[oblinder '24] sembri timido, mi hai sorriso o no?

tuno ft. thnx(4nothing)

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    Lotus Mirage Resort - room #020
    tuno thnx(4nothing)
    Lotus Mirage Resort, un hotel situato a Montrose, piccolo villaggio portuale magico sulla costa est della Scozia. L?edificio è su quattro piani (reception, hall, bagno, sala da pranzo ? all?occasione sala da ballo ? e cucine al piano terra; alcune stanze al primo piano, altre stanze e due suite al secondo; alloggi dello staff, magazzino e stanze di servizio al piano interrato) ed è inserito perfettamente nella conformità paesaggistica del luogo, con le pareti di pietra dai colori chiari, il tetto di tegole rosso mattone e il basso muro di cinta che accoglie gli ospiti, mettendo in mostra l?insegna (il nome dell?hotel con sul fondo un fiore di loto i cui petali si aprono e si chiudono).
    Durante i mesi di campionato, quando la squadra della città ? i Montrose Magpies ? gioca in casa, la struttura ospita tifosi arrivati da ogni parte della Scozia, e dei dintorni; il resto dell?anno, è principalmente meta dei turisti che scelgono di visitare il villaggio magico e le spiagge rocciose di quel lato della Scozia, una vista mozzafiato che la posizione privilegiata in cui è stato costruito il resort (in cima ad una collinetta che affaccia proprio sul mare) regala a tutti i villeggianti.
    Noia. Curiosità. Ricerca. Psycho shipping. Fascinazione.
    Potrebbero essere tante, forse addirittura troppe, le ragioni dietro il perché la notte del quattordici febbraio sia diventata, oramai, una notte speciale nel mondo magico; quali che siano i motivi che spingono persone, o gruppi di persone, a lanciarsi ogni anno nell?organizzazione più assurda per garantire la migliore riuscita dell?evento, comunque, non è importante. Il perché raramente lo è, infondo. Non cambia le conseguenze, e non rende più comprensibile l?incredibile ? e francamente inspiegabile ? clamore dietro una notte che, all?apparenza, dovrebbe essere una come tutte le altre.
    Il passaggio di testimone, da un anno all?altro, serve solo a sottolineare ancora di più l?imprevedibilità che San Valentino porta con sé; simulazioni, sopravvivenza, ricerca scientifica.
    Cosa succederà l?anno prossimo?
    È la domanda che si fanno tutti.
    Beh, quasi tutti.

    E poi, in uno schiocco di dita, l?anno prossimo è già qui ? e maghi e streghe e special e babbani (perché no, non c?è più alcun velo a separare i due mondi, dopotutto) di ogni età si trovano, loro malgrado, ad essere i più vicini a scoprire la risposta a quella domanda.
    Che lo abbiate desiderato per trecentosessantacinque giorni o meno, che l?abbiate temuto o agognato, che abbia occupato anche solo una minima parte dei vostri pensieri in questi dodici mesi oppure no, non importa: perché quest?anno il fato ? o chiunque sia a muovere i fili del destino al suo posto, a questo giro ? ha scelto proprio voi come vittime.
    Uhm, pardon: come fortunati vincitori della lotteria annuale.
    Una scelta probabilmente fatta a caso, il proverbiale bastoncino corto beccato per sbaglio, e contro la vostra volontà; o magari vi hanno tenuto d?occhio per tutto l?anno, prendo appunti e aggiungendo note e trascrizioni alla murder board tenuta in soggiorno; lo so, è una possibilità terrificante, non è vero? Essere controllati. Eppure, nessuno può escluderla.

    Qualsiasi sia la ragione, qualsiasi sia il prima, non ha importanza.
    In quella stanza di albergo, quest'anno ci siete voi, e non siete soli.
    E in quello stesso istante, nel momento in cui aprite gli occhi e prendete nota di ciò che vi circonda ? del materasso morbido e delle lenzuola delicate, o del pavimento fresco, o di quanto sia stranamente comoda la vasca? ?, quello è il momento in cui vi rendete anche conto di essere ammanettati a qualcuno. Proprio così: vere manette d'acciaio fredde al contatto con la pelle nuda del polso.
    E potrà sembrare assurdo, ma non è quella la cosa più strana di cui vi rendete conto; e ne prendete velocemente atto quando provate ad avvicinarvi alla porta della stanza, portandovi dietro la vostra anima gemella, e in un battito di ciglia siete di nuovo al centro, accanto al letto, o nel bagno. Potete riprovarci quante volte volete, e potete persino tentare con la finestra che da sul mare: non importa, quanti, o quali, tentativi facciate, non c?è via d?uscita, e perseverare non porterà a nulla ? solo ad un forte mal di testa. La magia che vi tiene lì, è chiaramente una magia più forte di quello che vi sareste aspettati. Ed è anche l'unica magia che funzioni: non ci mettete molto a capire che né le vostre bacchette, né i vostri poteri, sembrano funzionare.

