[oblinder '24] andiamo ovunque, basta sia lontano dalla gente

malewife_77 ft. _popcorn_

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    Lotus Mirage Resort - room #019
    malewife_77_popcorn_
    Lotus Mirage Resort, un hotel situato a Montrose, piccolo villaggio portuale magico sulla costa est della Scozia. L?edificio è su quattro piani (reception, hall, bagno, sala da pranzo ? all?occasione sala da ballo ? e cucine al piano terra; alcune stanze al primo piano, altre stanze e due suite al secondo; alloggi dello staff, magazzino e stanze di servizio al piano interrato) ed è inserito perfettamente nella conformità paesaggistica del luogo, con le pareti di pietra dai colori chiari, il tetto di tegole rosso mattone e il basso muro di cinta che accoglie gli ospiti, mettendo in mostra l?insegna (il nome dell?hotel con sul fondo un fiore di loto i cui petali si aprono e si chiudono).
    Durante i mesi di campionato, quando la squadra della città ? i Montrose Magpies ? gioca in casa, la struttura ospita tifosi arrivati da ogni parte della Scozia, e dei dintorni; il resto dell?anno, è principalmente meta dei turisti che scelgono di visitare il villaggio magico e le spiagge rocciose di quel lato della Scozia, una vista mozzafiato che la posizione privilegiata in cui è stato costruito il resort (in cima ad una collinetta che affaccia proprio sul mare) regala a tutti i villeggianti.
    Noia. Curiosità. Ricerca. Psycho shipping. Fascinazione.
    Potrebbero essere tante, forse addirittura troppe, le ragioni dietro il perché la notte del quattordici febbraio sia diventata, oramai, una notte speciale nel mondo magico; quali che siano i motivi che spingono persone, o gruppi di persone, a lanciarsi ogni anno nell?organizzazione più assurda per garantire la migliore riuscita dell?evento, comunque, non è importante. Il perché raramente lo è, infondo. Non cambia le conseguenze, e non rende più comprensibile l?incredibile ? e francamente inspiegabile ? clamore dietro una notte che, all?apparenza, dovrebbe essere una come tutte le altre.
    Il passaggio di testimone, da un anno all?altro, serve solo a sottolineare ancora di più l?imprevedibilità che San Valentino porta con sé; simulazioni, sopravvivenza, ricerca scientifica.
    Cosa succederà l?anno prossimo?
    È la domanda che si fanno tutti.
    Beh, quasi tutti.

    E poi, in uno schiocco di dita, l?anno prossimo è già qui ? e maghi e streghe e special e babbani (perché no, non c?è più alcun velo a separare i due mondi, dopotutto) di ogni età si trovano, loro malgrado, ad essere i più vicini a scoprire la risposta a quella domanda.
    Che lo abbiate desiderato per trecentosessantacinque giorni o meno, che l?abbiate temuto o agognato, che abbia occupato anche solo una minima parte dei vostri pensieri in questi dodici mesi oppure no, non importa: perché quest?anno il fato ? o chiunque sia a muovere i fili del destino al suo posto, a questo giro ? ha scelto proprio voi come vittime.
    Uhm, pardon: come fortunati vincitori della lotteria annuale.
    Una scelta probabilmente fatta a caso, il proverbiale bastoncino corto beccato per sbaglio, e contro la vostra volontà; o magari vi hanno tenuto d?occhio per tutto l?anno, prendo appunti e aggiungendo note e trascrizioni alla murder board tenuta in soggiorno; lo so, è una possibilità terrificante, non è vero? Essere controllati. Eppure, nessuno può escluderla.

    Qualsiasi sia la ragione, qualsiasi sia il prima, non ha importanza.
    In quella stanza di albergo, quest'anno ci siete voi, e non siete soli.
    E in quello stesso istante, nel momento in cui aprite gli occhi e prendete nota di ciò che vi circonda ? del materasso morbido e delle lenzuola delicate, o del pavimento fresco, o di quanto sia stranamente comoda la vasca? ?, quello è il momento in cui vi rendete anche conto di essere ammanettati a qualcuno. Proprio così: vere manette d'acciaio fredde al contatto con la pelle nuda del polso.
    E potrà sembrare assurdo, ma non è quella la cosa più strana di cui vi rendete conto; e ne prendete velocemente atto quando provate ad avvicinarvi alla porta della stanza, portandovi dietro la vostra anima gemella, e in un battito di ciglia siete di nuovo al centro, accanto al letto, o nel bagno. Potete riprovarci quante volte volete, e potete persino tentare con la finestra che da sul mare: non importa, quanti, o quali, tentativi facciate, non c?è via d?uscita, e perseverare non porterà a nulla ? solo ad un forte mal di testa. La magia che vi tiene lì, è chiaramente una magia più forte di quello che vi sareste aspettati. Ed è anche l'unica magia che funzioni: non ci mettete molto a capire che né le vostre bacchette, né i vostri poteri, sembrano funzionare.

