[oblinder '24] nuje simmo ddoje stelle ca stanno precipetanno

qwerty ft. tw hurt comfort

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    Lotus Mirage Resort - room #002
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    Lotus Mirage Resort, un hotel situato a Montrose, piccolo villaggio portuale magico sulla costa est della Scozia. L?edificio è su quattro piani (reception, hall, bagno, sala da pranzo ? all?occasione sala da ballo ? e cucine al piano terra; alcune stanze al primo piano, altre stanze e due suite al secondo; alloggi dello staff, magazzino e stanze di servizio al piano interrato) ed è inserito perfettamente nella conformità paesaggistica del luogo, con le pareti di pietra dai colori chiari, il tetto di tegole rosso mattone e il basso muro di cinta che accoglie gli ospiti, mettendo in mostra l?insegna (il nome dell?hotel con sul fondo un fiore di loto i cui petali si aprono e si chiudono).
    Durante i mesi di campionato, quando la squadra della città ? i Montrose Magpies ? gioca in casa, la struttura ospita tifosi arrivati da ogni parte della Scozia, e dei dintorni; il resto dell?anno, è principalmente meta dei turisti che scelgono di visitare il villaggio magico e le spiagge rocciose di quel lato della Scozia, una vista mozzafiato che la posizione privilegiata in cui è stato costruito il resort (in cima ad una collinetta che affaccia proprio sul mare) regala a tutti i villeggianti.
    Noia. Curiosità. Ricerca. Psycho shipping. Fascinazione.
    Potrebbero essere tante, forse addirittura troppe, le ragioni dietro il perché la notte del quattordici febbraio sia diventata, oramai, una notte speciale nel mondo magico; quali che siano i motivi che spingono persone, o gruppi di persone, a lanciarsi ogni anno nell?organizzazione più assurda per garantire la migliore riuscita dell?evento, comunque, non è importante. Il perché raramente lo è, infondo. Non cambia le conseguenze, e non rende più comprensibile l?incredibile ? e francamente inspiegabile ? clamore dietro una notte che, all?apparenza, dovrebbe essere una come tutte le altre.
    Il passaggio di testimone, da un anno all?altro, serve solo a sottolineare ancora di più l?imprevedibilità che San Valentino porta con sé; simulazioni, sopravvivenza, ricerca scientifica.
    Cosa succederà l?anno prossimo?
    È la domanda che si fanno tutti.
    Beh, quasi tutti.

    E poi, in uno schiocco di dita, l?anno prossimo è già qui ? e maghi e streghe e special e babbani (perché no, non c?è più alcun velo a separare i due mondi, dopotutto) di ogni età si trovano, loro malgrado, ad essere i più vicini a scoprire la risposta a quella domanda.
    Che lo abbiate desiderato per trecentosessantacinque giorni o meno, che l?abbiate temuto o agognato, che abbia occupato anche solo una minima parte dei vostri pensieri in questi dodici mesi oppure no, non importa: perché quest?anno il fato ? o chiunque sia a muovere i fili del destino al suo posto, a questo giro ? ha scelto proprio voi come vittime.
    Uhm, pardon: come fortunati vincitori della lotteria annuale.
    Una scelta probabilmente fatta a caso, il proverbiale bastoncino corto beccato per sbaglio, e contro la vostra volontà; o magari vi hanno tenuto d?occhio per tutto l?anno, prendo appunti e aggiungendo note e trascrizioni alla murder board tenuta in soggiorno; lo so, è una possibilità terrificante, non è vero? Essere controllati. Eppure, nessuno può escluderla.

    Qualsiasi sia la ragione, qualsiasi sia il prima, non ha importanza.
    In quella stanza di albergo, quest'anno ci siete voi, e non siete soli.
    E in quello stesso istante, nel momento in cui aprite gli occhi e prendete nota di ciò che vi circonda ? del materasso morbido e delle lenzuola delicate, o del pavimento fresco, o di quanto sia stranamente comoda la vasca? ?, quello è il momento in cui vi rendete anche conto di essere ammanettati a qualcuno. Proprio così: vere manette d'acciaio fredde al contatto con la pelle nuda del polso.
    E potrà sembrare assurdo, ma non è quella la cosa più strana di cui vi rendete conto; e ne prendete velocemente atto quando provate ad avvicinarvi alla porta della stanza, portandovi dietro la vostra anima gemella, e in un battito di ciglia siete di nuovo al centro, accanto al letto, o nel bagno. Potete riprovarci quante volte volete, e potete persino tentare con la finestra che da sul mare: non importa, quanti, o quali, tentativi facciate, non c?è via d?uscita, e perseverare non porterà a nulla ? solo ad un forte mal di testa. La magia che vi tiene lì, è chiaramente una magia più forte di quello che vi sareste aspettati. Ed è anche l'unica magia che funzioni: non ci mettete molto a capire che né le vostre bacchette, né i vostri poteri, sembrano funzionare.

    Quanto alla stanza... beh, è una banalissima stanza d?hotel. Niente di particolare salta all?occhio, se si esclude il fatto che non possiate uscire da lì, certo.
    C?è il numero per contattare la reception al piano terra e il menu per ordinare la colazione in camera, ma nessun dispositivo con cui mettersi davvero in contatto con l?esterno: non un telefono, né alcun oggetto incantato con cui comunicare; c'è una piccola toeletta disposta contro la parete, e una sedia; c'è il bagno (con la vasca, perché a quanto pare l'hotel, il resort, non si fa mancare nulla); c'è il letto, due comodini, alcune stanze hanno persino un balcone ? non che voi possiate uscirvi fuori, certo: vi dovrete accontentare di osservare il paesaggio da dietro i vetri delle finestre.
    E poi c?è un foglio.
    Sul letto, a terra, sulla toeletta, ovunque capiti.
    Poche parole, leggere sulla pergamena ma pesanti sulla coscienza. Cinque beffarde parole.
    Buon San Valentino, miei cari.


    //OFF: BENVENUTI AMICI AD UN NUOVO ED EMOZIONANTISSIMO OBLINDER!!
    Siete pronti?? SIETE KARIKI??? Mi auguro per voi (e per i pg) di sì!!
    Come avrete capito, siete in una stanza di hotel (dalla quale NON potete uscire) che alcuni potranno riconoscere magari dal logo sulle lenzuola o dal panorama esterno (se ci sono già stati). Cosa dovrete fare? BEH!! Ma ovvio: interagire con l vostra anima gemella. Non cercate un modo di uscire, sarebbe solo tempo perso: non c'è una via d'uscita SMACK
    Pensate piuttosto a fare una più approfondita conoscenza della persona con cui siete stati abbinati; il resto verrà da sé.
    XOXO
     
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    Prima di tutto: elisa non lo uccidere paris non lasciarlo. Ricordati che non è colpa sua e non ha deciso lui di trovarsi qui *manine* *manine* *manine* (unless sei tu, in quel caso usiamo 'ste manette wink?)


    Detto questo. Che altro c’era da dire.
    Poco, se non che Theo fosse confuso, ma così confuso, perché era abbastanza certo (diciamo… intorno al 79 percento?) di non conoscere quel posto, né di essersi smaterializzato fin lì durante la notte. Certo, di cose idiote ne aveva fatte davvero un sacco in soli sedici anni di vita, ma davvero, non credeva che quella volta fosse colpa sua.
    O almeno… lo sperava?
    Le manette erano sicuramente qualcosa che Theo Kayne avrebbe scelto di usare ma — side eyes alla persona a cui era legato: chissà chi sei. Nel dubbio, mi dispiace un sacco.
    «sei stat* tu?!» a fare cosa? Boh, nel dubbio: tutto. E indicò subito la stanza, il grifondoro, come a voler dare un senso alla sua domanda. «ti devo dei soldi? mi pare un modo un po’ estremo per chiederli indietro, ma okay.» alzò appena il braccio ammanettato, già pieno di quella situazione. «anzi, sai cosa? qualsiasi cosa tu stia pensando, non è colpa mia» andava detto, ed era stato detto; non che fosse necessariamente vero, ma tant’è.
    «senti,» il tentativo di incrociare le braccia al petto ebbe vita breve, quando il suo gesto improvviso gli ricordò di essere legato ad un altro essere vivente (terribile, sconsigliato), quindi optò per portare il pugno libero al polso, come un vecchio qualsiasi. «se per uscire da qui devo prenderti in spalla e trascinarti, così sia.» Non era decisamente il tipo da farsi quel genere di problemi.
    E poi, era sempre pronto a trovare una scusa per prendersela con qualcosa di fisico quando tutto il resto sfuggiva alla sua comprensione (ovvero: sempre .); quella volta non era diversa, con le sue stanze sconosciute, la sensazione di aver perso il conto dei giorni e che ci fosse un motivo dietro il suo non riuscire a spiegarsi perché fosse lì (aveva già escluso il post sbronza; l’alito non gli puzzava di alcol, né di erba.) perciò insomma. Quando non c’era una spiegazione concreta e reale per il problema in corso, Theo Kayne tendeva a prendersela con gli oggetti. O le persone. Avrebbe spaccato l’intera stanza (e l’intera fottuta struttura) e la faccia di quella persona se lo avesse tenuto ammanettato a sé ancora per molto.
    «hai dieci secondi per spiegarti.»
    O un po’ di più, dato che non sa contare e perde il filo.
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    but you can't just stay down on your knees: rhe revolution is outside.
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    SPOILER (click to view)
    si è svegliato male, gli manca il suo letto, mi dispiace (può solo peggiorare)
     