    Quanto alla stanza... beh, è una banalissima stanza d?hotel. Niente di particolare salta all?occhio, se si esclude il fatto che non possiate uscire da lì, certo.
    C?è il numero per contattare la reception al piano terra e il menu per ordinare la colazione in camera, ma nessun dispositivo con cui mettersi davvero in contatto con l?esterno: non un telefono, né alcun oggetto incantato con cui comunicare; c'è una piccola toeletta disposta contro la parete, e una sedia; c'è il bagno (con la vasca, perché a quanto pare l'hotel, il resort, non si fa mancare nulla); c'è il letto, due comodini, alcune stanze hanno persino un balcone ? non che voi possiate uscirvi fuori, certo: vi dovrete accontentare di osservare il paesaggio da dietro i vetri delle finestre.
    E poi c?è un foglio.
    Sul letto, a terra, sulla toeletta, ovunque capiti.
    Poche parole, leggere sulla pergamena ma pesanti sulla coscienza. Cinque beffarde parole.
    Buon San Valentino, miei cari.


    //OFF: BENVENUTI AMICI AD UN NUOVO ED EMOZIONANTISSIMO OBLINDER!!
    Siete pronti?? SIETE KARIKI??? Mi auguro per voi (e per i pg) di sì!!
    Come avrete capito, siete in una stanza di hotel (dalla quale NON potete uscire) che alcuni potranno riconoscere magari dal logo sulle lenzuola o dal panorama esterno (se ci sono già stati). Cosa dovrete fare? BEH!! Ma ovvio: interagire con l vostra anima gemella. Non cercate un modo di uscire, sarebbe solo tempo perso: non c'è una via d'uscita SMACK
    Pensate piuttosto a fare una più approfondita conoscenza della persona con cui siete stati abbinati; il resto verrà da sé.
    XOXO
     
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    "estraili come i veri eroi." disse, lamentandosi poi "mica può andarti male come a me, c'era una possibilità su 29"
    elisa, an intellectual "non di nuovo hans. povero cristo."
    pandi, che deve mantenere una poker face ma è da gennaio che combatte contro il suo lato lawful good per riestrarre e non può perché la palla ha scelto e bisogna accettare: "ma come funziona questo giochino elisa aiutami cosa dobbiamo fare vabbè io intanto ti invito in coop e poi capiamo"

    ebbene sì.
    di nuovo hans.
    non estrarrò mai più su tutti i pg, basta, dal prossimo anno si torna ad estrarre solo chi non ha mai partecipato. ma tu guarda. ma. tu. guarda.
    Ovviamente ho finito l’anno scorso le parole per dire quanto Hans non volesse trovarsi lì, ovunque lì fosse, perciò sarebbe superfluo ribadirlo ancora.
    E ancora.
    E ancora.
    Tra l’altro, era una persona diversa il Belby, rispetto all’anno prima. Cose che tendono a succedere quando di mezzo c’erano un san valentino inquietante passato dentro una cripta, un’overdose, la notizia che potresti non appartenere a questa linea temporale e avere due fratelli di cui non sapevi nulla, e la terza fottuta guerra mondiale, ti sottoponi di tua spontanea volontà alle (discutibili) pratiche mediche dei laboratori come rimedio (alternativo alla droga.) disperato al problema di avere un potere che non vuoi assolutamente. E tutto quello, in soli trecentosessantacinque giorni!! Faceva riflettere.
    (Non voleva comunque trovarsi lì, ovunque lì fosse.)
    Ma per un attimo, per un solo interminabile e fottutissimo attimo, aprendo gli occhi e strizzandoli nell’incontrare la luce proveniente dalla finestra, ebbe come l’impressione che andasse tutto bene. Poi la realizzazione che quella non fosse la sua stanza (né il salotto che condivideva con Twat) fu abbastanza da congelare quella sensazione di beatitudine e calma, e — niente. Si era aspettato di essere inondando da una miriade di emozioni diverse che avrebbe dovuto lottare per tenere fuori (se non sue, quantomeno della persona ammanettata a lui — cosa su cui non voleva soffermarsi a lungo, per un sacco di ragioni) e invece non sentiva nulla.
    Nulla che non fosse fastidio, confusione e un pizzico di irritazione all’idea di non sapere con esattezza dove fosse; ma il punto era che fossero tutte emozioni sue. Ne era abbastanza certo.
    Non avrebbe detto ad alta voce che c’era qualcosa che non andava – sperava che l’altra persona lo capisse già da sola – ma tentò comunque di avvicinarsi alla porta, dopo aver reso palese le sue intenzioni: poteva seguirlo, o poteva essere trascinat* contro la sua volontà, era una sua scelta. Una che Hans avrebbe preso per l*i a breve, pur non avendo in lui il fisico, o la forza, per trascinare di peso qualcuno. Dettagli.
    Bisognava essere realisti, in quelle circostanze, e iniziare a chiarire alcune cose. Magari si sbagliava, ma una vocina da qualche parte nella sua testa gli suggeriva di no. «sai che giorno è?» lui sì, ma chi poteva dirlo che non si stesse au-gaslightando? Che volesse convincersi che fosse davvero quel giorno, e che in quella stanza di hotel, senza ricordo di come o quando, ci fosse finito per colpa di qualcun altro?
    Perché…. perché se non era cosi, l’unica altra spiegazione che Hans poteva darsi non gli piaceva per niente, e voleva davvero sperare di non esserci ricaduto — non quando per quasi un anno aveva stretto i denti e aveva resistito a ogni tentazione.
    ‘ddio, se c’entrava la droga, quella volta Twat lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani.
    If you thought I'd leave then you were wrong 'cause I won't stop holding on.
    So you give up every chance you get just to feel new again.
    (I think we have an emergency. I think we have an emergency.)
    So are you listening? So are you watching me?



    mi dispiace. è andata così (male.)
     