    Quanto alla stanza... beh, è una banalissima stanza d?hotel. Niente di particolare salta all?occhio, se si esclude il fatto che non possiate uscire da lì, certo.
    C?è il numero per contattare la reception al piano terra e il menu per ordinare la colazione in camera, ma nessun dispositivo con cui mettersi davvero in contatto con l?esterno: non un telefono, né alcun oggetto incantato con cui comunicare; c'è una piccola toeletta disposta contro la parete, e una sedia; c'è il bagno (con la vasca, perché a quanto pare l'hotel, il resort, non si fa mancare nulla); c'è il letto, due comodini, alcune stanze hanno persino un balcone ? non che voi possiate uscirvi fuori, certo: vi dovrete accontentare di osservare il paesaggio da dietro i vetri delle finestre.
    E poi c?è un foglio.
    Sul letto, a terra, sulla toeletta, ovunque capiti.
    Poche parole, leggere sulla pergamena ma pesanti sulla coscienza. Cinque beffarde parole.
    Buon San Valentino, miei cari.


    //OFF: BENVENUTI AMICI AD UN NUOVO ED EMOZIONANTISSIMO OBLINDER!!
    Siete pronti?? SIETE KARIKI??? Mi auguro per voi (e per i pg) di sì!!
    Come avrete capito, siete in una stanza di hotel (dalla quale NON potete uscire) che alcuni potranno riconoscere magari dal logo sulle lenzuola o dal panorama esterno (se ci sono già stati). Cosa dovrete fare? BEH!! Ma ovvio: interagire con l vostra anima gemella. Non cercate un modo di uscire, sarebbe solo tempo perso: non c'è una via d'uscita SMACK
    Pensate piuttosto a fare una più approfondita conoscenza della persona con cui siete stati abbinati; il resto verrà da sé.
    XOXO
     