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    Kaz non era stata la prima scelta del dado.
    Nè la seconda. O la terza. Il dado aveva delle idee specifiche in merito a chi dovesse partecipare all’oblinder, ma Sara è testarda, e voleva proprio essere ovunque come il prezzemolo: occhi languidi, labbro tremolante. La risposta era stata un drammatico ”ciolla”, con forme e toni diversi, riverberato in ogni cellula, mentre l’Oh si sbracciava come Katniss agli Hunger Games per essere pescato dal mazzo.
    Un sospiro di Sara.
    E tutti i sogni romantici di Kaz infranti dal tono brusco e ruvido di Theo Kayne. Theo Kayne.
    Non che Kaz sapesse cosa stesse succedendo – figurarsi, aveva tutt’altre teorie – ma ci tenevo a specificare che QUANDO LO SAPRà, IL SUO CUORE SARà SPEZZATO E PENSERà DI MORIRE SOLO. Un argomento che approfondiremo a tempo debito, concentrandoci sul
    «è STATO UN INCIDENTE IO NEANCHE C’ERO?» con cui spalancò terrorizzati occhi neri sulla stanza, il busto sollevato ed in allerta, una mano al cuor- uh. Perchè non si muoveva. Una mano. Una - mano. Tirò con forza, trascinando con sé anche il braccio del qualcuno, fino a poggiare drammatico il palmo sul proprio petto.
    Non mentirò.
    Quando vide che attaccato ci fosse il braccio di qualcuno, strillò.
    «AAAAAAAAAAA» poi seguì il profilo del bicipite, constatando che fosse attaccato ad una spalla, ed un corpo in movimento. Sospirò di sollievo, ridendo leggero del proprio timore di essere fuckin svegliato ammanettato ad un braccio mozzato. «haha, scusa theo, pensavo fosse quello di mort» Aspetta.
    Battè le palpebre, strattonando un poco il compagno verso di sé per guardarlo meglio.
    «tHeO?!»
    Oh no. Oh no. Era forse uno di quegli strani sogni erotici dove l’altra persona era assolutamente qualcuno di randomico, ed anche se eri abbastanza certo di non esserne attratto fisicamente, il mattino dopo era tutto strano ed imbarazzante perché l’avevi visto fare – «non hai il mio consenso per toccarmi» specificò, portando la mano libera a coprire gli occhi. «sarebbe strano, sai? Giochiamo a quidditch insieme. Poi l’altra – storia» non Paris, era troppo Kaz per leggere la sexual tension fra i due, ma l’essere ribelli.
    «però il nostro nome ship sarebbe tho. Onestamente?» Curvò le labbra verso il basso, osservando il ragazzo in maniera oggettiva come un pezzo d’arrosto dal macellaio. Mh… «s-smash?» tentò l’opera di auto convincimento, ma la smorfia lasciò intendere tutto ciò che il tono non riuscì a trasmettere. No, niente smash, ew, aveva l’aria di essere uno di quelli che dopo l’allenamento puzzavano di sudore, e giravano per Hogwarts con le ascelle pezzate ed i vestiti umidi. «no, scusa. Magari dopo» tutto così, come primo impatto, ancora convinto di essere in un mondo onirico dalle dubbie scelte morali.
    «ti devo dei soldi? mi pare un modo un po’ estremo per chiederli indietro, ma okay.»
    Un sogno molto buffo. Non il più strano che avesse avuto. Lo osservò in silenzio qualche secondo, prima di annuire lentamente. «moooolti soooldi…..» per niente, ma i prodotti di beauty care costavano reni e primogeniti che l’Oh aveva finito, ed il suo onlyfans aveva una fanbase solida ma poco incline alla generosità. «anzi, sai cosa? qualsiasi cosa tu stia pensando, non è colpa mia» Peccato, un po’ aveva sperato di avere uno stalker che si fosse manifestato nei suoi sogni. Poteva forse essere sicuro non fosse così? Mh. «hai una cotta per me?? puoi dirmelo, eh» con un mezzo sorriso, soffiò una ciocca di capelli dalla fronte, ammiccando gentile verso il compagno. DAI ABBI UNA COTTA PER LUI, PICCOLA, PUOI RIMANERE FEDELE A PARIS, UFF GUARDA COM’è CARINO.
    «se per uscire da qui devo prenderti in spalla e trascinarti, così sia.»
    Ma cosa stava… succedendo. Si era appena offerto di portarlo in giro come Shrek con Fiona? Poteva abituarcisi, a quel trattamento da principessa, per quanto la fonte non fosse delle migliori. «lo faresti?» Lo valutò con occhio clinico.
    «sarò onesto con te: non penso ci riusciresti» ma apprezzava il tentativo.
    «hai dieci secondi per spiegarti.»
    Cielo. Dieci – cosa. COSA? NON FUNZIONAVA BENE SOTTO PRESSIONE! «MA DIECI SECONDI SONO POCHISSIMI, FACCIAMO ALMENO UN MINUTO? OK, OK – SPIEGO, SPIEGO – ma che cosa.» Fine momento di panico. Riflessivi occhi carbone posati sul Grifondoro. «cosa devo… spiegarti» Charades? Cosa significassero i tag su AO3?
    Con orrore, guardò un punto oltre la spalla del Kayne
    «in quale trope ci sto sognando»
    L’ALTA INFEDELTà? Non aveva una storia pronta per giustificare il proprio tradimento!
    Coi pugni stretti e i pensieri fragili, guardati adesso
    Crollavi sempre anche con basi stabili
    ma ora detesto pensare a te come una di quelli lì che ci hanno perso
    Pezzi di loro per darne agli altri
    Pezzi di cuore come gli scarti
     
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    (sandi colpisce ancora, quattro anni di seguito. Il vero match oblinder siamo noi *high five*)

    E pensare che di solito era Theo quello molesto, che urlava già di prima mattina e rincoglioniva tutti di chiacchiere (quando si svegliava col piede giusto, ovviamente; altrimenti teneva il broncio fino a mezzogiorno e perlopiù comunicava a versi e ringhi).
    Invece no, quella volta erano le sue orecchie ad essere violentate.
    Terribile.
    Ma poteva urlare più forte di Kaz.
    E lo avrebbe fatto.
    «AAAAAAAAAAA»
    «OOOOOOOOOOOOH»
    Ebbe anche quasi l’istinto di schiaffeggiarlo con la mano che l’altro aveva preso in ostaggio, ma non lo fece. Invece, assottigliò le palpebre e gli riservò un’occhiata truce. «così ora hai detto a tutto l’hotel, e a tutta la regione, che siamo svegli, bravo.» un frontino, però, quello non si trattenne dal rifilarlo al compagno, palmo ben aperto a picchiare contro la fronte del collega ribelle e un verso che somigliava vagamente ad un che razza di rinco a sfuggire dalle labbra del grifondoro.
    «tHeO?!»
    «eh. in carne ed ossa.»
    «non hai il mio consenso per toccarmi»
    Allora.
    Stava proprio cercando una scusa per farsi picchiare? Era così? Beh, Theo l’avrebbe accontentato: gli aveva fatto il culo in sala addestramenti un sacco di volte, poteva replicare quando voleva.
    «ma chi ti tocca.» offeso, mortalmente offeso. «e spaccarti la faccia non vale come toccarti.» borbottò più a bassa voce, alzandosi e tentando di portarsi dietro l’Oh solo per dispetto.
    «sarebbe strano, sai? Giochiamo a quidditch insieme. Poi l’altra – storia»
    «quale altra storia
    COSA STAVA INSINUANDO.
    «però il nostro nome ship sarebbe tho. Onestamente?»
    Ship? SHIP?
    Ecco, lo sapeva: li avevano sgamati e ora tutti sapevano di lui e Paris e parlavano alle sue spalle e— «hai una cotta per me?? puoi dirmelo, eh»
    hhh.
    «la pianti di dire scemenze?!» oh. mio. dio.
    (E quello era il migliore amico di sua mamma?!?!) (Sì, ed era bellissimo così, slay kazzino) (Menomale che Theo non sa nulla di tutto ciò.)
    «senti, parliamo di cose serie–»
    «lo faresti? sarò onesto con te: non penso ci riusciresti»
    Non doveva dirlo.
    Non doveva proprio dirlo.
    «mi stai sfidando?!» ed era già pronto a caricarsi l’Oh in spalla solo per dimostrare che potesse farlo, e dargli contro: non gli importava che fosse alto una torre di hogwarts e mezza, Theo aveva il proprio orgoglio da difendere. E invece: «in quale trope ci sto sognando»
    «uh?» il Kayne si divincolò dalla presa (che, doveva ammetterlo, era stata più complicata del previsto: farlo con un braccio legato a quello di Kaz era: difficile. ci avrebbe riprovato in un secondo momento.) «non stai sognando.» e per dimostrarglielo, gli tirò un pugno sulla spalla — più forte di quel che avrebbe dovuto, ma molto più leggere di quello che avrebbe potuto, quindi insomma. «se sveglio. ma a questo punto immagino sia… boh, un test? una prova? sai…» si strinse nelle spalle, e gesticolò senza senso per cercare di spiegarsi, «magari… la hatford………..» silenzio lungo una vita, perché Theo non sapeva come altro spiegarsi senza dire troppo: doveva sempre partire dal presupposto che qualcuno lo stesse guardando e/o ascoltando, ma non era mai stato troppo bravo a camminare nelle sfumature, lui, o a stare nelle zone grigie. Come spesso sottolineato, era più bravo con i fatti che non con le parole. «magari vogliono vedere chi fa il culo all’altro? chi riesce a liberarsi per primo?»
    In tutto ciò, non aveva ancora capito che fosse il quattordici febbraio.
    Sperava di non capirlo mai.
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    Chi più, chi meno, sembrate riprendervi tutti dopo il primo momento di confusione e disagio. Ma è realmente così? Solo il tempo potrà dirlo, cari amici. Di sicuro, c’è che quella sensazione di smarrimento sembra essersi appiccicata alla vostra pelle; avete dato un nome (forse) al posto dove siete, ma non ancora una motivazione sufficientemente credibile per spiegare il perché. Beh, quello è ovvio, amici: è San Valentino. E se non sapete dell’oblinder, chiaramente non avete amici nei posti giusti, perché è l’evento più atteso delle stagione da anni. Ed è anche altrettanto chiaro che non leggete i miei articoli, tsk.
    Non è quindi del motivo che dovreste preoccuparvi, ma piuttosto delle condizioni in cui ci siete arrivati. Lo stomaco a gorgogliare prepotente nei momenti di silenzio indica forse una cena troppo leggera la scorsa sera? Non sapete dirlo, in effetti non ricordate di preciso qual’è stata l’ultima cosa commestibile che avete mandato giù. Brutto segno? Forse no, mi dispiace solo non ci sia un banchetto ricco ad attendervi nelle stanze: per il momento dovrete combattere contro la fame e la sete, e contro lo stordimento, alla vecchia maniera: arrangiandovi.
    Niente rimedi estremi, capito? Non siamo la società della neve, qui.
    Ma… hey, sì dico a te, non sei un po’ troppo giovane per avere quegli ematomi nell'incavo del braccio? Sembra quasi il segno di ... ah, magari qualcuno di voi saprà riconoscerlo. Ago.
    Uh, uh, amico… la droga non è mai la risposta.
    (Unless.)

