di stare essendo trascinata via da individui che sembrano usciti da uno di quei film d'azione babbani un po' terribili che passano ogni tanto alle serate cinema a casa Campbell.
    Casa.
    Quel poco raziocinio che le rimane lo usa per rimanere aggrappata a quell'idea, di tornare effettivamente a casa alla fine di tutto quello, non certo per capire in che direzione stiano andando - anche perché, importa davvero? Cambierebbe qualcosa? Chiaramente, non in quel caso specifico.

    Respirare aria pulita nel tragitto e finché non si fermano nella hall fa sicuramente ossigenare un po' il cervello, ma neanche tanto.
    La prima cosa di cui si accorge è sicuramente di essere ancora ammanettata. Il ferro freddo contro il polso è una sensazione inconfondibile.
    « Shi... loh? » chiama la più grande, rendendosi conto che sono schiena a schiena ben prima anche solo di poter pensare di cercarla con lo sguardo. « Sei sveglia? » parla al tono che basta per farsi sentire, né più né meno. Che sia sano provare paura in una situazione del genere è sacrosanto, ma da lì ad avere una crisi di nervi completa ce ne passava anche per una come lei.
    Quando la situazione si fece più nitida, si raddrizzò un poco contro la schiena altrui per guardarsi in giro. Come aveva immaginato l'altra, non erano gli unici ad essere stati sequestrati barbaramente a quella maniera, ma per fortuna non le pareva di riconoscere nessuno - non su due piedi, almeno, e non con tutta quella confusione in testa.
    « Mi... chiamo Alice, comunque. Alice Campbell. » fu la terza cosa che decise di dire, sempre rivolta alla Abbot. In fondo, se proprio doveva lasciarci le penne così giovane, voleva morire educata come le avevano insegnato i genitori e non facendo sempre e solo la figura della persona scontrosa e dall'aura inavvicinabile. Forse era colpa della droga, forse del gas, ma lì per lì non le si accese nessuna lampadina letteraria scusa Shiloh.
    La rabbia non ti basta,
    Hai cose da dire
    Se ti perdi segui me
    Quel vuoto non ti calma
    È il buio che ti mangia e non ti fa dormire

    Interagisce con Shiloh, ciao di nuovo amika di manette.
    Ha ancora il pigiamino a due pezzi di Pompompurin, così, per reminder visuale.
     
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    Kaz si sentiva come Jim Hawkins, il protagonista del pianeta del tesoro.
    Non coraggioso, né intraprendente. Non audace, o disposto a rischiare tutto pur di arrivare al proprio obiettivo. Non c’entrava neanche il blob Allen che popolava i suoi incubi ed i suoi peggiori momenti di veglia: come Jim, di risposte non ne aveva.
    Mai avute, e certo non nel futuro prossimo del furente sguardo di Theo Kayne.
    Dov’erano e quand’erano racchiudevano gli enigmi della natura umana dall’inizio dei tempi, e non sarebbe stato il quasi diciottenne Oh a trovare un punto a parentesi che persone più sagge di lui non erano state in grado di chiudere. Aprì la bocca e la richiuse, il sorriso a spegnersi lentamente e la mano ancora alzata a salutare i suoi fan (quello che “theo pensi sia dominic” aka Cory e “theo ma tu lo sai parlare l’alfabeto f-f-farfallino” aka il senor Didi) mentre la gravità della situazione iniziava a pesare fra le scapole. Appiattendolo. Togliendoli quel poco d’ossigeno trattenuto fra le guance dopo la guerra.
    Tenne gli occhi sul vetro, incapace di incrociare lo sguardo del Grifondoro. Sentiva dal suo tono che avesse bisogno di qualcosa, e sapeva di non essere, in quel momento e forse mai, nella posizione di darglielo: stabilità, sicurezza. Certezze. Avrebbe voluto Theo potesse fare affidamento su di lui, ma non poteva offrirglielo, perché non sapeva un cazzo ed aveva paura, ok? Un fottuto terrore a congelare il respiro sulla lingua.
    Sparire era un’alternativa ben peggiore a morire. Era un soldato, sapeva che certi rischi esistessero – ma sparire, abbandonare tutti? I suoi amici, la sua famiglia. Lo stavano cercando? Lo credevano morto? Avevano scelto il suo lato migliore per le foto segnaletiche?
    Gli mancava?
    O le loro vite sarebbero andate avanti tranquillamente, come nulla fosse stato. Altri amici, altri fratelli. Altri membri della squadra, nuovi idoli di cui seguire la scia al castello. Un barista neo assunto a coprire i suoi turni. Un altro bambino dagli occhi grandi da pucciare nel vaso della speranza liquida, per poi farlo rotolare nel marciume del mondo ed aspettarsi ne uscisse comunque brillante.
    Cosa aveva lasciato di sé, alle persone.
    Come l’aveva cambiato, quel mondo.
    Il suono metallico scosse il torpore del corpo senza spazzare la nebbia della mente. Agì d’istinto, perché nel cuore più nudo e sincero delle cose, dalla sua prima nascita, Kaz era quello: senza capire cosa stesse succedendo, afferrò il Grifondoro tirandolo verso di sé, schiacciando entrambi contro una delle pareti della stanza.
    Una granata, suggerì la memoria lessicale, incontrandosi a metà strada con quella muscolare. Stava ancora strizzando Theo contro il proprio petto, lo sguardo a cercare l’oggetto di metallo e la schiena esposta all’ambiente, quando il gas iniziò ad invadergli i polmoni.
    Era molto stanco, Kaz Oh. Quindi rise istericamente all’orecchio del compagno, mormorando un
    «pensi sia quello esilarante»
    e «mi sento in un luna park»
    ed un sempreverde «mr kayne i dont feel so good»

