[oblinder '24] se ti perdi, segui me

coolaidman ft. guavafava

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    Lotus Mirage Resort - room #022
    coolaidmanguavafava
    Lotus Mirage Resort, un hotel situato a Montrose, piccolo villaggio portuale magico sulla costa est della Scozia. L’edificio è su quattro piani (reception, hall, bagno, sala da pranzo – all’occasione sala da ballo – e cucine al piano terra; alcune stanze al primo piano, altre stanze e due suite al secondo; alloggi dello staff, magazzino e stanze di servizio al piano interrato) ed è inserito perfettamente nella conformità paesaggistica del luogo, con le pareti di pietra dai colori chiari, il tetto di tegole rosso mattone e il basso muro di cinta che accoglie gli ospiti, mettendo in mostra l’insegna (il nome dell’hotel con sul fondo un fiore di loto i cui petali si aprono e si chiudono).
    Durante i mesi di campionato, quando la squadra della città – i Montrose Magpies – gioca in casa, la struttura ospita tifosi arrivati da ogni parte della Scozia, e dei dintorni; il resto dell’anno, è principalmente meta dei turisti che scelgono di visitare il villaggio magico e le spiagge rocciose di quel lato della Scozia, una vista mozzafiato che la posizione privilegiata in cui è stato costruito il resort (in cima ad una collinetta che affaccia proprio sul mare) regala a tutti i villeggianti.
    Noia. Curiosità. Ricerca. Psycho shipping. Fascinazione.
    Potrebbero essere tante, forse addirittura troppe, le ragioni dietro il perché la notte del quattordici febbraio sia diventata, oramai, una notte speciale nel mondo magico; quali che siano i motivi che spingono persone, o gruppi di persone, a lanciarsi ogni anno nell’organizzazione più assurda per garantire la migliore riuscita dell’evento, comunque, non è importante. Il perché raramente lo è, infondo. Non cambia le conseguenze, e non rende più comprensibile l’incredibile – e francamente inspiegabile – clamore dietro una notte che, all’apparenza, dovrebbe essere una come tutte le altre.
    Il passaggio di testimone, da un anno all’altro, serve solo a sottolineare ancora di più l’imprevedibilità che San Valentino porta con sé; simulazioni, sopravvivenza, ricerca scientifica.
    Cosa succederà l’anno prossimo?
    È la domanda che si fanno tutti.
    Beh, quasi tutti.

    E poi, in uno schiocco di dita, l’anno prossimo è già qui — e maghi e streghe e special e babbani (perché no, non c’è più alcun velo a separare i due mondi, dopotutto) di ogni età si trovano, loro malgrado, ad essere i più vicini a scoprire la risposta a quella domanda.
    Che lo abbiate desiderato per trecentosessantacinque giorni o meno, che l’abbiate temuto o agognato, che abbia occupato anche solo una minima parte dei vostri pensieri in questi dodici mesi oppure no, non importa: perché quest’anno il fato – o chiunque sia a muovere i fili del destino al suo posto, a questo giro – ha scelto proprio voi come vittime.
    Uhm, pardon: come fortunati vincitori della lotteria annuale.
    Una scelta probabilmente fatta a caso, il proverbiale bastoncino corto beccato per sbaglio, e contro la vostra volontà; o magari vi hanno tenuto d’occhio per tutto l’anno, prendo appunti e aggiungendo note e trascrizioni alla murder board tenuta in soggiorno; lo so, è una possibilità terrificante, non è vero? Essere controllati. Eppure, nessuno può escluderla.