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    Chi più, chi meno, sembrate riprendervi tutti dopo il primo momento di confusione e disagio. Ma è realmente così? Solo il tempo potrà dirlo, cari amici. Di sicuro, c’è che quella sensazione di smarrimento sembra essersi appiccicata alla vostra pelle; avete dato un nome (forse) al posto dove siete, ma non ancora una motivazione sufficientemente credibile per spiegare il perché. Beh, quello è ovvio, amici: è San Valentino. E se non sapete dell’oblinder, chiaramente non avete amici nei posti giusti, perché è l’evento più atteso delle stagione da anni. Ed è anche altrettanto chiaro che non leggete i miei articoli, tsk.
    Non è quindi del motivo che dovreste preoccuparvi, ma piuttosto delle condizioni in cui ci siete arrivati. Lo stomaco a gorgogliare prepotente nei momenti di silenzio indica forse una cena troppo leggera la scorsa sera? Non sapete dirlo, in effetti non ricordate di preciso qual’è stata l’ultima cosa commestibile che avete mandato giù. Brutto segno? Forse no, mi dispiace solo non ci sia un banchetto ricco ad attendervi nelle stanze: per il momento dovrete combattere contro la fame e la sete, e contro lo stordimento, alla vecchia maniera: arrangiandovi.
    Niente rimedi estremi, capito? Non siamo la società della neve, qui.
    Ma… hey, sì dico a te, non sei un po’ troppo giovane per avere quegli ematomi nell'incavo del braccio? Sembra quasi il segno di ... ah, magari qualcuno di voi saprà riconoscerlo. Ago.
    Uh, uh, amico… la droga non è mai la risposta.
    (Unless.)

     
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    «I'll be waiting, all there's left to do is run. You'll be the prince and I'll be the princess.»
    Braccia strette alle ginocchia e il dondolio di una persona sull’orlo di una crisi isterica.
    Avery Bates aveva un senso dell’umorismo piuttosto particolare, ma non trovava nulla di divertente al momento. Le sarebbe piaciuto abbandonarsi all’inconscio come il ragazzo al suo fianco, ma il sonno non era un qualcosa che le era sempre venuto facilmente: una volta aperti gli occhi era la fine. «Se vogliono un riscatto, non accetto niente di meno di 50.000 galeoni. E’ poco? O è tanto? Non lo so, non so come funzionino queste cose» a questo punto stava parlando da sola, un punto casuale ai piedi del letto che le stava facendo da confessionale. Oh, l’aveva visto il biglietto con gli auguri di San Valentino ma si era rifiutata di elaborare oltre. Qualcuno le aveva rapito un ragazzo perché sapevano che non avesse speranze a flirtare? Cioè, ok, kinda flattering ma non il suo genere di appuntamento. Che poi, sto qua sembrava pure un vecchio. Decise di scuoterlo, perché: che cazzo. «oi svegliati, bella addormentata» non erano lì per pettinarsi i capelli (sperava), e aveva bisogno di un secondo neurone nella stanza. Se ne pentì non appena STO QUI iniziò a trascinarla per la stanza, come se fosse boh un cazzo di Sherlock Holmes. «comunque sono avery, piacere eh» perché nemmeno si era presentato, ma guarda te. Non le piaceva già, a pelle. Si lasciò condurre comunque verso la porta, perché esplorare la stanza (figa, uau) non poteva essere che cosa buona e giusta. «non si apre» statò l’ovvio, ma era sempre bene constatare i fatti ad alta voce. Non sentiva nemmeno la sua magia, e non la rincuorava affatto. «possiamo provare ad affacciarci dal terrazzo?» VOLEVA CALARSI GIU’, SI. Beccatissima.
    «penso sia san valentino» si strinse nelle spalle, ma non ammise di non ricordare molto «il bigliettino diceva così» if you even care.
    L'anno che verrà me ne vado un anno al mare
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    Forse l’adrenalina inizia a fare effetto, scuotendo membra evidentemente provate, perché dopo il livido sul braccio, vi rendete conto di qualcos’altro. Qualcosa a cui prima, troppo presi dalla sorpresa dell’insieme – svegliarsi in un posto che non conoscete, senza magia, ed ammanettati a qualcuno – non avevate fatte caso.
    Abbassate lo sguardo sui vostri vestiti. Alcuni sono troppo grandi per voi, o troppo piccoli. Taglie sbagliate, forme che mai avreste pensato di indossare. Sembrano pescati casualmente, come se qualcuno avesse afferrato gli abiti abbandonati nell’hotel, e ve li avesse messi addosso.
    Profumano di bucato, però. Almeno quello. Una cosa è sicura: non sono i vostri.