    Aveva la camicia hawaiana stropicciata. Il mento incrostato di sangue secco.
    «vi piace il mio cosplay? Edward cullen per adulti» passò le dita della mano libera fra le ciocche corvine, e strinse abbastanza da impedire alla mano di tremare. Il sorriso era esagerato, come tutto dell’Oh; lo mantenne comunque, perché c’erano dei suoi compagni di scuola, santiddio, e persone armate a tenerli in ostaggio. Doveva essere quello responsabile, fra loro; quello divertente, e sicuro di sé. Agganciò il braccio ammanettato sulla spalla del Kayne, costringendolo ad auto censurarsi con la sua stessa mano tirata verso l’alto.
    Non fare cazzate.
    Si era affacciato serio sulla stanza, ed incrociando lo sguardo di Diaz, aveva fatto solo un cenno del capo – stava bene, andava bene, era tutto sotto controllo – perché aveva diciassette anni e mezzo, era un ribelle, un sopravvissuto alla guerra di primavera, non voleva affatto mettersi a piangere e farsi abbracciare lasciando ad altri la responsabilità di mantenere contegno.
    I primi segni di vero cedimento avevano colpito trovando il profilo di Moka e Sin, perché erano morti ed era anche colpa sua e non erano più ribelli e perché non erano più ribelli lui quel mondo non lo capiva, ma era stato certo di essere ad un passo dalle lacrime quando aveva visto Kyle, un passo nella sua direzione prima ancora di rendersi conto di quanto stesse facendo.
    Si era frenato, appena in tempo. Con il cuore in gola e lo sguardo lucido, aveva piroettato sul posto trascinando Theo dai suoi compagni – uau, quanti Grifondoro – alzando le mani per mostrarsi innocuo e disarmato, finendo per piazzarsi non troppo casualmente fra il resto dei ragazzi e le guardie armate.
    «ew. Non so perché l’abbia detto»
    Forse perché sei drogato e probabilmente state per morire?
    «potrebbe, sì»

    Coi pugni stretti e i pensieri fragili, guardati adesso
    Crollavi sempre anche con basi stabili
    ma ora detesto pensare a te come una di quelli lì che ci hanno perso
    Pezzi di loro per darne agli altri
    Pezzi di cuore come gli scarti


    fa un cenno con il capo a diaz, occhioni lucidi a moka e sin, sta quasi per nascondersi dentro la maglia di kyle ma preferisce fare lo smartass con il resto degli studenti perchè ha una reputazione da salvaguardare
     