    Qualsiasi sia la ragione, qualsiasi sia il prima, non ha importanza.
    In quella stanza di albergo, quest'anno ci siete voi, e non siete soli.
    E in quello stesso istante, nel momento in cui aprite gli occhi e prendete nota di ciò che vi circonda – del materasso morbido e delle lenzuola delicate, o del pavimento fresco, o di quanto sia stranamente comoda la vasca… –, quello è il momento in cui vi rendete anche conto di essere ammanettati a qualcuno. Proprio così: vere manette d'acciaio fredde al contatto con la pelle nuda del polso.
    E potrà sembrare assurdo, ma non è quella la cosa più strana di cui vi rendete conto; e ne prendete velocemente atto quando provate ad avvicinarvi alla porta della stanza, portandovi dietro la vostra anima gemella, e in un battito di ciglia siete di nuovo al centro, accanto al letto, o nel bagno. Potete riprovarci quante volte volete, e potete persino tentare con la finestra che da sul mare: non importa, quanti, o quali, tentativi facciate, non c’è via d’uscita, e perseverare non porterà a nulla — solo ad un forte mal di testa. La magia che vi tiene lì, è chiaramente una magia più forte di quello che vi sareste aspettati. Ed è anche l'unica magia che funzioni: non ci mettete molto a capire che né le vostre bacchette, né i vostri poteri, sembrano funzionare.

    Quanto alla stanza... beh, è una banalissima stanza d’hotel. Niente di particolare salta all’occhio, se si esclude il fatto che non possiate uscire da lì, certo.
    C’è il numero per contattare la reception al piano terra e il menu per ordinare la colazione in camera, ma nessun dispositivo con cui mettersi davvero in contatto con l’esterno: non un telefono, né alcun oggetto incantato con cui comunicare; c'è una piccola toeletta disposta contro la parete, e una sedia; c'è il bagno (con la vasca, perché a quanto pare l'hotel, il resort, non si fa mancare nulla); c'è il letto, due comodini, alcune stanze hanno persino un balcone — non che voi possiate uscirvi fuori, certo: vi dovrete accontentare di osservare il paesaggio da dietro i vetri delle finestre.
    E poi c’è un foglio.
    Sul letto, a terra, sulla toeletta, ovunque capiti.
    Poche parole, leggere sulla pergamena ma pesanti sulla coscienza. Cinque beffarde parole.
    Buon San Valentino, miei cari.


    //OFF: BENVENUTI AMICI AD UN NUOVO ED EMOZIONANTISSIMO OBLINDER!!
    Siete pronti?? SIETE KARIKI??? Mi auguro per voi (e per i pg) di sì!!
    Come avrete capito, siete in una stanza di hotel (dalla quale NON potete uscire) che alcuni potranno riconoscere magari dal logo sulle lenzuola o dal panorama esterno (se ci sono già stati). Cosa dovrete fare? BEH!! Ma ovvio: interagire con l vostra anima gemella. Non cercate un modo di uscire, sarebbe solo tempo perso: non c'è una via d'uscita SMACK
    Pensate piuttosto a fare una più approfondita conoscenza della persona con cui siete stati abbinati; il resto verrà da sé.
    XOXO
     
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    alice verveine campbell | coolaidman
    Hogwarts luogo più sicuro al mondo?
    Le mie palle
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    In questa maniera si poteva più o meno riassumere il primo pensiero coerente che aveva assalito Alice quando si era svegliata in quel letto. Il primo incoerente, invece, era stato un pragmaticissimo: dove cazzo sono.
    Sì, col punto fermo, perché era una domanda così retorica che non meritava l'interrogativa diretta.
    Non che non le fosse mai capitato di svegliarsi e non capire immediatamente dove si trovasse, anzi: le prime mattine ad Hogwarts erano state un po' così, dopo anni a svegliarsi nel suo letto, nella sua stanza, eccetera eccetera.
    E forse, proprio perché era da anni che non capitava, ritrovarsi in quel limbo momentaneo era stata un'esperienza particolarmente vertiginosa.

    Una volta che si era accorta di non essere nel suo letto designato nel dormitorio, si era tirata su di scatto, sentendo immediatamente lo strattone al polso come sgradevole sensazione aggiuntiva.
    « Ma che...? » si voltò come una biscia inviperita, sollevando il polso per notare finalmente che era ammanettata a qualcuno.
    Ah, chiaro.
    Non solo era in un posto sconosciuto, ma li avevano pure rapiti.