     
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    Avery, e quoto, “aveva bisogno di un secondo neurone nella stanza” e le era capitato Hans. Mi dispiace moltissimo.
    L’unica cosa che l’empatico poteva fare, per il momento, era fissarla come se avesse visto un fantasma; perché, per certi versi, sentiva fosse così. Avery doveva avere più o meno la stessa età di Elisavetha l’ultima volta che Hans l’aveva visto; di certo, aveva lo stesso sguardo chiaro, e gli occhi da gatta, i capelli biondo cenere e la stessa forma delle labbra, quello superiore più sottile e a cuore, quello inferiore carnoso e — «comunque sono avery, piacere eh»
    «uh- hans.»
    La voce roca tipica di chi non parlava da giorni non era una novità per il Belby — o, perlomeno, per il Belby di una volta. A quanto pareva, la sobrietà gli aveva sciolto la lingua e ora tendeva a chiacchierare pure troppo per i suoi gusti. E per quelli di Twat, che era sempre ad un passo dal commettere un coinquilinicidio (poteva chiamarlo bromicidio? suonava meglio) (ma non era quello il punto, al momento.)
    Si schiarì la gola, forse era tutto nella sua testa.
    Certo, Avery.
    Non era sua sorella.
    Sempre che poi Elle fosse stata davvero sua sorella; una cosa che non aveva ancora affrontato, da sobrio, era la bomba lanciata da Joey e Dominic la primavera precedente. C’erano cose che Hans preferiva non processare — come l’incredibile somiglianza tra quella Avery e quella che per tutta la vita il Belby aveva considerato la sua gemella.
    Come minimo anche la ragazzina era una grifondoro.
    (Sì.)
    (Tutto terribile.)
    (Non voleva pensarci.)
    (Si stava per sentire male, e non era il momento di pullare una Taichi facendosi venire un attacco di panico.)
    Senza aggiungere altro (per non confermare né smentire la sua preoccupante teoria sul non aver parlato per ben più di una manciata di ore), Hans trascinò Avery attraverso la stanza, fino a raggiungere la porta, mosso solo solo ed esclusivamente dalla disperazione di uscire da lì. E possibilmente non portarsi dietro i fantasmi del passato.
    «non si apre»
    Sì beh, Sherlock: non solo non si apriva — «uh-» le indicò con un gesto il luogo dove erano.
    Spoiler: non erano alla porta.
    Ma di nuovo accanto al letto. Come diavolo c’erano arrivati? La magia non funzionava… a meno che, non fosse solo la loro magia ad essere bloccata. Cristo, odiava i maghi. Odiava tutto di quel mondo.
    «possiamo provare ad affacciarci dal terrazzo?»
    Sapete cosa? «a questo punto.» Cos’altro potevano fare? (Buttarsi di sotto: potevano sempre sperare di aver imparato a volare durante la notte.) Nel dubbio, si incamminò con Avery verso la finestra e — «penso sia san valentino. il bigliettino diceva così» «ma che–» Hans guardò Avery; Avery, presumibilmente, guardò Hans pregando alla dea Taytay. Bene ma non benissimo. «guarda.» Lui non voleva più vedere (nulla, nella vita in generale, ma nello specifico: dove erano finiti) «siamo di nuovo qui.» “Qui” being: accanto al letto, a diversi metri dalla finestra. «chiaramente qualcuno non ci vuole fuori di qui» Quello era il momento in cui potevano iniziare a preoccuparsi?
    Beh, in effetti, dallo sguardo allucinato di Avery sembrava che fosse già un pezzo avanti.
    Okay, okay.
    (Non okay.)
    «senti, uhm, avery» per un attimo rischiò quasi di chiamarla Mare, e dovette ricordare a se stesso che quello era un terribile momento per immaginare di avere di fronte sua sorella (probabilmente) morta da un pezzo. «aspetta. cosa hai detto? quale bigliettino?» e qui diamo per scontato che Avery glielo indichi, moving on. «va bene, va bene.» non andava bene un cazzo, ma almeno poteva escludere di aver avuto una ricaduta ed essere finito lì per colpa su— «avery.» come non detto?
    Con estrema lentezza, e lo sguardo inorridito, Hans alzò un dito per indicarle i segni lividi sul braccio. «sei un’eroinomane?» sentite, non c’erano altri modi per dirlo, e bisognava andare dritti al punto, non avevano tempo da perdere: Hans si stava sentendo di nuovo male. Tentò di liberarsi dalla felpa che indossava – rendendosi conto non fosse la sua felpa, né la maglia con gli unicorni apparteneva al suo armadio; o a quello di Twat; o a quello di — si, insomma, non era di nessuno di sua conoscenza; ma troppo nel panico per realizzarlo con lucidità – liberando il braccio libero e lasciandola penzolare tra i loro corpi ancora uniti dalle manette; sinceramente, aveva altre priorità.
    Tipo il segno gemello a quello di Avery, stavolta sul proprio braccio.
    E fu a quel punto che iniziò a ridere istericamente.
    Minchia.
    Porca, virgola, e sapete come continua.
    Non era divertente, non lo era affatto. Eppure non riusciva a smettere di ridere.
    «stavolta mi ammazza.» E sapete cosa, avrebbe avuto ragione. Non c’è nemmeno bisogno che vi dica chi. Si portò la mano libera sulla bocca per placare l’isterismo, e sarebbe stato il massimo se fosse riuscito anche a regolarizzare il respiro. Forse, dopotutto, c’era cascato di nuovo; quasi trecento giorni di sobrietà buttati nel cesso, bene.
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    Cercando di uscire dalla stanza, vi rendete conto di tre cose: primo, non sentite alcun passo provenire dal corridoio, segno che nessuno stia facendo la ronda all'esterno della camera; secondo, riuscite a percepire, seppur distanti, i mormorii indistinti di vittime come voi - vicini, altri più lontani, ma forse potreste fare qualcosa in merito; terzo, e questa è la parte in cui vi viene la pelle d'oca, spiando dalla finestra notate che…non ci sia nessuno. È bassa stagione, certo, ma siete in un hotel, e perlomeno il personale e la manutenzione dovrebbero passare ogni tanto. Qualcuno nelle altre stanze, magari lo notate pure; hanno le manette come voi, però. Dove sono tutti gli altri? Questo gioco, non è più divertente.