     
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    «così ora hai detto a tutto l’hotel, e a tutta la regione, che siamo svegli, bravo.»
    Ma pensa te. Pensa te. Si massaggiò la fronte ed arricciò il naso, drizzando la schiena con rinnovata dignità.
    «non sarò il tuo piccolo sporco segreto, kayne.»
    Nel suo AU aveva tutto senso, ok? Non avrebbe saputo elaborare come, implicava troppe linee sovrapposte fra loro che nulla c’entravano le une con le altre. Che lui e Theo avessero una relazione, ad esempio, e che per qualche motivo fosse l’amante del Grifondoro; che fossero in quell’hotel in una delle loro scappatelle OH MIO DIO QUALE AU ERA TUTTO VERO CHIARAMENTE ALTRIMENTI PERCHè HO UN HOTEL LE GASP? «MA ABBIAMO FATTO SESSO???» Ricacciò indietro la testa come una tartaruga, studiandolo con rinnovato interesse. Non ricordava …? Neanche di averlo mai voluto…?
    Perchè non l’aveva mai fatto, non avevano vissuto alcun momento intimo, Theo non era manco sposato e quello non era il motel di una scappatella infedele? Mh. Forse sì, erano buoni motivi per non averne memoria. La realtà sembrava essere molto meno divertente, però.
    Per una questione di principio, incrociò le gambe e rimase testardamente a terra mentre il Kayne provava ad alzarsi, ancora confuso da quanto stesse succedendo. Ma che razza di sogno assurdissimo era? Kaz si amava troppo per vivere in un mondo onirico dove THEO KAYNE lo maltrattava ed era così… rude, e grezzo. Meritava di sentirsi una principessa anche quando chiudeva gli occhi, e solo complimenti. Cos’avrebbe detto di lui Freud se l’avesse visto in quel momento? Forzò il braccio a rimanere ad altezza del proprio mento, causando all’altro di rimanere incastrato in una posizione scomoda ed ingobbita. Non un problema suo.
    «la pianti di dire scemenze?!» E DA QUANDO AVERE UNA COTTA PER LUI ERA UNA SCEMENZA? Era bello, e di successo, coraggioso! Un sopravvissuto! ERA UNA FUCKIN CATCH PER CHIUNQUE. «BEH OK, NON MI MERITAVI IN OGNI CASO» Andava sempre così con gli uomini, subito pronti a spezzargli il cuore. Avrebbero potuto avere tutto insieme! Un… sacchetto di farina da adottare come figlio di nome JIMMY! L’avrebbero portato sull’altalena, e ricucito con lo scotch quando si fosse immancabilmente bucato ed avrebbe perso granelli per strada, poi l’avrebbero tenuto a dormire nel letto fra loro, scaldato dai loro corpi, mentre si guardavano amorevolmente da sopra il cappuccetto barilla. «E MI TENGO JIMMY!» Non avrebbe pianto. Era tornato da una guerra, non avrebbe pianto solo perché Theo Kayne non voleva avere un pacchetto di farina con lui da crescere fino a che non fosse diventato una pagnotta.
    «mi stai sfidando?!»
    «DAI SU PRENDIMI CAZZO» c’era la virgola, da qualche parte. Non sollevò le braccia, lasciando all’altro l’ingrato compito di sollevarlo a peso morto.
    Ridacchiò anche, dei vani tentativi del compagno. «ho visto film che iniziavano così. Questo è il momento in cui ti trascino per terra e -» certi pensieri era meglio tenerli per se stessi, perché il solo pensiero di renderli concreti, bastava a dipingergli in volto una smorfia tutt’altro che intrigata.
    Ew. Davvero ew. Guardò ancora il ragazzo, soppesandolo con aria solenne.
    Nope. Decisamente non il suo tipo, non quando provava in tutti i modi a non sedurlo. Kaz Oh era un narcisista, e come tale, per infatuarsi doveva essere amato e venerato. A meno che ad amarlo e venerarlo non fosse stato l’alieno di Tooth, in quel caso FANCULO ALLAN NON TI AMERò MAI OK? MI RICORDO DI TE DENTRO DI ME E NON MI è PIACIUTO NEANCHE UN PO’. VIOLATO.
    Poi accadde. L’impensabile. Tre parole che bastarono a rovinare tutto – no, non “Kaz sei brutto”, ma avrebbero sortito lo stesso effetto.
    «non stai sognando.»
    Una pausa di riflessione. Kaz, da quella peculiare posizione ravvicinata con un Kayne che lo malmenava e tentava di trascinarlo come il sacco di una lavandaia, battè le palpebre.
    «figurati» scandì, piano.
    Perchè non aveva senso. Nulla? Punto interrogativo?
    «sei sveglio. ma a questo punto immagino sia… boh, un test? una prova? sai…magari… la hatford………..»
    Oh… oh. Non il suo cognome, purtroppo.
    Aprì la bocca e la richiuse, guardandosi seriamente attorno per la prima volta. L’espressione sorpresa e sognante di poco prima, sostituita da occhi attenti e riflessive, spalle tese e pugni a chiudersi e riaprirsi. Dischiuse le dita, cercando di creare una sfera di luce nel palmo.
    «non c’è magia» osservò, un tono ben diverso da quello usato in precedenza. Si alzò velocemente, e dovette appoggiarsi al compagno per non rotolare a terra in preda alle vertigini. Rimase stretto a lui – no homo, tho – cercando di … pensare. Aveva senso fosse un test. Guardò Theo, e non ebbe bisogno di dire altro perché entrambi capissero a chi si stessero riferendo.
    «non mi piace» mormorò. Perfino Kaz era in grado di sussurrare, sorpresa delle sorprese! Lo tirò verso di sé, il mento sulla sua spalla. Bros being bros, mica complottisti ammanettati in una stanza, haha, vi pare, haha….«non mi piace» sottolineò, perché avevano una sola cosa in comune, e di certo non era la fi- «ma che hai - uh» prendendogli il braccio per guardare il livido, notò di averne uno identico sul proprio.
    Umettò le labbra. «sto per gridare» informò, perché era una brava persona.
    E non a caso, quella volta! Se fosse stato un test ribelle, sarebbero stati soli, o in compagnia di altri membri della Resistenza. Una lezione di Hogwarts, o altri studenti, o solitaria. Un’altra DA? «ti prego dio signore con il potere non altri alieni» borbottò rauco, prima di schiarirsi la voce.
    E uan
    e ciu
    e uan ciu tri «QUAAAALCUUUUNO MIIII SEEEENTEEEEEEE?» in balenese? Sì. Dopotutto, se avessero voluto ucciderli o torturarli, l’avrebbero già fatto.
    Credeva. Probabilmente? Yikes.
    Coi pugni stretti e i pensieri fragili, guardati adesso
    Crollavi sempre anche con basi stabili
    ma ora detesto pensare a te come una di quelli lì che ci hanno perso
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    Non era mai stato bravo ad ignorare le provocazioni, Theo Kayne, ma Kaz ce la stava mettendo proprio tutta per fargli saltare i nervi e beccarsi un pugno sul naso. Lo stava chiedendo così apertamente che Theo sospettava sarebbe stato quasi felice di riceverlo — che razza di masochista.
    «ma. quale. segreto.» digrignato tra i denti stretti, le parole a seguirse l’un l’altra con il tono basso e inferocito di chi non ci stava ad essere considerato un.. un… hhh.
    «MA ABBIAMO FATTO SESSO???»
    E fu istintivo per Theo, a quel punto, alzare il braccio libero e schiaffare la mano sulla bocca di Kaz, schiacciandolo a terra sotto il suo non leggiadro peso. (Oh, uno ci prova a fare punti? Si deve andare di istinto) «abbassa la voce, cazzo» intercalare, non nome. «metti che qualcuno ti sente?!?» se era vero che c’erano altri ribelli nelle stanze adiacenti, l’ultima cosa che voleva era che qualcuno cogliesse stralci di quella surreale conversazione e pensasse che Theo se la faceva con Kaz. Brividini. Non era affatto il suo tipo (che, a quanto pareva, era “biondo tinto moro, zigomi alti e occhiaie violacee dovute a notti passate in bianco sopra ai libri”. molto specifico. ma non siamo qui per parlare dei “tipi” di Theo.)
    E quindi.
    Erano ancora sdraiati a terra, Theo a cavalcioni sull’Oh (no homo bro), con lo special che continuava ad urlare cose senza senso. E sapete cosa? Erano in due a poter fare quel gioco. «MA COSA STAI DICENDO SMETTILA DI URLARE COSE SENZA SENSO» lui? Non meritarselo?