    Respira.
    Cosa si ricordava esattamente? A dirla tutta, nulla. Lei presumeva di dover essere ad Hogwarts, dato il periodo dell'anno, ma non aveva un ricordo chiaro e lucido degli avvenimenti precedenti a quel risveglio nefasto.
    Si guardò attorno, senza provare ad abbandonare il letto, ancora.
    Già dalla sensazione delle lenzuola e dal profumo limpido che stagnava nell'aria, aveva capito di non essere in un luogo inospitale, ma dovette distogliersi dai propri stessi pensieri convulsi per rendersi bene conto di trovarsi in quella che aveva tutta l'aria d'essere una camera d'albergo che costava un rene e mezzo.

    « Cristo santo... » biascicò in un sospiro, stropicciandosi gli occhi con l'unica mano libera. Se si fosse sentita un po' meno toccata sul personale dall'argomento sparizioni&rapimenti, probabilmente avrebbe fatto un commento acre e sarcastico ad alta voce sulla faccenda. Ma in tutta onestà, non se la sentiva proprio.
    Sperava che suo padre non lo venisse a sapere semicit., tanto per cominciare. In generale, far preoccupare i suoi era un po' fuori discussione, per lei? Ma Duncan? Cazzo, Duncan. Dubitava, o meglio sperava, che lui fosse stato sequestrato parimenti. Ma si sarebbe sicuramente accorto dell'assenza della sorella a scuola, giusto? Giusto.
    « Voglio morire. » relatable, anzi, no, lo dico e basta senza censura, mi sento libera: relatable.
    Si girò di nuovo verso il bello addormentato di fianco a lei. O bella, chissà.
    « ... » sospirò. E iniziò a scuotere il povero o povera malcapitata con entrambe le mani. Non troppo violentemente, ma sicuramente in maniera brusca - sia mai che qualunque droga o incantesimo gli avessero fatto per farli arrivare inermi fin lì avesse avuto effetto più prepotentemente sull'altro. « Svegliati, diosanto. » non era Cristiana eh, neanche lontanamente. Paganesimo Celtico for the win. È che vedeva troppi film e serie babbani e lì tiravano giù un sacco di Gesù Giuseppe e Maria, e quindi le si era un po' attaccato addosso.
    La rabbia non ti basta,
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    Chi più, chi meno, sembrate riprendervi tutti dopo il primo momento di confusione e disagio. Ma è realmente così? Solo il tempo potrà dirlo, cari amici. Di sicuro, c’è che quella sensazione di smarrimento sembra essersi appiccicata alla vostra pelle; avete dato un nome (forse) al posto dove siete, ma non ancora una motivazione sufficientemente credibile per spiegare il perché. Beh, quello è ovvio, amici: è San Valentino. E se non sapete dell’oblinder, chiaramente non avete amici nei posti giusti, perché è l’evento più atteso delle stagione da anni. Ed è anche altrettanto chiaro che non leggete i miei articoli, tsk.
    Non è quindi del motivo che dovreste preoccuparvi, ma piuttosto delle condizioni in cui ci siete arrivati. Lo stomaco a gorgogliare prepotente nei momenti di silenzio indica forse una cena troppo leggera la scorsa sera? Non sapete dirlo, in effetti non ricordate di preciso qual’è stata l’ultima cosa commestibile che avete mandato giù. Brutto segno? Forse no, mi dispiace solo non ci sia un banchetto ricco ad attendervi nelle stanze: per il momento dovrete combattere contro la fame e la sete, e contro lo stordimento, alla vecchia maniera: arrangiandovi.
    Niente rimedi estremi, capito? Non siamo la società della neve, qui.
    Ma… hey, sì dico a te, non sei un po’ troppo giovane per avere quegli ematomi nell'incavo del braccio? Sembra quasi il segno di ... ah, magari qualcuno di voi saprà riconoscerlo. Ago.
    Uh, uh, amico… la droga non è mai la risposta.
    (Unless.)