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    un camion.
    Lara Crofton gli aveva regalato un camion. a Leonard era arrivata una lettera non firmata, recapitata direttamente da un gufo con problemi di vista che era andato a schiantarsi contro la finestra della sua camera. perché si, aveva una camera ora: pagata dal Vaughan maggiore, colazione inclusa, così da evitare che il suo fratellino con la memoria corta fosse costretto a chiedere le elemosina in giro.
    oh ralph.<i>
    insieme alla lettera, che riportava vergato a mano un assolutamente randomico <i>buon compleanno
    , il ventiduenne aveva trovato la chiave di accensione e le coordinate del punto in cui il mezzo era stato parcheggiato. si era chiesto, per un brevissimo istante, se quello fosse il modo del ribelle per tenersi in contatto con la sua crew, essere sicuro ricordassero tutti che vegliava su di loro. per leo era solo il modo più semplice per farsi beccare dai pavor, ma non giudicava; se il buon Lara avesse saputo quante volte era stato lì lì per vuotare il sacco pur di liberarsi dei mastini che lo stalkeravano on a daily basis, forse quel regalo l'uomo se lo sarebbe tenuto per sé.
    o per il suo ragazzo romano.
    non che gli importasse davvero qualcosa — il camion l'aveva venduto (dopo averci fatto un giro suonando il clacson ad ogni tir incrociato per strada) e si era intascato qualche soldino; al fratello, ovviamente, non ne aveva fatto parola: finché poteva scroccare vitto e alloggio a Raphael, puntando tutto sui sensi di colpa, lo avrebbe fatto.
    questo sembra un incipit assolutamente inutile.
    e probabilmente lo è.
    ma fingete di seguire il mio ragionamento e connettete i dots (you didn't connect shit): non ricordava di essere andato a dormire, leo, ma aveva dormito. questa era l'unica cosa di cui poteva dirsi certo, prima ancora di aprire gli occhi, causa un martellante dolore proprio al centro della fronte. lo prendeva all'improvviso, e sempre nel dormiveglia — l'ennesimo souvenir di un anno passato a farsi torturare. passava solo dopo una buona mezz'ora e mezzo litro di caffè, di solito il suo secondo pensiero. il primo era «devo andare in bagno», come tutte le persone normo. e fece per muoversi, istintivamente, prima una gamba e poi l'altra.
    solo che non poteva.
    perche stava piegato in due come una cazzo di piadina.
    e qualcosa di freddo (<i>più cose<i>, in realtà) gli strisciava sulla pelle. del polso, prima di tutto, dove la consistenza gelida del metallo sfregava dolorosamente contro l'osso; riconobbe le manette ancora prima di decidere fosse giunto il momento di aprire gli occhi e capire cosa cazzo stesse succedendo. da qui il riferimento a Lara che pensava bene di donare camion con rimorchio e mandare lettere anonime: «io quello nemmeno lo conosco» disse, rivolto a chiunque lo stesse tenendo bloccato, per poi rendersi conto un attimo dopo che in effetti non c'era una mano a premere con molta poca delicatezza dietro il collo. era il bordo in ceramica di una vasca. ci stava seduto dentro, Leonard, le gambe sollevate contro il bordo opposto e penzoloni dall'altra parte «ok» batté le palpebre sotto la luce flebile, pochi raggi capaci di filtrare attraverso lo spiraglio della porta del bagno lasciata aperta.
    non si trovava in una stanza al Ministero.
    che era già un buon inizio, considerati i suoi trascorsi.
    tentò di mettersi seduto, ancora una volta senza riuscirci.
    vorrei dire fosse la prima volta che si ritrovava con le manette ai polsi, per un motivo o per l'altro, ma mentirei «dev'essere stato un tipo particolare di festino» diede uno strattone al braccio dell'altr*, giusto per dare una sveglia. nel caso si fosse trattato di un cadavere poteva sempre ricorrere al metodo Saw (il film, non il pg. unless???), ammesso si avere con sé il coltellino a scatto. ma insomma, un rimedio si trovava ad ogni male.

    mi rubi l'anima
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    adesso mi sento come un naufrago in mare aperto


    si sveglia nella vasca! scusa anima gemella è andata così ❤
     
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    Chi più, chi meno, sembrate riprendervi tutti dopo il primo momento di confusione e disagio. Ma è realmente così? Solo il tempo potrà dirlo, cari amici. Di sicuro, c’è che quella sensazione di smarrimento sembra essersi appiccicata alla vostra pelle; avete dato un nome (forse) al posto dove siete, ma non ancora una motivazione sufficientemente credibile per spiegare il perché. Beh, quello è ovvio, amici: è San Valentino. E se non sapete dell’oblinder, chiaramente non avete amici nei posti giusti, perché è l’evento più atteso delle stagione da anni. Ed è anche altrettanto chiaro che non leggete i miei articoli, tsk.
    Non è quindi del motivo che dovreste preoccuparvi, ma piuttosto delle condizioni in cui ci siete arrivati. Lo stomaco a gorgogliare prepotente nei momenti di silenzio indica forse una cena troppo leggera la scorsa sera? Non sapete dirlo, in effetti non ricordate di preciso qual’è stata l’ultima cosa commestibile che avete mandato giù. Brutto segno? Forse no, mi dispiace solo non ci sia un banchetto ricco ad attendervi nelle stanze: per il momento dovrete combattere contro la fame e la sete, e contro lo stordimento, alla vecchia maniera: arrangiandovi.
    Niente rimedi estremi, capito? Non siamo la società della neve, qui.
    Ma… hey, sì dico a te, non sei un po’ troppo giovane per avere quegli ematomi nell'incavo del braccio? Sembra quasi il segno di ... ah, magari qualcuno di voi saprà riconoscerlo. Ago.
    Uh, uh, amico… la droga non è mai la risposta.
    (Unless.)

