wait a minute! | Il profumo dolce della torta al cioccolato che si mischiavano a quello più pungente dei biscotti alla cannella appena sfornati era decisamente il modo migliore per dire buongiornissimo al mondo. Lita ne prese coscienza poco a poco, rigirandosi sotto le coperte e mugugnando qualcosa di incomprensibile, gli occhi scuri ancora serrati ma le labbra piegate in un sorriso contento. Era il giorno di Natale. Sua mamma doveva aver già preparato tutto, stando agli odorini che giungevano fino al suo minuscolo angolo di paradiso, la sua camera anche se definirla una vera e propria stanza era un’esagerazione: un rettangolo delimitato da coperte e sciarpe appese dalla ragazza per avere qualcosa con cui separare se stessa dal resto della casa nei momenti di necessità, dei drappeggi colorati che conferivano una parvenza di privacy ma che non tenevano fuori nulla, né gli odori né le voci, né tantomeno le persone. E, a proposito di persone, dov’era Beckah? Lita aprì appena un occhio, osservandosi intorno; della sorellina minore nemmeno l’ombra, eppure si era premurata di stiracchiarsi rumorosamente, la piccola peste non avrebbe dovuto metterci così tanto per captare suoni e movimenti e intrufolarsi, senza permesso, nel letto della sorella maggiore. Ma i passi veloci e le manine fredde a stringere le sue, non erano arrivati. Si mise a sedere, stropicciando gli occhi e muovendo appena le tende per buttare uno sguardo alla sala: ora che lo notava, c’era effettivamente troppo silenzio in casa. Un silenzio strano, innaturale, specialmente per la mattina di Natale. Ma la colazione, come da rituale, era lì. C’era tutto: la torta di mamma Gabi e i biscotti di Tamms; le pesche sciroppate di zia Adena e la zuppa di zia Luise. A mancare, era solo il resto della sua famiglia. Scivolò velocemente negli scarponcini sistemati accanto alla porta, prese una delle giacche appese senza badare a chi appartenesse (ugh, sperava non alle gemelle o non ne avrebbe più sentito la fine.) e uscì di casa per cercare l’intero clan Carvalho, scomparso magicamente durante la notte. No, non scomparso; Lita era certa che avessero un’ottima spiegazione da darle e non vedeva l’ora di demandarla. E poi, se la colazione era ancora calda, non potevano essersi allontanati da molto, no? Strinse i lembi della giacca, rabbrividendo appena: aveva iniziato a nevicare in un momento non precisato nella notte, e le strade erano imbiancate e ricoperte dal almeno un metro di neve. Gli scarponcini di Lita affondavano nel bianco soffice e la neve fredda bagnava il pantalone del pigiama. Si permise di spendere qualche istante ad osservare il cielo compatto sopra la sua testa, naso all’insu e capo reclinato, lasciando che i fiocchi di neve le si posassero sulle guance come tante piccole efelidi bianche, e le imperlassero i capelli; erano anni che non vedeva la neve nel suo villaggio, Lita. Ricordava come fossero ieri i giorni in cui Karina la trascinava fuori a realizzare pupazzi di neve, mentre Aisha, da sempre una sostituta involontaria a mamma Gabi, le richiamava dentro urlando che rischiassero di beccarsi una polmonite a Natale e rovinare così le feste a tutti. Non era mai successo, e il Natale in casa Carvalho era rimasto sempre il momento più bello e gioioso dell’anno. Potevano anche non avere nulla, ma avevano la famiglia, ed era più di quanto molti altri potessero sperare di ricevere come dono, in quella vita. «buongiorno signorina, buon natale!» Fu la voce del fornaio, uscito a mettere il cartello con le specialità di quel giorno, a richiamare la ragazza alla realtà. Lo salutò con la mano, ricambiando gli auguri, e notando di essersi trascinata più lontano da casa di quanto non avesse previsto. «buongiorno, buon natale!» Ancora una voce a richiamare la sua attenzione, stavolta appartenente alla vecchia Glória, la signora rimasta vedova qualche anno prima che viveva tre case dopo quella dei Carvalho. «bom dia,» salutò a sua volta, ma il sorriso rivolto alla donna raggiunse solo in parte gli occhi di Lita; c’era qualcosa di strano in tutto quello, nel modo in cui tutti la salutavano e le auguravano buon natale… e poi, il forno di Kauê non era stato chiuso dopo l’arresto dell’uomo?! E poi, ricordava una lettera in cui sua mamma l’aveva informata della dipartita di Glória, rassicurandola e ricordandole che ora era con il suo Murilo e non avrebbe voluto che loro piangessero per lei. Ma no, la vecchina era lì, e comprava il Bolo de Natal come faceva tutti gli anni; lo comprava, perché aveva smesso di farlo da anni, da quando i figli se ne erano andati e le mani avevano iniziato a tremare. Lo comprava, perché contribuire all’economia del villaggio era compito di tutti, anche dei più anziani. Villaggio…. Recife? Scosse la testa, Lita, e strinse ancora di più i lembi della giacca nel sentire il vento alzarsi e smuovere con più insistenza le fronde degli alberi. Pensò di fare dietro-front e tornare in casa ma non poteva: doveva trovare la sua famiglia, era uscita di casa per quel motivo, no? Si guardò ancora intorno, osservando con confusione chi passava e, sorridendo, le dava il buongiorno; erano tutti visi che Lita conosceva, tutti visi che ricordava benissimo, ed erano visi che non vedeva da anni. Ma no, che diceva: solo il giorno prima aveva sfrecciato per le vie di quel villaggio, creando scompiglio e disordini, inseguendo le galline sfuggite al suo occhio vigile; come poteva non vederli da anni? Litigò per qualche secondo con una ciocca di capelli che, per via del vento sempre più forte, non ne voleva sapere di togliersi dalle scatole, impedendole di vedere dove stesse andando, e in quel momento di improvvisa cecità, finì addosso a qualcuno. Vuoi essere tu? | |