     
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    Le sarebbe piaciuto dire che fosse la prima volta che si svegliava in quel modo, ma non era così. Qualche capodanno addietro, quando si trovava a Las Vegas con dei suoi amici, aveva provato il brivido di aprire gli occhi e trovarsi ammanettata a uno sconosciuto. Uno sconosciuto di bell’aspetto con pochi vestiti, quindi insomma non si era lamentata. Tutto questo per dire che non aveva imparato alcuna lezione in merito, e a quanto pare ci era cascata di nuovo. Almeno quella volta si trovava su un letto, e la sua schiena non protestava a ogni piccolo movimento. Lo stesso non si poteva dire per il suo stomaco, ma per il momento era facile ignorare la fame per lasciare spazio alla confusione. Si ricordava poco e niente del giorno precedente, il che era vergognoso perché non era mai stata qualcuno dalla tolleranza bassa, e sinceramente? Non credeva di essere in post sbronza, tutto sommato stava abbastanza bene. Questo finché non rischiò l’infarto. «Svegliati, diosanto» fu strappata bruscamente dai suoi pensieri, e spalancò gli occhi alla crudele luce del giorno. Ugh, no, rewind. Si lasciò scuotere solo perché era l’unico modo per farle tornare la lucidità la mattina (pomeriggio?), per poi afferrare la mano della persona per fermarla. «cristo santo, mollala» sì, era abituata a Fergie ma non voleva dire che le piacesse. Da parte di sconosciuti. Voltò il capo sul cuscino, la guancia schiacciata contro la federa e il collo a protestare contro il movimento, e aggrottò le sopracciglia alla vista di una ragazzina accanto a lei.
    Pausa.
    Shiloh non faceva Henderson di cognome.
    Aveva un paio di spiegazioni su come fosse finita lì, ma non era certa che sarebbero suonate plausibili ad alta voce. «ho molte domande» e nessuna risposta, storia di una vita. «guarda, senza offesa, ma vado per i maggiorenni di solito» agitò la mano ammanettata, uno sguardo significativo che gridava non faccio sadomaso con i bambini. Lanciò uno sguardo discreto in basso, laddove per qualche grazia divina era ancora vestita. Bene, ma non benissimo. Solo in quel momento notò che aveva ancora il polso della ragazza stretto tra le dita, lo sguardo a cadere sull’ematoma all’interno dell’incavo del braccio «e non sono solita drogare i miei partner» arcuò le sopracciglia, vagamente apprensiva per la situazione. Per curiosità, sollevò il suo braccio, trovando un ematoma gemello a quello della ragazza. Merda.
    E non ho mai avuto paura del buio
    Ma di svegliarmi con accanto qualcuno
    Per me l'amore è come un proiettile
    Ricordo ancora il suono: "Click, boom, boom, boom"
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    Forse l’adrenalina inizia a fare effetto, scuotendo membra evidentemente provate, perché dopo il livido sul braccio, vi rendete conto di qualcos’altro. Qualcosa a cui prima, troppo presi dalla sorpresa dell’insieme – svegliarsi in un posto che non conoscete, senza magia, ed ammanettati a qualcuno – non avevate fatte caso.
    Abbassate lo sguardo sui vostri vestiti. Alcuni sono troppo grandi per voi, o troppo piccoli. Taglie sbagliate, forme che mai avreste pensato di indossare. Sembrano pescati casualmente, come se qualcuno avesse afferrato gli abiti abbandonati nell’hotel, e ve li avesse messi addosso.
    Profumano di bucato, però. Almeno quello. Una cosa è sicura: non sono i vostri.

     
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    alice verveine campbell | coolaidman
    Fece appena per ritrarsi quando Shiloh le afferrò - giustamente - la mano e le disse di darci un taglio, un po' come se si fosse resa conto in un lampo dell'intensità della sua reazione.
    A guardare la sua compagna di disavventure un po' meglio, doveva essere sicuramente una donna più grande di lei e non si attardò a farlo capire anche a parole. Il modo in cui quasi parve sdrammatizzare in principio il tutto fece accigliare un po' Alice, che tuttavia non si sentì di dire nulla - in fondo, anche l'altra s'era appena svegliata ammanettata ad una sconosciuta in una stanza d'albergo non meglio precisata, poteva essere clemente un pizzico.
    In un certo senso, quel silenzio reiterato servì a neutralizzare un minimo la sua agitazione in eccesso, cosa che non voleva assolutamente dire che apprezzasse particolarmente quell'atteggiamento quasi scanzonato: se c'era una cosa abbastanza nota ed evidente di Alice Campbell, è che aveva preso integralmente il lato serioso del padre.
    Peccato che il musetto somigliasse terribilmente alle fattezze materne, quindi non poteva contare sulla faccia funerea e intimidatoria.