    ..
    .
    Beh, era vero. Kaz era decisamente un gradino o quattro più in alto nella scala gerarchica della società hogwartsiana — specialmente quell’anno, poi. Lui era diventato quello figo e popolare («ugh») e Theo era rimasto il jock che attaccava briga con chiunque lo guardasse e passava più tempo in sala torture che in classe.
    Ma lungi da lui ammettere una cosa del genere di fronte all’Oh.
    Stava quasi per rispondere con qualcos’altro di altrettanto stupido, quando: «E MI TENGO JIMMY!»
    Mouth eye mouth.
    Theo: confuso.
    «chi… cazzo è Jimmy.» Non ricordava alcuna lezione di magia domestica dove li avevano costretti ad adottare qualche creaturina e procedere al loro sostentamento e alle loro cure (e per fortuna, perché in mano a Theo sarebbe morta pure una pianta grassa — o il sacco di farina che immaginava Kaz). «…ho capito.» non aveva capito «kyle ti ha dato un altro tamagotchi?» rip al movero mostrillo in pixel, dunque.
    E niente, c’era della conversazione assurda in quella confusione.
    «MA PERCHÈ URLI GUARDA CHE CI SENTO!!!!!!» E, come minimo, li avevano sentiti anche nelle cinque stanze affianco.
    «ho visto film che iniziavano così. Questo è il momento in cui ti trascino per terra e -»
    Ma porca puttana: «ci siamo appena seduti, ma basta» una sbattuta a terra in a (non) homoerotic way al giorno era più che sufficiente.
    A meno che dall’altra parte non ci fosse un certo portiere blu-bronzo e allora poteva sbattere Theo in terra quante volte voleva. I said what I said. Per fortuna nostra, comunque, la bolla di pensieri su Paris venne prontamente bucata dallo sguardo che Kaz gli stava rifilando— come se avesse appena posato gli occhi sulla cosa più ripugnante dell’universo. «che guardi.» minaccia, minaccissima: era pronto a scattare alla prima parola, Theo. Di qualsiasi tipo fosse stata.
    Stacchetto tattico perché sono già le nove e dieci e: «non c’è magia» «uh.» In effetti non gli era venuto in mente di controllare, ma c’era anche da dire che raramente Theo facesse affidamento su un tipo di magia che non fosse destinato a spaccare tutto — e gli sembrava ancora relativamente presto per far saltare in aria le pareti dell’hotel. Altri dieci minuti, almeno.
    Scivolò giù dalle gambe del capitano tassorosso e si mise seduto a terra, schiena contro il bordo del letto e la mano libera a passare tra i ricci scompigliati, in un momento di improvvisa, e destabilizzante, calma. C’era quasi silenzio, ora che Theo aveva smesso di ringhiare e Kaz di urlare. Un silenzio rotto solo dall’inconfondibile brontolio di uno stomaco disperato. «è il mio.» oh, era un atleta lui, era abituato a mangiare un sacco di proteine al giorno, tutti i giorni, e— «kaz.» serrò le palpebre e rivolse lo sguardo castano al compagno ribelle. «t–» «non mi piace. ma che hai - uh» qualsiasi cosa stava per dire, rimase incastrata nella gola del grifondoro quando l’altro lo tirò a sé, occupando il suo spazio personale senza nemmeno chiedere (proprio besty di dylan aiutoooo mi scoppia il cuore) e sollevò il braccio di Theo per osservare un livido di cui il Kayne non si era nemmeno accorto; non era di certo il primo marchio violaceo che appariva sulla sua pelle senza che lui se ne rendesse conto.
    «kaz–»
    «sto per gridare»
    Che… era un modo di dire, no? Theo immaginò di sì, e rimase ad osservare per un attimo il livido e, con una certa angoscia, il microscopico puntino al centro, il chiaro ed inconfondibile segno di un ago che aveva bucato la pelle. «che caz» «QUAAAALCUUUUNO MIIII SEEEENTEEEEEEE?» «zo–» Oddio ma era tutto scemo?!
    E ancora una volta Theo agì prima di riflettere (storia della sua vita), premendo il palmo aperto contro la bocca dell’Oh, e sussurrando ad un centimetro dal suo viso quella che poteva essere una minaccia o una promessa, a seconda di come si sarebbe comportato da lì in poi Kaz. «ti uccido.»
    Gli diede qualche istante per calmarsi (non piangere, ti prego non piangere o qui finisce male) e quando fu abbastanza certo che avesse ripreso a respirare con una regolarità che non gli avrebbe fatto rischiare l’infarto, staccò di poco la mano dalla bocca del tibiavorio, rimanendo comunque abbastanza vicino da censurarlo ancora se ce ne fosse stato bisogno.
    (Non costringermi a farlo con un limone, nemmeno per il fanta ne varrebbe la pena, già è a rischio separazione così.)
    «ti sei calmato?» sperava bene, perché stava per dire qualcosa che l’avrebbe agitato di nuovo, ancora di più, e l’ultima cosa che Theo voleva era rimanere ammanettato ad un corpo morto. «senti, non urlare ma non credo sia una lezione di nelia.» gli sussurrò, abbastanza vicini che non c’era bisogno di usare neppure un tono di voce normale, per farsi sentire. «non penso… drogarci mi pare un po’ estremo.» Si potevano dire molte cose della resistenza, e di certo erano disposti a tutto e non badavano ai mezzi pur di raggiungere un fine, ma voleva sperare che la loro professoressa di corpo a corpo avesse un po’ più a cuore le loro condizioni fisiche e fosse contraria all’uso non consensuale di droghe, di qualsiasi tipo esse fossero. «e tu non mi pari il tipo da scegliere volontariamente di iniettarti qualcosa nelle vene.» continuò, alzando entrambe le sopracciglia: cozzava un po’ con l’atteggiamento da principino popolare che si dannava così tanto di mantenere; quanto a lui, beh, era Theo — avrebbe fatto qualsiasi cosa per una scommessa. Anche le cose più stupide (been there, done that).
    Si rimise seduto sul pavimento, rimanendo girato verso l’Oh, e posando la spalla contro il bordo del letto, riflettendo.
    (Aveva già mal di testa.)
    «ti ricordi cosa abbiamo mangiato a cena ieri sera?» che poteva sembrare una domanda fuori luogo ma non lo era: Theo Kayne ricordava per filo e per segno tutto quello che veniva preparato dagli elfi, ad ogni pasto — e così anche il suo corpo. Per avere tutta quella fame, significava che dovevano essere passate più ore del previsto da quando l’ultima cosa concreta aveva raggiunto il suo stomaco. Non buono. «perché io non ricordo neppure dove fossi, quando mi sono addormentato.» Cosa che… ok, era capitata svariate volte nella vita ma dettagli. «pensi che–» era terribile anche solo <>l’idea, ma Theo aveva sempre saputo che correva il rischio (abbastanza concreto) di essere scoperto prima o poi — non era di certo il ribelle più accorto, ahilui.
    Ma no, perché mai i pavor avrebbero dovuto portarli in un resort, piuttosto che al ministero per interrogarli e torturarli? Poteva sbagliarsi.
    (Lo sperava.)
    (Ovviamente Theo è di quelli che non ha mai letto un numero di Polgy in vita sua, e dubito fortemente Mis o Mini l’abbiano letto per lui, perciò showbiz)
    «senti.» era il momento di rimboccarsi le maniche, evitare di pensare all’ematoma violaceo che avrebbe dovuto spiegare in qualche modo a Lenny ed essere abbastanza convincente da fargli credere che non si fosse dado all’eroina, e trovare una soluzione. «innanzitutto dobbiamo liberarci di queste,» alzò appena il braccio ammanettato, per indicare i nuovissimi bracciali di acciaio che gli avevano regalato, «e possiamo farlo in due modi: il primo è con una forcina,» insomma, non era il suo primo rodeo, «la seconda potrebbe non piacerti, perché prevede una bella dose di dolore.» era mai ricorso a quel metodo estremo? No, perché aveva l’abitudine di portarsi sempre dietro una forcina o uno spillo abbastanza sottile da poter usare in caso di situazioni come quelle — ma non ne aveva uno, in quel momento. «ma lo farei io, basta che poi quando usciamo da qui mi ridai le manette.» cosa? cosa. «dico davvero.» le priorità. «una volta liberi, possiamo provare a fuggire dalla finestra, non mi sembra molto in alto, e penso sia più facile che addentrarci nei corridoi di un hotel che non conosciamo.» ugualmente stupido, ma sembrava una mossa intelligente nella mente del kayne. «però devi smetterla di urlare, o ci scoprono subito e ci ammazzano.» severo ma giusto. «ci stai?»
    kaz, an intellectual: no.
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    Forse l’adrenalina inizia a fare effetto, scuotendo membra evidentemente provate, perché dopo il livido sul braccio, vi rendete conto di qualcos’altro. Qualcosa a cui prima, troppo presi dalla sorpresa dell’insieme – svegliarsi in un posto che non conoscete, senza magia, ed ammanettati a qualcuno – non avevate fatte caso.
    Abbassate lo sguardo sui vostri vestiti. Alcuni sono troppo grandi per voi, o troppo piccoli. Taglie sbagliate, forme che mai avreste pensato di indossare. Sembrano pescati casualmente, come se qualcuno avesse afferrato gli abiti abbandonati nell’hotel, e ve li avesse messi addosso.
    Profumano di bucato, però. Almeno quello. Una cosa è sicura: non sono i vostri.

