«Dovrai strapparlo dalle mie fredde, cadaveriche mani, capito?» Dio santo, Ryuzaki aveva sottovalutato la seating chart quando era entrato in quel locale. Pasticceria? Unclear. Perché in qualche perverso modo deciso dal Fato, era finito con il sedersi accanto a un italiano che non sapeva quando smettere di parlare. Anche se stava crescendo sul Kageyama come un fungo, nemmeno in modo troppo derogatory. Gli ricordava qualcuno, forse uno di quei deficienti dei Golden– che fyi non si erano degnati di presenziare quell’anno. Forse perché avevano paura facesse loro il culo, o forse perché i Golden erano stati dimezzati dalla peste bubbonica. «dude, bro. nessuno ti tocca hallsy, ma nemmeno con un palo» no, davvero, Vittorio se lo poteva tenere. Ryuzaki era interessato a ben altri giocatori, e il fatto che stesse tenendo in conto il loro six pack nell’equazione era un dettaglio futile. «non se vogliono vincere» alzò la tazza di tè in direzione dell’italiano, un gesto mocking che si meritava tutto, dopo gli interminabili minuti passati ad ascoltarlo delirare su Hallsy. «e il tuo attaccamento ai giocatori non può essere sano. è una cosa italiana, per caso? del tipo che piangete quando vincono le partite» ciao freme un saluto, ma in effetti ti capisco. toccherà anche a me a marzo.
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