     
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    Avery non era fatta per stare in gabbia, chiusa in una stanza e ammanettata a uno sconosciuto. Stava vibrando fuori dalla sua pelle, sia dalla paura che dall’agitazione, e sentiva di aver bisogno di aria fresca sul volto e il sole a scaldarle la pelle. Anche il freddo e il gelo le sarebbero andati bene, dopotutto era canadese. Peccato che quando provarono ad avvicinarsi alla finestra, si ritrovarono punto a capo. «ma che cazzo-» guardò Hans con occhi spalancati, sopracciglia bionde aggrottate e un punto interrogativo in faccia «chiaramente qualcuno non ci vuole fuori di qui» e sapete cosa? Vaffanculo. VAFFANCULOOOOO MA COME OSATE CHI SIETE. Avery era pronta a lanciarsi a peso morto sullo stronzo che aveva deciso di coinvolgerla in quell'esperimento sociale, come se poi fosse il soggetto giusto. «come le prendono, minchia come le prendono. oh when i catch you, stronzo. vedrai ma Avery era pur sempre una grifondoro, e non si lasciò scoraggiare da un paio di tentativi falliti. Magari la prima volta aveva sbagliato qualcosa, quindi trascinò nuovamente Hans alla finestra e- «HHHHHH» dovette resistere alla tentazione di tirare un pugno al muro, perché in fondo ci teneva alle proprie mani, rabbia and all. E non voleva terrorizzare del tutto Hans, che sembrava sull’orlo di una sincope. Uh, ops? «senti, uhm, avery» era tutt’orecchie, ma nel frattempo- DI NUOVO VICINO AL LETTO???? Che palleeeee. «aspetta. cosa hai detto? quale bigliettino?» cosa– cosa aveva detto? La Bates si era già dimenticata, e le ci volle un momento per ricalibrare. «penso sia un regalo di san valentino. o un esperimento sociale a questo punto» infilò le mani nei capelli, lo sguardo esasperato rivolto al cielo, trattenendosi dallo sbattere la testa al muro. E prima la mano, e ora la testa, era chiaro che avesse un problema. Percepì lo sguardo del ragazzo su di lei, il dito puntato da qualche parte sul suo braccio «sei un’eroinomane?» cOOOOOSA?? No. Pausa. In che senso. Abbassò lo sguardo sul proprio avambraccio, dove effettivamente vi era un piccolo livido «non che io sappia??? preferisco l’erba» oh, andava detto «e i funghetti di iris, qualche volta» eh vabbè, pazienza se Hans non la conosceva. Seguirono momenti molto imbarazzanti in cui Hans rischiò di strozzarsi nella foga di liberarsi dalla felpa, e fu in quel momento che Avery abbassò lo sguardo sui propri vestiti. C’era solo un modo per descrivere quello che aveva addosso: Katy Perry in Last Friday Night. Vestiti che non le appartenevano affatto. EWWWW qualcuno l’aveva spogliata????? Si sentiva molto violata al momento, tanto che quasi si perse il meltdown dell’amico fritz.
    Hans stava ridendo istericamente.
    Da almeno cinque minuti.
    Avery non giudicava, per carità, ma dude riprenditi «chi dovrebbe ucciderti?» e poi, perché un po’ le faceva pena, tentò di poggiare la mano sulla sua spalla «non penso che siamo stati noi? e non so se sia droga, mi sento abbastanza bene??» o almeno, nulla di quello che aveva in televisione. Sì, ok, si basava su quello fatele causa.
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    «come le prendono, minchia come le prendono. oh when i catch you, stronzo. vedrai.»
    Sapete cosa? Hans era felicissimo di non percepire (o essere influenzato da) le emozioni violente della ragazza, perché dubitava sarebbero state utili alla situazione in cui si trovavano, e ne bastava già una di persona in balìa della rabbia e con l'ardente desiderio di spaccare tutto. Hans le lasciava volentieri quel ruolo.
    Avrebbe apprezzato di più se Avery avesse smesso di fare avanti e indietro per la stanza, però, con l'unico risultato di essere rimbalzati indietro come uno yo-yo — cosa che, per inciso, cementò la convinzione in Hans che fosse una grifondoro, per il modo in cui provava e riprovava la stessa cosa pur sapendo già che il risultato non sarebbe cambiato. Ci voleva una certa dose di testardaggine (e stupidità, e testa dura) per tentare qualcosa a ripetizione pur sapendo che non avrebbe portato a nulla. Per la prima volta in vita sua – o la prima volta che riuscisse a ricordare, comunque – Hans provò l'irrefrenabile desiderio di buttare qualcuno giù dal balcone. Thinkin.
    «puoi smett–»
    «penso sia un regalo di san valentino. o un esperimento sociale a questo punto»
    Ed è canon che stessero avendo due conversazioni separate, a quel punto; come biasimarli, stava succedendo davvero troppo nello spazio di troppo poco tempo.
    Prima del crollo nervoso, Hans aveva pensato di nuovo all'anno prima e alla situazione ai limiti della tragicomicità che aveva vissuto insieme ad un gruppo di persone perlopiù sconosciute; non che ricordasse granché di quel giorno-barra-notte, certo, se non la sensazione di disagio che gli aveva lasciato sulla pelle, ma almeno quest'anno c'era una sola persona lì con lui, e gli sembrava quanto meno una piccola vittoria, se proprio.