     
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    Una vera fortuna che Kaz non avesse problemi di intimità, perché Theo Kayne stava davvero mettendo check – il simbolo, non il Vibe, ma ciao custode! - ad ogni atto impuro presente sui tag di ao3. Minchia, se solo fosse stato una briciola attratto dal Grifondoro, forse a quel punto avrebbe perfino funzionato: trattenne l’aria in un sospiro sorpreso, quando si ritrovò schiacciato a terra dall’imponente peso del ragazzo. Un audible gasp ammirato. Poteva apprezzare il non troppo velato rizz dell’altro, abbastanza da sollevare gli angoli delle labbra nel più vago dei sorrisi. Era tutto materiale per le sue storie, quelle scritte su internet non la sua spank bank (e sì, aveva quasi diciott’anni, ne aveva una.) …. ma forse. A ben pensarci. Era un racconto eccellente per i posteri. Avrebbe solo dovuto cambiare l’altro addendo di quell’operazione, dubitava al mondo esistesse qualcosa di meno eccitante di una bestia perdi bave come il Kayne, ma poteva lavorarci.
    «abbassa la voce, cazzo. metti che qualcuno ti sente?!?»
    Inarcò un sopracciglio, poggiando distratto le dita sulle gambe di Theo. Proprio l’inizio di un qualsiasi soft porno, se solo non fossero stati Theo e Kaz - uno a pensare di essere all’interno di un complotto di illuminati, e l’altro nel suo AU. «e quindi? Che ci sarebbe di male» sinceramente perplesso, perché per quanto non fosse il suo tipo – e viceversa, per quanto assurdo fosse: IM EVERYONE’S TYPE – non era troppo disturbato dall’idea che qualcuno pensasse avessero consumato la loro passione in un motel dalle lenzuola pulite e neanche uno scarafaggio. Insomma, c’erano reputazioni peggiori, ed aveva lui tutto da perdere in quello scenario. Era sua la nomea a rischio, mica del Grifondoro. Quindi…? Passato il momento di stupore, Kaz non ci trovò più nulla di strano nell’avere l’altro a cavalcioni su di sé: non era la prima volta, e dubitava sarebbe stata l’ultima, considerando il tempo che entrambi passavano al Quartier Generale ad allenarsi. Trovava il contatto confortevole, familiare. Davvero tentato dall’afferrarlo per la maglia, tirarlo verso di sé, e stringerlo contro il proprio petto. Era un tipo da cucciolata, l’Oh – da farsi strizzare, e farci un sonnellino. Si trattenne solo perché Theo non sembrava essere sulla sua stessa lunghezza d’onda.
    «MA COSA STAI DICENDO SMETTILA DI URLARE COSE SENZA SENSO»
    IL DISRESPECT CON CUI CRESCEVANO QUEI RAGAZZINI! Gonfiò le guance offeso, spalancando gli occhi neri. «IO FACCIO QUELLO CHE VOGLIO» con tanto di gomito a sorreggere il proprio peso, sollevato abbastanza da terra da poter piantare un indice contro la fronte del Grifondoro. Con chi credeva di star parlando?! MALEDUCATO. LA GERARCHIA. Come se poi quell’attitudine se la fosse mai meritata: erano più le volte che le prendeva – non da Kaz, Kaz era un angelo – che quelle in cui le dava, ed i problemi di gestione della rabbia avevano smesso di andare di moda una decina d’anni prima. Il nuovo trend era abbasso la tossicità mascolina, e pensieri positivi e di rinforzo. Gli schiccherò il naso, giusto per dimostrare il suo punto.
    Non si sprecò neanche a spiegargli chi fosse Jimmy. Non aveva importanza, la custodia era sua.
    «che guardi.»
    Kaz era un bugiardo molto selettivo, ed il Kayne non rientrava nella cerchia di persone che meritava, come condanna od omaggio, le sue menzogne. Quindi «pensavo che sei proprio bruttino» perché era vero «e che secondo me puzzi» perché era importante. Il tutto con un tono morbido ed affatto polemico, come stesse leggendo da un’etichetta. «hai i capelli crespi. Non usi il balsamo» non una domanda, ma un grande, enorme punto negativo nella sua personale scala di punti. «e se proprio VUOI SAPERLO, sembri anche uno che NON USA IL FILO INTERDENTALE né si lava la lingua!!!!» e di conseguenza, l’aria di uno con l’alito pesante. C’era gente a cui piaceva, non giudicava, ma non era Kaz quella persona: lui solo fiori e menta e mandorle (cianuro).
    Ne sentì quasi la mancanza, quando scivolò per sedersi al proprio fianco. Una fitta ingiustificata al petto temendo lo lasciasse da solo, cieca al fatto che non potesse a causa delle manette. Kaz era indipendente, ma non significava che gli piacesse: preferiva tenersi qualcuno al proprio fianco, finché poteva. Impossibile da cancellare la sensazione che il suo tempo, non sapeva quale, stesse scadendo, e non avrebbe più potuto avere… quello. Un alleato, se non un amico.
    Fu più o meno a quel punto che strillò con quanto fiato avesse nei polmoni per cercare di farsi udire dalle stanze vicine. Spalancò le palpebre alla mano schiaffeggiata sulla sua bocca, sentendo già la pelle bruciare.
    Ma la smetteva di colpirlo?
    «ti uccido.» Lo guardò con sfida.
    E come tutte le persone normali – tra l’altro, penso sia successo anche l’anno scorso con Mort: deja vu? - gli leccò il palmo, così che lo lasciasse.
    Lo guardò intensamente negli occhi. «sono troppo bello per morire» haters gonna hate.
    «ti sei calmato?»
    La cosa sbagliata da dire, come avrebbe immaginato chiunque con un minimo di senno. Fu più o meno a quel punto che l’Oh iniziò a ribollire piano – in altri contesti, avrebbe iniziato ad illuminarsi come un OkkydyLynch qualsiasi – sguardo scuro fisso in un punto oltre le spalle del Grifondoro. Lo sentiva parlare, e parlare e parlare, ma riusciva a pensare solo a quel ti sei calmato? come se la sua fosse stata una reazione isterica e non una strategia. BEH, BENVENUTI NEL NUOVO MONDO, POTEVA ESSERE ENTRAMBE LE COSE! Si era fatto seria in fretta, l’Oh, responsabile solo quando strettamente necessario, e professionale. Ed offeso, certo.
    Profondamente, offeso.
    Ascoltò le sue considerazioni con il cipiglio seccato che meritava, ma valutandole in maniera obiettiva: no, non credeva neanche lui fosse una lezione.
    Tono privo d’inflessione, nel «qualcuno ci ha messo qui dentro. Lo sanno che siamo qui» con cui riportò infine l’attenzione sul Kayne, osservandolo di sottecchi. Se il suo gridare avesse portato lì qualcuno di poco desiderabile, tanto meglio: avrebbero avuto delle risposte, e finalmente una valvola di sfogo per la violenza del Grifondoro. Non era fatto per aspettare, Kaz. La pazienza non era certo una delle sue virtù. Che avrebbero dovuto aspettare, poi?? «non ho forcine, ma magari possiamo guardare sotto al letto?» si spalmò per terra senza attendere risposta, trascinando con sé anche l’altro ragazzo. «se ti rompi un pollice per liberarti, poi hai una mano fuori gioco, LE BASI! ASSOLUTAMENTE NO! Piuttosto passiamo il tempo che ci rimane ad allenarci a lavorare in coppia. ammanettati» non una frase che pensava avrebbe mai detto, eppure eccolo lì.
    Arricciò il naso, allungando quanto possibile il braccio sul pavimento per cercare qualcosa con cui aprire le manette. «e non salterò dalla finestra sei FUORI DI TESTA» whisper shouting is back, everyone! «possiamo provare ad uscire dalla porta almeno, prima??» forse in fondo avrebbe saltato dalla finestra. Aveva visto abbastanza video di parkour da potercela fare (non avrebbe mai potuto farcela.). «no, non ricordo cosa abbiamo mangiato. ma poi in che senso scoprirci, scusa, sanno già che siamo qui, babbeo» Una pausa.