    « ... Eh? » alla menzione di droghe, la giovane abbassò lo sguardo fino all'ematoma nell'incavo del suo gomito. Distolse lo sguardo, cercando un angolo casuale del soffitto mentre si passava - di nuovo - la mano libera fra i capelli. Un respiro profondo, che uscì sul finire un po' tremulo, a lasciar trasparire lo stress abbastanza chiaramente, poi tornò a guardare Shiloh. « Io. Non ricordo un accidente. Nemmeno tu, giusto? » domandò innanzitutto. Un po' retorica la domanda, bisogna dire, ma era per essere sicuri, non giudicate. « Non possiamo, tipo, chiamare la polizia...? Non ho neanche la bacchetta, scommetto. » sempre la mano non ammanettata corse istintivamente a fare un'auto-perquisizione dei propri vestiti, in cerca della consistenza o della forma della sua fida bacchetta magica.

    I suoi vestiti che erano.
    Morbidi.
    Perché morbidi?
    Ve lo dico io perché.
    Perché indossava un bellissimo pigiamino a due pezzi di Pompompurin.
    Avete presente quello sofficioso di peluche con le bretelline un po' troppo elastiche per essere un semplice pigiamino puccioso? E coi pantaloncini puffosi, sì, proprio quello googlate, animali.
    Perlomeno, non le andava troppo largo. O troppo stretto.
    Ma era comunque discretamente poco vestita.
    Fortuna che qualcuno aveva avuto il buonsenso di metterle dei calzini con i gommini.
    Si guardò, Alice. Con l'aria sconcertata che solo una goth girl a cui è stato negato il suo diritto di indossare vestiti a tema Kuromi può avere. Perché sì, il suo primo pensiero era assolutamente stato "Perché non Kuromi?". Il secondo, più razionale, lo avrebbe espresso ad alta voce.
    « Ci hanno. Tolto i vestiti...? » ancora si guardava, occhi sgranati e increduli.
    Poi il suo stomaco gorgogliò furiosamente, mentre l'adrenalina si apprestava, molto lentamente, a lasciare il suo corpo per farle notare che era affamata ed assetata più di quanto lo fosse stata in quasi diciassette anni di vita. « Senti, possiamo provare a capire come uscire da qui e basta...? » si portò la mano, non specifico neanche più quale mi sono rotta, alla radice del naso, respirando di nuovo profondamente. Si sentiva vagamente stordita, ma neanche versare in uno stato simile avrebbe potuto fermarla dall'essere esaurita dalla vita, soprattutto in una situazione simile.
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    Cercando di uscire dalla stanza, vi rendete conto di tre cose: primo, non sentite alcun passo provenire dal corridoio, segno che nessuno stia facendo la ronda all'esterno della camera; secondo, riuscite a percepire, seppur distanti, i mormorii indistinti di vittime come voi - vicini, altri più lontani, ma forse potreste fare qualcosa in merito; terzo, e questa è la parte in cui vi viene la pelle d'oca, spiando dalla finestra notate che…non ci sia nessuno. È bassa stagione, certo, ma siete in un hotel, e perlomeno il personale e la manutenzione dovrebbero passare ogni tanto. Qualcuno nelle altre stanze, magari lo notate pure; hanno le manette come voi, però. Dove sono tutti gli altri? Questo gioco, non è più divertente.