     
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    Forse l’adrenalina inizia a fare effetto, scuotendo membra evidentemente provate, perché dopo il livido sul braccio, vi rendete conto di qualcos’altro. Qualcosa a cui prima, troppo presi dalla sorpresa dell’insieme – svegliarsi in un posto che non conoscete, senza magia, ed ammanettati a qualcuno – non avevate fatte caso.
    Abbassate lo sguardo sui vostri vestiti. Alcuni sono troppo grandi per voi, o troppo piccoli. Taglie sbagliate, forme che mai avreste pensato di indossare. Sembrano pescati casualmente, come se qualcuno avesse afferrato gli abiti abbandonati nell’hotel, e ve li avesse messi addosso.
    Profumano di bucato, però. Almeno quello. Una cosa è sicura: non sono i vostri.

     
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    Cercando di uscire dalla stanza, vi rendete conto di tre cose: primo, non sentite alcun passo provenire dal corridoio, segno che nessuno stia facendo la ronda all'esterno della camera; secondo, riuscite a percepire, seppur distanti, i mormorii indistinti di vittime come voi - vicini, altri più lontani, ma forse potreste fare qualcosa in merito; terzo, e questa è la parte in cui vi viene la pelle d'oca, spiando dalla finestra notate che…non ci sia nessuno. È bassa stagione, certo, ma siete in un hotel, e perlomeno il personale e la manutenzione dovrebbero passare ogni tanto. Qualcuno nelle altre stanze, magari lo notate pure; hanno le manette come voi, però. Dove sono tutti gli altri? Questo gioco, non è più divertente.

     
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    "La cervicale."
    Fu tutto quello che riuscì a dire, la voce ancora impastata di sonno, muovendo il capo lentamente.
    "Quella merda di Lapo."
    Continuò con nonchalance, muovendo piano i muscoli anchilosati, le gambe quasi formicolanti e poco reattive.
    "Un festino della madonna, oserei dire." Aprì gli occhi, posandoli sul proprietario di quell'unica voce che riusciva a percepire. Si muoveva piano, Ciruzzo, le tempie che pulsavano quasi al ritmo del sangue che correva nelle vene. "Nessun rimpianto?" Domandò scivolando piano in direzione del ragazzo. "Sono quasi deluso tu sia ancora vestito. Non sono abituato." Soffiò lascivo, mentre con eleganza allargava le gambe, lasciando che una andasse oltre il bordo della vasca.
    "Che ne dici di esplorare un po'?"
    Cosa? Beh, che dire, le opzioni potevano essere molteplici.
     
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    "La cervicale."
    nel sentire finalmente la voce del proprio compagno, Leonard si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. non tanto perché l'altro avesse dimostrato di essere vivo — ci si adattava; ma tirare fuori un cadavere dalla vasca da bagno, senza piena libera di movimento, poteva rivelarsi complicato.
    e Ciruzzo non aveva l'aria di essere un fringuello, con quelle gambe lunghissime e il fisico asciutto.
    due dettagli che il ventiduenne registrò con un'occhiata più attenta al suo interlocutore, la testa reclinata verso la spalla «lapo è un amico tuo?» chiese, senza tirarsi indietro quando il linguini gli si fece più vicino; e al rapido check up dalla testa ai piedi dell'altro fece seguire un sorriso mansueto, quasi intimidito. niente che rispecchiasse davvero i suoi pensieri, ma abbastanza da mascherare una natura più aggressiva.
    la possibilità che si trattasse di una trappola, sebbene pensata con i piedi (quindi in perfetto stile task-force ministeriale), era ancora reale; pur vacillando pericolosamente, come la resistenza del ragazzo di fronte a due occhi languidi che si chiedevano perché fosse ancora vestito «appena mi torna in mente cosa è successo stanotte, ci penso su e te lo dico» non amava la parola rimpianto, il Vaughan. se n'era sempre tenuto alla larga, accettando le conseguenze delle sue azioni — tutte scelte sbagliate, come avrebbe detto qualcuno. finché non aveva provato quella sensazione di vuoto sulla propria pelle, odiandola.
    fottuta nave.
    «ma se sei stato tu a spogliarmi e rivestirmi posso già ritenermi soddisfatto» perché chiaramente quelli non erano gli abiti con cui girava normalmente, e ad un qualche punto mistico della serata doveva esserci stato uno swap generale. e perché proprio con in quindicenne (cory core) in collegio? almeno a giudicare dalle maniche della giacchetta che gli sfioravano i polsi, un paio di calzoncini in tweed neanche lontanamente lunghi fino al ginocchio come previsto da una divisa scolastica. i bottoni della camicia bianca erano ad un passo dal cedere, almeno quelli che rimanevano: con i primi due slacciati, rimaneva solo la cravatta allentata a tenere insieme i lembi dell'indumento «i calzettoni un tocco di classe» perché si, aveva anche quelli.
    tentò nuovamente di mettersi seduto nella vasca, ora che poteva contare sulla collaborazione di Ciruzzo per muoversi, e presto si ritrovò in ginocchio. been there, done that «se sei così deluso puoi darmi una mano a toglierli» voglio dire, ma chi mai si sarebbe tirato indietro, al suo posto? nessuno sano di mente, ecco qual era la risposta. mantenne le iridi verdi in quelle del linguini solo per una manciata di secondi, però, sollevando il capo in direzione della porta «magari non qui dentro. la cervicale, ricordi? tra l'altro, mi è venuta fame» e doveva ancora fare la pipì, ma insomma.