    Rotolò sul pavimento fino a trovarsi faccia a faccia con il suo compagno.
    «forse dovremmo gridare più forte e poi nasconderci. Se ci stringiamo, qua sotto ci stiamo» ebbe perfino l’audacia di sorridere, perché doveva ammettere che se non pensava al fatto che sarebbero MORTI PERCHè I MANGIAMORTE LI AVEVANO RAPITI ED OBBLIGATI AD UNA SEDUTA DI LAVAGGIO DEL CERVELLO, era tutto molto divertente. Sentì qualcosa sotto i polpastrelli, e trionfante lo portò fra sé ed il Kayne.
    «UNA LETTERA»
    UNA LETTERA!
    «BUON SAN VALENTINO!»
    BUON SAN VALENT- «aspetta»
    cosa.
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    ma ora detesto pensare a te come una di quelli lì che ci hanno perso
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    «pensavo che sei proprio bruttino»
    «ma ti sei visto» sì, e gli piaceva quello che vedeva — che era la base del problema, ad essere onesti. Kaz aveva bisogno di un controllo oculistico, e anche alla svelta.
    (Disse, il miope che andava in giro senza occhiali.)
    Portò gli occhi verso il soffitto, imprecando sotto voce, in attesa che l’Oh finisse il suo monologo. «se non ti conoscessi, direi che sei solo o molto invidioso, o molto innamorato, Kaz.» E, così dicendo, gli scivolò giù dalle gambe; sia mai che l’altro prendesse quella posizione come un invito ad esplorare nuove intimità. Brr, avrebbe reso ogni allenamento da lì a per sempre davvero imbarazzante.
    La mano sulla bocca, comunque, non la spostò per colpa della leccata, sia chiaro: era il primo a mordere o leccare (chiedere a Dara per conferme.), figuriamoci se un gesto simile avrebbe potuto fargli schifo, o preoccuparlo. No, quando liberò la bocca di Kaz fu solo perché (s’era stufato) sperava che l’altro avesse riacquistato la lucidità necessaria per affrontare quella situazione con calma e pacatezza.
    Cosa che faceva ridere, perché Theo Kayne era il primo a non averne affatto.
    «sono troppo bello per morire»
    «va bene. sei bellissimo,» (vale come complimento per il fantaoblindere nel caso desse punti!!!!!!!!!! così, lo lascio scritto.) «ma ora davvero, basta con le stronzate.» E gli rivolse un sorriso che aveva tutta l’aria di essere esattamente quello che era: una presa in giro. «chissà come hai fatto a sopravvivere tutti questi anni» nella resistenza, ma fu abbastanza sveglio da non aggiungerlo.
    «qualcuno ci ha messo qui dentro. Lo sanno che siamo qui»
    «sì, ma non sapevano fossimo svegli!!!» Ma possibile che tutto lui, Theo Kayne, dovesse dirgli?!? In che razza di universo parallelo si era svegliato?!
    «se ti rompi un pollice per liberarti, poi hai una mano fuori gioco, LE BASI!»
    Gli parlò sopra, ricordando al tibiavorio che «ho fatto risse ridotto molto peggio. cosa vuoi che sia un pollice rotto?» Gli restavano ancora almeno un pugno buono, e due gambe. E la testa!! Per spaccare le gengive ai loro rapitori. ECCO QUALI ERANO LE BASI, ma che ne voleva sapere Kaz Oh?!
    «Piuttosto passiamo il tempo che ci rimane ad allenarci a lavorare in coppia. ammanettati»
    «sembra un incubo, piuttosto aspetto che vengano a prenderci» poteva essere una battuta, o la più totale verità; difficile capirlo solo osservando lo sguardo completamente esausto del Kayne. «dì la verità, stai solo cercando una scusa per rimanere legato a me. non ti facevo così disperato, sai.» Ma poteva capirlo, i riccioli che Kaz tanto criticava, in realtà, erano il punto forte di Theo e facevano impazzire tutti.
    «e non salterò dalla finestra sei FUORI DI TESTA»
    «ma diverso da loro» cit!!
    «possiamo provare ad uscire dalla porta almeno, prima??»
    «certo, che idea brillante!!» hello sarcasmo, my old friend, «e finire direttamente tra le braccia di chissà chi c’è la fuori!! PERCHÈ NO!!!» kaz era proprio: scemo.
    «ma poi in che senso scoprirci, scusa, sanno già che siamo qui, babbeo»
    Oddio. ODDIO!!! MA DAVVERO?????? Non voleva proprio capire. «non ci credo che te lo devo spiegare un’altra volta. ti facevo più intelligente di così.» eppure!! «NON SAPEVANO FOSSIMO SVEGLI!! E ORA INVECE SI!!! ADDIO EFFETTO SOPRESA O VANTAGGIO O QUALSIASI MODO TU VOGLIA CHIAMARLO!!!!!!!!»
    Ne aveva: le palle piene.
    «ho una fottuta fame che non ti sto a dire.» Theo affamato, Theo (ancora più) ingestibile (del solito). Funzionava proprio come un bambino, esatto.
    «forse dovremmo gridare più forte–» al che, Theo spalanco un braccio e lo guardò come si guarderebbe una persona con tutte le rotelle fuori posto: era serio??? «–e poi nasconderci. Se ci stringiamo, qua sotto ci stiamo» Non poteva crederci. Non poteva fucking crederci. «la prossima cosa che mi chiederai, come minimo, sarà quella di spogliarmi.»
    Abbassò lo sguardo sul proprio petto.
    Lo rialzò per cercare gli occhi scuri di Kaz.
    Si guardò di nuovo, per accertarsi di aver visto bene: eh sì, niente maglietta.
    «qualcuno deve averti battuto sul tempo.»
    (E se prima avevo scritto di qualche maglia/manica/cose, amen ME LO RIMANGIO!! SHIRTLESS THEO!!! tanto ormai è una cosa frequente. Ed è canon che non abbiano trovato una maglia che gli andasse bene per via dei muscoli MPFFF.)
    Ovviamente stava gongolando perché era un figo ed era giusto che mettesse in mostra i pettorali, ma quel pirla di una lampione cinese doveva proprio rovinargli la festa, con i suoi stupidi «BUON SAN VALENTINO!» e «BUON SAN VALENTINO!» dillà.
    Aspetta. (cit.)
    Lo afferrò per la collottola e lo avvicinò al viso. «che hai detto?» se lo stava prendendo per il culo, gli avrebbe dato tante di quelle mazzate da renderlo carino davvero. «oggi non è il quattordici febbraio.» perché se lo fosse stato, Theo avrebbe avuto un gran bel problema tra le mani: uno non passava trecentosessantacinque giorni a sentire Paris lamentarsi di come, l’anno prima, tutti i suoi amici lo avessero bidonato il giorno del suo compleanno per qualche strano evento di san valentino, per poi farsi rapire proprio lo stesso giorno. Come minimo, non ne avrebbe più sentito la fine, di quella storia.
    «dimmi che è uno scherzo.» o, piuttosto, uccidilo subito, Kazzino.
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    Cercando di uscire dalla stanza, vi rendete conto di tre cose: primo, non sentite alcun passo provenire dal corridoio, segno che nessuno stia facendo la ronda all'esterno della camera; secondo, riuscite a percepire, seppur distanti, i mormorii indistinti di vittime come voi - vicini, altri più lontani, ma forse potreste fare qualcosa in merito; terzo, e questa è la parte in cui vi viene la pelle d'oca, spiando dalla finestra notate che…non ci sia nessuno. È bassa stagione, certo, ma siete in un hotel, e perlomeno il personale e la manutenzione dovrebbero passare ogni tanto. Qualcuno nelle altre stanze, magari lo notate pure; hanno le manette come voi, però. Dove sono tutti gli altri? Questo gioco, non è più divertente.