     
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    In quel momento, Shiloh avrebbe avuto bisogno del suo emotional support guru, o qualcuno che potesse tenerle le mano mentre accettava il fatto di essere diventata un’eroinomane. Il che era davvero estremo: preferiva la cocaina all’eroina, e le volte che ne faceva uno erano rare. Quindi fuck you rapitore, nemmeno si era preoccupato di informarsi sulle abitudini da tossicodipendenti dei propri ostaggi. Chissà se si trovava in una situazione enemies to lovers, thinkin. Poteva quasi quasi sottostare a tutto ciò, se la fine ne fosse valsa la pena, ma senza alcuna garanzia poteva solo essere molto delusa dalla faccenda. «Io. Non ricordo un accidente. Nemmeno tu, giusto?» oddio giudice, ero dignitosamente brillo. Fingiamoci tutti sorpresi dal fatto che Shiloh soffrisse di memoria corta, ma no, non si ricordava niente. «nisba, assolutamente nulla» chissà se quel viaggio si sarebbe trovata in un’altra storia da raccontare al suo analista, una spiacevole situazione che aveva bisogno di elaborare. Fino a quel momento non sembrava così male, ruolo da babysitter a parte. Sì, perché era convinta che l’universo le avesse affibbiato una bambina per testarla, anche se non era ancora sicura a che pro. «Non possiamo, tipo, chiamare la polizia...? Non ho neanche la bacchetta, scommetto» la ragazza storse il naso, una reazione istintiva alla menzione della cosiddetta polizia. Meh, insomma, conosceva alcuna della gente che lavorava a quel livello e non era della più affidabile: avrebbe preferito affidarsi a una hotline per pagliacci da cuore spezzato. Invece, perché era un’Adulta ™ andò per una risposta ben più diplomatica «non penso sia così facile, il pagliaccio che ci ha messo qui deve aver pensato a tutto» pagliaccio, pagliaccia, la Jolie non era sessista e poteva accettare il rapimento da entrambe le parti «e di certo non aveva di meglio da fare, quasi mi dispiace…..» dai immaginatevi che triste sprecare il proprio tempo libero ad organizzare quella follia, anzi di, boh, prenotare una class di sip and paint. Fu solo in quel momento che si ritrovò abbastanza lucida per rendersi conto dei vestiti che aveva(no) indosso, primo fra tutti a saltare all’occhio quella mostruosità che indossava la ragazzina. LO ADORAVA AIUTO. Sembrava così morbido, dovette sforzarsi di non allungare la mano per testare da sé la qualità del tessuto. «Ci hanno. Tolto i vestiti...?» mh, una opzione a cui non aveva pensato «magari ce li siamo cambiati noi e non ricordiamo, no?» era abbastanza scettica, ma vedeva il modo in cui la ragazzina era sull’orlo di perdere la testa, e in piccola parte sperava di tamponare la situazione. Visto??? Sapeva essere un adulto responsabile quando necessario. «oddio ma sono vestita da squirtle!!!! anche se sento un po’ freddo ma ok. weird kink» vi risparmio la foto, ma sembrava uno di quei costumi interi da bambini, con tanto di occhiali da sole poggiati sulla testa. Sperava che ci fosse la parrucca blu da qualche parte. «Senti, possiamo provare a capire come uscire da qui e basta...?» la Jolie-Pitt annuì e le fece cenno di alzarsi dal letto, muovendosi verso la porta per provare a vedere se fosse aperta. Non appena si avvicinarono troppo. furono sbalzate al centro della stanza. «mi sento presa per il culo» THE STORY OF MY LIFEEEEE. Provò invece a dirigersi verso il balcone, nella speranza che quello strano meccanismo non si applicasse lì, ma ebbe lo stesso maledetto risultato. Però, almeno quella volta, riuscì ad avvicinarsi abbastanza per riuscire a cogliere uno scorcio dell’esterno «non c’è nessuno fuori, non è strano? sembra quasi abbandonato» come minimo si trovavano in un episodio speciale di AHS. La appuntò tra le crescenti teorie nel suo taccuino mentale. «ma dubito che siamo le uniche qui dentro, nessuno si sarebbe impegnato così tanto per due persone» anche se, modestamente: «cioè, per me sì sono kinda of a big deal, ma dico in generale» fu solo in quel momento che si rese conto del fatto che non si fosse mai presentata, forse perché dava scontato di essere ormai famosa la metà di quello che era il generale rainey «mi chiamo shiloh, dimenticavo. shiloh abbot» HINT???? chissà se la ragazzina leggeva roba di qualità.
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    Sempre più dettagli vengono alla luce, ora che la situazione pare prendere una forma; sapere che non siete soli, in quella follia, forse aiuta a rendervi più lucidi. Ed è proprio in questo modo che vi rendete conto di un’altra cosa molto strana: c’è il sole, fuori dalla finestra. È alto, ad occhio e croce mezzogiorno deve essere passato da qualche ora — ma ciò che vi colpisce è il cielo sereno. Non una nuvola all’orizzonte; strano, il meteo aveva previsto pioggia per quel giorno, e alcuni di voi sicuramente avranno buttato un’occhio alle previsioni, prima di organizzarsi per quel San Valentino… che i meteorologi si siano sbagliati? Possibile.