    «è successo anche l’altr’anno,» informò Avery, quando riuscì a frenare, almeno in parte, l'isterismo causato dal segno violaceo sul braccio. Non andava bene nulla, ma andare in shutdown non lo avrebbe aiutato ad uscire di lì, e non era più quel Hans, anche se certe volte un po’ ne sentiva la mancanza. «ed è terribile come la prima volta.» una sentenza che pesava come un macigno sul petto.
    Lanciò un'occhiata alla ragazza, e ora che ci faceva caso sembrava sul punto di tirare una testata a qualcosa.
    O qualcuno.
    (Sperava non a lui.)
    Bene ma non benissimo.
    «senti,» voleva credere che non fosse stata Avery, o qualcuno dei suoi amici, a drogarli e portarli lì (anche perché, chi mai avrebbe voluto legarsi volontariamente ad Hans Belby, oh mio dio — nemmeno per scherzo) e aveva anche una teoria su come, sperava, poter uscire da quella stanza. «magari funziona sempre allo stesso modo, e per uscire dobbiamo… conoscerci.» terribile già così, ma gli avevano detto che la porta della cripta si era aperta dopo che ognuno di loro aveva trovato la propria anima gemella, no? Magari ora che era già lì, e non dovevano trovarsi, imparare a fare la conoscenza l'uno dell'altra sarebbe stato necessario per uscire da quell'hotel.
    Era davvero tutto terribile.
    «chi dovrebbe ucciderti?»
    Oh, ok, iniziava dalle domande difficili e personali.
    «uh– umh, nessuno, lascia stare.» era troppo lunga da spiegare, e sinceramente non erano affari di Avery — nemmeno se era la sua anima gemella. E nemmeno se per uscire da lì doveva condividere i cazzi suoi con una sconosciuta; c'erano altre cose che poteva dirle.
    Che poi, non ce ne aveva già una di anima gemella? Non che Hans credesse a quelle idiozie, ma gli sfuggiva la meccanica della cosa. Comunque, non gli interessava abbastanza da fare domande e darsi risposte.
    «non penso che siamo stati noi? e non so se sia droga, mi sento abbastanza bene??»
    Confirmed le due conversazioni separate, okay.
    Lo sguardo color ghiaccio dello special andò subito alla mano sulla spalla, e non fu affatto discreto nel modo in cui sgusciò via dal tocco, al diavolo i sentimenti feriti di una perfetta sconosciuta. «non credo importi se sia stato io o no» commentò, più a se stesso che ad Avery; e il cosa gli avessero iniettato era solo un dettaglio — vaglielo a spiegare tu, Avery, a Twat, che non era come sembrava.
    Alla ragazzina, invece, disse solo «qualcosa hanno fatto. ho il sonno leggero,» minchia, a dir poco, «mi sarei accorto se qualcuno mi avesse messo le mani addosso per infilarmi questa stupida maglietta» che no, e ora se ne accorgeva davvero, non era sua. Sperava che i vestiti fluorescenti dell'altra non fossero i suoi abiti quotidiani, e stesse andando a qualche festa di carnevale, ma non poteva darlo per certo.
    Per quanto gli costasse ammetterlo, e avendo già fallito con il tentativo mosso involontariamente da Avery, gli toccava per forza provare la sua teoria raccontando qualcosa di lui. «ok, uhm…» c’era un motivo se non aveva amici, minchia se c’era un motivo; non poteva nemmeno dire ad Avery “inizia tu” perché l’unica domanda che gli aveva fatto, Hans aveva deciso di non rispondere. «…vivo a new hovel.» era un’informazione che, se ci pensate bene, diceva abbastanza (no) su di lui, andava bene come tentativo?
    Lo sperava, ma ne dubitava.
    «non sono bravo in questo gioco, e–» e fu a quel punto che sentì i primi rumori. Tonfi sordi che sembravano provenire dalla parete. Guardò Avery, chiedendole con lo sguardo se avesse sentito anche lei qualcosa — non sarebbe stata la prima volta, per Hans, di avere allucinazioni uditive, o visive che fossero.
    Quando i colpi si fecero più intensi, però, entrambi realizzarono che doveva esserci davvero qualcuno dall’altra parte. E Hans, un vero cavaliere (che non aveva voglia di battere contro il muro, figuriamoci.), chiese: «vuoi l’onore di rispondere?» così Avery poteva urlare e sfogarsi.
    If you thought I'd leave then you were wrong 'cause I won't stop holding on.
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    (I think we have an emergency. I think we have an emergency.)
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    Sempre più dettagli vengono alla luce, ora che la situazione pare prendere una forma; sapere che non siete soli, in quella follia, forse aiuta a rendervi più lucidi. Ed è proprio in questo modo che vi rendete conto di un’altra cosa molto strana: c’è il sole, fuori dalla finestra. È alto, ad occhio e croce mezzogiorno deve essere passato da qualche ora — ma ciò che vi colpisce è il cielo sereno. Non una nuvola all’orizzonte; strano, il meteo aveva previsto pioggia per quel giorno, e alcuni di voi sicuramente avranno buttato un’occhio alle previsioni, prima di organizzarsi per quel San Valentino… che i meteorologi si siano sbagliati? Possibile.