     
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    Era uno scherzo? Aggrottò lievemente le sopracciglia, ricambiando l'occhiata feroce del Kayne con uno sguardo perplesso e condiscendente.
    «ma ti sei visto»
    Battè le ciglia, perchè non poteva credere di essere appena stato paragonato a Theo, e seriamente. Se si era visto? Bitch, non solo si era visto, ma negli anni si era preso cura di sè, cosa che il tappeto di punti neri sulla fronte del Grifondoro dimostrava l'altro non avesse mai fatto. Era alto, muscoloso il giusto senza sembrare deforme, aveva capelli lucenti e setosi, una pelle morbida e perfetta, e labbra più soffici di un bel sogno. Non sapeva come esplicare il senso di alienamento nel sentire il ma ti sei visto borbottato dal portiere. «fai sul serio?» si sentì di domandare, in piena fede.
    «se non ti conoscessi, direi che sei solo o molto invidioso, o molto innamorato, Kaz.» Sfarfallò rapido le ciglia, sentendo la bocca tendersi spontanea in un sorriso, e lo sguardo scuro, da alienato, farsi quasi intenerito. «oh, bubi» e si avvicinò per schioccargli un bacio sulla fronte, perché mai come in quel momento sentì pesare l’anno e mezzo fra sé ed il Kayne. Posò flemmatico la mano libera sulla sua spalla, guardandolo con più serietà di quanta ne avesse riservata allo scoprirsi ammanettato in un hotel. «alle elementari, forse» Ma con l’evolversi del genere umano, neanche i bambini adottavano più quelle tecniche di seduzione.
    «va bene. sei bellissimo» Non diede neanche peso al tono accomodante dell’altro, considerando avesse finalmente detto qualcosa di vero e sensato. Era proprio vero che una prima volta ci fosse per tutti! Sorrise, brillante come una lampadina al neon, passando le dita della mancina fra i capelli corvini. «oh my, grazie» «ma ora davvero, basta con le stronzate.» La smorfia divertita scivolò lenta ma inesorabile dal volto dell’Oh, riportato tristemente con i piedi per terra: ora capiva perché Theo non avesse amici. Non sapeva se fosse abbastanza altruista da take one for the team e sacrificarsi per permettergli un degno redemption arc dove fosse una compagnia piacevole e non una spina nel fianco. Si annotò mentalmente di pensarci. «chissà come hai fatto a sopravvivere tutti questi anni» Fece spallucce, abbastanza maturo da non fare uno reverse card, perché almeno uno dei due doveva mantenersi umile e modesto. La piega delle labbra appena curvata verso l’alto, però, suggeriva che quello non fosse mai stato un problema per lui, ma che invece pensasse fosse adorabile e divertente che a sollevare la questione fosse una bomba ad orologeria come il biondino. Oh bubi x2. Momento di tornare seri, e non perdersi a domandarsi se la sera prima avesse fatto skincare – sentiva la pelle tirare, segno che non fosse idratata quanto avrebbe dovuto: dov’era la sua crema idratante, e perché nessuno aveva messo a disposizione della protezione solare sul loro comodino? Magari avrebbe dovuto controllare in bagno. Sollevò gli occhi scuri verso la porta della stanza che credeva affacciarsi sui servizi.
    «sì, ma non sapevano fossimo svegli!!!»
    «e chi te l’ha detto» scandì, senza guardarlo, alzando piuttosto lo sguardo sulla poco distante superficie riflettente. «hai fatto i test per le telecamere come consigliano su tiktok?» Uno, e due, chi mai avrebbe rinchiuso delle persone in una stanza senza monitorarle. Quale sarebbe stato il punto. Kaz non aveva una grande mente criminale, ma un briciolo di senso logico, sì. «ho fatto risse ridotto molto peggio. cosa vuoi che sia un pollice rotto?» L’atteggiamento di Theo iniziava a diventare ridicolo, e l’Oh inspirò profondamente. Chiuse gli occhi, la mano a stringersi sulla propria bocca. «non siamo a scuola» sibilò, perché che credesse le sue scaramucce con i compagni fossero la stessa cosa rispetto a quello, era sinceramente preoccupante. Risse? RISSE? E MAGARI ANCHE UNA BATTLE DANCE. PREFERIVA LA SUA VERSIONE INIZIALE DOV’ERA TUTTO UN INCUBO ED ERA DESTINATO A PROVARE SULLA PROPRIA PELLE CHE THEO NON USASSE IL FILO INTERDENTALE, OH BRING ME BACK TO THE START. Voleva parlare disperatamente con qualcuno che non avesse l’età mentale di un duenne, prima che Theo lo trascinasse nel suo vortice oscuro. «dì la verità, stai solo cercando una scusa per rimanere legato a me. non ti facevo così disperato, sai.» Fu con sincera disperazione che ruotò gli occhi sul Kayne. «ma magari. Invece sei pure una palla» non c’era traccia di cattiveria nella voce dell’Oh, perché non voleva ferirlo. Ai sentimenti di Theo, non pensava proprio: c’erano i suoi, ed erano devastati dall’essere legato a qualcuno che non lo apprezzava. «ma.» Pausa.
    Se quello era il love language di Theo, sorgeva spontaneo il: «theo kayne. Ci stai provando con me?!» mandava messaggi contrastanti, quindi probabilmente sì. Non poteva biasimarlo, anzi, credeva ne avesse tutte le ragioni – e quello bastò a farlo sorridere, di nuovo ottimista e di buon umore. Forse un po’ di senso e buon gusto, lo possedeva davvero.
    «la prossima cosa che mi chiederai, come minimo, sarà quella di spogliarmi.» Non lo guardò neanche, considerando fosse già nudo. Per qualche motivo (che speriamo tutti non fosse non aver trovato una maglia per un SEDICENNE, AIUTO, ma che razza di assurda percezione di sé aveva nella sua mente di se stesso?!). «da nudo hai meno probabilità di sudare e puzzare» osservò, placido. «ma se ti senti a disagio, puoi avere la mia camicia? » abbassò lo sguardo sulla stoffa variopinta. Gli piaceva, quell’aria da chill, chill che gli donavano i tropical birds. Si sentiva, in qualche modo, un soldato in incognito in ambiente ostile. «gli uccelli piacciono più a te che a me» perché sono bestie, mica per altro. Era pur sempre Kaz.
    E poi la lettera. Il San Valentino. La sensazione di sbagliato a farsi strada fra le costole, strappato dalla mano sul colletto a trascinarlo a pochi minacciosi centimetri dalla faccia tonda del Grifondoro.
    Più o meno quando la pazienza dell’Oh era finita, perché c’era un limite al numero di volte che un sedicenne poteva maltrattarlo – soprattutto se brutto. Sì, purtroppo era così superficiale. Approfittò dello slancio per azzerare la distanza fra loro e baciarlo sulla bocca, perché finché poteva avrebbe perlomeno mantenuto la linea del pensiero make love not war.
    «fallo un’altra volta e ci metto pure la lingua» non apprezzava passare per il molestatore sessuale, ma preferiva comunque quello al dargli una testata – che meritava, mind you. Si pulì le labbra sulla spalla, grugnendo piano.
    «che hai detto?»
    «c’è scritto buon san valentino» ripetè, tutto corrucciato dall’uso affatto modico della violenza dell’altro. «ma è impossibile sia l’oblinder» canon che in amicizia avesse lo stesso nome on gdr. «mi rifiuto di pensare tu possa essere la mia anima gemella. Senza offesa» con un po’ di offesa.
    Si girò supino guardando il soffitto. «ne ho sentito parlare. E c’ero l’anno scorso, con ficus!!! ma era ...diverso» per molti motivi. «magari è qualcuno che ha voluto imitare il Grande Gioco senza avere abbastanza competenze. Bocciato. Magari, eh! Una notizia migliore rispetto ad un rapimento… specifico» assolutamente ignaro di quanto frullasse nella mente del Grifondoro, continuò a parlare. «forse c’è un modo semplice di uscire. Prova a dirmi un segreto» Magari per sbloccare le manette ci voleva un momento di vulnerabilità emotiva?
    Coi pugni stretti e i pensieri fragili, guardati adesso
    Crollavi sempre anche con basi stabili
    ma ora detesto pensare a te come una di quelli lì che ci hanno perso
    Pezzi di loro per darne agli altri
    Pezzi di cuore come gli scarti
     