     
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    Pensavate di aver colto tutti i dettagli nella stanza, quel poco che avete potuto esplorare, eppure c’è ancora qualcosa che coglie la vostra attenzione. Un foglietto accartocciato sul pavimento, abbandonato al fondo del cestino. O forse, per coloro che si sono spinti nei pressi del balcone, un pezzo di carta che il vento impetuoso ha fatto sollevare fino al vostro piano. Non importa tanto il dove, quanto il cosa. Si tratta di un volantino, uno di quelli che si affigge sui muri per cercare le persone scomparse. Chissà, il volto che vi guarda di rimando potrà sembrarvi familiare nelle persone che avete intravisto nel vostro breve soggiorno, o al contrario quelle fattezze sono del tutto sconosciute, ma una cosa è sicura: c’è qualcosa che non va.
    Perché la data di sparizione segnata sul manifesto, è il 14 Febbraio.
    Ed il volto che vi osserva dalla locandina, è quello di Chelsey Weasley.

     
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    Che sia perché state facendo la conoscenza gli uni degli altri, o perché siete intenti a scrivere col vostro sangue sul vetro, oppure perché state urlando attraverso le pareti per farvi sentire da chi, come voi, sembra finito in quell’incubo, non importa: siete tutti troppo impegnati, troppo distratti, per accorgervene in tempo. E chi di voi lo fa, arriva comunque troppo tardi.
    Ha l’aria innocua, un disco di metallo di dieci centimetri di diametro e non più di due di spessore, tre al massimo. Era nascosto: sotto il secchio, dietro la sedia, sotto al letto. Non importa nemmeno quello; perché quando sentite il click, e il successivo sibilio, capite subito che qualcosa non va. Qualcuno, i più reattivi – o quelli abituati alle situazioni estreme e complicate –, proverà a proteggere naso e bocca con rimedi di fortuna (le lenzuola, i cuscini, la stoffa degli abiti che indossano). Ma, ancora una volta, è troppo tardi. Non sapete cosa sia la sostanza gassosa rilasciata dal dischetto, ma la state respirando, e nonostante i vostri valorosi sforzi soccombete, chi prima e chi dopo, ai suoi effetti. Nulla di troppo terribile, chiunque vi abbia messo lì dentro non vuole uccidervi — o l’avrebbe già fatto. Vogliono solo rendervi innocui, disorientarvi ancora di più e confondere i vostri sensi. E, con i poteri inibiti, funziona su tutti, special compresi.
    Passa un minuto, poi due. Il gas ha smesso di fuoriuscire, e voi di tossire — o di ribellarvi inutilmente ai suoi effetti. Ed è in quel momento che la porta della stanza si apre, e vorreste tentare di approfittare di quell’occasione per fuggire ma lo stordimento ve lo impedisce, ed è facile per quelle persone (mercenari assoldati da qualcuno? Cacciatori inviati dal ministero? non sapreste dirlo) trascinarvi fuori dalla stanza, insieme a loro.

     
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