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    Sempre più dettagli vengono alla luce, ora che la situazione pare prendere una forma; sapere che non siete soli, in quella follia, forse aiuta a rendervi più lucidi. Ed è proprio in questo modo che vi rendete conto di un’altra cosa molto strana: c’è il sole, fuori dalla finestra. È alto, ad occhio e croce mezzogiorno deve essere passato da qualche ora — ma ciò che vi colpisce è il cielo sereno. Non una nuvola all’orizzonte; strano, il meteo aveva previsto pioggia per quel giorno, e alcuni di voi sicuramente avranno buttato un’occhio alle previsioni, prima di organizzarsi per quel San Valentino… che i meteorologi si siano sbagliati? Possibile.

     
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    Sarebbe stato carino entrare nella testa di Leonard per carpire i suoi pensieri, per seguire quel flusso apparentemente illogico, eppure così lineare. Certo, vedersi trascinato in qualità di cadavere in assenza di sacco sarebbe stato difficile da digerire, ma almeno poteva dire di essere stato un po’ sbattuto.
    “Lapo è…” un sospirò drammatico interruppe la frase, lasciando che la lingua schioccasse sul palato. “Come posso dire…” cercava le parole, l’ex Grifondoro, scartando ogni aggettivo gli venisse in mente. Non voleva dare un’impressione sbagliata, sembrare quasi ingrato nei confronti di quel Vittorio Emanuele che sapeva come essere croce e delizia. E, vi dirò di più, aveva rischiato grosso con lui.
    Lo aveva sentito quel brivido lungo la schiena nel momento in cui aveva aperto gli occhi, quella paura sottopelle che gli aveva attanagliato lo stomaco per qualche istante, convinto che la persona che occupava l’altro buco delle manette fosse proprio “… Lapo.” Confermò, con più enfasi, sperando che l’altro cogliesse il poco sottile riferimento all’Elkan dei tempi d’oro. “Ma niente di ché, più che amico, direi che è mio cugino.” Aggiunse allungando le punte delle dita dei piedi, sentendo tutti i muscoli indolenziti allungarsi e stirarsi sotto il suo comando. Portò il braccio libero dietro la testa, sotto la nuca, per studiare meglio il ragazzo con cui condivideva la vasca. C’era qualcosa che non tornava, ma non sapeva dire esattamente cosa, come se gli stesse tenendo nascoste informazioni importanti, come la chiave d’accesso per decriptarlo.
    “Oppure potremmo ricordarlo insieme.” Perché per essere in quelle condizioni, non poteva non essere stato epico. “Più che soddisfatto, dovresti ritenerti molto, molto fortunato.” Ammiccò, continuando a studiare il ragazzo, la testa poggiata sul palmo della mano. Lo osservava sfacciato, perché diversamente non sarebbe stato nel suo stile. Voleva divertirsi, il Nott, bramava e inseguiva gli eccessi, qualsiasi cosa in grado di scardinare ogni convenzione sociale.
    Allungò la mano, le dita che sfioravano la stoffa della cravatta. “Vogliamo fare il bis?” Non si guardò neanche, Ciruzzo, ormai l’attenzione virata su quel piccolo indumento. Chiedeva, provocava solo per il gusto di farlo e per poter, di fatto, provare ad avere il controllo di qualcosa. Aveva la sensazione che non tutto fosse a posto, come se ci fossero elementi fuori posto, pezzi di un puzzle che non combaciavano perfettamente.
    Non doveva neanche chiedere, l’altro, perché le mani dell’ex Grifondoro erano già sui bottoni tirati, sfilandoli con estrema lentezza e attenzione dalle asole provate. “La cravatta la teniamo.” Sottolineò mentre faceva scorrere il cotone e le mani sulla pelle che man mano andava a scorprisi.
    Era lascivo, perché era tutto ciò che sapeva di poter essere, la sua comfort zone.
    “I calzettoni li lasciamo per il dessert?” Domandò mentre assecondava la scelta dell’altro, alzandosi finalmente in piedi, la mano stretta attorno alla cravatta che la tirava appena, un cenno silenzioso al compagno di seguirlo in quell’esplorazione che si sarebbe volentieri evitato.
    “Il sole non ti sembra un po’… troppo luminoso?” Domandò fissando la finestra per qualche istante, prima di tornare a osservare l’altro.
    “Ezra.”
     