     
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    Quando hai 14 minuti per postare tra intervalli perché scoprì che c’è la partita. Ma ok. Quindi andremo a cazzo duro. «è successo anche l’altr’anno, ed è terribile come la prima volta» sentite, Avery era una persona curiosa (non ficcanaso) e all’ammissione di Hans non poté che porre una domanda più che naturale «certo che è strano farsi rapire così tante volte» storse il naso, ma poi dando un’occhiata ad Hans capì anche il perché. Dai, magrolino così doveva essere facile da prelevare e portare in spalla. «magari funziona sempre allo stesso modo, e per uscire dobbiamo… conoscerci» a quello, Avery si illuminò, come se la prospettiva di giocare a 20 domande fosse la cosa più divertente che le fosse successa quel giorno. E in effetti lo era. «dajeeee mi piace» e quel daje era una chiara deformazione di aver passato troppo tempo a sentire le urla di Lollo Linguini. «qualcosa hanno fatto. ho il sonno leggero, mi sarei accorto se qualcuno mi avesse messo le mani addosso per infilarmi questa stupida maglietta» niente, poi Hans dovette rovinare tutto riportando l’angoscia nel tempio zen della Bates «haha aiuto. beh, cioè….anzi non ci voglio pensare perché poi dovrei prendere qualcosa a pugni» ridacciò isterica, un po’ troppo stridula e dagli occhi strabuzzati. OH WHEN I CATCH YOU RICKY. Santo Hans da– «…vivo a new hovel» da New Hovel decise evidentemente di cercare di distrarla con 20 domande, e sapete cosa? Apprezzava. «quindi sei uno special, figooooo. che potere??» beh scusate magari faceva cose fighe tipo le palle di fuoco «uuuh ok vediamo, sei un tipo da ananas sulla pizza o no? e lo so che è una domanda banale, ma ti dice molto su una persona» tipo su chi avesse tendenze psicopatiche o no, parola di pseudo-psicologa laureata all’università di TikTok.
    Oddio non ho più tempo. Però oh quanto ho scritto, slay non pensavo.
    Ci furono dei botti alla parete, come se qualcuno stesse…..
    Mh.
    Non so Hans, non so se voglio andare a controllare.
    «BONJOOOUR, CI SENTITE? SIETE VIVI??! MI CHIAMO IRIS !!»
    ODDIOOOOO
    ALLORA NON STAVANO SCOPANDO
    Subito, Avery si precipitò alla parete trascinando Hans e iniziò a battere sul muro per attirare l’attenzione della ragazza «SI VI SENTIAMOOO. CIAO IRIS SONO AVERY!!!» oddio ma che ci faceva la sua amica li. «ANCHE TE SEI AMMANETTATA A UN RANDO?» senza offesa eh.
    L'anno che verrà me ne vado un anno al mare
    Stamattina io mi lavo i denti col gin
    Metto i soliti jeans
    Sono un nomade in un attico chic
    Questa città sembra una maledizione
    Restiamo qua, fermi a guardare
    Un tramonto in televisione
     