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    Sempre più dettagli vengono alla luce, ora che la situazione pare prendere una forma; sapere che non siete soli, in quella follia, forse aiuta a rendervi più lucidi. Ed è proprio in questo modo che vi rendete conto di un’altra cosa molto strana: c’è il sole, fuori dalla finestra. È alto, ad occhio e croce mezzogiorno deve essere passato da qualche ora — ma ciò che vi colpisce è il cielo sereno. Non una nuvola all’orizzonte; strano, il meteo aveva previsto pioggia per quel giorno, e alcuni di voi sicuramente avranno buttato un’occhio alle previsioni, prima di organizzarsi per quel San Valentino… che i meteorologi si siano sbagliati? Possibile.

     
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    dec. 31st, 2007
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    theo kayne | qwerty
    Beh, a quanto pareva fuori dalla stanza non c’era nessuno. Kaz 1 - 0 Theo.
    Ma facciamo un passo indietro.
    «hai fatto i test per le telecamere come consigliano su tiktok?»
    «i che che consigliano su cosa?»
    Theo era molto confuso, e Kaz lo aveva appena baciato in fronte quindi insomma.
    La velata minaccia del “se lo rifai ti tiro una testata” non era stata poi così velata.
    «da nudo hai meno probabilità di sudare e puzzare» osservò, placido. «ma se ti senti a disagio, puoi avere la mia camicia? »
    lo fissò interdetto per un attimo, sopracciglia aggrottate e labbra strette, «quella cosa è orrenda. fa male agli occhi.» pausa. «perfetta per te! ti sta benissimo» quanti complimenti, wow!
    «gli uccelli piacciono più a te che a me»
    Oh no.
    (He. Said. What.)
    Quella capocciata sui denti era proprio promessa, firmata e, entro poco, persino consegnata. Era lì lì per farlo, giuro. Sul serio! Se solo.
    Se solo.
    Era San Valentino. Fuck? E la presa sulla stoffa con stampa tropicale dell’Oh si fece più serrata, la mascella stretta e lo sguardo incupito. Lo stava forse prendendo in giro? Non gli importava che fosse San Valentino e che fosse chiuso lì dentro con lui, per qualche scherzo; gli importava che fosse il quattordici febbraio e non fosse con Paris a festeggiare i suoi diciassette anni. E con una rapida occhiata al cielo fuori dalla finestra, Theo pensò che doveva essere già troppo tardi per rimediare: avrebbe dovuto letteralmente supplicare il corvonero di perdonarlo. Era già terribile così, solo a pensarci.
    Terribile al punto da far dissociare Theo per qualche istante, quelli, a quanto pareva, sufficienti per far sì che l’Oh prendesse coraggio e facesse la sua mossa, schiacciando le proprie labbra (ugh. erano davvero morbide, maledetto) contro quelle del grifondoro colto alla sprovvista. Durò meno di un secondo (Kaz non farti film, ew, potremmo essere parenti), e Theo ebbe a malapena il tempo di registrare che fosse accaduto realmente, ma le parole dell’altro ribelle non lasciavano molto margine di errore. «fallo un’altra volta e ci metto pure la lingua» E Theo, being Theo, cosa fece? Gli mollò una testata. Oh sì che gli mollò una testata. «tu provaci e te la strappo a morsi.» Dritta dritta sul setto nasale.
    E poi Kaz fa tutto il suo monologo, speriamo col naso rotto e il sangue a colare sui denti.
    Quindi non pensava che fosse l’oblinder? E quindi, che voleva dire questo per loro? Che fossero tornati al punto di partenza, senza una pista solida e senza idee di perché fossero lì, ammanettati l’uno all’altro?
    «sei inutile» disse lui, espressione offesa e imbronciata sul viso, spalle contro il letto e testa reclinata all’indietro. «e uno spaccagioie, te l’hanno mai detto.» si vantava di essere così simpatico gni gni gni e invece non lo era.
    «forse c’è un modo semplice di uscire. Prova a dirmi un segreto»
    Assottigliò le palpebre e guardò Kaz con intensità, riflettendoci su.
    (Aveva già deciso.)
    «dimme tu uno tuo Perché doveva essere lui a vuotare il sacco?! Tanto lo sapeva che Kaz voleva solo gossippare sulla sua vita privata, era una ciatella e, ancora peggio, uno dello shipper club: brutta gente, quella lì.
    (Salvava solo la meravigliosa Hazel McPherson, o’ capitano mio capitano)
    Avrebbe incrociato le braccia al petto, se solo avesse potuto.
    E qui, tra un silenzio e l’altro, Theo si rese conto che non sentiva alcun rumore provenire dal corridoio — che era strano, no? Erano passati ormai svariati minuti da quando Kaz aveva iniziato ad urlare come una final girl qualunque: possibile che nessuno volesse controllare (che non si stessero uccidendo a vicenda)? Si guardò intorno, osservando le pareti con aria assorta, e poi qualsiasi altra cosa riuscisse a vedere: lampada, armadio, toeletta, finestra. «secondo te… ci stanno guardando?» era davvero inquietante come ipotesi. «se non è per l’oblinder,» chissà se ce la facciamo ad avere una conversazione civile Kaz, o se nel frattempo ci stiamo ancora mordendo, «cosa pensi che vogliano?» da due studenti, poi. Che fossero a conoscenza, dopotutto, del loro essere ribelli?! E mentre aspettava una risposta da Kaz, con lo sguardo fisso verso la finestra, realizzò improvvisamente cosa lo aveva turbato fino a quel momento.
    «non piove.» disse piano, allungando il collo per vedere meglio. «non pove disse ancora, scuotendo Kaz per il braccio che condivideva con lui, «dovrebbe piovere. il meteo aveva detto che avrebbe piovuto.» e poteva anche essere uno stupido, Theo, ma era un ribelle e lo era da tutta la vita, e anche se non lo dimostrava, Lenny – e la resistenza – gli aveva insegnato che per sopravvivere bisognava molto spesso concentrarsi sui dettagli e non perderli di vista. «sono sicuro che il meteo metteva acquazzoni su tutta la Scozia, perché dovevo—» ahem, nope, non poteva dirgli che aveva pensato di organizzare qualcosa per Paris e farlo sotto la pioggia, anziché scoraggiarlo, l’aveva spinto a proseguire, «ne sono sicuro.» prese un cuscino e lo schiaffò sulle gambe di Kaz. «siamo in scozia, perché qui è dove vengono i tifosi dei magpies. di montrose» e se non lo sapeva, aveva passato troppo poco tempo a guardare partite di quidditch o a parlare con Piz. «hanno anche fatto da sponsor, qualche stagione fa, e avevano questo logo sulle divise.» duh???!!!
    Quindi, per tornare alla questione principale: «quello non mi pare un cielo che promette pioggia.» era tutto troppo strano. E io sono molto stanca, non so più chi sa o ha detto cosa dei miei pg, scusa, va così. Random.
    it's such a cold, cold world && I can't get out so I'll just make the best of everything I'll never have;
    && it's got me down but I'll get right back up as long as it's spins around. (hello cold world!)
    we can hope and we can pray that everything will work out fine
    but you can't just stay down on your knees: rhe revolution is outside.
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    «theo kayne»
    senza virgola, ed in seguito ad un lungo, ponderato, silenzio. Non gridò neanche, che di per sé doveva già essere un campanello d’allarme. Kaz Oh era una brava persona, e non perché l’avesse deciso a tavolino un casuale giorno della sua vita. Lo era perché ci provava, ogni giorno, a fare la scelta migliore. Forse non più saggia, non in quella vita, ma credeva davvero di star facendo la cosa giusta. Perfino nelle sue reazioni esagerate, cercava sempre di moderarsi, e capire il punto di vista altrui.
    Non quel giorno, signori miei. Perchè ci aveva provato, e si era comportato bene, e quello che aveva ricevuto dopo numerose violenze fisiche, era stata una fottuta testata in faccia: non era così paziente o zen da sopportare i capricci di un adolescente psicopatico.
    «mi hai rotto i coglioni» e gli sputò il sangue direttamente in faccia.
    Si sentì subito meglio. Forse poteva davvero puntare tutto sulla carriera da villain, anziché il paladino: dava più soddisfazioni. Sorrise, con il liquido scarlatto a colare sul mento. Non gli disse che gli altri avessero ragione a definirlo animale, perché a Kaz piaceva andare contro corrente, ed il pensiero comune tendeva sempre ad essere di gregge, e derisorio. Non gli disse neanche che per i cani rabbiosi ci fossero solo due strade, addestramento o puntura indolore, perché Theo era un bambino, e per quanto i bambini fossero sinceri, nessuno di loro era pronto a ricevere la stessa moneta. Non mantenendo un minimo di sanità mentale. Non diventando adulti migliori di chi li aveva preceduti. «non puoi comportarti sempre così, devi iniziare a controllarti. Viviamo in una società» osservò in tono forzatamente allegro, asciugando con il palmo le lacrime scivolate involontarie sulle guance. «skincare» mormorò, caso mai quel bastardo di un Grifondoro fosse interessato al suo benessere, scrollando la mano impregnata di sangue e pianto sul pavimento della stanza.
    A quanto pareva, niente villain arc quel giorno per Kaz Oh. Magari un altro.
    (Più probabilmente, mai).
    Era un ribelle, era abituato ad incassare; il naso non gli faceva abbastanza male da essere rotto, quindi il suo profilo non sarebbe stato rovinato. Il mondo era ancora al suo posto. Andava tutto bene. E se Theo non gli avesse appena tirato una testata in fuckin faccia, un suo segreto glielo avrebbe anche detto – ma era una brava persona, non un martire, ed il Kayne in quel momento non gli piaceva abbastanza per confidenze da sleepover club. Vi dirò di più: il Grifondoro occupava uno scalino così basso in qualunque scala gerarchica, che non gli interessava un suo segreto, motivo per cui non insistette oltre. Cosa avrebbe potuto dire di così scabroso, che dormisse la notte senza mutande? Poteva sopravvivere anche senza saperlo. Meglio, perfino.
    «secondo te… ci stanno guardando? se non è per l’oblinder, cosa pensi che vogliano?»
    Non gli rispose. Si finse occupato a tamponare il sangue con i suoi uccelli esotici, piuttosto che guardare un ragazzino in faccia e dirgli che fossero lì perché avevano fatto l’unica scelta possibile, e la più sbagliata. Non vedeva altri motivi per cui loro due – un mago, uno special, e persone così diverse - avrebbero dovuto trovarsi ammanettati in un posto in cui non funzionava la magia, se non il fatto che fossero entrambi Ribelli. Aveva bisogno di un attimo per … valutare la situazione, e capire come uscirne. Non aveva senso porsi problemi, se non si era in grado di risolverli.
    Poi Theo ebbe il suo momento epifania nei riguardi della pioggia. Un fiume di parole che ascoltò solo in parte, cercando piuttosto di alzarsi e trascinarsi appresso il fanatico con cui condivideva l’anello delle manette. A chi importava del Quidditch? Kaz era capitano solo per dimostrare qualcosa, a sé e gli altri, ma l’unica cosa che conosceva dello sport, erano gli scandali.
    E solo quelli divertenti o tragici, come l’Huxley o la Dallaire. Manco il coma di Piz, faceva scattare familiarità nella mente del belga.
    Poi cioè, che strana ossessione. Non è che il meteo avesse sempre ragione, anzi. E così mago centrico, il suo pensiero, quando c’erano special letteralmente in grado di cambiarlo: magari qualcuno che per quel giorno avesse programmato un pic-nic.
    Fortunello. A lui manco un biscotto della fortuna. Sigh.
    «cavolo.» con tono un po’ ruvido, un po’ grezzo. Forse non gli uscì neanche in inglese, quell’imprecazione morbida lì. Aprì la bocca; la richiuse quando sentì il sapore del sangue, che cercò di non guardare (difficile, considerando ci stesse affogando, ma era un fiero sostenitore del pensiero positivo, ed il suo manifesting era tutto per non percepirlo).
    «theo. theo. ce ne sono degli altri» lo strattonò, indicandogli le finestre al loro fianco e di fronte a loro. Agitò il braccio per mostrare le manette, così che capissero fossero in pericolo.
    Lo erano anche loro? Pensa. Che mondo piccolo.
    «oddio…. Abbiamo un sacco di inchiostro. BELLA!» sorridere causò un altro sanguinamento, e quasi ne bevve abbastanza da auto trasformarsi in vampiro. «SCRIVIAMO SULLE LENZUOLA?» Anche perché pur non essendo miope, a quella distanza non riconosceva nessuno – e non avrebbe chiesto all’altro, che fra i tanti problemi, come già aveva dimostrato pensando Kaz non fosse bello (!!!), aveva anche la vista.
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