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    “Vogliamo fare il bis?”
    oh, signore iddio.
    aveva dato prova, cory, di non essere proprio il più forte dei soldati. hooked up con un duetto canoro e ciglia più scure dell'ebano, già fregato prima ancora di sentirsi addosso occhi e mani e denti. un debole che sapeva ammettere di essere tale, nelle giuste condizioni — sottone, avrebbe detto qualcuno.
    nel sentirsi tirare per la cravatta, gli venne spontaneo rivolgere una preghiera mentale all'Altissimo: oh Totti, give me strength «considerato che non ricordo niente, sarebbe come la prima volta» mantenne lo sguardo sulle dita del nott, seguendone il movimento lento ma chiaramente studiato attorno ai bottoni.
    avrebbe potuto dargli una mano.
    tirare la stoffa già tesa di una camicia che non era nemmeno sua, e testare la resistenza del bordo in ceramica (o delle proprie ginocchia contro il pavimento, chissà) prima di iniziare a preoccuparsi davvero per le manette chiuse attorno ai polsi. non era nato per rifiutare un'occasione offerta così gentilmente e sbandierata senza remore proprio sotto il suo naso.
    mancava qualcosa, però.
    e nel pensare a cosa, lei si rese conto troppo tardi di aver perso l'attimo giusto. il primo tra tanti papabili, se Ciruzzo manteneva la sua volontà non ancora dichiarata apertamente di farsi sbattere come un tappeto durante le pulizie di primavera «ammettilo, non puoi resistere al fascino dei miei pantaloncini» parlava di calzettoni per dessert, il linguini, ma leo era ormai convinto avrebbe volentieri assaggiato altro. antipasto, primo secondo contorno caffè e ammazzacaffè. inevitabile come la morte e le tasse, a meno di non essere un bravo evasore, nel sentir premere i polpastrelli contro la pelle calda del torace, fu percorso da un brivido.
    la Madonna.
    virgola.
    e di nuovo, mancava qualcosa.
    forse qualcuno che minacciava di ucciderlo, senza riuscirci.
    mah.
    fu il primo ad uscire dalla vasca, anche solo come vago tentativo di riattivare qualche neurone rimasto tramortito dall'improvvisa tensione sessuale — contenuta, ancora. poteva dare molto di più, il Vaughan, sebbene avesse il difetto di chiedere anche parecchio in cambio «dev'essere già tardi» fu l'unico commento sensato che riuscì a fare dopo aver spostato le iridi acquamarina dall'italiano alla finestra, dal cui vetro penetrava una luce decisamente in attesa. solo qualche ora prima, o così credeva il ventiduenne, il cielo era ricoperto da nuvole gravide di pioggia; niente avrebbe lasciato pensare ad una giornata come quella.
    il cielo, di un azzurro incredibile.
    il cortile interno dell'Hotel, completamente vuoto.
    ok.
    e c'era qualcuno che li stava salutando dalla finestra di una camera al piano di sotto.
    avvicinandosi al vetro con Ciruzzo appresso, Leo vi appoggiò la fronte, poi la mano libera aperta — high five a distanza «lo vedi anche tu o me lo sto sognando?» ancora non si era accorto del forellino nell'incavo del braccio, ma considerati i ricordi appannati della notte appena trascorsa non ci voleva un genio a capire si fossero calati qualcosa. non proprio il suo ideale di divertimento; preferiva il rum. flettendo le dita ricambiò il saluto di quello che poteva benissimo essere un'allucinazione, poi tornò a piegare la testa verso l'italiano.
    «cory» perché Leonard, sulla carta, era ancora bello (sempre) che defunto.
    solo, aveva un sapore strano sulla lingua.
    corycorycory.
    decise, così su due piedi, che per vivere più tranquillo poteva sciacquarselo via, concentrarsi su qualcosa di tangibile che non fosse reale solo nella sua testa. allungò la mano ammanettata, incastrando le dita tra l'elastico dei calzoni del Grifondoro (cirù ma come sei vestito???) e la pelle al di sotto; cercando il suo sguardo, ma non alla ricerca del permesso.
    solo allora arrivarono i colpi: TUM TUUM TUMTUM TUUUUM.
    «ma che cazzo» quattro passi, e si ritrovò con l'orecchio attaccato alla parete «secondo me stanno scopando» così, tanto per rispondere alla domanda di barbie, rivolta qualcun altro. a quel commenti privato, fece seguire una serie di colpi a cadenza del tutti casuale, tanti per sentirsi partecipe di cuore al rituale di accoppiamento «mancano solo i miagolii» quello un segnale inequivocabile, fidatevi di rob.