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    Gli indizi c’erano tutti: la stanchezza ingiustificata, la fame, il luogo in apparenza abbandonato e abbastanza appartato da non destare alcun sospetto, degli abiti non vostri e la sensazione a pizzicare sotto la pelle che fosse passato più tempo di qualche manciata di ore, dall’ultimo momento che ricordavate di essere coscienti.
    Perché è esattamente così.
    E la conferma è proprio lì sotto il vostro sguardo, stampata nero su bianco su quella pagina di Morsmordre che vi fissa di rimando; o sull’intestazione sbiadita di uno scontrino dimenticato; o ancora, su quella copia del Boccino d’Argento lasciata per errore sul comodino da qualcuno. Non sapete chi, dovrebbe importarvi, ma non abbastanza perché le vostre attenzioni sono tutte per quel numero che si prende, beffardo, gioco di voi.
    24 febbraio 2024.
    Potete dirlo ai vostri amici, urlarlo attraverso le pareti o continuare a scriverlo con il sangue sui vetri; la domanda è se qualcuno vi crederà, o no. A malapena riuscite a crederci voi.

     
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    «certo che è strano farsi rapire così tante volte»
    Hans, deadpan: «è colpa di Jay», e se Avery conoscesse o meno il Matthews, non erano problemi di Hans. Era la verità; se ci pensate, tutto era iniziato dopo che Jayson Matthews aveva preso i bimbi sperduti sotto la sua (riluttante) ala, crescendoli a sua immagine e somiglianza. Tutti, prima o poi sparivano.
    Hans era l’unico che però (purtroppo per lui) faceva sempre ritorno.
    Chissà che quella fosse la volta buona?
    Ad Avery non diede altre informazioni per chiarire quella frase, né le raccontò di tutte le volte in cui, negli ultimi anni, aveva preso parte suo malgrado a qualcosa di inspiegabile: non c’era abbastanza tempo per farlo, e poi comunque i ricordi di quegli eventi erano un mosaico confuso di immagini e colori che la droga aveva reso praticamente irriconoscibile. Però la guardò con le palpebre ridotte a due fessure, non approvando granché l’entusiasmo che la sua proposta aveva suscitato in lei. E ancor meno bella fu il percepire, pur senza potere, quella stessa bolla di entusiasmo scoppiare all’idea che qualcuno avesse messo loro le mani addosso, cambiandoli in abiti sconosciuti. Forse non avrebbe dovuto farlo presente, ma era ormai troppo tardi per tornare indietro. Pazienza. Se ci pensava bene, le implicazioni erano delle più varie ed alcune più terribili di altre, e non voleva pensarci in quel momento; una volta fuori, avrebbero potuto (dimenticare tutto calandosi qualcosa, oh sì, vaffanculo) fare più luce su quanto successo.
    Perché sarebbero usciti, a costo di prendere a spallate la porta.
    Beh… per essere più realisti, forse, avrebbe dovuto dire che avrebbe provato a spaccare la finestra usando la lampada o una sedia, ma in effetti dubitava di avere abbastanza forza di poter fare anche quello. Sperava Avery fosse più utile di lui.
    Back on crack!
    (Letteralmente lui, dopo quell’esperienza.)
    «quindi sei uno special, figooooo. che potere??»
    «uhm–» ma non ce le aveva domande meno personali da fare, quella lì? Mpf. «ecco—» «uuuh ok vediamo, sei un tipo da ananas sulla pizza o no?» Oh, ok. Quella era semplice. «non mi piace molto la pizza.» o il cibo in generale fine, con o senza ananas. Che poi, cos’è che avrebbe dovuto dire di una persona?! Mah. Giovani. E le avrebbe rigirato la domanda (no), se i rumori molesti dall’altra stanza non avessero richiamato la loro attenzione.
    «BONJOOOUR, CI SENTITE? SIETE VIVI??! MI CHIAMO IRIS !!»
    Hans, in un momento di buffering, prima di essere trascinato verso la parete contro la sua volontà: «iris? iris–quella–dei–funghetti iris Ma non è che, sotto sotto, avevano combinato tutto loro? Senza pensarci su, spinse Avery contro la parete e le puntò un dito verso la faccia. «che diavolo avete combinato?» San Valentino, non San Valentino, funghetti, non funghetti… non ci capiva più nulla.
    E intanto gente alla finestra che scriveva col sangue e— «cosa–» si allungò per raggiungere il pezzo di carta incastrato sotto il piede del comodino, quella che, aprendola, si rivelò essere una ricevuta di qualche tintoria; a parte il prezzo esorbitante (duh, qualcuno doveva aver lasciato molte lavatrici in arretrato, per pagare tutti quei galeoni), solo un’altra cosa saltò agli occhi dell’empatico. «ventiquattro febbraio?» non era possibile. Per sicurezza, anche se non si fidava di lei e non era più pronto ad escludere che fossero state le follie di adolescenti senza controllo a portarli in quella situazione, girò la ricevuta verso Avery. «noti nulla di strano?» Magari era solo lui che non sapeva più leggere.
    Oppure, erano finiti nel futuro.
    Oppure, erano stati sequestrati dieci giorni prima e sinceramente non voleva davvero pensare fosse un’ipotesi concreta.

    lele,
    Quando torni
    lele,
    Ti porta pure al bagno quando deve pisciare
    lele,
    Perché secondo te hans non ha addosso un GPS e un baby monitor
    lele,
    Sciocca

    Sipario.
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    Che sia perché state facendo la conoscenza gli uni degli altri, o perché siete intenti a scrivere col vostro sangue sul vetro, oppure perché state urlando attraverso le pareti per farvi sentire da chi, come voi, sembra finito in quell’incubo, non importa: siete tutti troppo impegnati, troppo distratti, per accorgervene in tempo. E chi di voi lo fa, arriva comunque troppo tardi.
    Ha l’aria innocua, un disco di metallo di dieci centimetri di diametro e non più di due di spessore, tre al massimo. Era nascosto: sotto il secchio, dietro la sedia, sotto al letto. Non importa nemmeno quello; perché quando sentite il click, e il successivo sibilio, capite subito che qualcosa non va. Qualcuno, i più reattivi – o quelli abituati alle situazioni estreme e complicate –, proverà a proteggere naso e bocca con rimedi di fortuna (le lenzuola, i cuscini, la stoffa degli abiti che indossano). Ma, ancora una volta, è troppo tardi. Non sapete cosa sia la sostanza gassosa rilasciata dal dischetto, ma la state respirando, e nonostante i vostri valorosi sforzi soccombete, chi prima e chi dopo, ai suoi effetti. Nulla di troppo terribile, chiunque vi abbia messo lì dentro non vuole uccidervi — o l’avrebbe già fatto. Vogliono solo rendervi innocui, disorientarvi ancora di più e confondere i vostri sensi. E, con i poteri inibiti, funziona su tutti, special compresi.
    Passa un minuto, poi due. Il gas ha smesso di fuoriuscire, e voi di tossire — o di ribellarvi inutilmente ai suoi effetti. Ed è in quel momento che la porta della stanza si apre, e vorreste tentare di approfittare di quell’occasione per fuggire ma lo stordimento ve lo impedisce, ed è facile per quelle persone (mercenari assoldati da qualcuno? Cacciatori inviati dal ministero? non sapreste dirlo) trascinarvi fuori dalla stanza, insieme a loro.

     
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