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    Il gas aveva iniziato a riempire l'aria senza che se ne accorgessero e proprio mentre stavano trovando un minimo di sollievo da una situazione altrimenti un tantino stressante. Non che Styx fosse stressata. Era troppo tranquilla, forse. Specialmente mentre ascoltava Barbie fare domande molto personali in codice morse ai loro vicini di camera. Ed aspettava la risposta eh, parentesi, era curiosa anche lei.
    Poi l'aria iniziò a diventare strana.
    Spiacevole.
    Iniziò a tossire.
    Era troppo tardi per provare a occludersi le vie aeree, ci arrivava da sola.
    Guardò Barbie tutto il tempo, un po' preoccupata per la sua incolumità mentre faticava a rimanere in equilibrio all'in piedi.
    Sembrava proprio una persona carina, se quel gas li avesse uccisi sarebbe stato davvero un peccato.
    Poi arrivarono... quelli.

    Il viaggio dalla stanza alla hall fu un'esperienza abbastanza nebulosa, per Styx. La fame, la sete, l'effetto del gas, tutto concorreva a tenere i suoi pensieri molto poco ancorati alla realtà ed al momento.
    Ricordava appena che li avessero brutalmente condotti sin lì, ammassati con altra gente. Quando il mondo divenne un po' più nitido, perlomeno, poté guardarsi attorno. Una moltitudine di facce confuse, paramilitari bardati dalla testa ai piedi che imbracciavano armi di un certo calibro.
    Si premette appena con la schiena contro quella di Barbie, dietro di lei, cercando con la mano ammanettata quella altrui per stringerla.
    « Non sarai mica svenuto, no...? » sia mai che il gas gli avesse fatto un effetto troppo pesante, poverino.
    Con una mano mi abbracci e con l’altra mi ammazzi
    E sono stato sempre quello solo
    Perché non sono mai stato come loro
    Che hanno lo sguardo pieno d’odio e il cuore vuoto
    Il nostro amore maledetto mi mancherà in eterno

    Interagisce con Barbie. Sì scusate, sono basic.
     
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    jul 5th 1998
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    Si stava divertendo con Kai alla fine. Insomma, si era persino premurato di controllare che avesse ancora i reni al proprio posto, capite? Non contava che non fosse decisamente una prova certa visto che vivevano in un mondo dove la gente studiava Trasfigurazione a scuola, ma ehi, contava il pensiero, no? Bonding moment, letteralmente.
    Al ritrovamento della pagina di giornale con la data era proprio lì lì per fare una battuta sul fatto che erano davvero lì da un sacco di giorni, predict, ma poi... l'aria diventò poco respirabile.
    Ci provò davvero a tapparsi le vie aeree, ma il tutto era successo in modo troppo subdolo anche per le sue capacità di previsione.
    E poi la testa le diventò leggera e iniziò a ridacchiare.

    Chissà come ci era arrivata in una hall di un albergo. Quindi era sul serio un albergo? Che storia.
    « Che storia, cazzo...! » ridacchiava sommessamente senza riuscire a trattenersi. La testa se la sentiva ancora leggera, naturalmente, per colpa del gas. Forse anche la droga, la disidratazione e l'inedia facevano la loro parte. Li avevano parcheggiati con le schiene contro uno dei divanetti, seduti per terra ovviamente, sia mai. Se ne stava con la testa un po' poggiata contro la spalla di Kai, sbuffando come di risate trattenute a stento sul nascere.
    « Ma ti pare...? Sogno o son Reggie? O sei Reggie...! » stava parlando a voce molto alta, naturalmente, ma magari Reggie non l'avrebbe sentita da quella distanza. Rise di quella sua uscita bislacca da sola, proprio come il peggiore dei comici da stand up, che ride alle sue battute prima che lo facciano gli altri.
    « CIAO REGGIE!! » ecco, ora stava proprio urlando. Una vera signora.
    Rise di nuovo.
    Sembrava nel bel mezzo di un attacco psicotico?
    Sì.
    Ma ha anche dei difetti.
    Parliamo d’amore in mezzo a una rivoluzione
    Ti pettini i capelli con una calibro 9
    Metti un altro film, un pezzo dei Queen
    Metti che finisce male?
    (Ma non ci pensare)

    Urla a Reggie, CIAO REGGIE.
     
    .
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