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    vede kazzino alla finestra e lo saluta.
    sente i colpi di barbie sulla parete e risponde con altrettante botte randomiche
     
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    Pensavate di aver colto tutti i dettagli nella stanza, quel poco che avete potuto esplorare, eppure c’è ancora qualcosa che coglie la vostra attenzione. Un foglietto accartocciato sul pavimento, abbandonato al fondo del cestino. O forse, per coloro che si sono spinti nei pressi del balcone, un pezzo di carta che il vento impetuoso ha fatto sollevare fino al vostro piano. Non importa tanto il dove, quanto il cosa. Si tratta di un volantino, uno di quelli che si affigge sui muri per cercare le persone scomparse. Chissà, il volto che vi guarda di rimando potrà sembrarvi familiare nelle persone che avete intravisto nel vostro breve soggiorno, o al contrario quelle fattezze sono del tutto sconosciute, ma una cosa è sicura: c’è qualcosa che non va.
    Perché la data di sparizione segnata sul manifesto, è il 14 Febbraio.
    Ed il volto che vi osserva dalla locandina, è quello di Lapo Linguini.

     
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    Che sia perché state facendo la conoscenza gli uni degli altri, o perché siete intenti a scrivere col vostro sangue sul vetro, oppure perché state urlando attraverso le pareti per farvi sentire da chi, come voi, sembra finito in quell’incubo, non importa: siete tutti troppo impegnati, troppo distratti, per accorgervene in tempo. E chi di voi lo fa, arriva comunque troppo tardi.
    Ha l’aria innocua, un disco di metallo di dieci centimetri di diametro e non più di due di spessore, tre al massimo. Era nascosto: sotto il secchio, dietro la sedia, sotto al letto. Non importa nemmeno quello; perché quando sentite il click, e il successivo sibilio, capite subito che qualcosa non va. Qualcuno, i più reattivi – o quelli abituati alle situazioni estreme e complicate –, proverà a proteggere naso e bocca con rimedi di fortuna (le lenzuola, i cuscini, la stoffa degli abiti che indossano). Ma, ancora una volta, è troppo tardi. Non sapete cosa sia la sostanza gassosa rilasciata dal dischetto, ma la state respirando, e nonostante i vostri valorosi sforzi soccombete, chi prima e chi dopo, ai suoi effetti. Nulla di troppo terribile, chiunque vi abbia messo lì dentro non vuole uccidervi — o l’avrebbe già fatto. Vogliono solo rendervi innocui, disorientarvi ancora di più e confondere i vostri sensi. E, con i poteri inibiti, funziona su tutti, special compresi.
    Passa un minuto, poi due. Il gas ha smesso di fuoriuscire, e voi di tossire — o di ribellarvi inutilmente ai suoi effetti. Ed è in quel momento che la porta della stanza si apre, e vorreste tentare di approfittare di quell’occasione per fuggire ma lo stordimento ve lo impedisce, ed è facile per quelle persone (mercenari assoldati da qualcuno? Cacciatori inviati dal ministero? non sapreste dirlo) trascinarvi fuori dalla stanza, insieme a loro.

     
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